pubblicato il 3.01.16
Argentina, attacco alla radio delle Madres ·
«Cari compagni, all’alba 4 individui hanno attaccato 530 Radio Madre, la radio delle Madri, hanno picchiato un compagno e tirato delle uova». Con questo messaggio twitter, l’associazione delle Madres de Plaza de Mayo dell’Argentina ha denunciato l’aggressione subita nella sede della propria emittente.
Hebe de Bonafini, storica leader delle Madres ha denunciato di aver ricevuto minacce telefoniche e intimidazioni. Una situazione — ha spiegato Hebe — che ha preso avvio dal 10 dicembre, dopo l’assunzione d’incarico del presidente neoliberista Mauricio Macri e le affermazioni minacciose che le ha rivolto, promettendo di mandarla in galera per istigazione alla violenza». Nonostante i suoi 87 anni, Bonafini è in prima fila nelle mobilitazioni contro la stretta autoritaria portata avanti da Macri a colpi di decreto (29 nelle prime due settimane, tanti quanti ne ha erogati Cristina de Kirchner in 8 anni di governo). Il decreto contro l’Autoridad Federal de Servicios de Comunicacion Audiovisual (Afsca) mira a smantellare il pluralismo dei mezzi di informazione e l’avanzata Ley de medios. Misure per azzerare, con metodi spicci, le conquiste sociali realizzate in 12 anni di kirchnerismo. I lavoratori dell’Afsca e quelli dell’impresa Cresta Roja, picchiati e cacciati a forza durante le mobilitazioni, ne hanno già fatto le spese.
Nella sede dell’Afsca, qualcuno ha minacciato di morte Bonafini, promettendole una pallottola e «consigliandole» di fare attenzione «alle macchine che arrivano». Grazie al lavoro delle Madres e delle Abuelas, nell’ultimo decennio sono stati portati a giudizio 600 ex militari e poliziotti attivi durante la dittatura (1976-’83) che ha provocato circa 30.000 desaparecidos. Processi che il nuovo governo, per rispondere ai settori che ne hanno appoggiato la candidatura, intende stoppare, anche fidando su nuove nomine ad hoc della magistratura.
Le Madres hanno raccontato che gli aggressori gridavano «Viva Macri» e hanno chiesto che la radio — «un simbolo della resistenza comunicativa ai monopoli» — venga tutelata. L’emittente si trova a poca distanza dall’università in cui funziona anche una libreria e una sala di conferenze. «Vogliono chiudere tutto quello che abbiamo costruito — ha detto Bonafini — credono di chiuderci la bocca, ma noi andiamo avanti».
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