Wolfgang Abel è stato ricoverato al Polo Confortini di Borgo Trento. L’uomo, condannato a 27 anni di carcere per gli omicidi di Ludwig, sarebbe caduto in casa. Insieme a Marco Furlan fece parte dell’organizzazione che ha insanguinato l’Italia tra gli Anni ’70 e ’80. Le loro vittime furono circa 28, altri 39 i feriti.
Wolfgang Abel è ricoverato al Polo Confortini di Borgo Trento. Il veronese, condannato a 27 anni di carcere per essere stato uno dei due assassini che tra la fine degli Anni Settanta e metà degli anni Ottanta compì attentati e delitti sotto la sigla neonazista di Ludwig, è stato ritrovato nella sua abitazione di Arbizzano. L'uomo, oggi 61enne, era riverso a terra nella casa in cui viveva con la madre. Lo ha soccorso proprio la badante della donna che ha allertato il 118. Alla base della caduta, forse, un malore.
L'uomo, complice di Marco Furlan, ha scontato 23 dei suoi 27 anni di carcere. In prigione si è laureato in matematica con il massimo dei voti e una volta uscito, nel 2016, si è trasferito a casa della madre per dedicarsi ai campi. Il 61enne si è sempre dichiarato estraneo ai delitti commessi tra gli Anni '80 e '70. Nel 1984 i due furono incastrati mentre stavano svuotando all'interno della discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, una tanica di benzina. Quella sera nel locale vi erano 400 persone. Da lì poi vennero ricostruiti gli omicidi e gli attentati pregressi legati a Ludwig per un totale di 28 morti e 39 feriti.
I crimini di Ludwig
I due condannati si conobbero al liceo e lì, secondo l'accusa, decisero di creare Ludwig, organizzazione di natura nazista e fascista con lo scopo di "ripulire il mondo da ciò che è deviato", come scrivevano in una lettera di rivendicazione. Tra le loro vittime (28 in totale), barboni, tossicodipendenti, omosessuali e preti secondo loro infedeli. I due killer hanno preso di mira anche locali come cinema a luci rosse e discoteche frequentate da giovanissimi. Il loro primo crimine risale al 1977: a Verona rinchiusero il senzatetto Guerrino Spinelli nella sua Fiat 126, dandole poi fuoco. Nel 1978 uccisero il cameriere omosessuale Luciano Stefanato con 30 coltellate. Quasi un anno dopo, nel 1979, Furlan e Abel uccisero Claudio Costa, tossicodipendente di 22 anni. Nel 1980 avvenne uno dei loro omicidi più efferati: la prostituta Alice Maria Beretta, 52 anni, fu uccisa a colpi di ascia e di martello.
https://www.fanpage.it/attualita/in-coma-dopo-una-caduta-in-casa-wolfgang-abel-uno-degli-assassini-di-ludwig/
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6.06.09 Caso Ludwig, torna in libertà Abel la "mente" del gruppo neonazista
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LUDWIG
Marco Furlan (Padova, 16 gennaio 1960) e Wolfgang Abel (Monaco di Baviera, 25 marzo 1959) sono due serial killer italiani, autori di vari omicidi perpetrati nell'Italia nord-orientale, in Germania e nei Paesi Bassi tra il 25 agosto 1977 e l'8 gennaio 1984, rivendicati con volantini di contenuto neonazista e firmati con lo pseudonimo
Ludwig
Indice
1 Origini
2 Gli omicidi
3 L'ultimo attacco e la cattura
4 Lo strascico giudiziario
5 I tentativi di emulazione
6 Scarcerazione
7 Vittime di Ludwig Accertate
7.1 Presunte vittime
8 Note
9 Bibliografia
10 Voci correlate
Origini
I due membri del gruppo Ludwig erano entrambi figli dell'alta borghesia della città e provenivano dall'hinterland di Verona: Marco Furlan, residente nel prestigioso quartiere di Borgo Trento, era figlio del primario del centro ustionati dell'Ospedale Civile Maggiore di Verona (a tal riguardo è emblematico il fatto che molte delle vittime di "Ludwig" furono arse vive) e al momento dell'arresto risultava in procinto di laurearsi in fisica presso l'Università di Padova; Wolfgang Abel viveva invece a Negrar (VR), dove la sua famiglia si era trasferita dopo un periodo a Monaco di Baviera. Figlio di un consigliere delegato di una compagnia assicurativa tedesca, era laureato in matematica a pieni voti e lavorava nella medesima compagnia assicurativa del padre.
Furlan e Abel si conobbero alla scuola superiore, trovandosi presto concordi circa la necessità di ripulire il mondo da tutto ciò che a loro avviso risultava "deviato": prostitute, barboni, omosessuali, tossicodipendenti, preti "peccaminosi", discoteche e sale cinematografiche a luci rosse. Il loro rapporto proseguì anche oltre la scuola e si consolidò in virtù del fatto che entrambi frequentavano un gruppo di giovani dell'epoca, i quali usavano incontrarsi in piazza Vittorio Veneto a Borgo Trento.
Gli omicidi
Il 25 agosto 1977 a Verona commisero il loro primo crimine, rinchiudendo il nomade senzatetto Guerrino Spinelli nella sua Fiat 126 e incendiandola. Seguì, il 17 dicembre 1978, l'assassinio del cameriere omosessuale Luciano Stefanato, bersagliato da 30 coltellate a Padova e il cui cadavere fu ritrovato con ancora le due lame conficcate nella schiena. Quasi un anno dopo, il 12 dicembre 1979, a Venezia, Furlan e Abel uccisero a coltellate il tossicodipendente ventiduenne Claudio Costa. La serie omicida proseguì nel 1980 a Vicenza con l'uccisione a colpi di ascia e di martello della prostituta cinquantaduenne Alice Maria Baretta. Il 25 novembre dello stesso anno i due rivendicarono per la prima volta questi delitti, inviando una lettera firmata col nome Ludwig (sovrapposto allo stemma della Germania nazionalsocialista) alla redazione di Venezia del quotidiano Il Gazzettino.
Furono anche accusati di avere dato alle fiamme, il 25 maggio 1981, la torretta di Porta San Giorgio a Verona, una piccola struttura abbandonata facente parte delle vecchie fortificazioni austriache e divenuta ricovero per sbandati, tossicodipendenti e senza casa: nel rogo morì il diciassettenne Luca Martinotti, che stava trascorrendo la notte lì con un altro amico, rimasto gravemente ferito. Per questo delitto furono tuttavia assolti, sebbene una lettera di rivendicazione a firma Ludwig fosse pervenuta alla redazione de La Repubblica:
«LUDWIG
LA NOSTRA FEDE È NAZISMO
LA NOSTRA GIUSTIZIA È MORTE
LA NOSTRA DEMOCRAZIA È STERMINIO
RENDIAMO NOTO CHE ABBIAMO PUNTUALMENTE RIVENDICATO IL ROGO DI SAN GIORGIO A VERONA CON IL MESSAGGIO
INVIATO A 'LA REPUBBLICA'.
ALLEGHIAMO UN DISCHETTO METALLICO
IDENTICO A QUELLO APPLICATO SULLA
PIÙ GRANDE DELLE TRE TORCE USATE.
GOTT MIT UNS»
Volantino di rivendicazione di Ludwig.
Il 20 luglio 1982 Ludwig colpì padre Gabriele Pigato e padre Giuseppe Lovato, entrambi frati settantenni del Santuario della Madonna di Monte Berico a Vicenza, aggrediti mentre stavano passeggiando in via Cialdini (una strada che costeggia le mura della casa generalizia) e bersagliati a colpi di martello dai due giovani: padre Gabriele morì subito, mentre padre Giuseppe venne trasportato in gravissime condizioni all'Ospedale San Bortolo, dove spirò di lì a poco. Il 26 febbraio 1983 uccisero a Trento il sacerdote Armando Bison, che fu trovato con un punteruolo piantato nel cranio con attaccato un crocifisso.
Il 14 maggio 1983 diedero fuoco al cinema a luci rosse "Eros" di Milano, uccidendo sei persone (compreso il medico Livio Ceresoli, 46 anni, entrato in sala per prestare soccorso e successivamente insignito della medaglia d'oro al valor civile) e ferendone trentadue. Il 17 dicembre dello stesso anno colpirono al di fuori del territorio italiano incendiando il sex club "Casa rossa" di Amsterdam e causando 13 morti. Seguì, l'8 gennaio 1984, l'incendio appiccato alla discoteca "Liverpool" di Monaco di Baviera, in cui morì una cameriera di origine italiana che lavorava nel locale, e sette persone rimasero ferite; quest'ultimo atto venne rivendicato in un volantino inviato ad alcune testate giornalistiche, intitolato Al Liverpool non si scopa più!.
L'ultimo attacco e la cattura
La sera del 4 marzo 1984 i due criminali si recarono alla discoteca Melamara di Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova, dove in quel momento si trovavano 400 ragazzi, la maggior parte dei quali mascherati per la festa di carnevale. In un momento di confusione, uno dei due killer, travestito da Pierrot, aprì un'uscita di sicurezza e fece entrare il suo complice, che aveva con sé due borse contenenti altrettante taniche di benzina.
Seminascosti in un angolo buio, Abel e Furlan cominciarono a versare benzina sulla moquette e la incendiarono. I due tuttavia non avevano tenuto conto del fatto che i locali pubblici italiani avevano dovuto dotarsi di rivestimenti ignifughi a seguito dei provvedimenti promulgati dopo il rogo del cinema Statuto, avvenuto a Torino nel febbraio 1983. La moquette della discoteca era quindi resistente alla fiamma e rallentò la propagazione del fuoco, consentendo a un addetto alla sicurezza di estinguerlo.
Una volta scoperti, i due assassini tentarono di aggredire il buttafuori per fuggire, ma furono bloccati, accerchiati dalla folla e infine arrestati dalla polizia, che li salvò dal linciaggio da parte degli avventori del locale. Il numero delle azioni omicide di Ludwig si concluse così con 28 morti e 39 feriti.
Lo strascico giudiziario
Abel venne sottoposto a perizia psichiatrica, richiesta anche dai difensori di Furlan, Tiburzio De Zuani e Piero Longo: l'imputato rifiutava di sottoporsi ai colloqui. Gli specialisti Balloni e Reggiani affermarono che Abel aveva una ridotta capacità di intendere e di volere durante gli omicidi, inoltre affermarono che era cresciuto senza le attenzioni affettive che permettono di costruire una personalità sana. La perizia fu molto contestata. Il 10 febbraio 1987 furono entrambi condannati a trent'anni di carcere, mentre il pubblico ministero aveva chiesto per tutti e due l'ergastolo; a entrambi inoltre fu riconosciuta la seminfermità mentale.
Il 15 giugno 1988 la Corte d'assise d'Appello di Venezia rimise in libertà entrambi per decorrenza dei tempi di carcerazione e ordinò a Furlan il soggiorno obbligato a Casale di Scodosia, un paese in provincia di Padova, da cui Furlan fuggì nel febbraio del 1991, poco prima della definitiva condanna in Cassazione. Fu catturato nel maggio del 1995 a Creta, dove viveva sotto falso nome, e fu riportato in Italia; intanto il 10 aprile del 1990 la Corte d'appello di Venezia, presieduta da Nicola Lercario, lo aveva condannato in contumacia a 27 anni di carcere, condanna confermata l'11 febbraio 1991 dalla Corte di Cassazione; nella stessa occasione anche Abel fu condannato a 27 anni, dato che anche lui il 13 marzo 1991 tentò di scappare dalla casa in cui aveva il soggiorno obbligato a Mestrino, nel Padovano. Poco dopo l'arresto a Creta,[1] Furlan tentò il suicidio in carcere, provando a impiccarsi alle sbarre con un lenzuolo, rimanendo però illeso.
I tentativi di emulazione
La sigla Ludwig fu ripresa da altri fanatici dell'estrema destra italiana, che non avevano mai avuto contatti con Abel e Furlan, ma attraverso i giornali erano attratti dalle loro idee razziste. Costoro decisero di organizzare nella città di Firenze, il 27 febbraio 1990, un pestaggio di massa ai danni dei venditori ambulanti e spacciatori immigrati presenti nelle varie zone della città, lasciando ai giornali italiani alcuni volantini in cui rivendicavano l'aggressione firmandosi come Ludwig. In seguito passarono ad attacchi bomba contro i campi nomadi in Toscana, facendo numerosi feriti tra i rom. Particolarmente cruento fu un attacco bomba fatto al campo nomadi nella Provincia di Pisa, dove una bambina perse un occhio e una mano.
Queste azioni violente suscitarono molto clamore poiché alcune vittime degli attacchi bomba erano bambini, e visto lo sgomento dell'opinione pubblica, aumentarono le pressioni dell'opinione pubblica per un intervento della Polizia Italiana e dei Carabinieri, che arrestarono gli autori degli attentati. I colpevoli erano ragazzi più giovani di Abel e Furlan, provenivano da città diverse e, quando furono interrogati, dissero di non aver mai conosciuto di persona i membri di Ludwig, ma di volerli emulare.
Scarcerazione
Il 18 aprile 2008 viene diffusa la notizia della decisione del Tribunale di sorveglianza di Milano di affidare Marco Furlan in prova ai servizi sociali.[2] Furlan, attraverso il suo legale, l'avvocato milanese Corrado Limentani, aveva chiesto di poter lasciare il carcere di giorno per tornarvi la notte e nei fine settimana. L'organismo giudiziario ha rifiutato la semilibertà, ma ha concesso l'affidamento ai servizi sociali, tenendo conto della buona condotta del serial killer e dell'ormai imminente fine pena, prevista per l'inizio del 2009. La notizia non ha mancato di suscitare polemiche nell'opinione pubblica: proteste al riguardo sono pervenute alle redazioni di quotidiani e settimanali. Il 24 aprile 2008 Furlan ha preso la seconda laurea con lode in ingegneria informatica, mentre il 12 novembre 2010 è stato rimesso in libertà per la buona condotta tenuta durante il periodo in libertà vigilata.[3]
Nel 2009 la misura detentiva residua a carico di Wolfgang Abel è stata commutata negli arresti domiciliari, scontati nella casa di famiglia in Valpolicella. Scaduto il termine di pena, dopo un ulteriore periodo di libertà vigilata e obbligo di firma a Negrar, il 24 novembre 2016 il magistrato di sorveglianza competente ha revocato quest'ultimo provvedimento, sancendo il ritorno in libertà di Abel. Intervistato dal Corriere del Veneto, Abel ha affermato di essere pronto a rendere ulteriori dichiarazioni e testimonianze inedite sulla sua esperienza criminale.[4]
Entrambi hanno asserito di non essersi più frequentati né sentiti.
Vittime di Ludwig Accertate
20 luglio 1982, padre Gabriele Pigato e padre Giuseppe Lovato, Vicenza
26 febbraio 1983, don Armando Bison, Trento
14 maggio 1983, 6 morti (Livio Ceresoli, Giorgio Fronza, Ernesto Mauri, Pasquale Esposito, Elio Molteni e Domenico La Sala) e 32 feriti, Milano
8 gennaio 1984, un morto (Corinne Tartarotti) e 7 feriti, Monaco di Baviera
Presunte vittime
25 agosto 1977, Guerrino Spinelli, Verona
17 dicembre 1978, Luciano Stefanato, Padova
12 dicembre 1979, Claudio Costa, Venezia
20 dicembre 1980, Alice Maria Beretta, Vicenza
25 maggio 1981, Luca Martinotti, Verona
17 dicembre 1983, 13 morti, Amsterdam
Note
^ Fonte:Il Corriere della Sera
^ Caso Ludwig: Marco Furlan, 15 omicidi fra il 1977 e il 1984, affidato ai servizi sociali su il Messaggero del 23 aprile 2008
^ Gruppo Ludwig, Furlan è libero
^ Ludwig, dopo quindici omicidi Abel torna libero. «Non ho detto tutto» su Corriere del Veneto del 25 novembre 2016
Bibliografia
Carlo Lucarelli, Massimo Picozzi. La nera, Mondadori, 2006
Monica Zornetta. Ludwig, Storie di fuoco, sangue e follia, Baldini Castoldi Dalai, 2011. ISBN 978-88-6620-257-8
Augusto Caneva. Il caso Ludwig, Luigi Reverdito Editore, 1986. ISBN 88-342-0169-8
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