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Dai superstiti dei Nar ai Naziskin fino ai reduci della Rsi. Rialzano la testa vecchi e nuovi “camerati”
IL CUORE NERO DI MILANO
Viaggio nei luoghi del neofascismo meneghino
«Ringraziate Dio che la pistola l’avevo nello zaino, non vi avrei mai permesso di rimettermi in galera». Sembrerebbe siano state queste le uniche parole pronunciate da Gilberto Cavallini, la sera del 16 dicembre scorso, al momento del suo arresto in Via Momigliano, alla periferia sud di Milano.
Indagando su una serie di rapine ai danni di gioiellerie del centro, la squadra mobile della Questura era arrivata a lui, in semilibertà dal giugno 2001, nonostante le diverse condanne all’ergastolo e una catena infinita di omicidi, almeno 13, tra militanti di sinistra, carabinieri, poliziotti e giudici. Il primo a cadere era stato Gaetano Amoroso, uno studente lavoratore, ucciso a coltellate a Milano, la sera del 26 aprile 1976, sorpreso mentre attaccava manifesti.
Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, Gilberto Cavallini era stato con Valerio Fioravanti e Francesca Mambro alla te sta dei Nar (i Nuclei armati rivoluzionari), capaci di mettere a segno in pochi anni qual cosa come 104 tra attentati e omicidi.
Imputato a vario titolo anche in alcuni processi per strage (per associazione sovversiva e banda armata in quello per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, per traffico di armi nell’ultimo processo per la strage del 17 maggio 1973, davanti alla Questura di Milano), Gilberto Cavallini fino a poche settimane fa sembrava solo rappresentare un capitolo del passato. Ma con il suo arresto altri nomi sono riaffiorati nelle indagini come quello di Pasquale Guaglianone, titolare della palestra a Novate Milanese dove Cavallini aveva trovato lavoro come impiegato, anche se quasi mai si presentava. Guaglianone, ragioniere commercialista, era stato processato e condannato per associazione sovversiva e banda armata, tra gli anni Ottanta e Novanta, avendo svolto il ruolo di tesoriere dei Nar, di custode delle armi e degli esplosivi del gruppo, oltre che di procacciatore di documenti falsi.
Ma quali sono oggi i principali luoghi di ritrovo e di incontro del neofascismo milanese?
Tra San Babila e i Navigli
In un rapporto del 5 giugno 1997 della Digos milanese alla Procura della Repubblica, nell’ambito delle indagini sull’accoltellamento del consigliere comunale di Rifondazione comunista Davide Tinelli, avvenuto il 10 aprile dello stesso anno, nei pressi di Via Ascanio Sforza, sui Navigli, c’è la seguente annotazione: «alcuni elementi gravitanti nell’area della destra radicale milanese… nelle serate del martedì e giovedì – giorno dell’aggressione – al termine delle sedute di allenamento presso la segnalata palestra “Doria” sono soliti recarsi presso il “Maya” dove godrebbero di un trattamento di favore in virtù degli stretti rapporti che li legano a Pasquale Guaglianone».
Secondo le indagini, poi finite in nulla, gli aggressori provenivano dalla palestra “Doria” di Via Mascagni 6 (posta nello stesso stabile della sede provinciale dell’Anpi) divenuta, a detta della Digos, uno dei luoghi di ritrovo ormai abituali della destra radicale milanese. Qui, nel corso degli anni, avevano trovato posto come istruttori di boxe francese (la “savate”) Pasquale Guaglianone e alcuni suoi vecchi amici, tra gli altri Massimiliano Marsico.
Ma l’attività di Guaglianone, dopo l’esperienza dei Nar, non si è limitata alla boxe. «Comproprietario di fatto» del bar “Maya” di Via Ascanio Sforza, dove si rifugiarono gli accoltellatori di Tinelli, compare nella gestione di diverse altre società (dal commercio di rubinetterie alla compravendita di immobili) e addirittura nel consiglio di amministrazione delle Ferrovie Nord Milano.
Guaglianone ha anche assunto negli anni scorsi, come proprio collaboratore al “Maya”, Nico Azzi, già condannato quale esecutore materiale della tentata strage sul treno Torino-Roma del 7 aprile 1973. Oggi Nico Azzi, a suo dire, bazzica dalle parti di Forza Nuova. Ma quel che più interessa è che in questi ultimi anni alcuni frequentatori di destra della palestra “Doria” e del “Maya” sono stati al centro di diverse indagini: dall’assassinio di Alessandro Alvarez (avvenuto a colpi di pistola il 3 marzo 2000, a Cologno, nell’hinterland milanese), a quello di Francesco Durante (ritrovato cadavere nel bagagliaio di una macchina, bruciato e con un colpo alla nuca, nel maggio dello stesso anno), dall’uccisione del giovane tifoso genoano Vincenzo Spagnolo (accoltellato il 29 gennaio del ‘95, poco prima della partita dei calcio Genoa – Milan), al feri mento di Davide Tinelli.
I naziskin alla Bovisa
Spostiamoci ora dal centro della città verso nord, in zona Affori – Bovisa, tra Piazzale Maciachini e Via Cannero. È in queste vie, dopo i primi anni Novanta, a seguito della chiusura (attraverso la legge Mancino) della sede di Via Carabelli e dei tentativi falliti di costituire una presenza tra Via Torino e le colonne di San Lorenzo, che l’area dei naziskin ha insediato i propri luoghi di ritrovo, attorno a due negozi (ambedue in Piazzale Maciachini), uno di articoli sportivi (il “Last Resort”) e l’altro di tatuaggi (il “Nutty Tattoo”).
A poche centinaia di metri, in Via Cannero 7, è ubicato invece una specie di centro sociale, divenuto abituale luogo di ritrovo per le “teste rasate” anche di fuori Milano, situato nella baracca di un ex-spedizioniere destinata nel giro di due anni a lasciare spazio alla costruzione di una nuova stazione della metropolitana.
I naziskin milanesi adesso gravitano in Forza Nuova. I dirigenti di riferimento sono sempre gli stessi dai tempi di “Azione skinheads” e “Hammerskinheads” (Duilio Canù è ora il segretario di Forza Nuova), le riviste d’area quelle di sempre (L’Uomo libero di Piero Sella), così i candidati alle elezioni come Sergio Gozzoli (presentato alle ultime amministrative di Milano alla carica di Sindaco). Gozzoli è una vecchia figura della destra radicale milanese, già nota alle cronache fin da quando assaltò, nel giugno del 1960, una sede dell’allora Partito Radicale in Via Pontaccio.
Anche se le sedi ufficiali di Forza Nuova si trovano da un’altra parte, in Via Concordia 8 e in Piazza Aspromonte, è qui che si aggrega la base militante. Non casualmente l’11 novembre di due anni fa, fu proprio in questa zona (presso il dancing “De Sade” di Via Valtellina, i cui gestori sono vicino ad Alleanza Nazionale) che Forza Nuova tentò un raduno nazionale. La manifestazione si risolse in pesanti scontri tra forzanovisti, polizia e militanti di sinistra.
I nazionalbolscevichi
Non lontano da Via Cannero, in Via Legnone 79, c’è l’Associazione culturale Limes, che ha rilevato i locali un tempo del Fronte Nazionale.
Il Fronte Nazionale aveva cercato negli anni scorsi un proprio spazio, partecipando anche nel giugno del 1998 alle elezioni suppletive del Collegio Milano 6 della Camera dei deputati. Poi la cessazione di ogni attività. Non estranea forse alla decisione, il peso delle vicende legate all’assassinio di Alessandro Alvarez, che aveva militato per qualche tempo nel Fronte. Nel corso delle indagini più di una volta erano stati espressi timori, proprio dall’interno dell’ambiente, trasformatisi rapidamente in panico, circa un feroce regolamento di conti in atto da addebitarsi a rapporti con esponenti della malavita organizzata.
Dal canto suo l’Associazione culturale Limes promuove convegni ed incontri, collocandosi nel filone dei cosiddetti “nazionalbolscevichi”, seguaci di Jean Thiriart (uno dei più noti teorici neonazisti nel dopoguerra), da sempre vicini alle correnti anticapitalistiche del primo nazismo, fautrici all’epoca di un’alleanza con la Russia.
Violentemente antisemiti, sono passati alle cronache per il tentativo, poi vietato dalla Questura, di tenere un convegno pubblico, smaccatamente antiebraico, in un grande albergo del centro, in occasione della giornata della “memoria” dedicata alle vittime dei campi di sterminio, il 27 gennaio 2001.
Quelli di via Plinio
Ma è da un’altra parte di Milano, in Via Plinio 32, non lontano da Corso Buenos Aires, che si è insediato ormai da diversi anni il laboratorio più accreditato dei “nazionalbolscevichi”, facenti capo ad Orion, una rivista fondata da Maurizio Murelli, sanbabilino degli anni Settanta, condannato a 18 anni di carcere per il concorso nell’omicidio dell’agente di polizia Antonio Marino, colpito al petto dal lancio di una bomba a mano, a Milano il 12 aprile 1973, durante gli scontri seguiti ad una manifestazione organizzata dal Msi e dalla maggioranza silenziosa.
Ma Orion non è soltanto una rivista, attorno ad essa si è sviluppata una casa editrice (la Società Editrice Barbarossa), ed una libreria (la Bottega del Fantastico), le cui vetrine danno appunto su Via Plinio. Per qualche tempo Orion ha anche cercato di costituire una propria organizzazione politica (Nuova Azione), intessendo rapporti per una rete a livello internazionale (Sinergie Europee), ma senza risultati significativi. Oggi l’ambizione è quella di voler rappresentare un riferimento a livello intellettuale, una specie di “pensatoio” per l’insieme della destra radicale, promuovendo fra l’altro le cosiddette “Università d’estate”, rivolte, come occasione d’incontro, trasversalmente a tutte le realtà della destra radicale.
Altri luoghi
Altri luoghi sono disseminati nella città, quasi punti anonimi, più che altro come indirizzi delle sedi del frastagliato universo del neofascismo milanese: da Viale Monte Ceneri 78, sede dell’ormai esangue Movimento sociale – Fiamma Tricolore di Pino Rauti, a Piazza Chiaradia 9, al quasi inesistente Movimento Fascismo e Libertà, fondato da Giorgio Pisanò; da Via delle Erbe 1 (vicino all’Arena), dove si trovano i locali che ospitano la Legione (trimestrale dell’Associazione d’arma Fiamme Nere), a Via Rivoli 4 sede dell’Uncrsi (la principale associazione dei reduci della Rsi), a Via Valtellina 6 (sempre nei pressi di Piazzale Maciachini), riferimento per l’Associazione combattenti Flottiglia X-Mas.
Saverio Ferrari
Milano, 24 gennaio 2003