Da
Il Manifesto del 18 settembre 2008
La polemica
MA ANCHE IL PD L'ANTIFASCISMO SE L'E' SCORDATO
Daniela Preziosi
Walter Veltroni ha usato parole severe contro Gianni Alemanno - l'uomo con la celtica al collo - che ha distinto le leggi razziali (male assoluto) dal fascismo (mica tanto male). «Dichiarazioni gravissime - ha detto -. Il giudizio doppio sul fascismo, l'ambiguità non chiarita mi feriscono». (Il giorno dopo - era l'8 settembre - il ministro La Russa ha chiesto omaggi e rispetti anche per i «patrioti» della Rsi, e quando si è accorto del putiferio scatenato ha detto: «Ma perché? Ho detto cose meno impegnative di quelle che ha detto Violante»). Quando, poi, Fini ha pronunciato la sua abiura del fascismo, Veltroni non si è intenerito più di tanto e ha parlato di «limite strutturale della riflessione compiuta dalla destra italiana sulla sua storia, sulla sua cultura, sulla sua identità». In questi giorni in giro per l'Italia, amministratori e dirigenti democratici (nel senso stretto di iscritti al partito democratico) di ogni ordine e grado si sono sentiti finalmente liberi di dar fuoco alle polveri antifasciste, da tempo un po' bagnate, e dirne quattro ciascuno al fascista o post fascista (o a-fascista) locale. Perché l'antifascismo non è cosa del passato, la memoria - ha ricordato Veltroni - è un fatto di civiltà e la libertà indivisibile - persino quella cui Berlusconi intitola il suo partito - ha molto a che vedere con la Resistenza. A questo punto farsi un'idea del perché la memoria della destra abbia un limite «strutturale» è relativamente facile. Più difficile capire com'è che nella carta dei valori del Pd proprio della Resistenza e dell'antifascismo i padri costituenti s'erano dimenticati. Per poi correre ai ripari, certo, quando la notizia filtrò: «Correggeremo...Era implicito nel richiamo alla Costituzione», si giustificò Alfredo Reichlin, gappista e autore del testo. Così implicito, ma così implicito, che nessuno se l'era più ricordato.
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