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13/6/2007 (8:46) – GIUDIZIARIA
“Stroppiana ha ucciso per motivi sessuali”
Paolo Stroppiana, accusato di aver ucciso la logopedista Marina Di Modica
A porte chiuse il processo Di Modica
Ieri udienza a porte chiuse nel processo d’appello
ALBERTO GAINO
TORINO
Stroppiana, processo a porte chiuse: le telecamere nell’aula della Corte d’assise d’appello diventano soprammobili. E alla fine di una giornata sigillata l’avvocato di parte civile Gian Paolo Zancan se ne esce a dire: «Marina Ferrero, la compagna del professor Di Modica, unica testimone sentita per ora, ha riferito di Marina naturalmente, tratteggiando un personaggio femminile di candore e ritrosie di tipo ottocentesco». E alludendo all’imputato: «Marina non avrebbe mai tollerato un rapporto immediatamente fisico e con modalità violente».
Eccolo lì tutto il mistero delle indagini di mesi del sostituto procuratore generale Vittorio Corsi: 50 testi sentiti per scivolare nelle vite dei due protagonisti di un noir da 11 anni insoluto e con una sola certezza acquisita sinora (la sentenza di primo grado, 21 anni di carcere per Paolo Stroppiana, decisa sul filo dei voti in camera di consiglio). Il presidente del collegio d’appello, Alberto Oggè, vuol lumeggiare le personalità di entrambi i personaggi in cerca di definizione giuridica. E Corsi ci prova, spalleggiato dal pm Onelio Dodero.
Corsi ha scavato nel passato neofascista di Stroppiana: il carcere al Ferrante Aporti, da minorenne, per le bastonate agli avversari politici, l’escalation nell’eversione nera, le rapine a mano armata e poi, in un’altra esistenza, i rapporti con le donne che a suo dire evidenziarebbero un doppio stile: di gentiluomo in pubblico e di amatore spiccio in privato. Corsi ha chiesto ai giudici una nuova sfilata di ex fidanzate del filatelico, la corte gliene concede per ora 2 (A.A. e M.M.). In un sol colpo spazzati via i francobolli (scomparsi con Marina) e lo scenario gozzaniano dei corteggiamenti fra persone mature e educate. Se c’è un movente, è l’ipotesi d’accusa, sarebbe rintracciabile nel diverso approccio dei due al sesso. Il processo tornerà il 10 luglio, quando verranno sentiti altri 4 testi (Marco, il fratello di Marina, l’amico Mario Fezia e le due ex dell’imputato), e il 2 ottobre, udienza interamente riservata a Beatrice della Croce, l’ex fidanzata di ferro di Stroppiana e suo alibi incrollabile, anche se più concentrato, ridotto, ha fatto sapere in aula il pg.
L’alibi è il secondo snodo del nuovo processo. E il terzo è il mal di schiena dello Stroppiana scalatore che in quel caso gli avrebbe impedito di vedere Marina l’8 maggio 1996, ultimo appuntamento conosciuto della quarantenne. «Niente di nuovo sotto il sole – commenta Aldo Albanese, l’avvocato dell’imputato -. Ci devono dare la prova che un appuntamento si sia trasformato in un incontro».
Unico momento pubblico dell’udienza: pochi minuti per rivedere la prima intervista di un più giovane Stroppiana, a «Chi l’ha visto?». Dove il filatelico in maglietta fucsia, 20 giorni dopo la scomparsa di Marina, dice: «Al fratello di Marina, quando mi ha cercato, purtroppo non ho saputo dir nulla perché non avevo appuntamento con Marina. Per fortuna quella sera ero fuori a cena con amici e non ero a casa con il mal di pancia. Sarebbe stato antipatico doverlo andare a spiegare».
Marina Di Modica fu assassinata
Il giudice ha condannato Paolo Stroppiana a 21 anni di carcere
Nel 1996 a Torino sparì nel nulla una donna. Si chiamava
marina Di Modica, aveva 39 anni e faceva la logopedista.
Iniziano le indagini e nel 2001 si apre il processo.
Il corpo di Marina non è mai stato trovato, ma subito si pensa
che la donna sia stata uccisa.
Il principale sospettato si chiama Paolo Stroppiana. L’uomo aveva
appuntamento con Marina proprio la sera della sua scomparsa.
Gli avvocati dell’accusa hanno ricostruito nei dettagli l’omicidio. Le
loro accuse si basano, però, non su prove sicure, ma su ipotesi e
indizi.
Il giudice ha dato ragione a loro. Il processo si è concluso,
infatti con la condanna di Stroppiana a 21 anni di carcere.
Anche dopo la condanna Stroppiana continua a proclamarsi
innocente. Ha dichiarato di essere vittima di un errore
giudiziario, così come capitò al presentatore Enzo Tortora.
Stroppiana ha anche affermato che il potere della famiglia Di
Modica a Torino ha influito sulla decisione del giudice.
15 ottobre 2002 – CHI E’ PAOLO STROPPIANA
“La Repubblica” di Torino
Testimone in due processi per stragi, si dissociò da Terza Posizione Emergono trascorsi politici e vecchie vicende processuali per l’impiegato della Bolaffi indagato per l’omicidio di Marina Di Modica
Stroppiana, un passato da camerata
ALBERTO CUSTODERO
Testimoniò al processo sulla strage di Bologna e in quello sulla strage di Piazza Fontana. Ex terrorista nero di Terza Posizione condannato e, poi, qualche anno fa, completamente riabilitato. Ora l’impiegato della Bolaffi è indagato per l’omicidio di Marina Di Modica: chi è Paolo Stroppiana? Fin da ragazzo, Stroppiana si è messo in mostra come attivista politico di destra distinguendosi, poco più che quindicenne in alcuni incidenti davanti ad una scuola. Diciottenne, entrò nel direttivo provinciale del Fronte della gioventù, senza restarvi a lungo. Sette anni dopo, infatti, il suo nome comparì in un ordine di cattura della procura di Torino accusato di appartenere al gruppo di estrema destra NarTerza Posizione. Negli anni Ottanta, comparve come testimone nel processo sulla strage di Bologna e, di recente, in quello sulla strage di piazza Fontana contro Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi. Scontò alcune condanne, alcune per il suo trascorso in Terza Posizione (partecipò a rapine per autofinanziamento), altre, per emissione di assegni a vuoto e lesioni. Nel libro di Giuseppe De Lutiis (Editori Riuniti), che ha pubblicato l’atto d’accusa dei giudici di Bologna contro gli autori della strage che costò la vita a 85 persone, Stroppiana è citato 13 volte. I giudici di Bologna definiscono lui e Mauro Ansaldi come due militanti che “fino a tutto il 1982, sono stati nel cuore della lotta armata, in collegamento con i maggiori esponenti latitanti di Terza Posizione, e quindi sono in grado di riferire cose apprese da fonti in un certo qual modo privilegiate”. Un testimone attendibile, Stroppiana, dunque, al punto che i magistrati si lasciano andare in una sorta di complimento sulla sua attendibilità: “le dichiarazioni di Stroppiana e Ansaldi, rese in una serie di procedimenti penali, hanno sempre trovato riscontro”. Nel capitolo intitolato “le dichiarazioni dei neofascisti”, si elogia ancora il comportamento del duo StroppianaAnsaldi, “i quali hanno collaborato senza alcuna riserva ben decisi a rivelare tutto quanto a propria conoscenza una volta intrapresa la strada della dissociazione da ogni attività eversiva”. Stroppiana, a proposito della strage di Bologna, il 9 maggio del 1983 ebbe a dichiarare: “nell’ambiente di Terza Posizione tutti ritenevano che la strage fosse opera di gruppi facenti capo a Signorelli, Fachini e altri, i quali avevano commesso il fatto su incarico di corpi separati e poteri occulti”. Nel capitolo dedicato a “GelliPazienza, crimine organizzato, vecchia e nuova destra eversiva fra il 1979 e il 1981”, a proposito dei legami fra terrorismo nero, Mafia e P2, Stroppiana, il 28 dicembre del 1984, al pm di Bologna così spiegò il retroscena dell’omicidio di un suo camerata, Francesco Mangiameli, detto Ciccio. “Avevamo accertato che Mangiameli, come noi esponente di Terza Posizione, era stato ammazzato per esclusiva iniziativa di Valerio (Fioravanti Giusva, ndr), poiché era venuto al corrente di rapporti ‘strani’ con Signorelli e con gli ambienti a lui facenti capo, che noi identificavamo in Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, Lotta al Popolo, e Costruiamo l’azione. Signorelli non tollerava che un movimento come Terza Posizione si assumesse un ruolo autonomo sottraendosi al suo controllo”. “Noi precisò Stroppiana eravamo schierati contro la vecchia destra filo stragista che aveva contatti con i servizi segreti”.