pubblicato il 7.03.22
La procura di Firenze e le indagini sulle bombe del ’93: “Un’operazione militare di Gladio dietro alla strage di Alcamo Marina” ·
I pm che indagano sulle stragi di Milano, Firenze e Roma stanno battendo una pista investiva che li ha condotti a sentire un poliziotto che ha lavorato per molti anni nella zona di Alcamo: si chiama Antonio Federico. Un suo confidente gli raccontò che la strage di Alcamo Marina fu "un’operazione militare, un’operazione di Gladio". A riportare la notizia è il quotidiano La Nazione di Firenze
7 Marzo 2022
L’ombra di Gladio, l’organizzazione paramilitare appartenente alla rete internazionale di Stay Behind, dietro a una strage mai risolta: quella di Alcamo Marina. L’ultimo pezzo di puzzle raccolto dalla procura di Firenze riavvolge indietro il nastro del tempo fino al 27 gennaio del 1976. Quella notte due carabinieri, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, vennero trucidati nella casermetta della piccola frazione in provincia di Trapani. Oggi i pm che indagano sulle stragi del 1993 – quelle di Milano, Firenze e Roma – stanno battendo una pista investiva che li ha condotti a sentire un poliziotto che ha lavorato per molti anni nella zona di Alcamo: si chiama Antonio Federico. Un suo confidente gli raccontò che la strage di Alcamo Marina fu “un’operazione militare, un’operazione di Gladio”. A riportare la notizia è il quotidiano La Nazione di Firenze.
Fu un’esecuzione: i killer forzarono la porta con la fiamma ossidrica, poi eliminarono i due militari. A scoprire casualmente il duplice omicido furono, il mattino dopo, gli agenti di scorta del leader Msi Giorgio Almirante. Per quella vicenda vennero arrestati quattro giovani alcamesi: Giuseppe Gulotta, Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli e Giuseppe Vesco. Quest’ultimo era considerato vicino agli anarchici: arrestato un mese dopo l’eccidio dai carabinieri del colonnello Giuseppe Russo, fu Vesco ad accusare ingiustamente gli altri. Le indagini, infatti, vennero depistate subito. È lo stesso Vesco che lo racconta nelle lettere scritte in carcere: per fargli fare i nomi dei presunti complici, i carabinieri lo tortureranno con botte e scariche elettrice nei genitali. Stesso destino che toccherà a Gulotta, Santangelo e Ferrandelli. Otto mesi dopo, Vesco cercherà di scagionare i tre ragazzi accusati ingiustamente, senza però riuscirci: verrà infatti trovato impiccato in carcere. Il ragazzo aveva una menomazione, aveva una mano sola: ma nessuno si chiede come sia riuscito in quel modo a fare il nodo scorsoio. Dopo aver scontato 22 anni di carcere da innocente, Gulotta è stato assolto nel processo di revisione. La stessa cosa è accaduta a Ferrantelli e Santangelo, che nel frattempo erano fuggiti in Brasile.
Quella della strage di Alcamo Marina, dunque, è una storia di un enorme errore giudiziario. Ma anche un mistero mai risolto: se Gulotta e gli altri sono innocenti, chi è che ha assassinato i due carabinieri? L’ipotesi, appunto, è che si possa essere trattato di una operazione militare di Gladio per coprire eventuali scoperte compiute, magari per caso, dai due militari. I procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli hanno interrogato il poliziotto che ricevette la confidenza, cioè Antonio Federico, lo stesso che nel settembre 1993 arrivo a perquisire un villino di Alcamo un deposito di armi che, ricostruisce sempre La Nazione, sarebbe stato nella disponibilità di due altri carabinieri “in odore di servizi segreti”. Sempre nel villino la fonte del poliziotto fece ritrovare dentro un volume la fotografia di una “donna sconosciuta” somigliante a quella dell’identikit femminile diffuso dopo la strage di via Palestro a Milano. Ora, secondo le tecnologie attuali usate dal Ros dei carabinieri, in base a una comparazione fra l’identikit e una foto segnaletica, c’è il 67% di possibilità che sia il volto di Rosa Belotti, la donna bergamasca finita agli onori della cronaca pochi giorni fa: è indagata per le stragi del ’93. Belotti, tramite il suo avvocato, nega ogni coinvolgimento.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/03/07/la-procura-di-firenze-e-le-indagini-sulle-bombe-del-93-unoperazione-militare-di-gladio-dietro-alla-strage-di-alcamo-marina/6518022/
Stragi del 1993. Bombe di mafia e carabinieri uccisi. Un unico intreccio per due misteri
Il poliziotto e il suo confidente chiave: rivelazioni sull’eccidio di Alcamo e sulla biondina delle stragi
Firenze, 7 marzo 2022 - Un misterioso confidente e due storie, apparentemente distanti, che s’intrecciano. La "nuova" verità sulle stragi del 1993, e un eccidio mai chiarito, per arrivare alla "bionda" delle stragi mafiose. Il tutto all’ombra di Gladio e di trame oscure.
Alcamo Marina, Trapani, è il punto di partenza, o forse di arrivo. E’ qui, infatti, che il 27 gennaio 1976, un commando fece irruzione nella caserma "Alkamar". Il carabiniere Carmine Apuzzo e l’appuntato Salvatore Falcetta vennero trucidati a colpi di calibro 38. Gli autori dell’esecuzione avevano neutralizzato con la fiamma ossidrica il portone della caserma e li avevano sorpresi nel sonno. La mattina seguente, i poliziotti della scorta del leader del Msi, Giorgio Almirante, passando davanti all’"Alkamar" notarono la porta manomessa e diedero l’allarme.
Per l’omicidio dei carabinieri Apuzzo e Falcetta, vennero condannate quattro persone. Una di questa era Giuseppe Gulotta, che nel 1976 aveva appena 19 anni. Si prese l’ergastolo ma mentre stava scontando la sua pena in semilibertà, Gulotta, emigrato a Certaldo dove è diventato un muratore, ha chiesto, ottenuto e vinto la revisione del processo. La confessione che il giovane Gulotta aveva firmato era stata estorta con minacce e sevizie. Dell’eccidio, né lui né gli altri tre presunti membri del commando nulla sapevano. Per 22 anni di ingiusta detenzione, Gulotta, assistito dall’avvocato Pardo Cellini, ha ottenuto anche un risarcimento dallo Stato. Ma la verità è rimasta sepolta. Chi abbia compiuto la strage di Alcamo Marina, resta un mistero. E qui entra in campo un altro personaggio. E’ un poliziotto, lavora anche lui ad Alcamo e si chiama Antonio Federico. Un suo confidente, come si legge nel libro scritto dallo stesso Gulotta con il giornalista Nicola Biondo, gli rivelò che "quella era un’operazione militare, un’operazione di Gladio". Secondo questa ricostruzione, i due militari della "Alkamar" sarebbero stati uccisi perché avevano scoperto qualcosa di più grande di loro.
E ad Alcamo Marina sono tornati anche i magistrati di Firenze, Giuseppe Creazzo, Luca Turco e Luca Tescaroli, che vogliono chiudere il cerchio sulle stragi di Firenze, Milano e Roma, dove la mafia potrebbe aver avuto un aiuto “esterno“. Hanno in mano un nome, quello della donna che, secondo quanto visto da due testimoni, il 28 luglio 1993 parcheggiò vicino al Padiglione d’arte contemporanea di via Palestro, a Milano, la Fiat Uno carica di esplosivo che uccise cinque persone. E hanno interrogato proprio il poliziotto di Alcamo. Perché Federico, ancora grazie a una soffiata (la solita fonte?) nel settembre ’93 fece scoprire un arsenale di armi nascosto in un villino. I tenutari di quell’arsenale risultano due ex carabinieri in odore di servizi segreti. Anche su quel deposito di armi, s’allunga l’ombra di Gladio. E dentro un volume di una enciclopedia ordinata in una libreria, dove la misteriosa fonte aveva suggerito di guardare per scoprire qualcosa che aveva a che fare con la strage di due mesi prima, "c’era una fotografia di una donna rimasta sconosciuta". Quell’immagine, ha dichiarato Federico, somigliava all’identikit 14 diffuso dopo via Palestro. La comparazione tramite l’applicazione "c-Robot" tra identikit e una foto segnaletica scattata nel ’92, ha dato il 67% di possibilità che quella donna sia Rosa Belotti, bergamasca, l’ultima indagata per le stragi del ’93. Lei nega ogni coinvolgimento. Presto sarà sentita dai pm, giunti a lei passando da Alcamo e dalle rivelazioni di una gola profonda che dovrebbe uscire allo scoperto.
https://www.lanazione.it/cronaca/bombe-mafia-1.7436329
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