pubblicato il 3.08.15
Bologna, la strage e i colpevoli già tutti liberi Quei legami dell'ex Nar con Mafia Capitale ·
Gli esecutori materiali sono tutti scarcerati. Come Luigi Ciavardini, da cui parte tutta l'inchiesta sui re di Roma che ha portato all'arresto di Massimo Carminati. Destini che si incrociano nel mondo di mezzo
Trentacinque anni. È trascorsa una vita dalla mattina del 2 agosto 1980, da quella strage alla stazione di Bologna che fu un vero atto di guerra alla città medaglia d'oro per la Resistenza e alla democrazia del nostro Paese.
Trentacinque anni durante i quali intere generazioni sono cresciute con l'ossessione del ricordo come forma di giustizia civile. Un ricordo ricostruito attraverso la narrazione di quei giorni fatta dai nonni e dai genitori in una Bologna che non vuole dimenticare. I processi hanno accertato che a mettere l'esplosivo nella sala d'attesa del primo binario furono Francesca Mambro, Giusva Fioravanti e Luigi Ciavardini.
I neri dei Nuclei armati rivoluzionari, i Nar, che a Roma e Milano seminavano morti e feriti, drogati di fascismo e dell'assurda ideologia dello «spontaneismo armato». Ma la strage di Bologna, con gli 85 morti e i 200 feriti, non è stato solo un atto terroristico con il timbro dei neofascisti. Rientra nel più ampio scenario della strategia della tensione cominciata il 12 dicembre 1969 con la bomba di piazza Fontana a Milano. Bombe, attentati, stragi. La manina dei servizi deviati che, come si è sempre ipotizzato, muovevano le pedine dell'eversione di destra; i depistaggi con Licio Gelli tra i principali protagonisti; l'ombra di Gladio su ogni tragedia.
Proprio Gelli, il venerabile della P2, è stato condannato per aver depistato le indagini sulla strage. Condannato con lui anche Francesco Pazienza, faccendiere diventato capo del «Super Sismi», che lui stesso in, un'intervista rilasciata a Repubblica nel 2009, ha definito così: «Ero io con un gruppo di persone che gestivo in prima persona».
Condannati sì, ma questo non vuol dire che siano ancora in carcere. Gli esecutori, per esempio, nonostante i 30 anni di carcere da scontare sono già praticamente a spasso. Chi è libero, come la Mambro e Fioravanti, e chi è in semilibertà, come Luigi Ciavardini. Proprio quest'ultimo ha una storia molto particolare di frequentazioni e amicizie che conducono nel 'mondo di mezzo' della Capitale.
Cosa c'entra Mafia Capitale con Bologna e le vittime di quella bomba? Apparentemente nulla. Ma ci sono nomi, e alcuni protagonisti, che ritroviamo in entrambe le vicende.
Bologna 2 agosto 1980: la strage neofascista e la “Mente nera”
Alla vigilia della commemorazione della strage arriva la richiesta di archiviazione della procura che indagava su una possibile pista palestinese. La sentenza che ha condannato i terroristi di estrema destra dei Nar resta l’unica verità sugli esecutori materiali. E in un libro ritorna il mistero del medico Semerari ucciso perché sapeva troppo
È seguendo Ciavardini, infatti, che i carabinieri di Roma entrano in contatto con il variegato mondo di Massimo Carminati & Co. Le attenzioni dei magistrati su er Cecato si concentrano in un secondo momento. L'inchiesta su Mafia Capitale inizia cinque anni fa. La prima informativa inviata dai militari dell'Arma alla procura e per conoscenza al Ros dei carabinieri porta l'intestazione «Luigi Ciavardini + altri». Nel fascicolo, poi, si trovano decine di richieste di intercettazione sui numeri intestati al gruppo indagato con a capo, sospettavano gli inquirenti, lo stragista.
Il primo rapporto dei detective è del 16 giugno 2010. Un anno prima, il 13 marzo 2009, Ciavardini aveva ottenuto dal tribunale di sorveglianza la semilibertà. Semilibero a soli due anni dalla sentenza con cui la Cassazione lo condannava per la strage. Beneficio ottenuto grazie a un contratto di lavoro che ha firmato con l' “Alleanza sportiva italiana” il cui presidente è Claudio Barbaro, importante esponente di Fratelli d'Italia.
Per Ciavardini l'Asi aveva pronto un contratto a tempo indeterminato per svolgere «mansioni di archivista e addetto al centralino telefonico», si legge nel documento con cui si autorizza il recluso a uscire da Rebibbia per lavorare.
Il programma di recupero esterno prevede per Ciavardini una vita praticamente normale, salvo tornare alle 22.30 nel penitenziario. Può muoversi liberamente per il comune di Roma senza problemi. Tra le prescrizioni però ce n'è una importante: «Il semilibero non dovrà frequentare persone pregiudicate o sottoposte a a misure di prevenzione se non per motivi di lavoro». Ebbene, tra le telefonate e i contatti che gli investigatori elencano ci sono proprio quelle con Massimiliano Colagrande, con precedenti per droga e di recente finito sotto inchiesta per traffico di stupefacenti insieme a un gruppo camorristico.
Colagrande è accusato di essere il gestore, insieme al gruppo criminale, del traffico di stupefacenti a Roma. Da Centocelle a Torpignattara. Colagrande gestiva inoltre sotto falso nome un negozio di gioielli e orologi di lusso in via Barberini, nel quale confluivano e venivano ripuliti i proventi illeciti del traffico di stupefacenti. Nelle informative del Ros ci sono le telefonate tra Ciavardini e Colagrande, uniti fin da giovani nella militanza nell'estrema destra, e anche tra Ciavardini e Matteo Costacurta, classe '84, ex Forza Nuova poi fondatore insieme ad altri dell'organizzazione politica Militia, e così descritto in alcuni rapporti della Digos: ha una forte «caratterizzazione ideologica che si poggia su posizioni radicali nazi fasciste, con marcati aspetti antisemiti e con una certa propensione anche alla violenza».
Indagando su questi personaggi gli inquirenti si imbattono nel circuito di Carminati. Il filone iniziale su Ciavardini, è bene precisarlo, non ha portato a nessun provvedimento, è servito però a intercettare il mondo di mezzo del Cecato.
Già in queste prime informative si trovano nomi che ricompariranno nel 2014 nelle pagine di Mafia Capitale. Come Angelo Spreafico, ex Nar, istruttore di arti marziali e gestore di una società che si occupa di sicurezza nei locali della movida capitolina. Uno dei pentiti lo dipinge senza giri di parole: «picchiatore e spacciatore, asseritamente coinvolto nello smercio di sostanze stupefacenti nella Capitale, verosimilmente nei locali di cui gestisce la sicurezza e ricollegato per le comuni amicizie dell’estrema destra romana, al boss Massimo Carminati».
Ed è proprio il cognome Carminati che riconduce sul sentierio che dal sottobosco neofascita romano porta alla stazione di Bologna. Er Cecato è stato processato per depistaggio nel processo sulla strage e assolto. Il 13 gennaio 1981 sul treno espresso Taranto-Milano viene ritrovato un borsone con armi, munizioni e esplosivo dello stesso tipo di quello utilizzato il 2 agosto dell'anno prima. Nella borsa anche due biglietti aerei a nome di due cittadini stranieri in qualche modo legati al terrorismo internazionale.
Il ritrovamento era stato indirizzato da una soffiata del Sismi, che mirava a ricondurre la strage di Bologna a una pista internazionale. Come? Attraverso rapporti fasulli inviati alle forze di polizia si cercava di accreditare il piano sovversivo “Operazione terrore sui treni”. L'obiettivo del fronte eversivo, secondo i depistatori, era creare il terrore con attentati sui principali tronchi ferroviari. I magistrati arrivarono a Carminati perché un pentito della banda della Magliana raccontò che una delle armi ritrovate era la stessa che er Cecato aveva preso in prestito, e mai riportata, dall'arsenale dell'organizzazione.
Troppo poco per i giudici che decisero di assolverlo. L'ex Nar dunque esce di scena da quel processo e si inabissa per molto tempo. Quando ricompare lo fa da capo di Mafia Capitale e regista di quel mondo di mezzo dove la trasversalità è la prima regola. E anche Ciavardini aveva fatto perdere le tracce. Fino a quel 2009, quando da semilibero ritrova i vecchi amici e mette gli inquirenti sulla pista giusta che conduce all'ultimo re di Roma.
http://espresso.repubblica.it/attualita/2015/07/31/news/bologna-la-strage-neofascista-con-i-colpevoli-gia-liberi-1.223549?ref=fbpe&refresh_ce
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