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Gli spettri neri della Brà
Le amministrative a Verona, lo sapevamo, avrebbero segnato la fine di una fase inaugurandone una nuova. Basterebbe a testimoniarlo l’intensità la pervasività la violenza di una campagna elettorale che ha letteralmente attraversato ogni angolo della città.
Le peggiori previsioni, le più pessimistiche sono state ampiamente superate dalla realtà. Stravince con più del 60 % flavio tosi, leghista di razza, capace ad un mese dall’apertura delle urne di chiudere il curioso teatrino delle candidature nella casa delle libertà, accentrando sulla figura più scomoda, più “estrema” di tutto il centro destra scaligero.
Un uomo, un programma.
Il cuore leghista. Il giovane Gentilini, l’instancabile provocatore è da 10 anni il volto della lega a Verona. Non passa giorno che lo sceriffo non si produca in dichiarazioni o iniziative di sicuro riscontro mediatico. Il tutto incentrato quasi esclusivamente sul tema immigrazione = insicurezza.
E il sindaco delle entrate separate sugli autobus (nel 98), una per bianchi l’altra per neri, della lotta ai dormitori e ai centri d’accoglienza per senzatetto (attaccando anche la diocesi, cosa infrequente nella bianca Verona), delle case AGEC e ATER, dei servizi sociali, degli asili prima per gli italiani (un tempo avrebbe detto veronesi) poi eventualmente agli altri…, della lotta ai bronx di verona, negronetta in primis, ai phone center e alle kebabberie (fucine di criminali), degli sgomberi ad ogni costo.
Consigliere più votato d’Italia nelle regionali del 2005 diventa assessore alla sanità veneta. Il registro non cambia: gli immigrati sono l’incubo, intasano i pronto soccorso, sperperano risorse, pretendono addirittura trattamenti specifici (come il parto con assistenza femminile per le donne islamiche)
E’ soprattutto l’uomo della lotta sacra allo zingaro, etnia (come la definisce il Nostro temperandosi dalla tentazione della razza) dalla quale è letteralmente ossessionato.
accoglie firme per un referendum cittadino per cacciare tutti gli zingari dalla città. Marcia sul campo con i suoi fedelissimi, non autorizzato per scatenare fisicamente il panico tra i residenti, fermato solo dall’interposizione degli attivisti antirazzisti.
Verrà condannato in secondo appello per istigazione all’odio razziale, ne farà un motivo d’orgoglio in un corteo cittadino, nel quale deporrà in Brà una lapide rappresentativa recante il nome del procuratore Papalia.
E’ un leghista di nuova generazione, in cui l’identità se si definisce in accezione reazionaria legalitaria può connettersi e allearsi con altri identitarismi, dal nazionalismo più tradizionale alle più becere forme di neo fascismo, passando per la galassia dell’integralismo cattolico.
Della prim’ora l’apertura della lega al veneto front skinhead, uniti gia negli anni ‘90 dalla paradossale difesa della libertà di pensiero, minacciata dalla mancino, promotore del comitato “giustizia giusta”, tosi è tra i principali sdoganatori dei neofascisti cittadini, promovendo quel laboratorio della destra estrema che tanto ha fatto parlare. La lista civica tosi sindaco è non a caso aperta da quell’Andrea Miglioranzi che nasconde dietro la giacca e la cravatta, la militanza nel vfs, di leader del gruppo rac gesta bellica, e che ora accede al consiglio comunale con la tessera di fiamma tricolore.
Se dovessimo cercare una formula comprensiva dei tanti aspetti sopraccitati, di una cultura politica di cui Tosi è il locale portabandiera, indicheremmo il razzismo al contrario.Si tratta di una presunta nuova forma di razzismo strisciante, molto più pericolosa del razzismo in accezione classica, quello che discrimina minoranze soggetti deboli o in posizione di forza svantaggiata. A subire il razzismo sono i veronesi, i veneti, “addirittura gli italiani” se si considera la macrominaccia rappresentata dall’immigrazione. Un razzismo di cui non si può nemmeno parlare, oppressi da decenni di cultura comunista democristiana buonista assistenzialista terzomondialista.
Uno schiaffo in faccia all’idea di società plurale solidale aperta, fondata sulla contrattazione permanente dei diritti e dei bisogni.
Ha vinto perché ha dato voce e corpo alle più semplici e spontanee pulsioni dell’opinione pubblica, alle paure alle incertezze, al diritto al non razionale e alla contraddizione…
Ancor prima della politica degli immaginari a trionfare è la politica dell’”identità”.
E giusto immaginare senza immigrati anche se ne è palese il contributo economico, è giusto prendere a modello la piccola e pacificata Treviso pur sapendo che poco o nulla ha a che fare con Verona, è normale la tolleranza zero (o meglio l’ossessione repressiva) verso l’ambulante, un criminale amministrativo, accanto alla massima tolleranza per l’evasione fiscale, grande e piccola, diffusissima sul territorio.
La svolta elettorale di Verona si connota come una deriva sociale (esistenziale?) prima che politica.
Solo questa interpretazione permette di comprendere a fondo lo smisurato entusiasmo attorno al giovane Gentilini prima durante e dopo il voto, spingendo con energia nel retroscena problemi e differenze che infiltrano la nuova maggioranza.
Una campagna con tre parole d’ordine ossessive: sgomberare il campo rom di Boscomantico, cancellare gli ambulanti dal centro, sgomberare e abbattere (in ordine di tempo da indovinare) il csoa la chimica.
Abbiamo detto la politica della legalità, della tolleranza zero della sicurezza, delle emergenze è una politica tutta giocata sull’immaginario, e l’immaginario si può raccontare non misurare.
l’unico “metro” di giudizio sarà il come, non il cosa o il quanto, come comunicare quella repressione volta a quella legalità e a quella sicurezza a cui Zanotto aveva attinto a piene mani. Vantaggio e svantaggio al contempo. Tosi avrà da subito il problema di gestire il potere, cosa ben diversa dalla gestione della propaganda d’opposizione.
Sgomberare un campo di rom rumeni (dal 2007 inespellibili), gestiti da un potentato dell’imprenditoria sociale come il Don Calabria, può sortire effetti indesiderati allo sceriffo, sicuramente impone tempi diversi da quelli prefissati.
La chimica è il luogo strategico per eccellenza, il “cosa” e il “come” che possono fare la differenza: dal lì il nuovo sceriffo può partire per dimostrare che fa ciò che dice, legalità senza mediazioni di sorta.
E il luogo politico che a torto o ragione rappresenta per il sindaco l’antagonismo cittadino.È anche una questione privata, chiudere i conti con chi da più di dieci anni racconta e contrasta il giovane padanofascista.
noi, la nostra storia, il cammino che abbiamo iniziato 10 anni fa come collettivo porkospino, abbiamo l’orgoglio e la responsabilità di avere aperto un luogo immateriale, uno spazio politico di movimento che da troppo tempo non esisteva in città. Un luogo simbolico, perché di connotazioni simboliche è impregnata, come abbiamo visto, la politica di oggi: il suo valore prescinde dai progetti e dalle lotte che concretamente siamo stati in grado di promuovere.
Il suo valore aggiunto va individuato nella capacità di produzione di un linguaggio politico e sociale, talvolta incompleto e contraddittorio, sempre partecipato, generoso, coraggioso, profondamente immerso nel vissuto del territorio e nelle sue problematiche più stridenti.
La capacità di dare voce, di nominare bisogni desideri diritti da un lato, ingiustizie violenze privazioni derive culturali dissociazioni mentali ossessive al limite dello schizofrenico dall’altro. Non ci siamo limitati ad una funzione resistenziale, seppure di innegabile importanza e d’indubbio merito in una città come la nostra, non si sono arroccate in una dinamica di osservazione, testimonianza e controinformazione. In una città (…in un paese) in cui la sinistra perde per l’incapacità di individuare un propria cultura politica, noi abbiamo definito una forma di vita culturale politica e sociale con una propria fisionomia ed una storia alle spalle.
Fisionomia che, senza false retoriche o noiose operazioni di giudizio, non poteva che essere in costante dinamica di relazione forte e di contaminazione con i soggetti informali e le realtà formali che l’hanno attraversata. Una forma di vita determinata dall’impietosa ma non di meno attenta analisi del contesto territoriale nel quale poggia (non pianta) le radici non può che essere particolarmente sensibile al concetto zapatista di un mondo capace di contenerne molti altri… e diversi.
La chimica è dunque un luogo che va oltre gli spazi fisici che abbiamo liberato dal degrado aperto alla città e riempito di idee e bisogni. Si colloca qualche metro più in là anche dello spazio fisico in cui oggi viviamo, della piazza così familiare e unica che abbiamo riempito, di un quartiere che ha saputo non tollerare ma ascoltare e osservare. Ciò che sarà poi, nell’eventualità di un’azione di sgombero coatto, dipenderà da un ampio numero di variabile, dalla difficile e stressante riflessione che stiamo affrontando, simile in tutto al tempo in cui si colloca (preventivato ma non scontato), e dalle sue conclusioni.
Ora scegliamo di concentrarci sulla prova/tappa/sfida/minaccia che incombe consapevoli che una parte del nostro futuro dipende direttamente da come affronteremo questa fase.
La denuncia penale di occupazione abusiva dello stabile è stata di recente depositata in procura. La prefettura dovrebbe discutere dello sgombero con la proprietà (?), il sindaco, nel prossimo futuro.
Ciononostante i tempi potrebbero non essere così stretti.
Da tempo consapevoli di quanto per noi l’estate sarebbe stata soffocante, dobbiamo oggi innanzitutto non farci logorare dall’esasperazione della minaccia e dell’estrema precarietà. Proseguiremo con il nostro programma, fisiologicamente più flessibile e alleggerito nella quantità, puntando soprattutto alla compartecipazione, all’organizzazione condivisa con le realtà che hanno coabitato la chimica in questi anni, di alcune scadenze, coerentemente alla nostra storia e filosofia.
Proveremo ad intercettare e vivere il momento dell’arrivo di polizia e compagnia brutta.
Viverlo senza dare soddisfazione a chi, sindaco in primis, ci vorrebbe massacrati e incarcerati, o a chi non perderà occasione per dispensare giudizi. Proveremo a resistere in maniera intelligente e creativa.
Soprattutto, non appena si avesse notizia dello sgombero, indiremo immediatamente un presidio permanente e progressivo all’esterno del centro sociale, nei giardini adiacenti, nel quale fare convergere tutti quelli che riterranno di voler esprimere direttamente la loro solidarietà. Sarà soprattutto questo il luogo fisico e simbolico dal quale ripartire per dimostrare che la chimica è una comunità militante, che il conflitto sociale è in movimento e può attraversare ogni angolo della città, che siamo in tanti e determinati ad opporci alla prima (certo non l’ultima) espressione di violenza odio arroganza ignoranza della nuova giunta.
Far passare sotto silenzio questa forma di repressione totale significa indicare al sindaco che la strada intrapresa è giusta facile e spianata anche in altre direzioni.In piazza condivideremo le proposte e le scelte per rispondere e reagire allo sgombero. Dalla piazza ripartiremo, con la lucidità e la consapevolezza che nessuno sgombero può cancellare la nostra storia, lo spazio che abbiamo aperto, le idee e i bisogni che abbiamo espresso.
La chimica / piazza zapata – verona / in movimento verso una nuova fase
09 Jul 2007 – stampa
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