pubblicato il 3.05.09
Verona: Primo maggio senza Nicola ·
Primo maggio senza Nicola
Ad un anno dall'aggressione neofascista che uccise Tommasoli, Verona si mobilita con un lungo corteo cittadino. Per ribadire che quella violenza non fu affatto casuale come in molti ancora credono
Ad un anno esatto dall'aggressione che costò la vita a Nicola Tommasoli, Verona torna in piazza. Non solo per ricordare il ragazzo, morto quattro giorni più tardi senza mai essere uscito dal coma, ma anche per ribadire che quella tragica vicenda non è servita a capire e per invitare, finalmente, a farlo. Non ha capito il sindaco Flavio Tosi, che allora disse «è una su un milione» e poi «macché fascismo è solo disagio», salvo poi gridare alla «condanna esemplare» e costituirsi parte civile, come Comune danneggiato dalla «falsa» immagine che i media diedero della città, al processo contro i cinque giovani aggressori, di cui tre in odor di neofascismo. Non ha capito la maggioranza amministratrice, che, due mesi dopo la morte di Nicola, patrocinò un convegno con il fior fiore di razzisti, come Borghezio, neonazisti, come Piero Puschiavo, negazionisti, come don Abrahamovicz, di casa a Verona. Non hanno capito infine, neppure i cittadini meglio pensanti, che continuano a rimuovere le radici della violenza manifestata da molti giovani di questa città, travolti dall'ideologia fascio-calcistica.
Non solo, si commuovono vedendo il sindaco sfilare il 25 aprile, dimenticando che tra i suoi alleati c'è la crema del neofascismo e del tradizionalismo cattolico e che proprio lui, nel dicembre 2007, andò di persona a salutare gli organizzatori di un corteo neonazista, con cui peraltro fu immortalato. Così, mentre quattro dei cinque imputati per omicidio preterintenzionale sono ancora in carcere - Andrea Vesentini, l'unico che ha accettato di farsi interrogare dalla corte, è agli arresti domiciliari - e attendono la ripresa del processo prevista per il 29 maggio p.v., oggi un corteo scenderà di nuovo per le strade di Verona a dire che quella violenza, se non fu premeditata, non fu neppure casuale. Per questo la manifestazione, che non si prevede imponente come quella del 17 maggio dell'anno scorso che portò in piazza diecimila persone (ma allora Nicola era morto da poco), procederà lungo un percorso a tappe. Tappe che, dopo la partenza (alle 15) da piazza Santa Toscana - dove c'è la chiesa frequentata dagli integralisti cattolici, in cui si svolgono le messe in rito antico e in cui si rischiò di veder officiare cresime un vescovo argentino colluso con la dittatura (il manifesto, 18-19/10/2008) - serviranno per rinfrescare la memoria. Prima tappa alla galleria dell'Embassy per ricordare i soprusi subiti dai migranti, sgomberati da appartamenti in cui si viveva in condizioni igieniche precarie e con affitti di dubbia legalità. Poi, lungo la strada che porta verso il centro, la questione delle caserme Passalacqua e santa Marta, strappate da un coraggioso comitato nientemeno che alla Nato, promesse al quartiere e all'università (che soffocano) e che, pare, il Comune abbia intenzione di svendere per realizzare palazzi di edilizia privata e zone commerciali.
Seconda tappa nei pressi di lungadige Nicola Pasetto, altra eroica impresa di questa amministrazione, l'intitolazione di una strada a un deputato missino, in gioventù noto (e condannato) picchiatore fascista. Terza fermata alla chiesa di san Tomaso, che, quand'era sindaco di centro-centrosinistra il cattolicissimo Paolo Zanotto, divenne per una settimana rifugio di una parte della comunità rom di Boscomantico, a rischio di sgombero (lo sgombero riuscì poi a Flavio Tosi ma fatto con classe, senza tanti bau bau). Quarta e quinta tappa in centro storico, in due piazze adiacenti, piazza del Tribunale, da cui recentemente sono stati cacciati i senzatetto, e piazza Viviani, dove nella notte tra il tre e il quattro gennaio scorso fu aggredita una compagnia di ragazzi da parte di un gruppo di loschi figuri in odor di calcio-fascismo che non avevano gradito le osservazioni fatte sui loro cori razzisti da stadio. Una via crucis - ha detto qualcuno - e in fondo, aggiungendo la coazione a ripetere, è una definizione calzante. Anche perché il corteo finirà in corticella Leoni, dove Nicola e i suoi amici sono stati aggrediti e dove ieri è stato ricordato in silenzio. Oggi il dolore e la memoria si trasformeranno in parole, musica, gesti. In attesa che, a trasformarsi, sia la coscienza di una città ferita e ripiegata sulla sua opulenza, dove anche le domande sono di troppo.
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r_veneto
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