pubblicato il 14.11.24
Bologna 9 novembre 24: Comporre l’antifascismo, agirlo nel presente ·
Comporre l’antifascismo, agirlo nel presente
A chi si prepara ad accogliere il nemico non può che far piacere constatare di avere altri compagni schierati al proprio fianco, spalla a spalla, pronti allo scontro imminente.
Vasilij Grossman, Stalingrado
Il fine settimana appena trascorso ha visto Bologna rispondere, in maniera compatta e diversificata, all’intollerabile tentativo di parata fascista nei pressi della stazione centrale, dove è ancora aperta e brucia la ferita del 2 agosto 1980, assediando e stringendo in una morsa chi pensava di potersi spostare in corteo, indisturbato, per propagandare odio. Un assalto metropolitano portato avanti da migliaia di antifascist3, che è riuscito a mettere in fuga da sopra la scalinata del Pincio l’orda nera sottostante, impedendo lo svolgimento del comizio. Esistono delle occasioni in cui la complessità del reale, spesso eterea e inafferrabile, si concede a prendere parte, per un attimo, alla concretezza di una giornata, di una località, di un impeto alla lotta: questa “messa a terra” di tante delle tensioni generali del nostro presente, ci sembra abbia caratterizzato il susseguirsi degli eventi di sabato e su sabato. Vale la pena ragionarne proprio in quest’ottica complessiva, componendo un’essenza partigiana capace di agire, versatile ed eclettica, in ogni anfratto della realtà.
Probabilmente è doveroso un piccolo recap. Da qualche mese a questa parte, è evidente come Bologna sia stata eletta a palcoscenico d’eccezione per la ribalta delle manifestazioni pubbliche “delle destre”, cavalcando povertà dilagante e marginalizzazione sociale tanto come vettori di consenso nella proposta di una guerra tra poveri e razziale, quanto come testa di sfondamento per attaccare i legami di solidarietà di cui Bologna, ad esempio, è da sempre composta. La prospettiva delle imminenti elezioni regionali non poteva che accentuare questa infame caccia al povero, al migrante, in un contesto sociale di escalation che rende insostenibile il prezzo stesso della vita, aprendo il campo all’esacerbarsi di ogni contraddizione già esistente. La bandiera “dell’antidegrado” diventa – non per la prima volta – il minimo comun denominatore che chiama alla convergenza le diverse sfumature di suprematismo oggi presenti in Italia, in un’assonanza infame con la propaganda di guerra che si propone per l’esterno. Per combattere tali operazioni pensiamo si debba partire dal rifiuto di un posizionamento specularmente opposto allo squallore delle retoriche sul degrado: sappiamo bene quanto i nostri quartieri sono intrisi di violenza, di povertà, di disperazione, e non è col semplice benaltrismo che né si uscirà dai problemi reali, né ci si scontrerà adeguatamente con le retoriche suprematiste.
Affondare quotidianamente le mani nelle contraddizioni cercando di produrre mondi diversi e generare altri terreni di inimicizia, ci paiono due coordinate di partenza. Indicare le responsabilità di un governo che sta smantellando ogni singolo rimasuglio di welfare state per sostenere le spese del riarmo condannando gran parte del Paese alla mera sopravvivenza della ferocia: questo primo binomio di azione crediamo possa aiutare a ricomporre un sentimento “attualmente antifascista”.
Ma cosa è fascismo nel 2024? Un quesito, in primo luogo, vero: cosa è il fascismo (o il nazismo) a ormai un secolo dalla propria emanazione storica? Difficilmente saranno rintracciabili nell’oggi, tra gruppi informali e partiti, tutti quei connotati che andavano a comporre l’identità solida del camerata di un secolo fa o dello stragismo degli anni Settanta. Eppure, viviamo in un tempo intrinsecamente avvelenato da odio che, almeno per adesso, non trova altri termini con cui essere descritto. I vari Netanyahu, Meloni, Putin, Milei, Erdogan, Orban, Modi, fino ad arrivare alla recentissima ascesa negli USA di una nuova amministrazione Trump, sono tutti sintomi di una pericolosa torsione suprematista della realtà. Riconoscere questa curvatura autoritaria, tenendosi a distanza dagli Zelensky, von der Layen, Harris, Macron and company della democrazia padronale, manettara e guerrafondaia, oggi si pone come una necessità ineludibile di qualsiasi azione antagonista. In Italia assistiamo al borioso promulgamento di politiche di attacco alla povertà, restrizione dei diritti sociali e della libertà di dissenso, mentre nelle strade riemergono tentativi squadristi di persecuzione fisica contro qualsiasi soggetto ritenuto “irregolare”. Siamo davanti ad un attacco diversificato, su scale differenti, alle nostre possibilità di vita, un attacco che nella sua ferocia si pone come espressione delle peggiori pulsioni fasciste.
E, allora, cosa è antifascismo alle nostre latitudini, in questa congiuntura di guerra? È sicuramente una pratica tutta da riempire, da costruire, uscendo dalla stagnante ritualità che per troppo tempo ha avvolto questo termine. Significa combattere i regimi di guerra sui nostri territori, significa resistenza allo sfruttamento, resistenza alla precarietà, resistenza alle linee di oppressione che ci attraversano, ma significa anche attacco, pretesa, compostaggi e ibridazioni di soggetti eterogenei, con i loro bisogni e desideri. Significa interpretare realmente la partigianità come pratica quotidiana, non compartimentata e da sedimentare nel terreno, contro i veleni e le scorie tossiche dell’odio suprematista.
Non sarebbe comprensibile la risposta di piazza di questo sabato senza tenere insieme le oceaniche manifestazioni di Non Una Di Meno o di Friday’s For Future, gli encampment globali per la Palestina libera. Antifascismo è la capacità di fendere il reale, di rigettare le sue polarizzazioni e riorientarle a nostra volta: creando un noi e un loro probabilmente provvisorio e transitorio, che però inizia a filtrare le polveri sottili del caos sistemico, nella consapevolezza che solo approfondendo il solco, solo di piazza in piazza, si determinerà una possibilità più o meno nitida di definire chi come noi tutt3 vuole ribaltare realmente i connotati di un mondo prossimo all’implosione. Questa capacità di taglio è ben altra cosa dai “centri sociali”, che la miseria della propaganda salviniana riesce a individuare come unico appiglio per non riconoscere la dura realtà dei fatti: nonostante i tentativi di sterilizzazione, esiste una escandescente predisposizione al conflitto interna ad ampi spaccati di società, disponibili alla lotta e determinati non solo alla resistenza, ma all’attacco.
Il fine settimana appena passato ha vissuto di un sentimento forte, generoso e qualitativamente diverso dalla pura contromanifestazione di dissenso: per le migliaia di persone in piazza del Nettuno i cuori battevano al ritmo di una necessità concreta, quella di muoversi ed andare sul serio a impedire lo scempio di un comizio fascista a pochi passi dalla stazione. Student3, precari3, lavorator3, hanno preso parte nello scontro sulla scalinata del Pincio, determinat3 a praticare l’obiettivo, fuori dalle modalità ordinate e rituali del corteo, ma assediando da più lati i diversi accessi che dal parco della Montagnola portano a piazza XX Settembre. Porsi degli orizzonti concreti, lasciando a casa i politicismi, non solo ha significato un aumento qualitativo della potenza sociale, ma ha determinato anche un risultato che, da un po’ di anni a questa parte, si è sempre faticato a strappare: pur non essendo riuscite ad arrivare in piazza, le migliaia di persone che hanno avanzato, gradino dopo gradino, verso la stazione, hanno impedito agli pseudocamerati, che guardavano impauriti la scena da sotto, di entrare in piazza e di incominciare il comizio. Altro che “Zeccherosse VS Camicienere”, qua i numeri parlano da soli. Se da un lato si potevano vedere un centinaio di maschietti testosteronici, racimolati da tutto il territorio nazionale, inneggiare in un angolino alla propria virilità in crisi, dall’altro si componeva un attacco diversificato e – per molti versi – spontaneo di una Bologna inospitale a eventi di questo tipo: un presidio la mattina, un corteo partito dal centro, uno partito dalla Bolognina, passanti che decidevano di gridare il proprio dissenso e lanciare frutta marcia, residenti che dalle finestre gettavano secchi d’acqua là dove il presidio di Rete dei Patrioti si era rifugiato.
In tal senso la giornata di sabato ci sembra, a suo modo, importante rispetto al dato di esondazione sociale che si è registrato e si continua a registrare nella rivendicazione della legittimità di tutte le forme con cui soggetti differenti hanno deciso di opporsi alla calata suprematista stradaiola. Per il resto, ogni realtà politica che si ponga l’antifascismo come orizzonte della propria azione quotidiana, sa bene che praticarlo non è nulla di più di quello che si deve fare, senza particolari glorificazioni.
Ma cosa ci resta oggi? In maniera irrimandabile, c’è da assumersi la responsabilità storica di bloccare iniziative di questo tipo ovunque dovessero essere ricalendarizzate, innalzando barricate sociali e non lasciando spazio alla meschinità di questi soggetti, scommettendo sul fatto che Bologna non sia l’eccezione ma la possibilità tendenziale di una società stufa dei regimi autoritari che vediamo emergere in mezzo alla guerra e alla povertà. Infatti, se questa eccedenza la inscriviamo all’interno della cornice della congiuntura bellica, allora si assembla quasi istantaneo un calendario di mobilitazione molto intenso tra i cortei studenteschi del 15 novembre, lo sciopero generale del 29, il corteo nazionale del 30 a Roma, e oltre. Piazze diverse e al tempo stesso comunicanti, risuonanti, in cui può vivere lo stesso fuoco di indisponibilità a un presente in cui viene negata qualsiasi possibilità di vita degna. Dal sostegno alla resistenza palestinese all’opposizione contro il DDL 1660, dalle occupazioni abitative alle lotte delle precari3 in università, dalle vertenze in fabbrica alla difesa dei boschi urbani, dobbiamo riscoprire una capacità trasversale di vederci in movimento. Perché tutte queste forme, diverse e sfaccettate, non sono la stessa cosa ma sono dalla stessa parte della storia, quella giusta, quella delle antifascist3 di oggi.
https://hubautbologna.org/2024/11/12/comporre-lantifascismo-agirlo-nel-presente/
documentazione
r_emiliaromagna
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