|
|
Comunicato del C.P.O. EXPERIA
Comunicato: la repressione a Catania sfocia in tortura e sevizia!
Solidarietà a Peppe !
Proprio ieri il Sole 24 Ore pubblicava un indagine che “premia” Catania come capoluogo dove si vive peggio in Italia. Di questo riconoscimento la città ne va fiera e a dare il buon esempio per primi sono i solerti tutori dell’ordine che hanno voluto rendere partecipe Peppe “Sucamorvo” del valoroso risultato raggiunto. ricordiamo che il compagno, accusato ingiustamente di aver lanciato una molotov contro la caserma dei carabinieri di Piazza Dante, senza uno straccio di prova, era già stato “ospitato” per ben 3 mesi in carcere (dal 28/10/04) ed è tuttora sottoposto ad obbligo di firma. Il castello accusatorio alla luce del processo, tuttora in corso, si sgretola e dissolvendosi lascia intravedere una montatura che ha il sapore di una persecuzione politica. Dalla data del suo rilascio, infatti, Peppe non ha più avuto pace, gli instancabili tutori dell’ordine costituito non hanno mai smesso di fargli sentire il fiato sul collo: continuamente pedinato, controllato senza sosta, spiato, ascoltato, fermato in ogni occasione e per ogni pretesto. Oltre a costanti umiliazioni e soprusi, ha subito innumerevoli denunce e indagini (per volantini e scritte murali).Gli è stato ripetutamente sequestrato il mezzo di locomozione con motivazioni pretestuose. Ha infine perso il lavoro a causa delle soffocanti attenzioni dei morbosi agenti di pubblica insicurezza. Ma tutto questo non bastava, il terrorismo è una cosa seria e, si sa, nessuno lo sa fare meglio dello stato: lunedì 18 dicembre fermo di routine per “Sucamorvo” che viene invitato in questura dagli ormai inseparabili gendarmi, ma stavolta una novità. In breve tempo si accorge che la meta è diversa, gli rispondono che: “stanno cambiando deposito”. “L’oggetto” viene portato al commissariato di S. Cristoforo.
S’incomincia con accuse inventate di sana pianta e minacce, ma si è appena all’inizio. La polizia, non solo la digos, sa tutto di Peppe e non esita ad utilizzare qualsiasi argomento per metterlo in una condizione di mobbing, ma ancora è troppo poco…, scontenti del risultato ottenuto, sotto gli occhi severi delle foto dell’onnipresente duce lo spogliano di forza così da metterlo finalmente in una condizione d’inferiorità e impotenza, e scatta il programmato e sistematico pestaggio. Mentre viene tenuto bloccato con le mani al collo, lo colpiscono molte e molte volte ai reni con una paletta e un libro, meticolosamente vengono evitati punti che potrebbero lasciare segni mentre le sevizie diventano sempre più pesanti…
I tutori della legge (del più forte) da sempre inguaribili romantici, non smettono mai di sognare il ventennio e probabilmente delusi dalla fine dell’esperienza irachena sanno di poter contare su di noi nei momenti di nostalgia. “Sucamorvo” è un obiettivo privilegiato, è un ragazzo di quartiere che non ha mai nascosto di essere anarchico (merce rara in città). A nessuno importa dove finiscono quelli come lui; nei salotti bene non lo fanno manco entrare, quale miglior occasione per guadagnarsi lo stipendio divertendosi. Ma hanno fatto male i conti, stavolta non staremo in silenzio ad aspettare il nostro turno e per quanto per molti sia ormai accettata; la tortura, per noi è e sempre resterà il più riprovevole, disgustoso e degradante mezzo di dominio dell’uomo sull’uomo.
22 DICEMBRE ORE 19:00 – ASSEMBLEA PUBBLICA PRESSO IL C.P.O. EXPERIA
(VIA PLEBISCITO N. 782)
Compagni contro la repressione
Catania, sotto shock dopo il fermo di polizia
Gio, 21/12/2006 – 19:34
Fonte Liberazione del 21/12/06
Tre ore in un commissariato di Catania. Tre ore d’inferno. Botte sulla schiena, insulti. E alla fine, dopo essere stato costretto a spogliarsi, una pistola appoggiata sullo sfintere. «Ti piace, frocio? ». Sembra che a fare incazzare di più i “tutori dell’ordine” sia una scritta tatuata: “Carlo vive”. Chi pesta è convinto che «abbiano fatto bene ad ammazzarlo». Qualcuno adesso storcerà il naso per un racconto così diverso dalle fiction piene di poliziotti buoni e corretti. Ma se fosse andata proprio così? E in un periodo dell’anno in cui arrivano i nuovi calendari, si provi a immaginare un pestaggio compiuto proprio con un almanacco di quelli sistemato sulla schiena del malcapitato per non lasciare segni. Botte, pare, con la paletta d’ordinanza messa di taglio. E i pollici sotto le ascelle a premere sui nervi per fargli tenere la spalle bene alzate. Così viene riferito a Liberazione, che, intanto, ha fatto rimbalzare la storia ai gruppi parlamentari del Prc per un’interpellanza. Comunque al pronto soccorso i segni li hanno trovati, eccome. Ce lo ha portato di corsa un compagno avvocato che aveva passato il pomeriggio a cercarlo.
Catania, città dei “Cavalieri del lavoro”, città di destra, dove un dirigente della ragioneria comunale è inquisito per mafia, con la polizia che lascia correre, chiudendo tutti e due gli occhi, rispetto alle aggressioni fasciste. Città in cui un partito, l’Udc, che ha il record di inchieste per collusioni con la mafia, è il partito di Cuffaro, ha un chiodo fisso: far chiudere i due centri sociali rimasti, l’Auro e l’Esperia.
Città in cui un ventisettenne, disoccupato, cammina nel primo pomeriggio di un qualsiasi lunedì. Via Crociferi, centro città, strada di pub. Il ventisettenne è un anarchico conosciuto, cresciuto in un quartiere popolarissimo, da una famiglia problematica. La volante lo vede, accosta. «T u qua non ci puoi stare perché sei una merda, uno schifoso». Chi vede il “prelevamento” avverte subito altri attivisti che iniziano subito il “giro delle sette chiese”, tra i commissariati, per capire cosa sta succedendo. Più di tre ore dopo il mistero sembra sciogliersi. Dal commissariato di S. Cristoforo viene riferito che è stato rilasciato ma è indagato per il possesso di un martelletto rompivetri che, comunque non sarebbe proibito a chi, come lui, non abbia mai avuto a che fare con reati specifici contro il patrimonio. Ma il ventisettenne, ex cameriere, è sotto processo per un altro reato: il lancio di una molotov contro il muro di una caserma dei carabinieri alla vigilia di una manifestazione antifascista. “Forza Nuova” aveva annunciato sfracelli contro l’aborto. Il clima non era dissimile da quello attuale. Nessuno sa se davvero sia stato lui, mica l’hanno colto in fragranza, ma si cerca di cucirgli addosso l’accusa gravissima di terrorismo. Però il processo va a rilento. Qualcuno forse avrebbe preferito una condanna rapida. Così secondo il racconto fatto a Liberazione sarebbe iniziata una vera e propria persecuzione. Non sarebbe la prima volta, infatti, che Giuseppe diventa “desaparecido”. Molto probabilmente anche l’ultimo lavoro l’ha perso per la presenza invasiva degli inquirenti. Arduo stabilire il confine tra la persecuzione e la reale attività istruttoria. Ora, il ventisettenne, protagonista suo malgrado di questa storia cilena, o forse sarebbe più giusto definirla genovese, è sotto choc. Sconvolto. Chi ha raccolto il suo terrificante racconto, dunque, lo ha trovato in lacrime e lo ha portato in ospedale dove gli sono state riscontrate contusioni sul fondoschiena e sul costato, lividi, tensione muscolare proprio in corrispondenza dei punti dove sarebbe stato pressato per tenere la schiena dritta. E ora piscia pure sangue quel ragazzo che dice di essere stato picchiato gratuitamente, senza che abbia neppure provato a opporre resistenza. Che ci siano state percosse nell’incontro ravvicinato con alcuni agenti, stando al referto del pronto soccorso, non ci sarebbero dubbi. Non c’è bisogno neppure delle denunce, viene spiegato perché il reato è di quelli perseguibili d’ufficio. Per un attivista locale di Rifondazione, che è anche un avvocato, è, ormai «la fine di ogni diritto».
«Gl’è andata meglio che a Federico Aldrovandi – commenta Haidi Giuliani, senatrice del Prc – ha ragione l’avvocato: se si continuano a tollerare certi atteggiamenti è la fine di ogni diritto. Come si fa a chiedere a tutti i ragazzi senza la divisa, compreso il ventisettenne catanese, che bisogna rispettare le leggi, quando ci sono dei tutori dell’ordine che sono i primi a offenderle?».