Svastiche, saluti romani e canzoni truci. A organizzare l’evento di sabato 19 novembre i gruppi Hammerskin e Blood and Honour per la prima volta insieme. L’organizzazione che prende in nome dal motto hitleriano è stata messa fuori legge in Germania, Spagna e Belgio dopo avere compiuto omicidi, traffici d’armi e terrorismo
La data per “svegliare” l’intero Continente è nota da tempo: 19 novembre. «Europa awake» è il nome del prossimo raduno organizzato dai gruppi neonazisti Hammerskin e Blood and Honour.
Il filo nero della reunion sono le parole, la musica e il razzismo. Supremazia della razza bianca cantata a squarciagola che diventa xenofobia e rabbia contro l’Europa addormentata e colpevole di dimenticare le proprie origini ariane. Braccia tese per idee fuori dalla storia ma che attirano centinaia di fan con il culto di Mussolini ed Hitler.
Sulla locandina accanto ai due martelli incrociati (che simboleggiano la marcia per abbattere i muri che proteggono le minoranze etniche) compare anche l’insegna Blood and Honour, con la Totenkopf, il teschio che adornava la divisa delle Ss, insieme ad una svastica a tre gambe, il cosiddetto Triskel già utilizzato da una divisione delle Waffen Ss nel secondo conflitto mondiale.
Un patto d’acciaio tra le sigle dure e pure della galassia nera, quelle che godono di più fascino e visibilità e fanno marketing grazie ad un annuncio che rimbalza tra le pagine Facebook.
Ecco l’ennesimo evento segnato dall’odio, l’evento clou della stagione che avrà come base la Lombardia, molto probabilmente il capoluogo Milano. La location rimarrà segreta fino agli ultimi giorni per poi svelarla solo ai militanti e cercare di non attirare l’attenzione dei media.
«Si chiede un’esplicita presa di posizione da parte prima di tutto del sindaco di Milano che la dichiari “città chiusa ai nazisti”. Indisponibile ad accogliere questo avvenimento con la partecipazione di organizzazioni che in Europa e negli Stati Uniti sono state più volte perseguite come associazioni criminali», afferma Saverio Ferrari dell’osservatorio democratico sulle nuove destre che in un dossier ha ricostruito la storia, la ragnatela di contatti e le condanne per omicidio, razzismo e traffici d’armi dei militanti con il culto del Terzo Reich.
MILANO CAPITALE DEGLI HAMMER
Epicentro dei sussulti nazionalsocialisti nostrani è Milano, dove si radunano i gruppi più numerosi e attivi. Qui si sono concentrati tutti gli eventi e le manifestazioni più significative degli ultimi anni.
È a Cinisello Balsamo, a pochi chilometri dal capoluogo lombardo, che, il 29 maggio 2010, si tennero le celebrazioni per il ventesimo anniversario della costituzione della rete europea di Hammerskin. Sotto un tendone si radunarono in oltre 400 affiliati, provenienti da diversi paesi. Nelle foto pubblicate dai giornali magliette nere e teste rasate. Immancabili i saluti romani. Un raduno tenuto nascosto fino all’ultimo dalla Questura per timore di incidenti.
Il 26 novembre 2011 si replica con “HammerFest 2011 Italy”, organizzato dalla Skinhouse di Bollate, incontrò invece minor fortuna con pochi partecipanti. Il 15 giugno 2013, un nuovo appuntamento tra i capannoni del quartiere Rogoredo dove arrivarono un migliaio di fan e tra loro anche qualche esponente del famigerato Ku klux klan americano.
L’ultimo, il 28 novembre scorso, fu un concerto di band provenienti da mezza Europa dal titolo Hammerfest 2015. L’invito è stato lanciato da Skinhouse, emanazione della sigla Lealtà Azione che nel settantesimo anniversario del 25 aprile ha riunito trecentocinquanta militanti con il vessillo dell’aquila argentea della Repubblica sociale italiana al campo 10 del Cimitero Maggiore, dove sono sepolti in mille tra caduti della Rsi e volontari italiani delle Ss.
IL CIRCUITO BLOOD AND HONOUR
Spalla a spalla Hammerskin e Blood and Honour: per la prima volta due sigle di estrema destra uniscono le proprie forze.
“Sangue e onore” era uno dei motti delle truppe d’elite di Hitler, le Ss, e fu utilizzata nel 1979, agli albori del movimento naziskin in Inghilterra, sia come fanzine musicale sia come vero e proprio bollettino del movimento.
Erano i tempi di Ian Stuart, già dirigente a Londra dello Young national front, l’organizzazione giovanile del National front, che riuscì con la sigla Rac (Rock against communism), nell’aprile 1983 ad organizzare il primo concerto a Londra.
Qui comparve anche per la prima volta la t-shirt con la scritta «White power», da una canzone di Stuart, divenuto l’inno del movimento («Potere bianco per l’Inghilterra/Potere Bianco oggi/Potere bianco per la Gran Bretagna/Prima che sia troppo tardi»).
Da qui il costituirsi di un network con contatti solo in parte legati agli avvenimenti musicali, ben oltre la Gran Bretagna, in Belgio, Olanda, Germania, Italia, Spagna, Stati Uniti, Australia e perfino Giappone. Tipico il caso della Svezia dove i rapporti furono direttamente tenuti con il Nordik fist, un’organizzazione neonazista.
La Rac fonderà una propria etichetta discografica (la White pride records) e svilupperà un’intensa attività di merchandising con slogan truci: «Impicchiamo Nelson Mandela» e «Adof Hitler aveva ragione».
Il salto da fanzine a coordinamento di bande nazirock, case editrici e discografiche, negozi di abbigliamento, luoghi di ritrovo e organizzazioni politiche fu inarrestabile per Blood and Honour (B&H). Oggi sul sito ufficiale si possono trovare venti divisioni locali con ramificazioni fuori dall’Europa in Nuova Zelanda, Australia e Cile.
IL CONTRASTO IN EUROPA
In Germania, il circuito B&H andrà incontro anche a misure di forte contrasto istituzionale. Il 14 settembre 2000 la sua filiale tedesca, chiamata Blood and Honour division Deutschland, fondata a Berlino nel 1994, fu messa fuori legge insieme alla sezione giovanile White Youth.
Secondo il ministro dell’interno Otto Schily, si trattava di «un’organizzazione xenofoba e razzista» con 240 aderenti. Nei giorni successivi vennero vietati con l’uso della forza alcuni concerti, come il 24 settembre a Lueneburg, in Bassa Sassonia, provocando scontri con 60 feriti 32 arrestati.
La volontà di repressione non si concluse: il 3 febbraio 2001 ad Amburgo, si registrò un’irruzione della polizia in un grosso capannone per porre fine a un concerto dei Nordmacht (Potere del Nord), presenti 500 neonazisti.
Azioni di magistratura e polizia per scongiurare l’escalation di violenza: nei dieci anni trascorsi dalla riunificazione (3 ottobre 1990) l’estremismo di destra aveva in Germania assassinato 93 persone, di cui 32 straniere e 15 senzatetto.
In un solo anno, tra il 1999 e il 2000, le aggressioni a sfondo razziale erano cresciute del 50 per cento, contando diecimila episodi.
Anche la ramificazione spagnola nel 2005 fu smantellata. Ventuno militanti furono arrestati nel corso di una vasta operazione a Madrid, Siviglia, Jaen, Burgos e Saragozza. Secondo la Guardia civil il gruppo si era costituito nel 1999 e si finanziava con il traffico di armi. I concerti che annualmente venivano organizzati si tenevano sempre in occasione di alcuni anniversari: la nascita e la morte di Adolf Hitler e di Rudolf Hess, braccio destro del Fuhrer.
In Belgio, nel 2006, dopo un’indagine durata due anni e la perquisizione di cinque caserme e 18 abitazioni, quasi tutte nelle Fiandre, furono invece arrestati 17 uomini, undici dei quali militari (tra loro due sottufficiali), accusati di appartenere a Blood and Honour e voler mettere in atto azioni terroristiche.
IL CAMERATA VENETO
L’Internazionale nera ha avuto fin dalla nascita come succursale ed interlocutore italiano il Veneto fronte skinheads (Vfs), che accompagnò, passo dopo passo, il fenomeno delle teste rasate nel nostro Paese.
Furono gli anni delle violenze negli stadi e della legge Mancino varata in tutta fretta per contrastare l’istigazione all’odio razziale.
Attivo come gruppo fin dal 1985, da quando si aggregò attorno ad alcune bande di Vicenza, il Vfs è stato fondato da Massimo Bellini dai fratelli Pietro e Paolo Puschiavo e da Ilo Da Deppo.
Il Veneto diventò la terra dei nazi-rockers, anticipando sul piano nazionale la nascita di un circuito musicale dai connotati esplicitamente razzisti. Nel 1991 Pietro Puschiavo e Ilo Da Deppo fanno nascere l’associazione culturale con lo stesso nome, seguiti a ruota da onlus simili, tra cui Azione Skinhead a Milano.
Una struttura con un centro di coordinamento nazionale (Skinheads d’Italia) e rapporti federativi con movimenti politici della destra radicale.
«Abbiamo raggruppato – scrisse il Vfs a Blood and Honour – il meglio degli skinheads italiani in una organizzazione unica chiamata Base autonoma. Stiamo lavorando anche con i gruppi Nazional-Rivoluzionari come Movimento Politico e Avanguardia Saluti nazional socialisti. Saluti razzisti».
In quella fase si passò da forme irregolari e precarie a una struttura organizzata. Si stabilirono criteri formali di adesione, con tanto di moduli e tessere, procedure di autofinanziamento, ma anche misure disciplinari interne. Venne definita una gerarchia formale e creati organismi collaterali (le Skingirls d’Italia). «Blitz Krieg» e «Azione Skinhead» divennero i giornali ufficiali dell’organizzazione.
L’area ideologica di riferimento erano chiare: il Terzo Reich hitleriano, i suoi leader e i suoi simboli, la Guardia di Ferro rumena, il regime di Vichy, gli Ustascia croati, l’Oas e il Ku Klux Klan.
Il Veneto fronte skinheads si candidò, in Italia, a interpretare e veicolare l’ondata xenofoba di inizio anni Novanta.
Dopo il varo nel 1993 della legge Mancino, scattò in tutta Italia l’”Operazione Runa” che pose fuori legge e sciolse il movimento politico e Azione Skinhead. Sessantasei membri di Skinheads d’Italia, di cui quarantun membri veneti furono inquisiti, altri centinaia indagati. Fu la fine di Base Autonoma, ovvero dell’idea di un soggetto politico nazionale.
Da quelle ceneri sono risorti vent’anni dopo sotto lo stesso nome diventato brand.
Il 24 novembre scorso sono tornati alla ribalta con attacchi ai centri di accoglienza per immigrati. «Masse di stranieri ci stanno invadendo»: ha scritto sul proprio sito il Veneto fronte skinheads, rivendicando il blitz a diverse sedi della Caritas e del Pd nel Nord Italia.
Azioni - con manifesti funebri e sagome di cadaveri con i colori della bandiera italiana - fatte per «denunciare chi continua a condurre un chiaro disegno politico finalizzato all’annientamento dell’identità italiana» con leggi di «distruzione di massa» come quella sullo ius soli e il «favoreggiamento di un’invasione pianificata di orde di immigrati extraeuropei».
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