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All’armi siam neofascisti
Pasquale Colizzi
Camicie verdi, camicie nere, camicie azzurre. Il primo è il titolo del doc che Claudio Lazzaro, già al Corriere, ha dedicato al profumo sovversivo di certe trovate leghiste à la Borghezio: spargere veleno tra i militanti, “appiccare gli incendi” e stare a vedere cosa accade.
Il secondo si lega al viaggio che Lazzaro ha filmato tra i giovani contagiati dal verbo fascista, nazional-razzista, terzista o come si vuole caratterizzare tra le sigle presenti nel nostro panorama politico. Nazirock esce il 3 aprile per la collana dvd Feltrinelli Real Cinema, accompagnato da “Ho il cuore nero”, libro che raccoglie l’intervento di un preciso Furio Colombo, la prosa scoppiettante e “uncorrect” di Antonio Pennacchi (l’autore de “Il Fasciocomunista”, da cui Luchetti ha tratto Mio fratello è figlio unico), l’excursus fittamente documentato di Ugo Maria Tassinari nella destra estrema “istituzionale” e le precisazioni storiche, semiologiche ed estetiche di Valerio Marchi e Nicola Mariani sul circuito musicale skinhead in Italia e in Europa.
Restano le camice azzurre. Lazzaro annuncia subito che rinuncia alla chiusura del cerchio, un doc su Forza Italia e il Popolo delle libertà. Non che Silvio Berlusconi manchi da Nazirock, dal momento che alcuni di questi personaggi li aveva portati sul palco di piazza San Giovanni nel 2006 e qualcuno nel prossimo Parlamento. In quella occasione c’era il negazionista Luca Romagnoli, leader di Fiamma Tricolore, accanto ad Alessandra Mussolini, che lo aveva voluto nel suo cartello di estrema destra insieme a Roberto Fiore, capo di Forza Nuova, condannato a 9 anni per banda armata.
Da quella manifestazione qualcosa è cambiata. Il leader populista che salutava i due milioni della piazza con il braccio destro alzato (lunghi minuti, in curiosa analogia estetica col Ventennio) ha rinunciato a malincuore ad alcuni pezzi – Romagnoli è andato con Storace, Fiore corre da solo – ma si è conquistato alla causa la Mussolini e Ciarrapico, mai arreso a blandire un certo tipo di elettorato.
Per Nazirock Lazzaro è stato ospite del Campo d’azione organizzato da Forza nuova a Marta, nel frosinate. Il movimento skinhead di destra in Italia oggi conta una trentina di band, ispirate a quel White Power Rock dell’inglese Ian Stuart Donaldson, con il gruppo Skrewdriver, la rivista Bulldog, il rock nazionalista e l’hooliganismo. Un grido di battaglia che faceva il verso al black power quando poi in Inghilterra (dove nacque) e in Italia, la classe dominante era già bianca ed europea. Dagli anni settanta i fascisti nella platea punk-Oi! inglese sono stati numerosi, tanto che le band di sinistra ci misero un po’ a capire come collocarsi in un movimento musicale che pretendeva di non essere politically correct. Ancora oggi questi gruppi catalizzano e poi ghettizzano con le loro poche e chiare idee. Gli inglesi dicevano: no paki, no queer, no hippy. Allo stesso modo si rifiuta l’estraneo (culture diverse non devono mischiarsi), il diverso (i gay e i freak), si guarda all’Europa bianca, armata e cristiana.
A uno scaltro organizzatore come Fiore la capacità aggregativa della musica e dei raduni non sfugge. Quando era esule a Londra la sua Meeting Point – scuola di lingua, agenzia immobiliare e di collocamento, gestione di concerti, catene di ristoranti, importazione di prodotti italiani – fatturava intorno ai trenta miliardi l’anno. La sua Internatonal Third Position era anche un grosso affare economico. A questi gruppi di ragazzi e sparute ragazze (alcuni da veri skin con testa rasata, jeans stretti, scarponcini Doc e bretelle, tatuaggi) si offre inquadramento ideologico e divertimento.
Chi interviene al microfono sul palco di Marta ha spesso una strana tensione nella voce, che esplode quasi sempre con la promessa di alzare “barricate”: contro gli immigrati (il meltingpot “è concetto superato anche negli Usa”), contro la tirannia delle multinazionali che promuovono la globalizzazione, contro i gay che minacciano la famiglia tradizionale come orgogliosamente “ci hanno insegnato i nostri genitori”. Si chiede un’Europa unita, fuori dalla Nato e armata, in equidistanza dagli Usa e dall’Oriente. Si inneggia alla lotta dei palestinesi contro “l’entità israeliana” che li vessa. Si brandire ad ogni angolo il pericolo di una minaccia (“Ci vorrebbero morti!”) per cementare lo spirito identitario, fomentare la combattività.
Spazio, per pochi minuti, anche ad uno scosso Andrea Insabato, il bombarolo dei NAR che ci ha rimesso un braccio nell’attentato alla sede del Manifesto nel 2000 (6 anni e otto mesi per tentata strage), che parla ai ragazzi con sospetto buon senso: “I veri nemici non sono i ragazzi come voi ma il potere economico globalizzato e sionista”. In realtà il suo è un appello a smetterla con le tante faide interne alla destra estrema. Nelle quali cadono spesso i duri e puri legati alla “puzza della strada”, allo scontro di piazza, alla provocazione costante per far ottenere visibilità al movimento. Quelli maggiormente manovrabili, scaricati alla bisogna da leader che se ne escono con blandi distinguo, salvo poi celebrarli in occasioni meno pubblicizzate.
Intanto si suona, si poga sotto il palco, si urla su ritornelli ormai celebri tra chi sta cercando di portare “il verbo” anche tra i tifosi di calcio, la nuova frontiera: “La domenica allo stadio quanto sangue quanto onore” (Legittima Offesa), o ancora: “La curva frana sulla polizia italiana, su quei figli di puttana” (Hobbit). Brani che si trovano nel cd raccolta “L’ora della verità”, lanciato per la campagna di sostegno a Luigi Ciavardini, condannato a 30 anni per la strage alla stazione di Bologna e arrestato mentre era piede libero per rapina.
Però non vi aspettate sguardi feroci o esibizioni machiste (tranne qualche braccio di ferro e pettorali al vento). Questi ragazzi – che sono contro le droghe e bevono solo birra (retaggio skin inglese), che come in ogni concerto comprano magliette e accendini e sciarpe prodotte da un’azienda di merchandising di Predappio, che abbozzano un ingenuo e fasullo negazionismo (fingono di ignorare la questione ebraica) – Lazzaro li osserva per tentare di capire. E pare rendersi conto che stanno cercando risposte forti, granitiche (e sbagliate) laddove la politica ha lasciato un vuoto pneumatico.
Senza avallare la violenza gratuita (incredibile come si apre il sito di Calci e pugni store), Pier Paolo Pasolini nel ’74 scriveva sul Corriere: «Con i fascisti, parlo soprattutto di quelli giovani, ci siamo comportati razzisticamente: abbiamo cioè frettolosamente e spietatamente voluto credere che essi fossero predestinati razzisticamente ad essere fascisti…Nessuno di noi ha mai parlato con loro e a loro. Li abbiamo subito accettati come rappresentanti inevitabili del Male».
pasquale.colizzi@fastwebnet.it
Pubblicato il: 29.03.08
Modificato il: 30.03.08 alle ore 8.50