pubblicato il 31.08.22
La violenza che ci sommerge: Noi sappiamo ·
Questa volta il “grido” non è un semplice slogan di denuncia, contro qualcuno o qualcosa, ma un grido di dolore personale e intimo perché mi riguarda, perché mi ha toccato personalmente, in maniera assurda, inaspettata, disumana. Il 24 Agosto, l’indomani dell’ennesimo femminicidio a Bologna, proprio mentre interrogavo la mia coscienza sul cosa fare dopo quel terribile gesto è toccato a me. Continuo a interrogarmi sul fatto che io ci sia ancora, che possa denunciare e, non so per quale profonda protezione, sono ancora qui a poter scrivere. Ero in vacanza nella bellissima spiaggetta della costa Adriatica che frequento oramai da dieci anni quando il branco si è violentemente palesato senza darmi il tempo e il modo di pensare alla fuga. Venti minuti di terrore, in balia di cinque balordi, in cui ho percepito impotenza, frustrazione, terrore. Il capo branco ha cominciato in modo soft, quasi gentile ad avviare un discorso che diventava man mano sempre più brutto, minaccioso, violento. Il gergo era quello omofobo con tutti gli epiteti di cui vi risparmio. Poi il brutto ceffo si è avvicinato, quasi a toccarmi e con un coltello continuava a ripetere che appena lo avessi sfiorato mi avrebbe tagliato la gola. Cercava l’appiglio ed io ero certa, certissima che lo avrebbe trovato da li a poco. La spiaggetta a quell’ora, le 2 del pomeriggio, era vuota e alcune presenze molto distanti da me. Non so dire ancora oggi a distanza di 6 giorni cosa mi ha permesso di essere qui a raccontarlo. Molti mi hanno chiesto di dirlo, denunciare ma a dire il vero, non riuscivo e forse non riesco ancora a scrollarmi di dosso quella brutta sensazione che mi rende impotente. Sono stati giorni di pensieri, tanti pensieri che mi annullavano lasciandomi in quella sensazione di frustrante annichilimento che mi ha accompagnata in quei tragici interminabili venti minuti. Eppure devo farlo, anche a distanza di quasi una settimana, lo devo a tutte le persone vittime di questa assurda violenza diventata oramai endemica e lo è perché essa è sistemica. I troppi omicidi di donne, i troppi omicidi di trans, le troppe aggressioni a gay, lesbiche e i diversi di ogni tipo. Penso a Alika Ogochulkwu ucciso a Civitanova nel Luglio scorso. A quello di Alessandra Matteuzzi a Bologna, a quello del giovanissimo Willy Monteiro Duarte colpevole di incrociare la strada dei suoi assassini e tanti, tanti altri. Pasolini nel suo famoso articolo del Corriere della Sera titolato “Noi sappiamo”, si riferiva alle stragi, alla strategia della tensione, oggi quel titolo lo riferiamo alla violenza di un sistema patriarcale, di questo si tratta, che indisturbata continua e aumenta di cui “NOI SAPPIAMO”.
Nota al margine: il fatto è successo alle ore 14 di Mercoledi 24 Agosto, in una località troppo bella e tranquilla per essere inserita nella brutta cronaca. Ne sono testimoni le persone a me vicine a cui ho telefonato subito dopo essermi ripresa dallo shock: le amiche del MIT, il gruppo comunale di Coalizione Civica Bologna, mia nipote, mio fratello, i compagni del comune vicino. L’assurdità dell’accaduto la sua imprevedibilità continuano a interrogare la mia coscienza, dovrebbero interrogare quella di tutte e tutti noi.
Porpora Marcasciano
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