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Il Coordinamento Antifascista della Tuscia e il Circolo Frisigello
Nell’ambito della rassegna RESIST ‘06
PRESENTANO:
Fausto e Iaio. La Speranza muore a 18 anni
Reading di Daniele Biacchessi
Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci sono due ragazzi di 18 anni. Frequentano il Centro Sociale Leoncavallo. La sera di sabato 18 marzo 1978 vengono uccisi con 8 colpi di pistola in via Mancinelli, a Milano.
L’inchiesta stabilisce che il duplice omicidio viene organizzato da gruppi della destra eversiva in contatto con la criminalità romana: la Banda della Magliana. Dopo 28 anni di indagini, non vi è ancora alcuna giustizia penale.
Il reading di Daniele Biacchessi ripercorre la storia dei due ragazzi attraverso la voce, la musica, le immagini e la tecnica del monologo teatrale. Un racconto che non è storia del passato ma serve a ricordare che la memoria è come un film in bianco e nero: a volte viene nascosta e chiusa a chiave nei cassetti della storia, .ma spesso torna, ritorna e lascia tracce.
Daniele Biacchessi, giornalista e scrittore. Caposervizio Radio24-Il Sole24ore. Premio Cronista 2004 e 2005. E’ conduttore del programma “Giallo e Nero”. Ha pubblicato quattordici libri d’inchiesta. “La fabbrica dei profumi” (Baldini&Castoldi,1995), “Fausto e Iaio” (Baldini&Castoldi, 1996), “Il caso Sofri” (Editori Riuniti, 1998), “L’ambiente negato” (Editori Riuniti,1999), “10,25 cronaca di una strage” (Gamberetti, 2000), “Il delitto D’Antona” (Mursia, 2001), “Un attimo… vent’anni” (Pendragon, 2001), “Ombre nere” (Mursia, 2002), “Punto Condor. Ustica, il processo” (Pendragon,2002), “L’ultima bicicletta, il delitto Biagi” (Mursia, 2003), “Cile 11 settembre 1973” (Franco Angeli, 2003), “Vie di fuga. Storie di clandestini e latitanti” (Mursia 2004), “Roberto Franceschi:processo di polizia” (Baldini Castoldi Dalai,2004), “Walter Tobagi. Morte di un giornalista.” (Baldini Castoldi Dalai, 2005). E’ autore, regista e interprete di teatro narrativo civile. Tra gli spettacoli in scena, “La storia e la memoria”, “Fausto e Iaio, la speranza muore a 18 anni”, “La Fabbrica dei profumi”, “Quel giorno a Cinisi. Storia di Peppino Impastato” con Gaetano Liguori al pianoforte.
INGRESSO LIBERO
MERCOLEDì 26 APRILE, ORE 21,30
EX CHIESA DI S. ORSOLA
VIA S. PIETRO 2 VITERBO
Per info:
antifascistavt@libero.it; santorsola2@libero.it; 328/0747952
Infoline per Daniele Biacchessi:
retedigreen@retedigreen.com; www.retedigreen.com
“FAR VOLARE LE PAROLE”
INTERVISTA A DANIELE BIACCHESSI SUL SUO “TEATRO-INCHIESTA”
di Silvio Antonini
Come hai iniziato la tua attività di giornalista?
Ho iniziato nel 1975 a Radio Lombardia, poi sono approdato a Radio Popolare, Radio Regione, Telemilano2, Italia Radio, per undici anni, e ora, da sei anni, a Radio24, dove svolgo le mansioni di caposervizio delle news. Ho inoltre collaborato con la Rai, “l’Europeo”, “Avvenimenti”, “Mucchio Selvaggio” e “l’Unità”, per vent’anni. Ora scrivo su “il Sole 24ore”. Mi occupo di politica, cronaca nera, giudiziaria ed esteri.
Cosa ti ha spinto verso il teatro civile?
Ho scritto 14 libri d’inchiesta per Baldini Castoldi, Mursia, Editori Riuniti, Gamberetti, Pendragon. Avevo bisogno di far volare le mie parole, quelle migliori, più poetiche. E l’unico modo per compiere questa operazione era raccontare, narrare, come un tempo facevano i nostri nonni davanti al camino. Raccontare una storia anche tragica, anche difficile, fa volare le parole e crea uno straordinario contatto con chi ti ascolta. Io racconto una storia, tu la ascolti, puoi chiudere gli occhi e crearti una storia parallela, più tua, più vicina alla tua esperienza di vita, ai tuoi ricordi, alle passioni, alle emozioni.
In questi anni il teatro civile ha avuto in Italia molto successo; vengono subito in mente in nomi di Ascanio Celestini, Moni Ovadia, Marco Paolini ecc… Quali sono le esperienze secondo te più interessanti?
L’Italia é un paese di narratori: Dario Fo, Franca Rame e Giorgio Gaber, soprattutto. Paolini e Celestini, pur grandissimi, sono venuti dopo. Dunque quello che viene chiamato erroneamente teatro civile c’era ben prima di loro. Era teatro di narrazione, monologhi che raccontano storie. Io non mi ispiro alle correnti italiane. Mi sento più legato al concetto di reading, lettura, accompagnato dalla musica eseguita dal vivo, con immagini che scorrono dietro le mie spalle, con sonori che appaiono durante i miei spettacoli. Ne “La Storia e la memoria” si sente lo scoppio della bomba in Piazza della Loggia a Brescia, il 28 maggio 1974. Nello spettacolo su Peppino Impastato, che inizio a raccontare a Cinisi, vicino a Palermo, e che ho realizzato con il grande pianista di jazz Gaetano Liguori, si sente la voce di Peppino a Radio Aut. Cerco di lavorare su qualcosa che n Italia non c’é mai stato, più che cavalcare il solco di una tradizione. Negli Stati Uniti, negli anni Sessanta, risultavano straordinari i reading di Lawrence Ferlinghetti, Allen Ginsberg e Bob Dylan, e ancor prima quelli di Jack Kerouac alla libreria City Light di San Francisco.
È diffusa l’idea che attori ed artisti in generale in questi anni spesso si siano trovati a supplire le carenze di politici che non riescono più a scaldare i cuori della gente. Cosa pensi a riguardo?
I politici, tutti – e non é qualunquismo -, annoiano. Ecco perché noi narratori siamo ascoltati. Perché siamo appassionati, trasmettiamo emozioni. E le persone, che non sono stupide, capiscono.
C’è il rischio che il teatro civile diventi una moda, visto soprattutto il suo successo anche in termini “televisivi”?
E’ un pubblico vasto ma ancora molto ristretto. Una moda, ma positiva.
Parlaci un po’ dello spettacolo “Fausto e Iaio” che stai portando anche a Viterbo.
E’ una storia solo apparentemente del passato. E’ la storia di due ragazzi di 18 anni che vanno a morire una sera di marzo fischiettando il blues. Fausto e Tinelli erano due miei amici, abitavano nel mio stesso quartiere. Due ragazzini curiosi e onesti, non erano dei leader. Sono stati uccisi con 8 colpi di pistola. Un’esecuzione in piena regola, due giorni dopo il rapimento di Aldo Moro. E’ una vicenda emblematica che vale per tutte quelle persone di sinistra che sono state ammazzate per le loro idee e che non hanno mai trovato giustizia.
Il revisionismo storico ultimamente ha allargato il proprio raggio d’azione anche alla straordinaria stagione di lotte del ’68-’77, con la tentazione di applicarvi gli stessi parametri che il revisionismo usa per la Resistenza. La si vede quindi come un’inutile guerra civile nella quale vi furono i famosi “caduti da tutte e due le parti”. Anche a “sinistra” molti si prestano a questa interpretazione. Che cosa ne pensi, tu che parli molto di quella stagione nei tuoi lavori?
In Italia non c’é stata una guerra civile, bensì una guerra di liberazione dai nazifascisti. I repubblichini di Salò erano alleati con i nazisti che occupavano il nostro paese in modo illegale. A Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto e Fivizzano sono morte vittime innocenti che gli aguzzini martoriavano, quando ormai erano in ritirata. Questa é la storia. Pansa parla di guerra civile ma compie un falso storico. La Resistenza é una pagina amara ma fondamentale per la storia italiana. Non si può scherzare sulla memoria di chi l’8 settembre 1943 ha scelto di stare dalla parte della democrazia e di una società più giusta, contro ogni dittatura.
Hai letto Cuori Neri di Luca Telese sui ragazzi di destra uccisi negli anni ’70?
Quel libro é una legittima operazione commerciale, nulla di più. Sul piano storico non aggiunge nulla a quanto già si conosceva sull’argomento. Non c’era bisogno di un Telese qualsiasi, che a quei tempi era poco più di un bambino, per farci conoscere le storie di Ramelli, Pedenovi e di tanti altri di destra uccisi in quegli anni. Anche per molte di quelle storie non vi é giustizia, ma non si possono riscrivere gli anni Settanta. Sono stati anni di bombe nere, stragi su treni, nelle banche, nelle piazze, centinaia di morti, migliaia di feriti. Anche questa é storia.
Vivi e lavori a Milano. Dov’eri l’11 di marzo, mentre a corso Buenos Aires si verificavano gli scontri? E qual è la tua opinione sui fatti?
La Questura doveva vietare la manifestazione della Fiamma, impedendo così che gruppi di provocatori favorissero con gli scontri una compagine governativa ormai allo sbando.
Tu conosci il viterbese, anche perché vi sei sentimentalmente legato. Che cosa pensi in linea di massima della nostra provincia, per lo meno sotto il profilo culturale?
Vi voglio bene, siete persone cordiali e ospitali. Sul paino culturale si dovrebbe fare di più, ma forse mancano le istituzioni.
Viterbo 3/4/’06
Infoline per Daniele Biacchessi:
retedigreen@retedigreen.com; www.retedigreen.com