pubblicato il 17.10.18
Processo Cavallini, Ansaldi parla di Fioravanti: ''È un uomo della P2'' ·
17 Ottobre 2018
Terza posizione aveva preparato un dossier
Terza posizione stava preparando un dossier sulla vera natura politica di Valerio Fioravanti, dell’ideologo di Ordine Nuovo Paolo Signorelli e di Avanguardia Nazionale, la formazione di Stefano Delle Chiaie. Lo ha confermato l’ex militante di Terza Posizione Mauro Ansaldi, sentito come testimone nel corso dell’udienza del 17 ottobre dalla Corte d’assise di Bologna, davanti alla quale si sta celebrando il processo a carico dell’ex Nar Gilberto Cavallini, accusato di concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione.
Ansaldi, che dopo il suo arresto decise di collaborare con la giustizia, oggi ha 61 anni e dal Fuan di Torino, nel 1979, confluì in Terza Posizione senza tuttavia rivestire ruoli di vertice. All’interno dell’organizzazione neofascista, il teste - che nel 1984, agli arresti domiciliari, scrisse con Paolo Stroppiana un memoriale su quegli anni - aveva un compito preciso: aiutare i neri che, inseguiti da mandati di cattura, dovevano espatriare in Francia tramite i valichi alpini, in particolare attraverso la Val di Susa e il passo del Monginevro.
Le confidenze dei capi
Nelle sue mani si mise uno dei leader di Terza Posizione, Gabriele Adinolfi, in fuga verso Parigi, oltre a Stefano Soderini e Walter Sordi, questi ultimi due poi confluiti nei Nar, i Nuclei armati rivoluzionari di Valerio Fioravanti, condannato, con Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, per la strage alla stazione di Bologna. Sempre nella veste di esperto conoscitore delle strade verso la latitanza d’Oltralpe, a lui fu affidato il rientro in Italia di un altro ex di Terza posizione e dei Nar, Fabrizio Zani, e gli venne chiesto di far scappare anche l’attuale imputato, Gilberto Cavallini.
In forza del suo ruolo, Mauro Ansaldi si trasformò nel destinatario di confidenze da parte dei vertici della sua organizzazione. Pur essendo un quadro intermedio e non avendo voce in scelte politiche o strategiche, riusciva così a sapere dettagli che riguardano personaggi apicali e le intenzioni delle realtà terroristiche di riferimento, compresa la volontà di diffondere il dossier compromettente per il capo dei Nar. Ma cosa avrebbe dovuto contenere il dossier a proposito di Valerio Fioravanti? “Doveva essere un documento chiarificatorio sul mondo della destra di allora”, ha detto Mauro Ansaldi davanti alla Corte d’assise, presieduta da Michele Leoni. Un mondo che vedeva contrapporsi una destra composta da nuove generazioni che volevano affermarsi politicamente, e un’altra, “una vecchia destra collusa con certi ambienti”.
Il movente del delitto Mangiameli
Due episodi, nella ricostruzione del testimone, ruppero una volta per tutte qualsiasi possibilità di dialogo tra i due fronti: il primo fu la strage di Bologna e il secondo l’omicidio di Francesco Mangiameli, il responsabile di Terza Posizione in Sicilia ucciso il 9 settembre 1980 da un commando dei Nar di cui facevano parte, tra gli altri, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. I quali, come movente del delitto, hanno sempre fatto riferimento a una somma di denaro sottratta dal neofascista siciliano nonostante fosse destinata a finanziare l’evasione dell’ordinovista Pierluigi Concutelli, l’assassino del magistrato Vittorio Occorsio.
Indicato come informatore del Sisde, Mangiameli in realtà sarebbe stato giustiziato per un’altra ragione. Nelle sentenze per la strage di Bologna si legge infatti che la vittima “era nelle condizioni di conoscere fatti e circostanze estremamente importanti in relazione” all’eccidio. Ma, ancora prima, già un volantino di Terza Posizione diffuso subito dopo l’omicidio accostava il delitto alla bomba del 2 agosto 1980 definendo Mangiameli addirittura “l’ottantacinquesima vittima” (i morti di Bologna, nel momento in cui il volantino venne distribuito, erano ancora ottantaquattro).
Del delitto, ad Ansaldi, parlò Fabrizio Zani, colui che avrebbe sostenuto tra l’altro di “conoscere chi sapeva la vera storia” del massacro del 2 agosto 1980 (l’identità di questa persona, però, al testimone non fu rivelata). Zani affermò che le “questioni economiche” avrebbero potuto contribuire alla eliminazione di Mangiameli, ma - confermando quanto Ansaldi disse a verbale il 28 dicembre 1984 - “probabilmente non era quello il solo motivo, la vittima aveva scoperto qualcosa sulle attività del suo assassino”. Che cosa?
La “doppia posizione” di Fioravanti
Dalla lettura dello stesso verbale, emerge un comportamento politico di Fioravanti definito “poco chiaro”. Ancora Zani e poi Gabriele Adinolfi aggiunsero, confidandosi sempre con Ansaldi, che il capo dei Nuclei armati rivoluzionari aveva assunto una “doppia posizione: da un lato con i Nar e dall’altro aveva stretto rapporti” con il gruppo composto da Paolo Signorelli (che sarebbe stato in contatto anche con Gilberto Cavallini) e, attraverso Signorelli, Fioravanti sarebbe entrato nell’entourage del criminologo nero Aldo Semerari, di Licio Gelli e della P2. Sempre a questo proposito, si è parlato di tre incontri in un ristorante.
L’altro leader di Terza Posizione, Roberto Fiore, oggi capo di Forza Nuova, è stato a lungo latitante in Gran Bretagna e con Adinolfi finì a propria volta nel mirino di Fioravanti che, dopo aver tolto di mezzo Mangiameli, voleva uccidere anche loro. I rapporti, dunque, erano tutt’altro che distesi e Fiore riferì ad Ansaldi “di essersi accorto, dopo l’omicidio Mangiameli, di chi fosse davvero Valerio”. In base alle sue parole, Fioravanti “era coinvolto in trame nell’ambiente della P2 e Fiore era in grado di screditarlo”.
Nel dossier che Terza Posizione voleva diffondere si voleva infine ribadire che Fioravanti sarebbe stato “il braccio armato di Signorelli e della realtà che c’era dietro di lui”. Peccato però che, se quel dossier voleva rompere con gli ambienti collusi dell’estrema destra, sia Gabriele Adinolfi che Roberto Fiore fossero in contatto con il principe della precedente generazione di terroristi, Franco Freda, ritenuto responsabile della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969. “Avveniva attraverso la sua casa editrice, le Edizioni di Ar”, ha aggiunto Mauro Ansaldi.
http://www.antimafiaduemila.com/home/primo-piano/71980-processo-cavallini-ansaldi-parla-di-fioravanti-e-un-uomo-della-p2.html?fbclid=IwAR3sxohqSSt2pJYSuPnw-5kWvClWo956OGiZ5scYmMxqqWmXLiR3OfoZn-g
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