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Il fenomeno skin, tra rock, calcio e politica.
Uno degli aspetti più originali all’interno dello schieramento estremista di destra, ma anche anarchico, è la trasposizione in chiave musicale delle tematiche ideologiche e politiche. A destra, in particolare, questo canale viene utilizzato per dar vita a momenti di incontro tra le varie componenti, anche a livello internazionale, che assurgono in determinate occasioni a veri e propri summit organizzativi che precedono iniziative propagandistiche e militanti sulle campagne politiche di maggiore contingenza.
White Power
I stand and watch my country, going down the drain
We are all at fault now, we are all to blame
We’re letting them take over,
we just let them come
Once we had an Empire, but now
we’ve got a slum
White Power, for England
White Power, today
White Power, for Britain
Before it gets too late
We’ve seen alot of riots, we just sit
and scoff
We’ve seen alot of muggings,
and the judges let them off
We’ve got to do something, to try
and stop the rot
The traitors that have used us,
they should all be shot
Are we going to sit and let them come
Have they got the White man on the run
Multi-racial society is a mess
We ain’t gonna take
much more of this
What do we need?
If we don’t win our battle, and all does not go well
It’s apocalypse for Britain, and we’ll see you all in Hell.
Potere Bianco
Sto qui a guardare il mio Paese scivolare nella fogna
Siamo tutti colpevoli ora, tutti da biasimare
Stiamo permettendo loro di prendere
il sopravvento, li lasciamo entrare
Un tempo avevamo un Impero,
ora abbiamo bassifondi
Potere bianco, per l’Inghilterra
Potere bianco, oggi
Potere bianco, per la Gran Bretagna
Prima che sia troppo tardi
Abbiamo visto tante rivolte,
siamo rimasti fermi a dileggiare
Abbiamo visto tanti delinquenti,
e i giudici che li lasciano liberi
Dobbiamo fare qualcosa, per fermare
il marcio
I traditori che ci hanno usato, meritano tutti di essere fucilati
Staremo qui fermi a lasciarli entrare
Hanno costretto l’uomo Bianco a fuggire
La società multirazziale è un càos
Non siamo disposti a sopportare
ancora per molto
Di cosa abbiamo bisogno?
Se non vinciamo la nostra battaglia, se le cose non andranno bene
Sarà la catastrofe per la Gran Bretagna, e ci rivedremo tutti all’Inferno.
(da www.stlyrics.com/songs/s/skrewdriver9731)
Il brano White Power degli Skrewdriver, tratto dall’album Voice of Britain del 1979, può a tutti gli effetti considerarsi il primo manifesto del movimento bonehead o naziskinhead, la componente più conosciuta e meglio organizzata del ben più ampio panorama skinhead: un universo quanto mai articolato che comprende al suo interno anche settori attestati su posizioni di sinistra e gruppi apolitici e antirazzisti.
Per comprendere meglio quello che viene generalmente definito ‘movimento naziskinhead’ è necessario dunque risalire alle radici comuni dello skin style rintracciabili nelle ‘sottoculture’ giovanili e working class britanniche degli anni ‘60, per poi seguirne l’evoluzione da ‘stile di vita’ a ‘movimento politico’ della destra radicale negli anni ‘80.
Le origini sottoculturali
Nato negli anni ‘60 nella ‘solita’ Inghilterra, prolifica nutrice di nuovi trend e mode giovanili (1) , lo skin style inizialmente si configura come una ‘sottocultura’ (2) giovanile, derivazione diretta dell’ala dura dei mods (modernists) (3) , fondata sul netto rifiuto della ‘nuova’ civiltà urbano-consumistica di stampo borghese.
Il 1969 viene indicato convenzionalmente come l’anno di nascita, nell’ambito dei lavoratori portuali britannici, delle prime comunità skin che si riconoscono essenzialmente in termini di look e di musica.
“La testa rasata e gli scarponi derivano da un vero bisogno che nasce sulle banchine dei port: i lavoratori necessitavano della resistenza che solo dei buoni boots possono dare e la testa rasata era una precauzione contro i pidocchi causati dalle scarse condizioni igieniche.” (4) .
Lo skin style:capelli a spazzola, bretelle, scarponi di tipo militare o Doc Marten’s, jeans Levi’s corti, camicia Ben Sherman’s o polo Fred Perry
Il movimento skinhead nasce quindi con caratteristiche tipicamente British working class, antiborghesi, più xenofobe che direttamente razziste. Viene infatti considerato skin chiunque si riconosca nei valori fondanti dello skin style individuati nell’‘appartenenza di classe’ e nel ‘sentimento nazionalista’.
Tutti gli altri, borghesi e immigrati in primis, poi studenti, istituzioni, forze dell’ordine, hippies ecc… sono il ‘nemico’ da combattere per la tutela della tradizionale cultura proletaria britannica.
A proposito dell’ostilità tra il suo mondo e la società borghese, un giovane skin afferma: “l’odio è assolutamente reciproco…il sentimento viene più dalla nostra parte che non dalla loro. Le cause sono da ricercarsi dalla nascita del movimento, sorto proprio come controcultura assolutamente in conflitto con ogni tipo di società borghese e diffusa esclusivamente nelle classi operaie” (5) .
Fin dalle origini un vincolo indissolubile lega il movimento skinhead ai giovani che, organizzati in crews o street gangs, sviluppano un legame esclusivo e vincolante con il territorio di appartenenza e, nella difesa del proprio spazio, evidenziano un’ostilità aggressiva nei confronti di chiunque lo invada.
Spazi fisici o sociali quali la strada, il quartiere, il pub, lo stadio, il gruppo di amici o la tifoseria svolgono in questo contesto una funzione essenziale, sia aggregativa che di veicolazione di contenuti, facendo sì che le identità individuali e collettive si saldino sulla base di atteggiamenti improntati alla virilità, alla forza fisica ed al maschilismo.
Questo legame viscerale con il territorio, rappresentato in scala crescente dalla strada, dal quartiere, dalla curva dello stadio fino alla Nazione, produce una sorta di autoghettizzazione dello skin, di chiusura comunitaria in funzione difensiva e, paradossalmente, antidiscriminatoria rispetto alla società circostante:”ci si rinchiude nel proprio castello, in assetto di guerra, pronti a difendere il proprio territorio da ogni presenza estranea, da ogni possibile contaminazione” (6) .
Ne scaturisce una sottocultura fondamentalmente violenta e teppistica, che trova crescente permeabilità nelle fasce di giovani culturalmente meno preparate ed economicamente meno garantite, che eleggono a loro passatempo preferito del sabato sera il paki-bashingo il boot party (7) .
Al processo di autoghettizzazione socio-culturale dello skinhead contribuisce anche la fruizione di uno stile musicale esclusivo. In questo ambito il primo canale espressivo per i gruppi skin viene individuato nel punk rock, che giunge alla sua massima espressione tra il 1976 ed il 1980 grazie alle interpretazioni di gruppi inglesi quali i Sex Pistols, The Clash e, soprattutto i Ramones che ne sono considerati i padri fondatori.
Assorbendo anche influenze dello ska giamaicano, negli anni ‘80 il punk rock si svilupperà nel new punk o street punk, ‘musica di strada per ragazzi di strada’, e finirà per dar vita ad un vero e proprio sotto-genere destinato a divenire la voce per eccellenza del popolo skinhead: la oi! music.
Questa definizione, coniata nel 1981 sulla rivista musicale inglese Sound dal giornalista Gary Bushell, identifica, attraverso un termine del dialetto cockney londinese indicante una sorta di saluto “ehi tu!”, uno stile musicale particolarmente duro e violento.
Inizialmente il genere oi! – che nel tempo influenzerà decine di bands – si rivolge indistintamente tanto a teste rasate di destra che di sinistra, principale interprete sarà il gruppo londinese degli Sham 69.
La politicizzazione
E’ soltanto alla fine degli anni ‘70 e nei primi anni ‘80 che il mondo skinhead subisce un processo di radicale politicizzazione, frammentandosi lungo linee politico-ideologiche – fino ad allora ad esso estranee – divergenti e contrastanti, che seguono tre filoni principali:
• un modello apolitico, riconducibile principalmente all’associazione internazionale S.H.A.R.P. – Skinheads Against Racial Prejudice;
• un modello di estrema sinistra, già vicino agli S.H.A.R.P., ma poi attestatosi su posizioni autonome soprattutto con l’organizzazione Red and Anarchist Skin Heads – R.A.S.H. e la band dei Redskins;
• un modello naziskinhead o bonehead che fa riferimento alla destra più estrema del quale ci occuperemo in questa sede.
Canale fondamentale, attraverso il quale si realizza il processo di politicizzazione dell’intero mondo skinhead all’inizio degli anni ‘80, sarà la musica.
All’interno del genere oi! in questo periodo, sempre in Gran Bretagna, inizia a farsi strada la differenziazione tra il Rock against Racism-RAR, strettamente legato alla Anti-Nazi League ed al Socialist Worker’s Party, ed il Rock Against Communism-RAC.
Il RAC trova la sua massima espressione nel gruppo britannico degli Skrewdriver, in specie nel suo leader, Ian Stuart Donaldson (8) , fondatore della rivista Blood & Honour (così chiamata dalla traduzione dello slogan delle Waffen SS) e del collegato network politico-musicale basato sul White Power Rock-WPR.
foto da web
La band di stampo punk rock, costituita nel 1977 a Blackpool, pur guadagnandosi una brutta reputazione per la xenofobia e la violenza provocata dai suoi concerti, originariamente era orientata in senso sostanzialmente apolitico.
Dal 1978 Ian Stuart comincia ad avvicinarsi al National Front-NF britannico e successivamente al British National Party-BNP, manifestando sempre più esplicitamente le sue propensioni politiche verso l’estrema destra.
Orienta quindi la produzione musicale degli Screwdriver decisamente verso la promozione di idee di stampo nazionalista e poi neonazista, attivando un’ampia rete internazionale a tutt’oggi molto attiva.
In una radio intervista del 1991, Stuart così narra la nascita della sua svolta politica: “stabilimmo di creare una nostra casa discografica in seno al National Front che chiamammo la White Noise Records. Facemmo partire il tutto incidendo un singolo per loro che era White Power, …Herbert Egoldt che gestiva l’etichetta Rock’ o’ Rama in Germania ci offrì quindi un contratto per un Lp che fu appunto registrato con lui e s’intitolò Hail the new Dawn”.
Lo stesso Stuart che preferiva farsi definire un nazista piuttosto che un neo-nazista, intervistato dal quotidiano londinese Evening Standard dichiarerà esplicitamente: “Ammiro tutto ciò che Hitler ha fatto tranne una cosa – perdere”.
La sua collaborazione con la Rock’o’Rama tedesca insieme alla diffusione della rivista Blood & Honour al di fuori dei confini britannici rappresentano i primi passi di quella che sarà un’azione di promozione attiva e capillare delle idee e della presenza naziskin in tutti i Paesi dell’Europa ed anche negli Stati Uniti (attraverso la collegata associazione White Aryan Resistance).
La morte di Ian Stuart in un incidente automobilistico, nella notte tra il 23 ed il 24 settembre 1993 a trentacinque anni, avviene nel momento di maggior espansione del circuito naziskinhead a livello mondiale. Dopo questa data una netta separazione interverrà a dividere le sorti della rete europea, facente capo al circuito Blood & Honour ed alla collegata Combat 18 (9) , e quella statunitense, nel cui ambito a distanza di due anni, nel 1995, verrà costituita la Confederate Hammerskins (10) , destinata a riunire tutti i naziskinhead attivi negli USA.
da www.skrewdriver.net
da www.utenti.lycos.it/armco
Ancora oggi la scena del White Power Rock si presenta divisa in questi due schieramenti: da un lato i gruppi che fanno capo al circuito di matrice britannica e dall’altro gli Hammerskins di origine americana, con propaggini anche in Europa (11) .
L’elemento nazionalista originario dello skin style combinato con l’influenza neo-nazista, diviene base ideologica fondante sui cui si sviluppa l’identità spiccatamente xenofoba e razzista di questi ambienti.
INei brani del white power rock, rock against communism o nazirock ai temi tipici degli skinhead (patria, birra, football e violenze) si sovrappongono dunque le parole d’ordine ed i miti della destra neonazista: superiorità della razza ariana, antisemitismo, lotta contro l’Occidente, celebrazione della guerra, mitologia nordica…
Questo avviene mentre la contemporanea crescita della disoccupazione e dell’immigrazione creano le condizioni affinché il movimento si rafforzi e si estenda articolandosi su due piani: uno di natura sociale e l’altro prettamente politico, distinti ma correlati.
Oltre alla musica, nell’azione di propaganda ideologica e di proselitismo svolta tra i giovani, un ruolo centrale avranno anche i cosiddetti skinzines, sorta di bollettini ciclostilati autoprodotti, nei quali viene pubblicizzato o recensito tutto quanto fa skin: concerti, raduni, eventi politici o culturali, distributori di musica, centri per tatuaggi, negozi di abbigliamento, gadgets o paraphernalia, palestre, pub e luoghi di ritrovo di esclusiva marca skin. In tempi più recenti a questi strumenti propagandistici si affiancherà, con tutta la sua potenza comunicativa, la rete Internet che contribuirà in forma decisiva allo sviluppo degli scambi e dei contatti a livello mondiale del circuito naziskinhead.
I bonehead in Italia
Il modello naziskin britannico influenzerà sia ideologicamente che musicalmente anche la scena italiana. I leader del Veneto Fronte Skinheads-VFS, formazione egemone del panorama italiano, costituita a Vicenza negli anni ‘80 (12) , riconoscono infatti ad Ian Stuart un ruolo fondamentale nella diffusione del credo naziskin in Italia e nei paesi europei.
Commemorando la sua morte così scrivono su L’Inferocito, bollettino ufficiale del gruppo: “inglese, ultra-nazionalista, ha lucidamente creduto nella possibilità di un fronte comune europeo, organico, tra nazionalisti di diversa provenienza contro i pericoli che già all’inizio degli anni ‘80 stavano attanagliando l’Europa… Il montante problema dell’immigrazione, il Sionismo, la giustizia corrotta, l’orgoglio nazionale, i problemi dei lavoratori erano solo alcuni dei messaggi che lanciava con le sue canzoni; veri e propri inni che poco a poco diventeranno sempre più il riferimento dei giovani patrioti non ancora del tutto assopiti e soggiogati dalla società moderna”.
La prima esibizione in Italia degli Screwdriver nel settembre del 1992, in occasione del raduno Ritorno a Camelot, organizzato dal Veneto Fronte Skinheads ai piedi del Monte Grappa in provincia di Vicenza, è ancora oggi considerato dagli skin italiani un evento di portata storica.
Il fenomeno farà la sua apparizione e si diffonderà in Italia nel corso del decennio 1983-1993, interessando soprattutto le regioni settentrionali (Veneto e Lombardia) e centrali (Lazio), dove in quegli anni si moltiplicano i gruppi politici, i complessi musicali, le etichette discografiche e gli skinzine.
Si costituiscono oltre al Veneto Fronte Skinheads, il Movimento Politico Occidentale a Roma e Azione Skinhead a Milano, dove l’ispirazione politica sarà fornita dal gruppo che si coagula intorno alla rivista Uomo Libero (attiva dal 1979) (13) .
Un aspetto che marcherà distintamente il fenomeno in Italia rispetto alle origini britanniche, sarà il sovrapporsi alle caratteristiche classiche dello stile skinhead anche di suggestioni nostalgiche di stampo prettamente neofascista, come si evince dal brano Patria dei varesini Civico 88.
foto ansa
PATRIA
Ricordo di quella sera, saranno passati vent’anni,
un fuoco e due bicchieri, sentivo parlare i miei nonni,
Narravano una grande storia, pensavo immaginaria,
con voce un poco tremante, parlavan della loro Italia
Montagne alte e nevose,
gli scogli inesplorati,
leggende vecchie come il mondo, luoghi mai dimenticati,
Corsi d’acqua impetuosi
e grandi mari agitati,
da difendere con ardore da nemici sempre agguerriti Una Terra
che si chiama Italia, per te vorrà
dir tradizione,
Puoi amarla per sempre od odiarla, non accetterà esitazione,
Una terra che si chiama Italia, che difenderai ora e sempre,
Perché lei è la nostra Patria e questa è la nostra gente!
Verdi i prati già bianche le cime,
rosso il sangue versato,
per incidere nella storia, il suo glorioso passato,
Passando da Roma imperiale,
alle sue camice nere,
Un popolo che sa lottare, nessuno lo potrà fermare
Tanti anni ormai son passati, da quella piovosa notte,
ma il cuore ancora adesso, mi trema e batte più forte,
Se ripenso ai nostri padri, che c’hanno saputo dare,
La storia e la tradizione, qualcosa
per cui lottare!
(da show.supereva.it/civico88)
Nello stesso periodo teste rasate di estrema destra fanno la loro apparizione nelle curve degli stadi dove, nel circuito delle tifoserie ultràs, trovano un humus particolarmente fertile per dare libero sfogo ai loro atteggiamenti ribellistici e alla carica di aggressività xenofoba e razzista:”ci prepariamo costantemente ad un eventuale scontro – spiega uno di loro – facciamo sport da combattimento, pugilato, thai, boxe, pesi… ci rifacciamo alle guerre cavalleresche, ai legionari romani allo scontro ad armi pari, in cui si guarda in faccia il nemico. Nello scontro fisico si riassume la spiritualità degli skin: mettersi alla prova, testare la forza e forgiare il carattere”.
In questo quadro il gruppo, il club ultrà o il crew skinhead, diviene spazio sociale al cui interno, coniugando la dimensione ludica con la dimensione ideologica, i ‘giovani maschi’ trovano una propria identità e un ruolo socio-politico.
Progressivamente, sempre più espliciti richiami all’ideologia della destra più estrema di matrice neonazista e bonehead, compariranno tra le frange ultràs legate, in specie, ad alcune squadre del nord-est (Verona, Vicenza, Trieste, Udine), di Milano (con elementi riconducibili soprattutto agli Hammerskins), della capitale e del meridione (Bari, Lecce).
Sul fronte musicale, a partire dagli anni ‘70, quando i raduni per i Campi Hobbit offrono i primi palcoscenici alle band dell’estrema destra, la musica d’area si consolida progressivamente anche in Italia quale bagaglio ideologico e culturale di tutti i giovani militanti, con i testi delle canzoni che vengono recepiti come veri e propri manifesti politici:”la musica è un veicolo incredibile per far avanzare le nostre idee” (14) .
Nasce così il nazirock di marca italiana, e si sviluppa anche nel nostro paese un fiorente circuito musicale che sosterrà l’azione propagandistica con l’organizzazione e la partecipazione a concerti d’area sia in Italia che all’estero. Questi appuntamenti, che non di rado sfociano in atti di teppismo e risse, assumono una valenza sempre maggiore nella vita del militante.
L’area del Nord Est, ed in particolare il territorio veneto – dove opera appunto il VFS – diviene una sorta di laboratorio di sperimentazione politica per il settore e rimarrà, fino ad oggi, la zona a più alta densità di militanti naziskin del paese contando, nel bacino compreso tra Verona, Vicenza, Padova e Treviso, alcune centinaia (15) di giovani attivisti, tra cui numerosi componenti dei più noti gruppi musicali d’area.
Non è un caso che le prime oi!-bands italiane si formino proprio in questa zona nella seconda metà degli anni ‘80, con denominazioni alquanto espressive: Plastic Surgery, Nomina Dresda, Peggior Amico (16) , Gesta Bellica. A questi seguiranno i romani Intolleranza, i milanesi ADL122 (17) , i valdostani Verde Bianco Rosso e poi, ancora: iDente di Lupo e gli Innato Senso di Allergia di Roma, i Sumbu Brothers di Verona, i Civico 88 di Varese, i Delenda Chartago di Perugia, i Legittima Offesa di Bologna, i Porco 69 di Milano, i Block 11 di Catania, gli Hobbit di Perugia e via così.
Alla produzione musicale è legato un vasto giro d’affari che fa capo ad alcune etichette discografiche: la War Sound già Tuono Records di Vicenza, collegata al VFS ed a Blood & Honour, responsabile ogni estate dell’organizzazione del Veneto Summer Fest (evento che richiama in Italia centinaia di naziskin organici al circuito (18) , la Barracuda Records e la Skinhouse Production di Milano (quest’ultima legata principalmente alla produzione discografica del circuito Hammerskinhead), e la cooperativa Perimetro, attiva a Roma dal 1996 e legata alle etichette discografiche Rupe Tarpea Produzioni e la Trifase che commercializzano soprattutto rock identitario. Sempre attenti all’evoluzione tecnologica, i gruppi musicali di destra in quest’ultimo decennio hanno inoltre fortemente migliorato la qualità tecnica e l’immagine dei prodotti realizzati, in particolare attraverso l’uso di nuove tecnologie digitali, video e informatiche.
Esistono oggi oltre 100 gruppi e solisti italiani impegnati nella musica oi!, la cui produzione viene diffusa al di fuori dei normali canali commerciali, esclusivamente attraverso metodi di divulgazione alternativi. E’ reperibile direttamente presso le case discografiche di produzione, nei negozi, librerie, associazioni culturali, a margine delle manifestazioni d’area, ma soprattutto attraverso la rete Internet.
E’ infatti nel web che non soltanto il settore naziskin ma tutto il circuito skinhead, ha trovato un suo spazio espressivo, divulgativo e comunicativo di elezione.
“Un ulteriore formidabile medium, più potente ed efficace di qualunque altro utilizzato in precedenza (pubblicazioni undergound, fanzine, volantini o dischi autoprodotti)” (19) mette oggi a disposizione di militanti, attivisti, simpatizzanti o semplici curiosi un enorme patrimonio informativo non solo di natura politica o propagandistica, ma anche culturale, aggregativa, musicale, sportiva ecc….
Trascurato o comunque scarsamente rappresentato negli ambiti mass-mediatici tradizionali, attraverso la Rete questo fenomeno si manifesta, infatti, in tutta la sua effettiva portata, rivelandosi ben più vasto, poliedrico, vitale e… inquietante di quanto appaia in realtà.
(1) Basti pensare alla sequenza di sottoculture giovanili succedutesi nel paese dagli anni ‘40 in poi comei teddy boys degli anni ‘50, i mods ed i rockers dei primi anni ‘60 ecc…
(2) Intesa come insieme di elementi culturali comuni ad un gruppo sociale minoritario – abbigliamento, gergo, genere musicale fruito e prodotto, beni, pratiche di consumo modalità di impiego del tempo libero peculiari che si pone come spazio culturale parallelo agli altri ambiti sociali quali la famiglia, la scuola o il mondo del lavoro.
(3) I mods di matrice working class, negli anni ‘60 si distinguono per una estrema attenzione per il proprio aspetto, abbigliamento, mezzo di locomozione (motoscooter superaccessoriati) e stile musicale che li porta a creare un circuito culturale e commerciale specifico.
(4) La storia del movimento skinhead su dwww.garageland.tk.
(5) Da Prurito Militante, bollettino a cura della Comunità militante di Genova [2004].
(6) Da Blood and Honour a cura di Valerio Marchi, ed. Koiné, Roma 1993.
(7) Termini skin che indicano l’aggressione intesa come rituale di gruppo (the aggro), il pestaggio degli immigrati di origine asiatica, soprattutto pakistana e l’uso preminente dei piedi calzati da scarponi rinforzati in ferro durante le aggressioni.
(8) Generalmente indicato come Ian Stuart, nasce nell’agosto del 1957, cresce a Blackpool nel Lancashire.
(9) Il 18 sta per AH iniziali di Adolf Hitler. Si tratta di un gruppo a carattere semiclandestino resosi responsabile negli anni di numerosi attacchi aventi come vittime immigrati, ebrei o omosessuali.
(10) Il nome ed il simbolo degli Hammerskins deriva dall’album The Wall prodotto nel 1979 dal gruppo rock Pink Floyd. Sebbene non fosse nelle loro intenzioni, il simbolo dei due martelli (hammers) incrociati sono divenuti l’emblema dei naziskin americani che li hanno interpretati come l’arma per abbattere i muri che proteggono le minoranze etniche e religiose.
(11) In realtà questa differenziazione non si fonda su diversità ideologiche, ma sulla gestione del notevole volume di affari che ruota intorno a tutto il mondo skinhead.
(12) La data ufficiale è il 1986, ma il movimento era già attivo nel Veneto da qualche anno.
(13) Nei primi anni ‘90 questi gruppi tenteranno di dar vita ad un coordinamento a livello nazionale, una sorta di rete comune sotto la denominazione Base Autonoma che avrebbe dovuto lavorare per la nascita di un vero e proprio movimento politico di marca naziskin, legato al circuito internazionale Blood and Honour. L’esperimento fallirà, nel 1993 Base Autonoma verrà sciolta a seguito dell’Operazione Runa e dell’approvazione della Legge Mancino.
(14) Intervista ad uno dei membri del gruppo Hobbit pubblicata su Prurito Militante, bollettino a cura della Comunità militante di Genova [2004].
(15) Il numero effettivo è estremamente fluttuante in quanto, in concomitanza con i raduni musicali, può raggiungere cifre più elevate in considerazione dei simpatizzanti occasionali.
(16) Espressione diretta del VFS che hanno poi assunto il nome di Armco.
(17) Acronimo di Anti Decreto Legge 122, indica il decreto legge proposto nel 1993 dall’allora Ministro dell’Interno, poi trasformato in legge, meglio nota come “legge Mancino” in materia di discriminazione razziale.
(18) Quest’anno si è svolto il 24 luglio a Montebello Vicentino (VI) e vi hanno partecipato circa 500 militanti provenienti oltre che dal nostro paese, dalla Svizzera, dall’Austria, dalla Germania, dall’Ungheria, dalla Repubblica Ceca, dalla Slovacchia e dall’Inghilterra.
(19) Da Skinheads di Nicola Mariani, ed. Datanews, Roma 2001.