pubblicato il 15.11.24
Bologna: Intervista a Pietro Colapietro segretario Silp Cgil dal Manifesto ·
«Il disagio sociale non si gestisce con l’ordine pubblico» dice Pietro Colapietro, segretario generale del Silp, il sindacato dei lavoratori di polizia della Cgil. Dopo la manifestazione fascista di sabato scorso, la polemica tra il governo e l’amministrazione bolognese non sembra placarsi: Matteo Salvini continua ad attaccare il sindaco Lepore, mentre il comune deciso di multare Casapound per l’utilizzo improprio che hanno fatto del simbolo cittadino. Subito dopo il corteo dell'estrema destra, ilSilp aveva denunciato che alcuni neofascisti davano ordini a funzionari di polizia.
Cosa è successo?
Abbiamo visto un video diffuso da diverse testate: uno dei leader dell’estrema destra dà ordini ai funzionari. Una mancanza di rispetto per il nostro lavoro e un atto di arrogante prevaricazione dei ruoli. Era già avvenuto a febbraio col governatore Vincenzo De Luca, che aveva usato anche parole indelicate verso una funzionaria. Anche allora il Silp Cgil era intervenuto. Le forze di polizia devono sempre agire nel rispetto delle normative e delle procedure stabilite, nel rispetto della legge e soprattutto della Costituzione,che è il faro e indica la direzione. Chi tenta di tirare per la giacchetta coloro che lavorano in uniforme mette a rischio questo imprescindibile principio.
Vi sentite strumentalizzati dalle parole della presidente del Consiglio?
Quando parliamo di poliziotte e poliziotti aggrediti e feriti,non esiste colore politico. Chi picchia un agente agisce fuori dalla legalità e non ho problemi a definirlo delinquente e irrispettoso nei confronti di chi lavora in condizioni di estrema difficoltà e con stipendi che non consentono di vivere dignitosamente. Alla presidente del Consiglio dico: meno slogan, meno propaganda,ma fatti concreti in questa direzione perché francamente non ne vediamo. Abbiamo bisogno di risorse aggiuntive importanti per rinnovare un contratto di lavoro scaduto da tre anni e per fare assunzioni straordinarie, perché quelle previste non coprono il turnover. Di questo dovrebbe occuparsi e preoccuparsi.
Era il caso di autorizzare la manifestazione dell’estrema destra a Bologna?
La concessione di spazi di manifestazione a movimenti conforti connotazioni fasciste, specialmente in luoghi simbolici per la città, medaglia d’oro della Resistenza, come piazza XX Settembre a Bologna - che ricorda alcuni tra i più gravi episodi di violenza neofascista della storia italiana - è apparsa da subito inopportuna, lo abbiamo sottolineato e i risultati lo dimostrano chiaramente. La decisione di consentire tali manifestazioni non ha tenuto conto del contesto delicato in cui si sono svolte e ha posto i presupposti per l'intensificarsi di scontri e tensioni. Una scelta diversa avrebbe potuto evitare forse disordini e feriti.
Il malessere sociale ormai viene gestito come problema di ordine pubblico…
Da decenni le politiche per la sicurezza vengono gestite in modo emergenziale. L'attuale governo ha accentuato la predisposizione securitaria. Si preferisce spendere milioni per spostare poche decine di migranti in Albania e poi non si garantisce il turn over negli uffici di polizia e carabinieri, specie quellipiù impegnati ed esposti nel contrasto ai reati e nella lotta alla mafia. Il disagio sociale non si gestisce con l'ordine pubblico e con il proliferare di decreti che introducono nuovi reati e aumentano le pene senza risolvere i problemi. Anche per questo il Silp Cgil sarà in piazza con la Cgil per lo sciopero generale del 29 novembre.
li Manifesto 12/11/24
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CENTRI SOCIALI DI BOLOGNA REPLICANO ALL’ATTACCO DELL’ESECUTIVO
Le «zecche rosse»: «L’inverno trumpiano è già qui»
Chissà se Matteo Salvini e Ignazio La Russa sanno che a Bologna il primo a regolarizzare un centro sociale autogestito fu Giorgio Guazzaloca. Con il pragmatismo del commerciante, il primo (e al momento unico) sindaco di centrodestra della città nella storia repubblicana riconobbe il valore del Teatro polivalente occupato. Si era nell’agosto 2000. Mentre i centri sociali prendevano la rincorsa verso i movimenti globali che sarebbero confluiti alG8 di Genova venne sgomberato l’ex teatro di scenografia dell’Accademia. Posto mai utilizzato e occupato da un lustro. Guazzaloca capì che le proteste avrebbero potuto creargli parecchi grattacapi e consegnò agli occupanti le chiavi di un grande spazio situato (a volte la toponomastica riserva belle sorprese)in via Lenin. Ci arrivò un corteo di fine estate partecipatissimo,gioioso e rumoroso. Seguirono le convenzioni con altri due spazi, il Vag 61 e il Cassero. «Il Guazza un giorno mi sfidò a braccio di ferro - ha raccontato Valerio Monteventi, fisico da rugbista,memoria dei movimenti cittadini e all’epoca consigliere indipendente eletto nel Prc - Da ex macellaio era convinto di avere un avambraccio più potente di un tronchese. Ma non vi dico come andò a finire...». Le vere incomprensioni, è il paradosso, arrivarono con la giunta di Sergio Cofferati, accolto come il liberatore dopo la parentesi della destra sotto le due torri: si fece notoriamente prendere la mano dalle politiche securitarie. Oggi il Tpo ha sede dalle parti della stazione centrale. Dalla sua storia è germinato Labàs eda qui si sono diramate esperienze di mutualismo e sperimentazione culturale. Quelli del Tpo, peraltro, hanno lavorato nella Coalizione civica, che dentro la giunta di Matteo Lepore esprime la vicesindaca Emily Clancye il consigliere comunale Detjon Begaj. Insomma, se uno pensa ai centri sociali, e all’ondata che ha portato i movimenti fuori dalle secche degli anni Ottanta, rievoca il Leoncavallo, che l’anno prossimo compie cinquant'anni e il cui sgombero erioccupazione nell'estate del1989 rappresentò l’evento fondativo del decennio successivo. Ma Bologna ha avuto un ruolo importante. Erano gli anni incui Le Monde diceva che i Csoa esprimevano «il fiore all’occhiello della cultura italiana». Posti come il Pellerossa, l’Isola nel kantiere e il Livello 57 aprirono strade e costruirono immaginari che durano ancora, non senza contraddizioni e conflitti. Tra ipiù rilevanti: lo sgombero dello storico XM24 sull’asse della Bolognina. La gentrification descritta anche dal New York Times spiana tutto: è l’eterno ritorno della Laida Bologna cantata in tempi non sospetti dalle glorie punk locali Nabat. Anche quelli del Crash, che le cronache più schematiche descriverebbero come espressione dell’antagonismo, dopo anni di battaglie hanno strappato una convenzione e gestiscono gli spazi dell’ex Centrale del latte di via Corticella. «Salvini e Meloni non riescono ad accettare che sabato in piazza c’era una dimensione di massa, c’era la composizione sociale della città», dice Anna del Laboratorio Crash. Ma è qui che Salvini e il governo decidono di sferrare il colpo,di sponda con gruppuscoli neofascisti: le «zecche rosse» vengono dipinte come marginali e residuali ma sono un pezzo dellasfera pubblica. Tpo e Labàs si definiscono «municipi sociali»,spazi di movimento e autogoverno. Rivendicano il senso generale degli eventi di sabato. «Le persone che erano in prima fila vanno difese perché lo scontro che hanno messo in campo è stato tutto politico - affermano – In Montagnola non c’è stato il caos e la guerriglia bensì una risposta misurata e determinata di migliaia di persone al sopruso che stavano subendo». «L’attacco delle destre è alla città - riflette Meco Mucignat del Tpo – A una città che con tutti i limiti ele contraddizioni ha spazi sociali che intervengono nelle dinamiche politiche. E che mantiene il punto su temi come l’antifascismo o i diritti civili. Il governo punta a rompere gli spazi comuni. Così, sabato prossimo saremo a Roma, per la grande assemblea nazionale contro il Ddl sicurezza. Anche lì si sta ricostruendo un fronte ampio, una convergenza che qualche anno fa avremmo definito 'tra democratici e ribelli'». E poi lo sciopero generale del 29 novembre. Perché, proseguono i municipi sociali, occorre allargare lo sguardo: «Bologna da sola non basta. Non può bastare, perché lo scontro in atto è solo una punta dell’inverno appena iniziato con l’elezione di Trump negliStati uniti».
li Manifesto 12/11/24
LA DESTRA NE APPROFITTA PER RILANCIARE IL DDL SICUREZZA. SALVINI: «PER I CRIMINALI ROSSI IL POSTO GIUSTO È LA GALERA»
Bologna, migliaia di antifascisti contro la provocazione di Casapound
Che sarebbe stato un errore lo si diceva da giorni. Eppure è stato concesso lo stesso a Casapound e alla cosiddetta Rete dei patrioti di manifestare a Bologna, peraltro in un luogo simbolico come via Gramsci, a pochi passi dal piazzale della stazione,teatro della strage neofascista del 2 agosto 1980. Naturale che i bolognesi l’abbiano presa come una provocazione e abbiano convocato diverse manifestazioni a supporto dell’identità democratica e antifascista della città. Lo stesso sindaco Matteo Lepore,per giorni, aveva chiesto di spostare il corteo dei neofascisti,senza successo. Tuttavia la risposta dei bolognesi è stata massiccia: tre cortei molto partecipati si sono susseguiti nel corso della giornata mentre i fascisti del terzo millennio, neanche un centinaio, rimanevano bloccati a via Boldrini. Il paradosso però è che le forze dell’ordine hanno caricato gli antifascisti e non i militanti die rema destra che hanno avuto buon gioco a fare le vittime:«Non possono esistere città ostaggio dei centri sociali», gridavano al megafono avvolti nelle bandiere tricolori. Intanto il resto della città provava a reagire all’offesa radunandosi. Un primo presidio, organizzato da Anpi e Cgil, si era svolto in mattinata in piazza del Nettuno con la partecipazione anche di Nicola Fratoianni di Avs e la segretaria del Pd Elly Schlein. «Da bolognese - ha detto la dem - non credo che sia stata una scelta giusta quella di fare manifestare le destre estreme a pochi metri dalla stazione di Bologna, che ancora è una ferita aperta». Nel pomeriggio, mentre il centro della città veniva blindato, si sono riuniti in corteo gli anarchici e i collettivi. I primi hanno sfilato in 200(tanti i giovanissimi) per le strade della Bolognina per poi attraversare il ponte di Galliera e raggiungere via Irnerio per ritornare al punto di partenza. I secondi, invece, hanno sfilato per il centro della città intonando«Bella Ciao». «Non era possibile dare la piazza a Casapound e ai"patrioti" e se il governo ha deciso di concedergliela era giusto opporsi, a Bologna non si passa», ha detto una partecipante mentre nel corteo, composto da più di 1.500 persone, si affacciavano anche la vicesindaca Emily Clancy e il consigliere di Coalizione Civica Detjon Begaj parlando di «provocazione che si doveva evitare».Le tensioni con le forze dell’ordine in tenuta anti sommossa si sono registrate quando un gruppo ha tentato di raggiungere il presidio dell’estrema destra scendendo dal parco della Montagnola, tra lanci di oggetti e petardi. Alcuni manifestanti hanno riportato ferite lievi così come tre poliziotti, secondo quando riportato in serata (come da consuetudine degli ultimi tempi) dalla questura. A dispetto dell’evidenza, il questore Sbordone si è anche congratulato con sé stesso per aver «garantito a tutti il diritto di manifestare»nonostante «la sproporzione dei facinorosi rispetto agli agenti,aggrediti in modo vile». Laddove i facinorosi erano gli antifascisti e non i patrioti che a fine pomeriggio potevano «proclamare vittoria» per essere riusciti a «prendersi la piazza». Forti anche del sostegno della Lega e del partito della premier, FdI, che hanno usato gli incidenti come assist al ddl Sicurezza. «È indispensabile l’approvazione immediata del pacchetto sicurezza che contiene norme fondamentali per difendere i nostri straordinari operatori in divisa», ha dichiarato il sottosegretario all’Interno, Molteni (Lega). E mentre la destra locale chiede le «dimissioni immediate» di Clancy e Begaj, Salvini si abbandona a una narrazione leggendaria su «centinaia di delinquenti rossi» che avrebbero«dato la caccia al poliziotto».«Per i criminali rossi il posto giusto è la galera», ha chiosato il ministro dei Trasporti chiamando in causa anche il candidato per il centrosinistra alle elezioni regionali di domenica prossima:«Voglio vedere se il signor De Pascale e la signora Schlein condanneranno». Anche il ministro dell’Interno, Piantedosi, ha scaricato le sue responsabilità sull’opposizione alla quale ha chiesto di «prendere le distanze». Ben diversa è invece la reazione della città: «Bologna ha vinto – hanno scritto gli attivisti del Làbas – la città si è espressa in tante forme, mobilitando migliaia di persone contro il governo Meloni che ha voluto imporre i fascisti davanti alla stazione della bomba, nell’ottantesimo della battaglia di Porta Lame».
li Manifesto 10/11/24
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