pubblicato il 28.02.13
Roberto Scialabba, la memoria calpestata. ·
Scheda a cura di Andrea Barbera
La data del 28 febbraio 1978 per i fascisti di Roma ha un significato particolare: ricorre il terzo anniversario della morte di Mikis Mantakas, giovane appartenente al FUAN. Il 1978 si è aperto inoltre con un grave fatto di sangue: il 7 gennaio, in un agguato teso da militanti di sinistra fuori della sezione del MSI di via Acca Larentia al quartiere Appio-Tuscolano, vengono uccisi due giovani militanti di destra cui se ne aggiunge un terzo caduto a seguito degli scontri scoppiati con la polizia immediatamente dopo l'accaduto.
A Roma da un po' di tempo è attivo un gruppuscolo di fascisti particolarmente agguerrito che rivendica le proprie azioni con la sigla NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari); tra le sue file spiccano elementi come Valerio e Cristiano Fioravanti, Alessandro Alibrandi e Franco Anselmi. Essi sono decisi a «ricordare» i recenti accadimenti. Tramite informative poco attendibili, Valerio Fioravanti ritiene che a commettere l'agguato di Acca Larentia siano stati gli occupanti dello stabile situato in via Calpurnio Fiamma, a Cinecittà. La sera del 28 febbraio, tra le 23:10 e le 23:30 il gruppo, coadiuvato da altri esponenti della destra romana, si reca presso lo stabile ma giunto là si accorge che è chiuso; essi non sono a conoscenza che il giorno precedente, per l'ennesima volta, la polizia aveva attuato uno sgombero contro gli occupanti. A questo punto si recano in direzione della vicina piazza San Giovanni Bosco, i cui giardinetti fungono spesso da ritrovo per molti compagni della zona. Arrivati sul posto il gruppuscolo scende rapidamente dalla FIAT 132 chiara e, a volto scoperto, irrompono nella piazza sbucando da cespugli vicini e fanno fuoco quasi a casaccio. Nell'immediato parapiglia cade a terra, colpito al torace, un giovane di 24 anni, Roberto Scialabba. Il ragazzo non è tuttavia ancora morto quando Valerio Fioravanti a bruciapelo, dopo essergli montato sopra, gli spara ulteriori due colpi alla nuca. Nella sparatoria rimane ferito anche il fratello di Roberto, Nicola, che tuttavia riesce a fuggire e mettersi in salvo poiché i fascisti si allarmano per l'arrivo di una macchina di passaggio. La spedizione di stampo squadristico dura non meno di 5 minuti durante i quali non interviene alcuna volante. Spesso in passato la piazza, che funge da punto oltre che di ritrovo per i compagni della zona anche da luogo per lo spaccio di eroina, è «frequentata» dalla polizia. I fascisti hanno quindi tutto il tempo per poter fuggire indisturbati. Roberto giace ormai senza vita sulla ghiaia che ricopre il giardino della piazza. Qualche ora dopo la sigla «Gioventù Nazional Popolare», dietro la quale si celano i NAR, si attribuisce con una telefonata al «Messaggero» la responsabilità dell'attentato affermando di aver vendicato Acca Larentia. Il giorno dopo però i vari quotidiani non fanno cenno della rivendicazione e inseriscono l'omicidio, secondo anche quanto si apprende dalle notizie delle indagini condotte dalla polizia, nel quadro di un regolamento di conti tra bande diverse nell'ambiente del controllo del mercato dello spaccio dell'eroina.
La «colpa» di Roberto era che, al momento del suo omicidio, aveva in tasca qualche canna da fumare con gli amici. Fino al marzo del 1982, quando il «pentito» Cristiano Fioravanti rivendicherà con chiarezza la paternità, sia pur non materiale, di quell'omicidio, gli esecutori per molti non hanno voluto avere nome. Per anni Roberto è stato per la stampa uno spacciatore ucciso nella guerra tra bande di quell'emarginata zona-ghetto di Roma. Non una sua parola sul suo impegno politico, prima come militante di Lotta Continua, poi come occupante attivo del centro sociale di via Calpurnio Fiamma.
In una scritta, quando il 30 settembre di un anno prima era stato ucciso Walter Rossi, Roberto, pur non conoscendolo direttamente, lo aveva così ricordato: «Una lacrima scivola sul viso, una lacrima che non doveva uscire, il cuore si stringe, si ribella, i suoi tonfi accompagnano slogan che si alzano verso il cielo "non basta il lutto pagherete caro pagherete tutto"».
Così, all'indomani della morte, i compagni di Cinecittà lo ricordavano: «Roberto era un compagno che lottava, come tutti noi, contro 'emarginazione che Stato e polizia gli imponevano. E' caduto da partigiano sotto il fuoco fascista».
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BIBLIOGRAFIA:
«Lotta Continua», in particolare l'edizione romana del 2, 3 e 6 marzo 1978.
per altri riferimenti, vedi la sezione "bibliografia"
http://www.reti-invisibili.net/robertoscialabba/
Roberto Scialabba, la memoria calpestata.
pubblicata da Paola Staccioli il giorno Giovedì 28 febbraio 2013 alle ore 19.05 ·
Roberto Scialabba. Lotta continua, Autonomia operaia, l'occupazione di un palazzo di via Calpurnio Fiamma. Un militante politico. Ma la sera del 28 febbraio 1978 è solo un ragazzo di ventiquattro anni. Nel posto sbagliato al momento sbagliato.
I fascisti scalpitano. E' il terzo anniversario della morte di Mikis Mantakas, militante del Fuan. meno di due mesi prima ci sono stati i fatti di Acca Larentia. Tre giovani di destra uccisi davanti alla sezione del Msi. Due da oppositori politici, uno dalla polizia. I Nar cercano sangue per il loro battesimo. L'obiettivo è un rosso, un comunista. Uno qualsiasi. Così il destino trasforma la grande piazza in un vicolo cieco. E Roberto in un bersaglio. Nello stesso momento lì. Lui, loro. Un caso. Un maledetto caso. Loro sono i soliti. I fratelli Fioravanti, Alessandro Alibrandi, Franco Anselmi, pochi altri. Protetti, impuniti. Lo dirà qualche anno dopo Cristiano Fioravanti. Sapevano che nella peggiore delle ipotesi «i processi erano sempre assegnati a magistrati ben conosciuti dal padre» di Alessandro Alibrandi, e «sarebbero andati bene».
Si dirigono verso il palazzo occupato di Cinecittà. Lo trovano chiuso. Sgombrato dalla polizia il giorno prima. Non si danno per vinti. Dirottano verso una piazza lì vicino. Su una panchina, nei giardinetti, c'è anche Roberto. Con il fratello e un amico. In un luogo di rossi. Con il look del rosso. Sparano i Fioravanti, spara Anselmi. Roberto cade a terra, ferito al torace. Giusva si mette a cavalcioni su di lui. Due colpi a bruciapelo alla nuca. Nella piazza c'è anche spaccio di eroina. Roberto lo combatte, ma uno spinello è tutt'altra cosa. In tasca ha un po' di hashish. La polizia prende la palla al balzo. I fascisti telefonano e ritelefonano ai quotidiani, vogliono rivendicare l'uccisione. Niente. I giornali ignorano. Articoli fotocopia. Regolamento di conti fra spacciatori. Nel marzo 1982 Cristiano Fioravanti racconta. Fuori tempo massimo. La velina della questura è stampata nella memoria dei più.
MA GLI ANTIFASCISTI NON DIMENTICANO!
Né oblio, né perdono!
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