pubblicato il 22.08.19
Diabolik, Roma sud blindata per i funerali. Saluti romani all’arrivo della bara nera. ·
La figlia alla polizia: “Guarda che avete fatto”
Dovevano essere solo 100 gli invitati al funerale, si sono presentati in oltre 500 alle transenne del piazzale del Divino Amore. Fra cori da stadio, slogan fascisti e saluti romani, presenti anche molti "vip" dell'ambiente delle tifoserie estreme e della destra radicale: dai capi ultrà di Inter, Milan - fra cui Lucci, fotografato con Matteo Salvini - Triestina, Chieti, Verona, Real Madrid, West Ham e Levski Sofia, agli esponenti di Forza Nuova e Casapound. Fumogeni, cori e insulti alle forze dell'ordine quando la bara è stata portata via dal santuario
21 Agosto 2019
Un intero quadrante a sud di Roma militarizzato per i funerali di Fabrizio Piscitelli. La salma di ‘Diabolik‘ – così com’era conosciuto il capo ultras degli Irriducibili della Lazio ucciso il 7 agosto scorso con un colpo di pistola alla nuca – arriva in una bara completamente nera al Santuario del Divino Amore, dove il questore della Capitale, Carmine Esposito, ha disposto le esequie in “forma privata”, con al massimo 100 persone per il timore di disordini. Proprio la questura romana aveva schierato un piccolo esercito di 300 poliziotti a blindare un’area a numero chiuso, dentro la quale le persone non segnalate non potranno entrare. Attimi di tensione, alla fine della cerimonia, quando gli agenti hanno fatto rispettare il divieto ai tifosi di portare a spalla il feretro in spalla fin già al piazzale. Anche la moglie del capo ultrà ha subito un lieve malore e ha avuto bisogno del soccorso del 118, subito risolto tanto che poco dopo la stessa donna ha inveito, insieme alla figlia, contro le forze dell’ordine quando non è stato possibile, per motivi di ordine pubblico, rendere l’estremo saluto al capo ultrà.
Un nutrito gruppo di ultras, circa 300, si erano già presentati in mattinata alla camera ardente presso il Policlinico Tor Vergata con maglia bianca e indosso simboli del gruppo ultrà e della Ss Lazio. Molti di più, circa 500, si sono assiepati alle transenne che bloccano l’accesso all’area del Santuario. L’arrivo della bara è stato accolto con applausi e diversi saluti romani. Piscitelli, in una delle recenti interviste, si era dichiarato “l’ultimo dei fascisti di Roma”. Sulla linea di delimitazione imposta della questura, è apparso uno striscione di saluto: “E’ uno che per come lo conosco io andrebbe solo e a piedi al funerale suo… I ragazzi del Diablo”, citazione della canzone “Fenomeno”, di Franco Califano (tifoso interista, ndr). Nella folla si intravedono anche alcune sciarpe giallorosse. “Lo avete ammazzato tanti anni fa con le parole vostre. Siete sciacalli de merda…”, hanno urlato alcuni degli ultras intervenuti. “Non valete niente, siete solo sciacalli… Peggio delle guardie“, ha detto ancora un uomo ai cronisti. A un certo punto anche la figlia di Fabrizio Piscitelli, Ginevra, se l’è presa con i poliziotti: “Guardate che avete fatto!”.
Presenti capi ultrà da tutta Europa ed esponenti di Forza Nuova e Casapound – In mattinata, l’AdnKronos ha diffuso le immagini della bara, nera e lucidissima, con ai lati la scritta bianca e celeste ‘Irriducibili’ e davanti gli occhi del personaggio dei fumetti al quale Piscitelli aveva “rubato” il nome di battaglia. I leader della Curva nord nei giorni scorsi avevano dichiarato di accogliere l’invito della famiglia, chiedendo anche ai numerosi gruppi delle tifoserie extra cittadine di attenersi a un comportamento “consono e rispettoso“. Ma l’auspicio non si è concretizzato fino in fondo, specie alla fine della cerimonia, quando sono stati accesi i soliti fumogeni. Presente al funerale anche Cristiano Sandri, il fratello di Gabriele, il tifoso laziale ucciso con un colpo di pistola l’11 novembre 2007 sull’autostrada A1 Milano-Napoli, episodio per il quale l’agente di polizia Luigi Spaccarotella è stato condannato per omicidio volontario.
Nel piazzale anche alcuni esponenti di Forza Nuova, fra cui Valerio Arenare e Stefano Schiavulli. Alle esequie sono arrivati anche delegati di diverse fra le tifoserie italiane gemellate (e non) con i laziali. Presenti delegati delle curve di Inter, Triestina, Chieti, Verona e anche esponenti delle tifoserie di Real Madrid, West Ham e Levski Sofia. Tra di loro anche Luca Lucci, il capo ultras del Milan noto tra l’altro per essere stato fotografato mentre stringeva la mano al ministro dell’Interno Matteo Salvini. Altro personaggio “noto”, Daniele Ciani, il ragazzo simpatizzante di Casapound che tre mesi fa, durante le proteste dell’estrema destra a Casal Bruciato, urlò “Ti stupro” alla madre della famiglia rom cui fu assegnato un alloggio popolare nel quartiere capitolino.
L’inchiesta sull’omicidio e la criminalità organizzata – I timori della vigilia da parte della questura di Roma non erano soltanto legati alla presenza, cospicua, di delegazioni delle tifoserie estreme da tutta Europa. Ma anche ai presunti legami fra Piscitelli e la criminalità organizzata, su cui i magistrati antimafia romani stavano lavorando ultimamente. Gli inquirenti, negli anni, hanno documentato contatti fra il 53enne nato al Quadraro e residente nella vicina Grottaferrata, e alcuni boss legati alla camorra casalese, ai clan sinti e alla criminalità albanese. Proprio in quest’ultimo ambito si cerca il mandante dell’omicidio.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/08/21/diabolik-roma-sud-blindata-per-i-funerali-saluti-romani-allarrivo-della-bara-nera-la-figlia-alla-polizia-guarda-che-avete-fatto/5400878/
Roma, l’omicidio di Diabolik Piscitelli ha interrotto la pax imposta da Carminati. Investigatori: “Si rischia escalation di sangue”
L'omicidio del capo ultrà della Lazio è il terzo fatto di sangue che "puzza di mafia" dall'inizio dell'anno, "il più importante dal 2002". Il già fragile patto fra clan stipulato nel 2012 potrebbe essere al capolinea. "Non è certo che i garanti si risiederanno subito al tavolo delle trattative", spiegano gli inquirenti. L'assassinio di Diabolik avvenuto nel territorio di Michele Senese e del fratello Angelo
9 Agosto 2019
A Roma “la pax è finita“. Almeno “fino al prossimo accordo“. Hanno pochi dubbi gli investigatori. L’omicidio di Fabrizio Piscitelli, conosciuto ai più come il “Diabolik” capo ultrà della Curva nord della Lazio, lascia pensare che qualcosa si sia rotto nel “tavolo permanente delle mafie romane”. di cui parlava appena due mesi fa il capo della Dda Michele Prestipino. Una “pax capitolina” stipulata per la prima volta a cavallo fra il 2011 e il 2012, dopo l’omicidio a Ostia di Giovanni Galleoni detto “Baficchio” e Francesco Antonini detto “Sorcanera”: in quella sede trovarono l’accordo clan camorristici, i siciliani, i romani “reduci” dall’epopea della Magliana – guidati dall’ex Nar Massimo Carminati – e gli “zingari” in ascesa. Con la garanzia di alcuni esponenti di spicco, come il siciliano Francesco D’Agati, referente del clan Santapaola, o il boss di Montespaccato, Salvatore Nicitra.
Un patto di “non belligeranza” – costantemente violato negli anni a venire, c’è da dire – arrivato proprio nei giorni in cui veniva ipotizzata la nomina di Giuseppe Pignatone, fino a quel momento magistrato soprattutto esperto nella lotta alle cosche, come procuratore capo di Roma. Allora, il senso della “federazione criminale” era quello di favorire lo scorrere indisturbato degli affari criminali nella Capitale. Lo stesso metodo seguito nel 1993 da Bernardo Provenzano, che inabissò Cosa nostra subito dopo le stragi e l’arresto di Totò Riina. Una pace imposta dai boss anche nella Capitale nel nome del business.
Solo che oggi Carminati e gli altri tre “re di Roma“, elencati per la prima volta dal giornalista Lirio Abbate sull’Espresso nel dicembre 2012, sono tutti in galera. Anche Pignatone non è più operativo: dal maggio scorso è in pensione. Da allora la poltrona più alta di piazzale Clodio è vuota, ed è finita al centro delle trame e degli intrighi svelati dall’inchiesta sul Consiglio superiore della magistratura. Nel frattempo la pace è finita e può anche essere scoppiata la guerra. “Si attende l’intervento dei garanti per riportare l’ordine: questo potrebbe portare a un’escalation di sangue o, più probabilmente, all’ennesimo accordo“, ipotizzano fonti inquirenti qualificate a IlFattoQuotidiano.it.
Piscitelli, “l’omicidio più importante dal 2002” – Va considerata la “gravità” dell’uccisione di Piscitelli, una figura di primo piano della criminalità organizzata capitolina. Un luogotenente in piena regola, capo della cosiddetta batteria di Ponte Milvio al servizio dell’ex dominus di Roma nord, Massimo Carminati – con cui condivideva gli ideali politici e l’assidua frequentazione degli ambienti sovversivi di estrema destra – ma anche al servizio di Michele Senese, lo storico viceré romano dei clan di Afragola, con cui collaborava sul fronte del narcotraffico nel quadrante est della città. “Era l’uomo di connessione fra l’estrema destra, criminalità romana, gruppi albanesi e camorra”, confermano gli inquirenti.
Soprattutto, Diabolik era il leader indiscusso del tifo laziale, co-fondatore del primo gruppo ultras italiano a unire la “passione sopra le righe” alla politica e ai business illeciti, da tempo terreno fertile per le attività mafiose. Vicino, negli ultimi tempi, a Forza Nuova e all’amico Giuliano Castellino – leader forzanovista e capo ultrà della Roma – da cui ha sempre ottenuto solidarietà a dispetto delle rivalità calcistiche. Se fosse confermata l’aggravantemafiosa ipotizzata nel fascicolo aperto dalla Procura di Roma, quello di Piscitelli sarebbe “l’omicidio più importante avvenuto a Roma dai tempi di Paolo Frau”, boss di Ostia ed ex braccio destro di Renatino De Pedis, ucciso nel 2002: un delitto che cambiò per sempre gli equilibri criminali sul litorale e non solo.
Il territorio dei Senese e le modalità dell’assassinio – Piscitelli è stato ucciso con le tipiche modalità dell’esecuzione. Un colpo alla nuca, dietro l’orecchio. Uno sparo solo, ma perché la pistola del killer (“un professionista”) forse si è inceppata. “Altrimenti sarebbero stati tre, forse quattro”, spiega chi indaga. Soprattutto, il proiettile calibro 7,65 Parabellum, considerato una firma degli ambienti mafiosi. Poi bisogna considerare la zona. Diabolik abitava a Grottaferrata, non troppo distante dal luogo dell’omicidio, l’ingresso del Parco degli Acquedotti in via Lemonia, in zona Tuscolana. Quello, però, è anche il territorio di Michele Senese, di cui è oggi reggente il fratello Angelo, che abita nel quartiere Porta Furba, ad appena 2 km di distanza dal luogo del delitto. “Un affronto, se non fosse stato avallato in qualche modo”, azzardano gli inquirenti.
Fatto sta che Piscitelli, in quel momento, non si sentiva in pericolo. Il capo ultrà biancoceleste era solito girare con tre-quattro di scorta, dei guardaspalle che mercoledì pomeriggio a via Lemonia non c’erano. L’unico presente pare fosse l’autista cubano, che poliziotti e magistrati stanno hanno già interrogato. Eppure, chi lo frequentava ammette che da qualche tempo erano arrivati segnali che lo avevano reso inquieto. In cima agli avvertimenti, è oggi la bomba che il 7 maggio distrusse la nuova sede degli Irriducibili all’Appio Latino. “Ci vogliono far tornare agli anni di piombo”, disse Diabolik in quell’occasione, alludendo a un presunto movente politico legato allo striscione in onore a Mussolini esposto nei giorni precedenti a Milano prima di Milan-Lazio. Fonti interne al gruppo ultras degli Irriducibili rivelano che nei mesi passati aveva provveduto a distribuire il suo patrimonio per due terzi alla figlia Giorgia – che si è sposata nel giugno scorso – e per un terzo all’altra figlia.
I “re” arrestati e gli “spazi” per i nuovi clan – Quali sono oggi gli equilibri criminali in città? Come detto i “quattro re di Roma” oggi sono tutti in galera. Carminati è in carcere dalla fine del 2014 con il 41 bis dopo la condanna in appello a 14 anni di carcere per “mafia capitale”. Stesso discorso per Michele Senese, detto “O’ pazzo”, dietro le sbarre dal 2013 per l’omicidio del boss della Marranella, Giuseppe Carlino, avvenuto a Torvaianica il 10 settembre del 2001 per mano dell’amico Domenico Pagnozzi, per vendetta dell’assassinio del fratello Gennaro, avvenuto nel 1997 a Centocelle. Al 41 bis, dal 2018, anche Giuseppe Casamonica, capo degli zingari, e Carmine Fasciani, boss dei rispettivi clan. Ma non erano solo loro i protagonisti del patto federativo del 2011-2012. Al tavolo c’erano anche i fratelli Franco e Roberto Gambacurta, i re di Montespaccato, arrestati nel 2018 dalla Dda, insieme al reduce della banda della Magliana, Salvatore Nicitra (assolto ai tempi del maxi-processo), romano di origine siciliana.
Da tempo sotto processo – ma in realtà libero – anche Enrico Nicoletti considerato il “cassiere” della banda e fra coloro che ha dato il via alla scalata degli “zingari” Casamonica, Spada e Di Silvio. Solo nel giugno 2019, invece, è finito in manette l’83enne Francesco D’Agati, alias ‘u zio Ciccio, storico braccio destro di Pippo Calò, considerato il reggente del clan Santapaola a Roma. Secondo i magistrati antimafia, fu proprio D’Agati il principale garante della pax mafiosa del 2012, colui che mise intorno al tavolo le varie anime della criminalità organizzata capitolina. E come dimostra l’indagine che 2 mesi fa portò la Procura di Roma a sgominare il clan pontino dei Fragalà, proprio ‘u zio Ciccio, vicino di casa di Senese, amava svolgere il suo ruolo di mediatore davanti a “prelibati cannoli siciliani” nei pressi di una nota pasticceria di via Tuscolana.
Il 2019 romano fra sangue e manette – Dall’inizio del 2019, quello di Fabrizio Piscitielli è il terzo delitto che “puzza di mafia“, per dirla con gli investigatori. Il 10 gennaio 2019, un killer in moto, con casco integrale, ha freddato il pluri-pregiudicato Andrea Gioacchini davanti a un asilo nido alla Magliana. Fra gli indagati c’è ancora Augusto Giuseppucci, fratello di Franco detto “Er Negro” (“Er Libanese”, per gli amanti di Romanzo Criminale), il primo boss della Banda della Magliana ucciso nel 1980 in piazza San Cosimato. Il 31 marzo 2019, un’altro motociclista ha gambizzato i pregiudicati Mauro Gizzi e Maurizio Salvucci, davanti un bar in via Stilicone al Quadraro – ancora nel territorio dei Senese – Mauro Gizzi, in particolare, è il cugino di Franco Gizzi, boss dell’omonimo gruppo con base ai Castelli Romani ma dalla grande influenza sia nel quadrante sud-est della Capitale che in tutto il sud pontino.
Oltre all’operazione del 5 giugno 2019, che ha portato la Dda ad arrestare una trentina di esponenti del clan Fragalà di Pomezia, nell’ultimo anno vanno registrate alcune operazioni che potrebbero aver sconvolto gli equilibri criminali cittadini. In particolare, i numerosi arresti in seno al clan Casamonica-Spada: 37 arresti il 17 luglio 2018, fra cui il boss reggente Massimiliano Casamonica, e altre 23 persone in manette il 9 maggio 2019. Il 10 luglio 2019, invece, è arrivato il duro colpo al clan Gambacurta di Montespaccato, cui erano affiliati anche alcuni ultras della Lazio. Secondo gli inquirenti, “potremmo assistere ad altri episodi di sangue, ma è probabile che i garanti del patto continuino a lavorare per la pace, perché gli interessi sulle oltre 100 piazze di spaccio presenti sul territorio cittadino sono enormi”. Gli stessi clan calabresi “sono i principali fornitori della droga consumata a Roma e non dovrebbero avere alcun interesse a scatenare una guerra per l’egemonia”, un predominio che “a Roma non è mai esistito“. Intanto nell’Urbe si è tornato a sparare. E a uccidere.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/08/09/roma-lomicidio-di-diabolik-piscitelli-ha-interrotto-la-pax-imposta-da-carminati-investigatori-si-rischia-escalation-di-sangue/5376599/
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