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Il Progetto

MAPPA GEOGRAFICA AGGRESSIONI FASCISTE

AGGRESSIONI RAZZISTE - CRIMINI DELL'ODIO
7.07.24 La denuncia dell’artista di strada Clown Idà: “Botte e insulti razzisti fuori da un locale a Torino. Mi dicevano ‘torna al tuo Paese'”
2.02.24 Bastonate e insulti omofobi al Gay Center di Roma in zona Testaccio: video del blitz ripreso dalle telecamere
31.08.22 La violenza che ci sommerge: Noi sappiamo
16.11.21 Mirko minacciato davanti alla gay street da 4 ragazzi armati: “Fr*** di mer**, ti tagliamo la gola”
2.11.21 Ferrara, aggressione omofoba contro un gruppo di giovani Lgbt. "Mussolini vi brucerebbe tutti"
16.08.21 Aggressione omofoba ad Anzio, 22enne preso a pugni mentre passeggia insieme al fidanzato
11.06.21 Torino, 13enne picchiata per la borsa arcobaleno: “Mi urlavano cagna e lesbica schifosa”
30.05.21 Palermo, due ragazzi gay aggrediti con lancio di bottiglie. Uno ha il naso fratturato
29.04.21 Foggia, sparano da un fuoristrada in corsa contro un gruppo di migranti: ferito al volto un 30enne del Mali
21.03.21 “Gravissima violenza a San Berillo: lavoratrici del sesso massacrate dalla polizia”
21.10.20 Modena, "Torna nel tuo paese" aggredito a bastonate e colpi di machete
29.06.20 Aggressione omofoba a Pescara. Ragazzo gay assalito da un branco di sette persone


manifestazioni MANIFESTAZIONI E INIZIATIVE ANTIFASCISTE
Le mille strade del rugby popolare
- Lo scrittore Giorgio Franzaroli restituisce il premio Acqui Edito&Inedito: “Non voglio essere accomunato a un autore neofascista”
- A Milano i cortei contrapposti contro la guerra: da una parte i neofascisti, dall'altra il movimento antirazzista
- Apre nuovo spazio di Casapound, corteo di Firenze Antifascista
- La Sapienza, dopo le cariche occupata la facoltà di Scienze politiche
- Tensioni alla Sapienza per il convegno con FdI e Capezzone: scontri tra polizia e studenti
- Il nuovo movimento degli ex di Forza Nuova a un anno dall’assalto alla Cgil
- Bologna, femministe contro patrioti alla manifestazione "a difesa delle donne": insulti e tensioni
- Bologna Non Una Di Meno torna in piazza e dilaga: “Risale la marea!”
- Elezioni, contestatori al comizio di Giorgia Meloni a Trento: cantano “Bella ciao” e urlano “siamo tutti antifascisti”
- L’Anpi torna a chiedere lo scioglimento di Casapound alla vigilia dell’inaugurazione della nuove sede di Latina
- No alla manifestazione fascista di Casapound il 28 maggio prossimo. Lettera aperta al Prefetto di Roma

ARCHIVIO COMPLETO

ARCHIVIO REGIONI

documentazione Documenti e Approfondimenti
13.09.24 Breve storia di Meridiano Zero: quando il ministro Giuli era fascista
6.09.24 La testimonianza di Samuele, ex militante 19enne Il pentito di CasaPound
25.07.24 Ignazio Benito LaRussa Nero per Sempre
23.07.24 Inni al Duce, la paura dei residenti di via Cellini.
23.07.24 È la «Torino nera» quella che sabato sera si è scagliata contro il giornalista de La Stampa Andrea Joly
13.07.24 Dentro la Verona “nera”, i tre episodi che hanno segnato la cronaca della città e messo nel mirino i sostenitori di Casapound
10.05.24 "La ragazza di Gladio" Le stragi nere? Misteriose ma non troppo.
2.03.24 Faida tra neofascisti per il controllo della Curva Nord dell'Inter
2.06.23 Difendere l'Europa bianca: CasaPound in Ucraina
26.05.23 La “Legione per la Libertà della Russia” e l’offensiva di Belgorod
16.03.23 Dax, 20 anni fa l’omicidio. Parla l’avvocato che difese la famiglia
13.03.23 «Saluti romani, odio e camerati: i miei sei mesi da infiltrato nelle cellule neofasciste del Nord»
3.03.23 Gruppo armato anti-Putin penetrato nel confine russo con l'Ucraina - Tra loro il neonazista Denis "White Rex" Nikitin
30.01.23 Il neofascista Roberto Fiore smentito dall’Interpol: “Viveva con Gilberto Cavallini”
25.01.23 L’ex camerata in affari con Fratelli d’Italia e le bastonate ai carabinieri
9.12.22 La nuova ultradestra
18.11.22 Quel filo che dall’Ordine di Hagal arriva a CasaPound
19.10.22 Giorgia Meloni firma la Carta di Madrid di Vox
7.10.22 GRUPPI NEONAZISTI USA
16.09.22 L’Europa nuovamente alle prese con l’avanzata dell’estrema destra
15.09.22 Ultradestra, la galassia nera torinese messa in crisi dall’ascesa di Meloni
10.09.22 Sette decenni di collaborazione nazista: Il piccolo sporco segreto dell'America in Ucraina
28.08.22 Inchiesta su M. 2/3
27.08.22 Antifa - Stati Uniti d'America
17.08.22 Inchiesta su M.

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Informazione Antifascista 1923
Gennaio-Febbraio - a cura di Giacomo Matteotti ·


pubblicato il 3.09.06
Corteo per Renato
·

Da Radio Onda Rossa:

Intervista ad un giornalista di Liberazione.

Al corteo hanno partecipato circa 5.000 persone.
Presenti gli spazi occupati, il sindacalismo di base, sezioni territoriali di Rifondazione e così via.
Roma è un laboratorio politico sia per il movimento che, storicamente, per l’estrema-destra.
In città regna una certa “equidistanza/simmetria” tra le due parti viste come due bande in lotta tra loro frutto degli anni dell’amministrazione veltroniana.
Assordante il silenzio dei media. L’intera vicenda è scivolata nel silenzio di fronte agli occhi dei cittadini romani. Brilla per la sua totale assenza il solitamente iper-presenzialista sindaco Veltroni.


RASSEGNA STAMPA:


Roma antifascista riprende la parola. E Veltroni non c’è neanche stavolta
(Liberazione 04-09)

Stesse lame, stesse trame. Cinquemila in piazza, con delegazioni venute anche da altre città, per denunciare il clima di violenza che ha prodotto l’omicidio di Renato.

«I giorni in cui non troviamo parole sono quelli in cui ci sentiamo più vicini», esordisce al microfono un mediattivista milanese. E infatti non è stato facile, ieri, trovare parole per spiegare a una città distratta, depistata, il dolore per la morte di Renato e l’orrore per un clima di sopraffazione e violenza che va montando da mesi, anzi da anni.
Così Rosa Piro, la mamma di Dax, s’è sentita chiedere, dal barista, perché mai ci fossero tutti quei ragazzi a quell’ora nel piazzale di Porta S. Paolo. Si trattava delle almeno 5mila persone, tra occupanti di spazi, studenti, precari, migranti, antifascisti giunti anche da altre città, con spezzoni di Prc e Pdci e “pezzi” della comunità gay e lesbica, che hanno deciso che il primo sabato dall’assassinio di Renato Biagetti – 26 anni, che usciva all’alba di domenica da una dance-hall sulla spiaggia di Focene – non passasse senza una manifestazione. Primo passaggio per rompere il silenzio e provare a riprendersi la città. Ma intanto a Rosa Piro è sembrato di tornare indietro di due anni e mezzo. Anche per Dax si tentò di derubricare a rissa tra balordi un’aggressione fascista. E anche allora, Milano non volle accorgersi di Dax, ricorda Rosa venuta a Roma con una delegazione dell’Orso, officina antifascista del quartiere ticinese.

“Stesse lame, stesse trame”, recita lo striscione di testa portato da romani e migranti che si danno il cambio sfilando verso Trastevere e fino a Campo de’ Fiori. In 20 mesi sono state registrate 134 “imprese” squadristiche. Che si debba «uscire dal torpore», è convinto anche il verde Paolo Cento, ora sottosegretario all’Economia: «E’ evidente una sottovalutazione da parte delle istituzioni locali». Anche ieri le uniche figure istituzionali erano, oltre a Cento, i parlamentari Farina, Smeriglio e Bonadonna, gli assessori regionali e comunali Nieri, Tibaldi e Pomponi, il presidente del municipio Roma XI con alcuni assessori e i consiglieri di Prc e Pdci. L’assenza di Veltroni, in tutte le fasi della vicenda maturata con l’omicidio di Focene, non è passata inosservata. Come anche quella del primo cittadino di Fiumicino, dove governa il centrodestra, di cui Focene è una frazione di 2mila abitanti. «Se è per questo da lì non si sono fatte udire neanche le voci dell’Unione», aggiunge il segretario fluminense del Prc, Francesco De Santis, annunciando per la prossima settimana un’iniziativa specifica che rifletta su quanto accaduto in una cittadina dove è quasi impossibile attacchinare cose di sinistra e tantomeno aprire spazi sociali.

Gruppi di “decoro urbano”, composti da manifestanti, provvedono a cancellare scritte e celtiche che abbondano sui muri mentre il corteo si snoda senza lanciare slogan. Almeno fino a quando non arriva la notizia di un’aggressione al centro sociale Pirateria di Porto, all’Ostiense. Una quindicina di squadristi contro l’unico occupante presente. Probabilmente gli stessi (sedicente Nucleo Eur) che hanno “firmato” la rivendicazione dell’omicidio di Renato sui muri dello stesso quartiere. Per sventare il peggio due macchine si sganceranno dal corteo. Volano slogan “duri”, e da parte di pochi, quando il corteo è già a Trastevere. C’è da scommettere che la grande stampa si accorgerà solo di quelli tanto da farci i titoli.

Sul camioncino, intanto, “Darione”, fratello di Renato, mette la musica. Sua madre Stefania è seduta davanti. Guarda lontano. Dal microfono si succedono gli interventi. Si raccontano i fatti, si prova a spiegare che non c’è par condicio, che i centri sociali di destra proprio non esistono, che non è una guerra per bande. Il problema, nota Francesco di Esc, è «sovvertire l’ordine simbolico» che vuole equiparare i “covi” agli spazi occupati per sperimentare nuova socialità. Roma è piena di luoghi in cui s’è ribaltato il senso per il quale erano stati costruiti: l’ex manicomio S. Maria della Pietà, per fare un esempio pescato tra gli striscioni che sfilano. O l’ex Cinodromo, Acrobax, dove Renato passava ogni giorno, per politica, per amicizia, per giocare a calcio. I suoi amici stanno lavorando a un libro bianco che ricostruisce quei maledetti 40-50 secondi in cui sono volate le 8 coltellate che lo hanno ucciso. I due assassini presunti sono stati arrestati. Giovanissimi. Uno, figlio diciannovenne di un brigadiere, avrebbe una celtica tatuata, dicono che sia un pischello che scimmiotta i fascisti. L’altro è minorenne. Il colonnello che gestisce le indagini ha una fretta lancinante di liquidare la pista “politica”. Acrobax vuole indagare nel mix omicida fatto dall’ ossessione di certa destra istituzionale contro i centri sociali, dall’ansia revisionista di altri aggressivi gruppi e dall’apologia delle lame di gruppuscoli da stadio. «Perché la logica dello stadio, aggressiva contro l’altro, il diverso, s’è riversata nei quartieri – avverte Pina, figura storica del coordinamento di lotta per la casa – loro stanno nei pub, sui muretti, nelle bische e noi non sappiamo farci riconoscere e diventiamo bersagli». «Ancora c’è chi non vuole chiamarlo fascismo – aggiunge Bianca Bracci Torsi, dirigente nazionale del Prc fin dalla fondazione – invece va spiegato, gli va dato un nome, perché è più pericoloso di prima». «Con Veltroni dovremo discutere a lungo – assicura Dante Pomponi, assessore alle periferie – coinvolgendo il più possibile la città, a partire dai valori di questa manifestazione: vita e non violenza».

Fonte: Indymedia


Per Renato, chiediamo conto ai mandanti
by Haidi Gaggio Giuliani Monday, Sep. 04, 2006 at 8:55 PM mail:

Per Renato, chiediamo conto ai mandanti
di Haidi Gaggio Giuliani
Qualche giorno fa ero a Brescia, alla bella festa di Radio Onda d’Urto. No, non ero lì per fare festa ma per parlare di Aldro insieme a Patrizia, sua madre. E chissà perché, quando ho avuto il microfono in mano, ho cominciato a raccontare di Luca Rossi, ucciso “per sbaglio” mentre attraversava la strada, negli anni ’70 a Milano, da un poliziotto in borghese che stava litigando con degli spacciatori per affari privati. E poi ho raccontato di Francesco Lo Russo, ucciso a Bologna in quegli stessi anni, e la sua storia assomiglia tanto a quella di Carlo, solo che lui è stato colpito alla schiena e non aveva nemmeno un estintore in mano per difendersi. Fanno tutti parte di una lunga lista di archiviati senza verità né giustizia. Così, quando sento la notizia dell’assassinio di Renato penso a Dax. Penso a Davide accoltellato con il suo amico da tre fanatici all’uscita di un bar, alle forze dell’ordine che bloccano la strada ritardando l’arrivo dell’ambulanza, a lui agonizzante sul marciapiedi, mentre già qualcuno scrive che si è trattato di una rissa. Non posso non pensarci: sua madre, Rosa, da quel giorno è diventata mia sorella. E penso che ci sono epoche, nella vita del nostro Paese, in cui c’è chi si diletta a fomentare odio, per calcolo politico, per tornaconto personale, per vendere più copie, per tante ragioni. Sì, c’è chi sfrutta l’ignoranza e il fanatismo per indicare e mettere sotto accusa il nemico di sempre: l’extraparlamentare, il comunista, il libertario, l’alternativo, il ragazzo generoso che sta dalla parte dei senzacasa e senzavoce, il ragazzo dei centri sociali. Passano gli anni, cambiano le definizioni, le vittime sono sempre le stesse. Perché, a soffiare sul fuoco, prima o poi il fuoco si accende. La vita umana, in tempo di guerre e di disperati sbarchi clandestini, vale sempre di meno. Vale di meno sui tralicci di un cantiere o in un camion di trafficanti. C’è chi, con una mano sul portafoglio, va teorizzando che quei morti dopotutto se la sono cercata e voluta, che quei morti sono loro, il nemico, loro e chi sta dalla loro parte. Quindi, dalli all’untore! Me ne hanno raccontate tante di storie di aggressioni di stampo fascista, in questi anni, durante i miei viaggi. Un anno fa, a Torino, solo per fortuna non c’è scappato il morto: qualcuno era entrato di notte in un centro sociale e aveva accoltellato dei ragazzi che dormivano all’interno; in cambio il giorno dopo la polizia ha caricato e arrestato i loro amici che manifestavano contro l’aggressione. E’ pericoloso essere antifascisti, nel nostro democratico Paese; se ne sono accorti anche i ragazzi di Milano: otto di loro sono stati scarcerati, dopo quattro mesi di galera gratuita, perché riconosciuti innocenti; gli altri, vedremo. Nessuno si è preoccupato per quelli che sfilavano con tanto di croci celtiche, saluti romani, gagliardetti e altre amenità anticostituzionali. E domenica scorsa viene assassinato Renato. A differenza di altri, per cui giornali e tv spendono parole di fuoco, non è un morto importante, anzi, è un morto scomodo e la notizia passa presto. Io sto qui seduta, a pensare a lui, che non conosco ma è come se lo conoscessi. Penso che non ce la farò. Non ce la farò ad accompagnare ancora quest’altro figlio al cimitero. Non ce la farò a guardarmi nello specchio degli occhi di sua madre. Ma non ce la farò neppure a stare qui, di fronte agli occhi di Carlo che mi guardano da un manifesto, senza fare niente. Perché so quello che devo fare, quello che tutti e tutte dobbiamo fare, subito: chiedere conto ai mandanti, agli istigatori, ai seminatori di odio; a chi certamente non gira con il coltello nascosto sotto la giacca ma, peggio, pronuncia condanne irresponsabili. E dobbiamo chiedere conto a chi volta la faccia dall’altra parte, a chi non vuole vedere né capire da che parte sta la violenza, e si trincera con supponenza dietro a un atteggiamento di falsa equidistanza. Dobbiamo chiedere conto a loro della vita di Renato, che non c’è più.
4 settembre 2006

Fonte: Indymedia


Duemila antifascisti sfilano per Renato
da “il manifesto” del 03 Settembre 2006

Centri sociali in piazza a Roma per ricordare il ragazzo ucciso domenica all’uscita da una festa reggae: «Negli ultimi venti mesi nel Lazio 134 aggressioni dell’estrema destra». Sotto accusa l’«equidistanza» di Veltroni. Durante il corteo fascisti attaccano Pirateria occupata
Angelo Mastrandrea

Non è la prima manifestazione antifascista e nemmeno la più numerosa in una città che in appena venti mesi, come elenca un dettagliato dossier preparato dagli attivisti romani, ha contato ben 134 aggressioni di stampo neofascista. Ma questa volta c’è scappato il morto, non si tratta di sbianchettare le scritte antisemite o naziste sui muri, come pure fanno i neocostituiti «gruppi di decoro urbano», o di rispondere alle provocazioni. L’ultima delle quali avviene proprio mentre i duemila antifascisti sfilano sul Lungotevere: una quindicina di teste rasate assaltano il centro sociale Pirateria, nel quartiere Ostiense, a poche centinaia di metri da dove il corteo era partito. Un attacco sventato solo grazie all’allarme lanciato da uno degli occupanti che si è barricato all’interno.
Chiaro l’intento provocatorio, senza nessun rispetto per quel ragazzo morto nella maniera più assurda che si possa concepire. Una banale aggressione, per «futili motivi» nel linguaggio burocratico dei verbali di polizia, otto coltellate senza ripensamenti e una vita che non c’è più. Quella di Renato Biagetti, 26 anni, laureato in ingegneria elettronica, tecnico del suono e musicista, ucciso all’alba di domenica scorsa mentre usciva da una festa reggae in spiaggia a Focene, alle porte di Roma. Un’«aggressione di stampo fascista» e non una «lite tra balordi», ci tengono a precisare gli amici e i compagni del laboratorio occupato Acrobax che Renato frequentava. Se c’era un senso da attribuire alla manifestazione di ieri era proprio quello di «rompere il muro di indifferenza e chiudere con la falsa idea dell’equidistanza, condannando le violenze neofasciste e reagendo attraverso una mobilitazione democratica».
Non è andata proprio così. In piazza non si è visto, nonostante gli appelli, il sindaco Veltroni, e a sfilare sono stati ancora una volta i «soliti noti»: insieme alla mamma e al fratello di Renato, Dario, i centri sociali romani insieme ai milanesi dei Transiti e dell’Orso, qualche politico come il sottosegretario all’Economia Paolo Cento, Rifondazione, la Rdb-Cub. Da Porta San Paolo, simbolo della lotta partigiana, a Campo de’ Fiori, per riconquistare simbolicamente la piazza sempre più spesso teatro di scorribande notturne di gruppetti di estrema destra.
«C’è troppa violenza, troppe vittime e un’applicazione ristretta della legge sull’apologia del fascismo. Bisogna tornare all’antifascismo come valore. C’è una responsabilità politica e credo che sia stato uno sbaglio sdoganare alcune forze come Forza nuova o la Fiamma tricolore e personaggi come Romagnoli o la Mussolini. E’ strano che un partito come An faccia il congresso di Fiuggi e poi si allei con loro», dice Vladimir Luxuria, che ricorda le analogie tra questo omicidio e quello di Davide «Dax» Cesare, avvenuto il 16 marzo 2003 a Milano.
Chi non manca è proprio la mamma di Dax. La signora Rosa Piro ha preso un treno da Milano ed è corsa qui perché «non si può mancare a una manifestazione del genere e denunciare apertamente fatti così assurdi». Quando ha appreso la notizia, la sua mente è riandata immediatamente a quella tragica domenica notte in cui un gruppetto di fascisti senza appartenenza, esattamente come i due assassini di Renato, colpirono a morte suo figlio. E’ rattristata per l’«indifferenza» anche attorno a questo episodio: «Possibile che in una città di tre milioni di abitanti ci ritroviamo in così pochi?». Invece «dovremmo interrogarci sul perché accadono questi episodi. Dobbiamo insegnare ai giovani il rispetto per la vita. Io, nonostante il rancore che provo, non ho mai chiesto vendetta per gli assassini di Davide».
Per Haidi Giuliani esserci sarebbe troppo doloroso e così scrive: «A differenza di altri, per cui giornali e tv spendono parole di fuoco, Renato non è un morto importante. Penso che non ce la farò ad accompagnare ancora quest’altro figlio al cimitero. Ma non ce la farò neppure a stare qui, di fronte agli occhi di Carlo che mi guardano da un manifesto, senza fare niente. Perché so quello che tutti e tutte dobbiamo fare, subito: chiedere conto ai mandanti, agli istigatori, ai seminatori d’odio. E a chi volta la faccia dall’altra parte, a chi non vuole vedere né capire da che parte sta la violenza, e si trincera con supponenza dietro a un atteggiamento di falsa equidistanza». Il bersaglio pare essere solo uno: il sindaco Veltroni che molti avrebbero voluto vedere in piazza o quantomeno ai funerali il giorno prima ad Acrobax.

Fonte: Indymedia


[Roma] Un ultimo sorriso per Renato
by dal manifesto

Nel centro sociale Acrobax, a Roma, il funerale di Renato Biagetti, accoltellato all’alba di domenica all’uscita da una festa. In centinaia tra pianti e balli ai ritmi della musica che piaceva a lui. Oggi il corteo.

Sembra di riconoscerlo, Renato, tra le centinaia di ragazzi e ragazze che piangono ridono e ballano stretti attorno alla bara nella sala ricevitorie dell’ex cinodromo di Ponte Marconi, Roma, occupato qualche anno fa da un pugno di attivisti e ribattezzato Acrobax. Quanti di loro si possono riconoscere nelle parole della madre del ragazzo di 26 anni ucciso all’alba di domenica a Focene, alle porte della capitale, mentre usciva da una festa reggae? «Quando compravo un paio di scarpe mi diceva sempre “mamma, lo sai che queste sono prodotte sfruttando il lavoro dei ragazzini nel terzo mondo”? E così con ogni acquisto, tanto che io dicevo “ma allora cos’è che si può comprare”?». Pillole di altermondialismo che tutti quelli venuti a rendergli l’ultimo saluto sentono come proprie. Così come quelle altre che parlano di un giovane che combatteva le ingiustizie e detestava la violenza, tanto che «non sarebbe stato capace nemmeno di tirare un cazzotto».
Eppure è capitato proprio a lui quello che sarebbe potuto accadere a chiunque altro: due bulletti, uno con una croce celtica tatuata sul corpo insieme alla scritta «forza e onore», che tentano di attaccare briga, la rapida aggressione, otto coltellate ed eccoci qui a piangere una morte assurda come poche altre. Nessuna matrice politica ma comunque «un omicidio di stampo fascista» che si inserisce in un clima generale di «caccia all’immigrato e al diverso», denunciano i compagni. Come tre anni fa a Milano, quando alcuni fascisti senza appartenenza accoltellarono a morte Davide «Dax» Cesare, militante del centro sociale Orso. E’ per questo che per oggi pomeriggio alle 17 sfileranno in un corteo che partirà da Piramide.
Non era un militante assiduo come il fratello Dario, Renato Biagetti, frequentava Acrobax per le attività musicali più che per quelle politiche. Era rimasto colpito, qualche mese fa, da un altro funerale: quello di Antonio Salerno, un altro militante del centro sociale, vittima questa volta di un incidente in motorino mentre lavorava, da precario. Ed è proprio per questo che oggi hanno voluto portarlo proprio qui, sotto lo striscione che raffigura e saluta «Anto’», oggi accompagnato da un «con Renato nel cuore» e due altoparlanti a simboleggiare il suo amore per la musica. Ci sono militanti, parenti, vicini di casa e qualche politico come l’assessore comunale alle Periferie Dante Pomponi, il segretario romano del Prc Massimiliano Smeriglio e il senatore di Rifondazione Salvatore Bonadonna. Non c’è Veltroni e nemmeno il sindaco di Fiumicino, e la loro assenza viene notata.
Le quattro coppe ai piedi del feretro raccontano di un’altra passione: il rugby e le vittorie con gli All reds. E le parole di amici e familiari parlano di un ragazzo socialmente impegnato, che «andava a tutte le manifestazioni», ma soprattutto amante della musica, anche quella classica come non ti aspetteresti da un amante dell’elettronica e del reggae. Il fratello Dario ha raccolto gusti e passioni in una playlist che fa da colonna sonora all’intero funerale. «Nell’ultima festa prima dell’estate, proprio qui, mentre stavamo per chiudere lui invece mi chiese di continuare e di mettere questa traccia che gli piaceva molto», spiega prima di lanciare un pezzo techno che ti immagineresti di ascoltare a un rave piuttosto che a una commemorazione. Prima c’erano stati il Bolero di Ravel e l’Ave Maria di Schubert, «La guerra di Piero» di De Andrè e «Gianna» di Rino Gaetano. Il ricordo della fidanzata che legge una poesia di Leonardo da Vinci e di un’amica che recita Guccini, «voglio pensare che ancora mi ascolti e che come allora sorridi». La madre e il fratello ringraziano tutti quelli che hanno partecipato. E via così fino all’ultimo saluto. A pugni chiusi: «E se io muoio da partigiano tu mi devi seppellir».

Fonte: Indymedia


Commozione, immagini, musica: tutti insieme con Renato nel cuore
by dal messaggero

Le immagini scorrono veloci su uno schermo, nella vecchia sala ricevitorie dell’ex Cinodromo in via della Vasca Navale, non sono immagini qualsiasi sono le foto di Renato Biagetti, il giovane ingegnere ucciso domenica scorsa a Focene all’uscita dalla dance hall del chiosco «Buena Onda». E’ la prima volta che compare il suo volto da quando è accaduta la tragedia. E solo ieri, durante il suo funerale, nel vedere quel sorriso e quegli occhi azzurri si capiva chi era veramente Renato.
Il funerale si è svolto proprio lì, in forma laica, nella sede del centro sociale Acrobax, che frequentava da anni «è cosi che avrebbe voluto». Alle note dei suoi brani preferiti il compito di raccontarlo e dargli l’ultimo addio fino al cimitero di Trigoria in un momento in cui, come hanno detto alcuni amici, «siamo trafitti dal dolore, così come lui è stato trafitto dalla tristezza e dalla stupidità di idee mortifere che cancellano ogni diversità». Oltre cinquecento amici uniti nel dolore e nel ricordo di Renato con i genitori dello sfortunato ingegnere, con il fratello Dario, con la fidanzata Laura. Presenti anche l’assessore comunale alle Periferie, Dante Pomponi, il segretario romano di Rifondazione Comunista, Massimiliano Smeriglio, il presidente dell’XI Municipio Andrea Catarci, i consiglieri comunali Nando Bonessio (Verdi) e Fabio Nobile (Pdci). C’è anche il senatore Salvatore Bonadonna (Prc): «Questo assurdo delitto è il prodotto del degrado sociale e dell’ambiente culturale in cui viviamo. Le istituzioni devono intervenire con una campagna di bonifica sociale che preveda la lotta alla precarietà e la promozione di interventi culturali».
La madre, stretta al figlio Dario, ha chiesto che tutti conservassero di Renato «un ricordo fatto d’amore, perché lui odiava ogni forma di sopraffazione, l’odio gli faceva schifo e considerava la violenza mostruosa, lui che aveva paura persino di un taglierino. Su Renato, sulla sua morte, non ci deve essere violenza, perché lui era pacifico, amava la vita». E poi con un sorriso, lo stesso dei suoi figli, ha aggiunto: «Aveva occhi come stelle e aveva una marcia in più, come ce l’ha suo fratello. Amava molto Dario, era stato la sua guida, il suo papà. E amava anche me. Un giorno mi ha detto che era stanco di lavorare come facchino con una laurea in ingegneria e che un giorno sarebbe riuscito a fare ciò che amava. Da piccolo gli avevamo insegnato a lavorare. Andava sempre in giro coi mezzi pubblici. L’unica automobile, una Panda, che usavamo a turno. Poi un giorno l’ho visto felice, mi aveva detto che aveva incontrato l’amore, una ragazza che come lui rideva sempre: Laura». E lei era lì accanto con gli occhi lucidi e con il cuore trafitto dal dolore.
“Il Fannullone” e “Se ti tagliassero a pezzetti” di Fabrizio De Andrè, “Gianna” di Rino Gaetano, il “Bolero” di Ravel hanno scandito i ricordi di Laura, che lo ha visto morire davanti ai suoi occhi. «Il tuo sorriso – ha detto trattenendo a stento le lacrime – entra nella nostra vita, così lontana dalla violenza. Non a caso avevi scelto il suono per esprimerti, “Tum Tum”, vibrazione che ci accompagna per tutta la vita e che scorre in noi dandoci elettrica energia». Poi, con un filo di voce, ha letto i versi della “Fenice” di Leonardo da Vinci, «le parole di un genio per salutare un genio. Ringrazio la sua famiglia – ha aggiunto – per avermi dato un dono così grande e per avermi coccolata in questi giorni difficili senza farmi mai sentire sola».
Sopra la bara uno striscione con la scritta «Con Renato nel cuore» e il disegno di due altoparlanti per ricordarne la passione per tutto ciò che aveva a che fare con la musica. Almeno in cinquecento gli amici, parenti, vicini di casa che si sono stretti attorno alla disperazione dei genitori. Sul feretro, davanti al quale erano state poste quattro coppe sportive che il giovane aveva vinto con la squadra degli All Reds di rugby, i ragazzi del centro sociale hanno deposto magliette e sciarpe. Sono le magliette della sua palestra di boxe, della sua squadra di rugby, e poi una bandiera della Roma, fiori, tanti fiori (un omaggio floreale anche da parte di Rifondazione Comunista e dell’XI Municipio), collane e bracciali. «Sei proprio bravo, Renato», recita una scritta su un cartellone con un grande cuore, e poi «Ciao Renà» su una bandiera rossa. «Questo saluto farà il paio con quel “Ciao, Anto” – dice uno degli amici – Una scritta che ormai campeggia per tutta Roma in ricordo di Antonio Salerno, il ragazzo morto in un incidente lo scorso inverno i cui funerali furono svolti qui».
Tanti applausi a sciogliere la grande commozione, fino all’intervento finale del fratello Dario, che gli ha dedicato l’ultimo brano suonato durante una festa prima dell’estate. Lui voleva smettere di suonare, ma Renato si era offerto di smontare al posto suo l’impianto di amplificazione, perché «l’importante è che tu continui a suonare». E allora si è continuato a suonare anche ieri mattina, fino al brindisi finale degli amici più intimi con un amaro, mentre tutti ballavano accanto alla salma di Renato, per sempre vivo nei loro cuori.

Fonte: Indymedia


Il corteo di Roma da Repubblica

Roma, 18:50 OMICIDIO FOCENE: ORGANIZZATORI, 2-3MILA PERSONE IN CORTEO

Sono due-tremila, secondo gli organizzatori, i partecipanti del corteo che da qualche minuto si e’ mosso da piazzale Ostiense per attraversare il quartiere Testaccio e che si concludera’ a Campo de’ Fiori, corteo indetto dai centri sociali di Roma in ricordo di Renato Biagetti, il 26enne assassinato a coltellate domenica scorsa a Focene al termine di una festa. Per le forze dell’ordine, invece, i manifestanti sarebbero circa un migliaio.
Ad aprire il corteo, un lungo striscione a testimonianza di quanto il clima sia stato teso in citta’ negli ultimi mesi: “Venti mesi: centotrentaquattro aggressioni fasciste – recita lo striscione – stesse lame, stesse trame”.

Fonte: Indymedia

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