pubblicato il 18.02.10
''Sia folgorante la fine'' di Carla Verbano ·
''Sia folgorante la fine'' di Carla Verbano
(di Alessandra Magliaro)
Quando fu ucciso a casa sua, a Montesacro a Roma, stava per compiere 19 anni, nella stanza accanto i genitori Rina Zappelli e Sardo erano stati resi impotenti, legati e con il cerotto sulla bocca. Si chiamava Valerio Verbano, studente al liceo Archimede, attivo nel collettivo autonomo di Val Melaina: il 22 febbraio saranno 30 anni dal suo omicidio. Sua madre, che di anni ne ha 86, da quel drammatico giorno del 1980 non ha smesso di cercare il colpevole e di non accontentarsi di una sigla, quella neofascista dei Nar, che ne rivendico' l'esecuzione.
Tre anni fa, a 83 anni, ha fatto un corso Internet e aperto un sito nel nome del figlio con un blog in cui va indietro negli anni, cerca particolari, incrocia date e dialoga con gli amici di Valerio. Quelli che lo ricorderanno domani alla palestra popolare Verbano al Tufello, il 20 con un concerto dei 99 posse e Assalti frontali e poi un corteo, il 22 con un fiore sotto casa a Via Monte Bianco dove una lapide viene profanata di continuo.
Che donna, Rina Carla Verbano: un segugio a perdifiato nella notte degli anni di piombo, con il dolore lancinante a darle la carica ogni mattina, cosi' forte da superare le tante delusioni per una morte ancora senza giustizia.
Sia folgorante la fine, uscito in questi giorni nella collana di Rizzoli 'Prima persona', e' la storia di Valerio Verbano e di sua madre che ancora oggi si rimprovera di non essersi riuscita a ribellare ai tre che suonarono quel giorno alla porta chiedendo di entrare perche' amici del figlio e invece erano i suoi assassini. Il libro non esce a caso: Carla Verbano ha ancora la forza di cercare e spera, lo dice chiaramente, che le cose che scrive conducano l'assassino da lei. Lei lo riconoscerebbe, e per questo non si da', pace. ''Quando e' comparso davanti ai miei occhi non aveva ancora il passamontagna calato. Potrei ancora identificarlo'', dice immaginandosi pure il momento: ''Lo farei accomodare, gli preparerei un caffe', purche' mi spiegasse perche'''.
L'omicidio Verbano non ha colpevoli materiali ma solo una rivendicazione, i Nar. Il mistero ha sempre riguardato un dossier che il giovane autonomo aveva realizzato sull'eversione nera, centinaia di pagine di appunti, nomi, cognomi, collegamenti con la malavita cittadina e con gli apparati statali per le coperture, che fu sequestrato dalla Digos e inghiottito nel nulla. Sardo Verbano e' sempre stato convinto che quello fosse il motivo. Carla, che spesso nel libro si da' ironicamente della marziana, negli anni e' passata e ripassata davanti quella che negli anni di piombo e' stata una via crucis con le strade del quadrante Nord est di Roma, Trieste, Salario, Nomentano, Montesacro che tra neri, rossi, poliziotti, giudici e morti per sbaglio, ha cifre da guerra civile. Carla Verbano li ripassa tutti quei morti, va sotto casa di tutti, di Paolo Di Nella, ucciso con una sprangata, Stefano Cecchetti, 19 anni, cuoco ucciso per sbaglio, Francesco Cecchin, del giudice Vittorio Occorsio, del poliziotto Franco Evangelista detto Serpico davanti al Giulio Cesare e di tanti altri. Episodi, nomi in fondo ad una memoria che riemerge nei trentennali rimasta invece sempre viva tra i parenti delle vittime. E' commovente mamma Verbano quando racconta i pomeriggi passati con Gianpaolo Mattei, unico sopravvissuto dei suoi fratelli bruciati vivi a Primavalle nella strage piu' orrenda di quegli anni e te li immagini tristi e a cercare conforto in quel salotto dove gli avevano ucciso il figlio diciottenne che come dice lei non era autonomo, faceva l'autonomo. Lei quegli anni non li vuole demonizzare ne' esaltare, lei, ribadisce in ogni pagina, vuole trovare l'assassino di Valerio. Per questo una morte assurda che non le va giu' e' quella del giovane giudice Mario Amato che aveva l'inchiesta Verbano e fu ucciso pure lui, che aveva preso il posto di Occorsio. Valerio Fioravanti che fu indicato tra i coinvolti dell'omicidio ha accettato un anno fa, con Francesca Mambro, l'invito di Carla. ''Mi hanno mentito, hanno detto che e' stato qualcuno della Banda della Magliana'', dice sottolineando di non crederci. Questa donna simbolo si scusa, c'e' del livore: il marito e' sempre stato convinto che fosse Fioravanti il colpevole.
documentazione
r_lazio
articolo precedente
articolo successivo