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E’ la più lunga guerra che conosco. Il dominio maschile non tollera la disobbedienza
Troppo odio verso le donne – Basta silenzio su Paola e le altre
di Titti De Simone (Liberazione, 03 settembre 2006)
segue il testo dell’Interrogazione parlamentare di On. Titti De Simone, On. Franco Grillini, On. Wladimir Luxuria
Spero che Paola senta in queste ore tutta la solidarietà e l’affetto delle persone che le stanno vicino e che insieme a lei vogliono costruire una risposta politica e culturale alla violenza contro i nostri corpi, la nostra autonomia, la nostra libertà, perché hanno voluto colpire questo di Paola. Ciò che detestano è proprio la nostra forza, il nostro desiderio di sottrarci al loro dominio.
E’ la più lunga guerra che conosco. Ha prodotto solo in Italia più di centomila vittime in tre anni. Uomini che uccidono le donne, o le feriscono, fisicamente e psicologicamente. Cosa odiano delle donne? La nostra disobbedienza innanzitutto, alla tradizione, all’ordine maschile, alla norma che imprigiona e fonda il dominio degli uomini nel mondo. Ma la libertà sessuale e l’autonomia riproduttiva, sono un vero film dell’orrore per il dominio maschile, che si manifesta in varie morbose forme.
Ma perché, chiedo, tutto questo silenzio? Perché questi numeri non si leggono da nessuna parte, non si raccontano? Perché dell’entità di questa violenza non si parla? Forse, perché l’80 per cento di questi stupri avviene all’interno delle mura domestiche, in famiglia, da parte di padri, figli, fratelli. Ed è quasi un tabù in un paese come il nostro, far emergere anche questa realtà, quella della famiglia che spesso diviene un luogo di violenza. E di odio, di odio verso le donne.
Tante lesbiche sono state picchiate, violentate, a volte persino segregate dai maschi della famiglia. Quello che hanno fatto a Paola è un atto di odio doppio. E’ stata una vera spedizione punitiva, a due passi dalla discoteca e dai locali di riferimento per la comunità glbtq. Gli stessi che da mesi sono finiti nel mirino di Forza Nuova, che ha messo in piedi una vera e propria campagna di intimidazione.
C’è un legame fra questo clima e i vari episodi di violenza che si sono succeduti in queste settimane a Torre del Lago: l’aggressione un mese fa al cuoco di un ristorante gay, un tentato stupro e la violenza a Paola dell’altra notte. Rompere il silenzio ieri è stata la prima risposta. Denunciare, portare fuori, per dire che non sarà la paura né la loro violenza a fermare la nostra visibilità, né la nostra libertà.
Ma poi, quando i riflettori si spegneranno che succederà? Non possiamo non dare alcune risposte politiche, e neanche rinchiuderci nella solita retorica della sicurezza. Politiche sociali e culturali vanno portate avanti, oltre a reprimere, occorre prevenire, educare, mettere in moto gli antidoti culturali che servono. E anche in questo caso se le leggi sono utili che si facciano. Ad esempio, si estenda la legge Mancino ai reati di odio omofobico.
Anche in questo caso guardiamo alla Spagna, che ha da pochi mesi approvato una legge contro la violenza domestica sulle donne, prevedendo, fra l’altro, campagne in tutto il paese e nelle scuole e aiuti concreti ai centri antiviolenza delle donne. Gli stessi centri che, in Italia, vivono sul solo volontariato e sono spesso senza fondi. Mi auguro che la signora Ministra Pollastrini ascolti queste esperienze e che la prossima Finanziaria le sostenga.
Se è vero che ai maschi spetta di fare una rivoluzione copernicana e di destrutturare la propria idea di dominio sulle donne (temo che ci voglia troppo tempo), tocca alle donne qui e ora prendere in mano la situazione. Mi fido di più.
Titti De Simone
Interrogazione parlamentare Al Ministro degli Interni
Premesso che:
dal 1998 il comune di Viareggio (LU) e la sua frazione Torre del Lago Puccini sono stati presi dalla comunità gay e lesbica italiana ed internazionale come punto di riferimento per le proprie vacanze estive, grazie anche al progetto denominato “Friendly Versilia” e realizzato dagli imprenditori gay e gay-friendly del luogo volto a dare visibilità e dignità, per l’appunto, alla presenza turistica omosessuale;
In questi anni lungo la Marina di Torre del Lago Puccini sono nati alcuni servizi prevalentemente indirizzati ad un pubblico omosessuale, tra cui discoteche, bar, ristoranti e spiagge attrezzate, e ciò ha ulteriormente attirato pubblico gay e lesbico, specie durante i fine settimana estivi e soprattutto durante il mese di agosto, creando una sorta di “villaggio gay” caratterizzato da una forte e positiva integrazione con le comunità locali che, specie negli ultimi anni, hanno dimostrato un buon senso dell’accoglienza;
Nel giugno scorso , un cuoco di uno dei locali gay della Marina di Torre del Lago è stato picchiato da un ragazzo pisano, in seguito identificato dalle Autorità di Pubblica Sicurezza, con modalità tali da dare alla vicenda una netta caratterizzazione anti-gay e qualificarlo come un cosiddetto “hate-crime”, crimine d’odio derivante, in tal caso, da omofobia: la gang di picchiatori, infatti, uno dei quali aveva come suoneria “Faccetta Nera”, aveva atteso la chiusura del locale per prima deridere e offendere avventori e personale e poi picchiare il cuoco; Il 18 agosto 2006 una ragazza lesbica ha subito violenza carnale perpretrata da due sconosciuti, probabilmente del posto, dal momento che si erano appostati su un vialetto interno alla pineta, sconosciuto ai più; anche questo delitto, che è stato prontamente denunciato alle Autorità di Pubblica Sicurezza, per le caratteristiche di come è avvenuto si presenta come un “hate-crime”;
C’è stato segnalato che due settimane prima era avvenuto un episodio analogo, attuato con le stesse identiche modalità, anche se non portato a termine perchè la ragazza in questo caso era riuscita a sfuggire ai violentatori; Durante tutta la stagione estiva sono stati numerosi e molti dei quali non denunciati, i casi di furto e rapina nei confronti di singoli o coppie che si appartavano di notte, specie sulla spiaggia;
Durante tutta la stagione estiva, la sezione locale di Forza Nuova ha dato vita ad una campagna di odio omofobico, volantinando ripetutamente a Viareggio e Torre del Lago, invitando i cittadini a sbarazzarsi della presenza turistica gay e lesbica, convocando addirittura per agosto una contromanifestazione rispetto al cosiddetto “Gay Pride” estivo che la comunità gay e lesbica organizza intorno a ferragosto, contromanifestazione che il Questore di Lucca ha poi prontamente vietato;
considerando che
La Marina di Torre del Lago Puccini (LU) presenta ormai alcune caratteristiche tipiche dei quartieri gay delle grandi città europee e nordamericane: grande visibilità della comunità gay e lesbica, concentrazione di locali dedicati prevalentemente a questo pubblico, grande afflusso di persone, tutti elementi che possono di tanto in tanto scatenare reazioni criminose in chi già ha interiorizzata una forte omofobia , come se il rovescio della medaglia della visibilità fosse necessariamente l’emergere di una maggiore ostilità, anche se limitata a pochi soggetti;
In tali quartieri e più in generale a difesa della comunità gay e lesbica, le Polizie dei paesi europei e nordamericani hanno sviluppato iniziative e sezioni di polizia dedicate, volte sia a prevenire il fenomeno, con attività più tradizionali di prevenzione e di messa in allerta della comunità gay locale con piccole campagne di comunicazione realizzate insieme all’associazionismo omosessuale, sia a farlo emergere nella sua interezza, con inviti a denunciare i delitti commessi attraverso linee dedicate e campagne di comunicazione che sottolineano il carattere gay-friendly delle forze di polizia, sia a reprimerlo, con attività investigative nelle quali è spesso coinvolto personale di polizia che abbia un orientamento sessuale di tipo gay e lesbico;
Gli imprenditori del luogo, riuniti nel Consorzio d’imprese “Friendly Versilia”, hanno da tempo un positivo e proficuo rapporto con le Forze dell’Ordine, che in particolare quest’anno si sono maggiormente attivato per reprimere episodi di microcriminalità comune sulla Marina di Torre del Lago, quali, in particolare, furti, borseggi e spaccio di sostanze stupefacenti;
si chiede:
quali sono le iniziative che il Ministro intende assumere per evitare che simili crimini dettati dall’odio omofobico vengano perpretrati;
se il Ministero intenda attivare uno specifico monitoraggio dei crimini d’odio e in particolare di quelli dettati dall’odio omofobico, come avviene in molti paesi esteri (vedasi tra tutti l’esempio della F.B.I. statunitense); se il Ministero intende assumere iniziative anche sperimentali come quelle sopra illustrate, anche dopo averne verificato l’efficacia nell’ambito delle relazioni che il Ministero normalmente tesse con le polizie estere; se il Ministro non intenda farsi promotore di una modifica legislativa che estende anche ai crimini omofobici le tutele previste dalla Legge 205/93 (cosiddetta Legge Mancino) ai crimini dettati da motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
On. Titti De Simone, On. Franco Grillini, On. Wladimir Luxuria
TORRE DEL LAGO – IO, LESBICA, STUPRATA VOGLIO GIUSTIZIA di Delia Vaccarello (L’Unità, 06.09.2006)
«Le donne della Versilia sono forti come il marmo. Ho cercato di essere forte quando a 13 anni mi piacevano le donne. Ero attratta da due professoresse, quella di ginnastica e la collega di religione. Avevano i capelli biondi e gli occhi azzurri. Ho capito che in famiglia dovevo tacere. Ho cercato di essere forte quando mi hanno stuprata dicendomi: “Brutta lesbica, ora tocca a te”. Avevo 16 anni quando, innamorata di una coetanea, ho deciso di rompere il silenzio e di parlare con i miei fratelli. Anche allora ho dovuto trovare dentro di me la tenacia della pietra. Due di loro mi hanno tolto il saluto, e una delle sorelle mi ha detto: “fai schifo”. Ho continuato a essere me stessa. Ora, dopo la violenza, voglio giustizia».
A parlare è Paola, occhi neri spaventati, sorriso aperto. È la donna lesbica che il diciotto agosto è stata violentata a Torre del Lago. La sua storia mostra che lo stupro è «solo» un anello, micidiale, della catena di aggressioni alimentata dal pregiudizio. «Ormai da tempo vivo da sola con mia madre ultraottantenne, e la accudisco. Sono rimasta l’unica, mentre tutti gli altri si sono sposati. E ho capito che questo marmo di cui siamo fatte è ricco di venature, di sfumature di sentimento, di cura. Per tre anni ho lavorato il marmo. In laboratorio arrivavano i blocchi grezzi e io li trasformavo in lastre levigate. Tornavo a casa e continuavo. Facevo i mosaici, inserivo nelle superfici una luna, un sole. La pietra diventava per quella sera il mio cielo. Imparavo l’arte della forza e del coraggio. In questi anni, ho levigato tante parti di me per evitare che i pregiudizi e i rifiuti mi indurissero. Sono stata fidanzata con un ragazzo, che non a caso era molto femminile. Si curava molto, andava spesso dall’estetista. Ho provato a vedere se funzionava, abbiamo vissuto insieme. Finita la storia ho mantenuto con lui rapporti sereni. Ho lottato sempre contro la violenza dei pregiudizi nel desiderio di vivere la vita piena che mi spetta. Quando mi hanno stuprata, in pineta a Torre del Lago, due settimane fa, sono ritornata un blocco grezzo di pietra, dura. Da lavorare di nuovo. Non immaginavo che i giovani potessero essere così violenti. Ora non posso più vedere i maschi etero. Mi fanno schifo. Le notti mi sveglio e sento le mani ruvide del violentatore afferrarmi da dietro. Torna la sua voce. L’offesa. Non so se riuscirò a cancellare questa impressione. Vorrei che la mia anima diventasse di nuovo liscia, pronta ad accogliere la luna e il sole. Voglio che i miei aggressori vengano arrestati».
I primi rifiuti sono arrivati presto. «Mia madre non è stata una donna affettuosa. È slava, abituata alla durezza. Poco espansiva fisicamente, come se non conoscesse il valore delle carezze. Mio padre ha fatto il carabiniere. In famiglia siamo tanti, tra fratelli e sorelle. Talmente tanti che la nostra educazione ai genitori deve essere un po’ sfuggita di mano. Io ho sempre sofferto del silenzio. Ma non ho scelto di nascondermi. Dai sedici ai venti anni ho amato la mia compagna di banco. Poi abbiamo preso due strade diverse, lei si è sposata e adesso è madre. Quando l’ho detto ai miei, mio padre ha risposto: “non cambia niente, sei mia figlia”. Mia madre voleva che mi sistemassi – marito, figli e così via -, ma quando ha capito che la mia felicità era con una donna è ritornata nel suo silenzio di sempre. Solo adesso, che viviamo insieme, si è lasciata sfuggire: “visto come sono gli uomini, preferisco che sei come sei”. Quando ho parlato di me sapevo che andavo incontro a possibili rotture. Ma la reazione dei miei fratelli mi ha fatto male lo stesso. Così le parole terribili di una sorella: “Sei malata. Non sei degna di far parte della famiglia. Fai schifo. Fai male a mamma”. Ho faticato tanto per digerirle. Il clima non è cambiato quando dai 20 ai 23 anni sono stata fidanzata con Giuseppe, compreso il periodo della nostra convivenza, durata dieci mesi. I miei fratelli hanno mantenuto le loro ostilità. A Giuseppe ho detto subito che avevo amato una donna. Se avesse mostrato di avere pregiudizi, lo avrei lasciato all’istante. Tra noi è finita perché non ho retto un suo tradimento. Ma finora eravamo rimasti in ottimi rapporti. Dopo di lui ho avuto una serie di storie con donne durate circa tre anni. Vengo sempre lasciata, forse perché sono fedele. Se mi piace qualcuna fuori dalla coppia, avverto. Non metto nessuna dinanzi al fatto compiuto. Le altre alla fine dicono che si annoiano. Frequento i locali della Marina, facendo amicizie o solo conoscenze. Sono posti tranquilli, risse non ne succedono. Conosci gente del luogo, ma anche di tante altre città. Devi soltanto stare attenta a mantenere la distanza quando incontri le coppie di donne. Altrimenti si sentono invase, oppure una delle due ci prova, e salta l’amicizia.
La sera del diciotto, come ogni sera, ho cenato con mia madre. Ci dividiamo i compiti. A pranzo cucina lei, io preferisco restare leggera e quindi c’è meno da fare. Alla cena ci penso io. Intorno alle 22.30 l’ho salutata, le ho ricordato come sempre il numero del mio cellulare, per ogni evenienza. In venti minuti sono arrivata alla Marina. Al bar con un gruppo di amiche abbiamo preso il caffè. Poi siamo andate a ballare. Verso le due c’era il pienone. Gay, lesbiche, trans e qualche etero che viene per curiosità o, meglio, per fare qualche incontro. Ma sono incontri a cui le due parti acconsentono, per una sera. Niente a che vedere con quello che è successo a me. Dinanzi ai bagni c’era una fila di dieci metri. Ho scelto di andare in pineta, insieme ad altre. Tutto è successo in un attimo. Mi afferrano, mi tappano la bocca, uno mi violenta, «Brutta lesbica».
La vecchia ferita del rifiuto si riapre. Quando riesco a urlare scappano. Il mio grido mi fa toccare la realtà. Mi hanno violentata, non solo con le parole, e con l’ostilità, ma lacerando ciò che il mio corpo ha di più intimo. In quel momento sono saltati tutti i buoni rapporti con il maschile che ero riuscita a mantenere. Una settimana fa mi ha telefonato il mio ex fidanzato, Giuseppe. Per un prendere un gelato. Ho detto che non potevo: “ho l’esaurimento nervoso”. Non riesco a frequentare gli etero. Non per ora, almeno. In questi giorni ho pensato a tutti quelli che sostengo fisicamente. Dopo aver lavorato il marmo, sono diventata operatrice socio sanitaria. Ho il diploma. In famiglia ho voluto dimostrare che valgo. Aiuto i disabili, gli anziani. Con la delicatezza di un contatto empatico che da piccola non ho conosciuto e che ho imparato da grande. Con la morbidezza capace di alleviare le ferite delle menomazioni, della vecchiaia. Adesso sono io che ho bisogno di aiuto. Mi sento rigida. Di pietra, ma in un altro senso. Bloccata. Il ciclo mestruale ha avuto un forte ritardo. Succede, mi hanno detto. Finora ho pianto di rabbia. La rabbia di non aver risposto con un calcio. Vorrei piangere tutto il mio dolore. Liberarmi. Ritrovare la mia lucidità. Splendere di nuovo, come il marmo che rende forti le donne della Versilia.
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