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La scorsa notte intorno all’una e mezza circa, lo spazio del Lab. Sociale Paz, è stato oggetto per l’ennesima volta di un attacco fisico . Questa volta,
dopo ripetuti lanci di enormi petardi e scritte nazifasciste, sono state lanciate 2 molotov, una sul retro e una vicino al cancello. Sono, inoltre, state portate via anche le bandiere all’ingresso in particolare quelle contro il dal molin ecc…
Crediamo che questi attacchi, di diversa origine e natura, siano alimentati da una propaganda di natura politica contro il Lab. Paz, finalizzata a limitarne lo spazio di libertà, di agibilità politica e autonoma, propri di uno spazio sociale che ha saputo raccogliere e tradurre in percorsi di lotta – al di fuori delle logiche della rappresentanza – le molteplici istanze che il territorio della Provincia di Rimini sta, finalmente, esprimendo.
Dalla lotta contro l’inceneritore e i legami clientelari che lo sostengono (così come per il Trc, la 3 ° corsia ecc), dalla lotta contro la repressione sui cittadini migranti, dalla lotta contro un concetto di SICUREZZA bieca e razzista, dalla lotta sulla questione dell’emergenza abitativa, passando per tutti quei percorsi legati dal paradigma che la guerra globale e permanente racchiude.
Dentro questa spirale che vede agire diversi attori, da un lato, la stampa, che non smette mai di utilizzare la scusa del dovere di cronaca per stigmatizzare questo spazio sociale; dall’altro la politica ufficiale e, di converso, i provvedimenti giudiziari che ci vedono coinvolti, non ultimo i due decreti penali di condanna – uno per la lotta contro l’utilizzo dell’ aeroporto civile di Rimini come base dei
marines americani diretti in Iraq e, l’altro, per l’azione informativa del 23 dicembre 2006 , nel centro di via della gazzella, volta a smascherare l’utilizzo arbitrario e clientelare di soldi pubblici destinati all’autogestione dentro le logiche spartitorie di uno dei partiti della cosiddetta sinistra radicale – segnalano come anche a Rimini, vi sia il tentativo di rilegare le lotte sociale del movimento nell’ambito della ghettizzazione/criminalizzazione, in buona sostanza, di rimandarle esclusivamente a quei dispositivi di ordine pubblico e di sicurezza, ben incarnati nei provvedimenti post fatti di Catania.