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Rassegna stampa: – articolo sul corteo e sulle tensioni interne – articolo sui fascisti, i presidi e le dichiarazioni
è conclusa senza gravi incidenti la sfilata per protestare contro l’aggressione della scorsa settimana
Centri sociali, danni e tensione al corteo
Vetrine rotte e una bomba carta, ma la violenza non passa – L’indagine sull’aggressione
Alla manifestazione anche i feriti Presto parleranno con il magistrato
Imponente spiegamento di forze dell’ordine per evitare contatti tra fazioni opposte
Un gruppo di black bloc si è infiltrato, ma La Chimica lo ha isolato
di Luigi Grimaldi
Hanno manifestato per condannare l’aggressione avvenuta la settimana scorsa in Volto San Luca (due simpatizzanti della sinistra radicale feriti da un gruppo di giovani di estrema destra) e sono riusciti a mobilitare un migliaio di persone di aree diverse che hanno sfilato ieri pacificamente. Ma gli organizzatori del centro sociale La Chimica hanno dovuto fare i conti anche con un plotone di partecipanti al corteo, composto da circa un centinaio di ragazzi e ragazze a volto coperto, che ha provocato danni e creato tensione. La maggior parte è arrivata da fuori città. Alla fine, però, gravi episodi di violenza e scontri non sono avvenuti per la mediazione degli esponenti della sinistra radicale veronese e soprattutto per l’imponente schieramento di forze dell’ordine. Ma alcuni commercianti oggi si leccano le ferite inferte alle vetrine dei loro esercizi.
L’inizio della manifestazione. All’appuntamento delle 16 in piazza San Zeno sono arrivate alla spicciolata alcune centinaia di partecipanti. Dai primi volantini distribuiti dai simpatizzanti della Chimica si è capito che il senso della manifestazione era quello di denunciare il clima che, secondo il centro sociale, si è creato in città: «Per la prima volta un branco di neonazisti ha aggredito per uccidere. È un salto di qualità che fa temere il peggio se la società civile non si mobilita. Se le molte persone, anche e soprattutto di sinistra, sorde alle differenze altrui perché percepite ormai lontane e estranee, non ritornano a denunciare individualmente e collettivamente le varie forme di ingiustizia sociale e politica e non si uniscono a coloro che in questi anni hanno cercato di opporre una strenue resistenza a nazisti, fascisti e razzisti di turno».
In piazza c’erano anche vari esponenti di partiti e associazioni. Tiziana Valpiana, deputato di Rifondazione comunista, ha detto che l’aggressione della scorsa settimana è un problema di tutta la città. «Per questo», ha aggiunto, «avrei voluto che questa manifestazione fosse stata organizzata dall’amministrazione. Bisogna far capire che chiunque può girare liberamente a Verona senza temere di essere vittima di simili episodi. A partiti e sindacati che non sono qui, dico solo che l’indifferenza è il pericolo peggiore perché è su questo che fece leva il fascismo».
Il corteo. Davanti c’erano le donne della sinistra radicale, simbolicamente schierate per rappresentare solidarietà alla ragazza picchiata in Volto San Luca e alle altre due che erano in auto con i simpatizzanti della Chimica poi feriti con calci, pugni, cinghiate e coltellate. Poi manifestanti vari, come alcuni consiglieri comunali, Nadir Welponer, Carlo Melegari, il presidente dell’Amia Corrado Brigo e l’assessore Giancarlo Montagnoli. Due i partiti che hanno aderito: Comunisti italiani e Rifondazione. Oltre a vari movimenti e associazioni, c’è stata l’adesione delle Rappresentanze sindacali di base (RdB).
I primi danneggiamenti. Dietro il camioncino della Chimica che diffondeva musica, c’erano almeno un centinaio di persone mascherate con i fazzoletti sui visi. Erano disposti in file da dieci, ciascuno con bastone in mano. In piazza Corrubbio si sono sganciati dal corteo in cinque o sei, sono andati verso il negozio di articoli militari al numero civico 19 e hanno infranto le vetrine lanciando pesanti bulloni. La proprietaria che l’aveva chiuso proprio per evitare problemi, è arrivata un attimo dopo, disperata. «Lo sapevo, lo sapevo», ha ripetuto ai poliziotti. Ma intanto i responsabili erano già tornati nel corteo. Di fronte a queste azioni di teppismo, Ivan Zerbato, assessore dei Ds, ha abbandonato la manifestazione.
La fase critica. Alle 18, alle Regaste, i manifestanti sono stati bloccati per oltre mezz’ora. C’è stata una lunga trattativa prima di imboccare corso Cavour. Nel frattempo, è salita la tensione. Il consigliere comunale dei Verdi Giorgio Bertani ha coraggiosamente invitato il gruppo che aveva i visi coperti a togliere i fazzoletti e a manifestare «con la propria faccia». Stava per prenderle, ma s’è fatto rispettare senza alzare un dito, ma usando le parole. Anche gli organizzatori della Chimica, non solo con gli altoparlanti, hanno più volte invitato alla calma e ricordato che eventuali incidenti sarebbero stati inutili e dannosi rispetto ai contenuti dell’iniziativa che si volevano diffondere. Il muro delle Regaste, e altri del percorso, sono stati imbrattate di scritte con la vernice spray. Poi il corteo ha imboccato via Roma, invece che via Oberdan come previsto in un primo momento.
La bomba carta. E proprio in via Roma, davanti a un bar, s’è rischiato grosso. Prima ha sfilato la maggior parte dei manifestanti senza creare problemi, poi è arrivata la «centuria» di mascherati, tutti vestiti di nero, in perfetto stile black bloc. Hanno acceso un fumogeno rosso, poi, dal centro del gruppo che già scalpitava circondato dalla polizia in assetto antisossomossa, è stata lanciata la bomba carta che è caduta con la miccia accesa vicino ai tavolini, abbandonati solo pochi secondi prima dai clienti. Il boato ha provocato il panico, lo spostamento d’aria ha infranto la vetrina del negozio di abbigliamento «Territori» e fatto volare un coperchio di un macchinario per bibite del bar e una grata di plastica. Nessun ferito, ma solo per una casualità.
La conclusione della manifestazione. Dopo aver minacciato i turisti che scattavano fotografie, i teppisti si sono calmati. Il corteo ha sfilato in Bra e poi è arrivato in piazza Pradaval, luogo dell’aggressione. Qui la Chimica ha lanciato un nuovo appello: «È venuto il momento di costruire una risposta articolata che deve andare oltre l’emotività e creare e organizzare i legami sociali fra diverse forze sociali e culturali che devono saper valorizzare la condivisione dell’antifascismo e saper costruire coesione sociale con nuove lotte portate avanti con gioia, creatività, intelligenza». Mentre si alternavano discorsi di condanna all’aggresione, ragazzi e ragazze protagonisti dei danneggiamenti si sono svestiti, coperti alla vista dai loro compagni e da alcuni striscioni. Uno alla volta, poi, sono tornati «facce pulite» con magliette e pantaloni diversi da quelli indossati nel corteo. La Digos ha filmato tutti i partecipanti ed è molto probabile che arriveranno denunce. Come quella rimediata da un manifestante che, dopo aver raggiunto la stazione, con una chiave ha rigato due auto della polizia sotto gli occhi degli agenti. È stato identificato e, ovviamente, denunciato. Sui provocatori del corteo, un portavoce della Chimica ha detto che si tratta di frange radicali individualiste. I veronesi hanno avuto i primi problemi già in piazza san Zeno, quando hanno apertamente dissentito sulla scelta di quel gruppo di sfilare con mazze e volti coperti. I bastoni sono stati poi ritrovati dalle forze dell’ordine nei giardinetti di piazza Pradaval.
C’erano anche i due simpatizzanti del centro sociale La Chimica feriti nell’aggresione della scorsa settimana alla manifestazione di ieri. Pasquale aveva un cerotto in testa che copre il taglio della coltellata. Luca, invece, aveva un braccio fasciato e zoppicava vistosamente. «Faccio fatica a parlare», ha raccontato il primo, «e temo che non riuscirà a recuperare più la funzionalità della mandibola. Ho anche cinque costole incrinate». In queste condizioni, non si è tirato indietro quando ha visto che la situazione stava degenerando e ha più volte invitato il gruppo con i visi coperti a non provocare danni o violenze.
«Lunedì sarà ascoltato dal magistrato», ha detto Pasquale che era accanto a Luca nell’auto nella notte tra sabato e domenica. «Ci siamo avvicinati perché c’erano anche altre auto vicino al luogo nel quale era in corso il pestaggio. Non immaginavamo di trovarci in quella situazione. Invece, quel gruppo si è scagliato contro di noi». Pasquale ha nominato l’avvocato Mauro Ferrari e Luca il legale Stefano Zanini affinché siano tutelati i loro interessi come parti offese.
Intanto, le indagini proseguono e gli investigatori stanno tentando di identificare altri responsabili dell’aggressione. I difensori dei cinque indagati, per i quali il gip ha disposto le custodie cautelari in carcere, molto probabilmente presenteranno in questa settimana i ricorsi al tribunale del riesame per chiedere la loro liberazione.
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Militanti tenuti sotto stretto controllo nei presidi di Forza Nuova in via Filopanti e di Fiamma Tricolore in piazza Cadorna
Il pomeriggio sotto assedio della destra
Solidarietà ai camerati che si trovano in carcere e, dai missini, condanna della violenza
di Giancarlo Beltrame
Il lungo pomeriggio sotto assedio dell’estrema destra veronese comincia poco dopo le 15, con il raduno alla spicciolata dei militanti di Forza Nuova davanti alla propria sede nella zona di San Bernardino e di quelli di Fiamma Tricolore all’imbocco di Borgo Trento, appena al di là del ponte della Vittoria. Controllati a distanza come sono da carabinieri e polizia in mimetica sembrano essere a Fort Filopanti e a Fort Cadorna. E se gli skin, ormai confluiti nel grande alveo di quello che una volta si chiamava «arco costituzionale» con l’adesione al Movimento sociale Fiamma Tricolore, alleato di Alternativa sociale di Alessandra Mussolini, se ne stanno tranquilli, controllando a distanza la piazza, standosene un gruppo sul marciapiede nei pressi dell’edicola e un altro ai tavolini del bar tra via IV Novembre e viale della Repubblica, i forzanovisti, invece, scalpitano, anche se l’accordo con la questura è chiaro: da lì non ci muove, tantomeno in direzione del corteo. Infatti, quando un gruppetto armato di spranghe di ferro mimetizzate da aste di bandiere tenta alla spicciolata di dirigersi verso le Regaste e Castelvecchio, dove sta transitando il corteo della sinistra, un funzionario della questura affronta a muso duro il segretario regionale di Forza Nuova Paolo Caratossidis, minacciando di fermare chi tentasse un’altra sortita simile.
A Fort Filopanti si sono radunati in un centinaio circa. Ci sono tifosi delle brigate gialloblù e militanti venuti dalle altre province venete, convocati con un frenetico tam tam, perché, come scandisce Yari Chiavenato, il segretario cittadino del movimento, al megafono, «Verona è una città simbolo della destra radicale. La piazza è nostra», dice, «e noi siamo qui per difendere Verona, le strade veronesi, la gioventù veronese». Intanto sul muro di fronte alla sede sono stati appesi una serie di striscioni. Si va da «Fuori i camerati dalle galere» a «Contro i camerati nessuna procedura», riferiti chiaramente entrambi ai cinque arrestati per il pestaggio di domenica scorsa a volto San Luca, ai programmatici «Identità e tradizione», «Fuori gli zingari dalla nostra terra» e «Immigrazione veleno per gli italiani». Molte le bandiere con la «F» e la «N» sovrapposte. Sono le iniziali di Forza Nuova, ma anche di nazismo e fascismo, e non crediamo sia un caso. Ci sono anche due bandiere gialle con l’asburgica aquila bicipite. Le ha portate Matteo Castagna a nome di Padania cristiana. Caratossidis, invece, al momento del discorso, fa schierare quasi militarmente i suoi con le bandiere a fa appello all’«anticomunismo militante». La sua tesi è che i centro sociali, dopo il fallimento a Venezia e Padova, stanno cercando di conquistare Verona e di radicarsi nel territorio scaligero. Se non ci fossero di mezzo le insegne politiche verrebbe da pensare alle guerre per bande che abbiamo imparato a conoscere in tanti film americani, da West Side Story ai Guerrieri della notte. E forse alla fin fine davvero tutto si riduce a questo: il controllo di un territorio che si considera proprio.
Più politica la posizione di Fiamma Tricolore. Il federale di Verona Alessandro Castorina e il dirigente nazionale Bruno Cesaro difendono i camerati imprigionati, tra cui il federale di Bolzano Marco Cleva, cui va la loro piena solidarietà. «Si continua a parlare di pestaggio, invece si è trattato di una rissa», sostiene Cesaro. «Bisognerebbe ricondurre l’episodio alla sua reale dimensione ed è in ogni caso assurdo che essi siano detenuti in carcere per “concorso morale”».
Castorina rivela di essere stato a Montorio con l’europarlamentare della Fiamma Luca Romagnoli a visitare gli arrestati. «Quattro di essi non c’entrano assolutamente nulla», ribadisce. «Sono stati presi perché erano in zona. Solo uno ha partecipato alla rissa e ne porta i segni, perché si è difeso. La prima provocazione, infatti, è partita proprio da chi poi ha avuto la peggio».
«Si vuole ricreare la teoria degli opposti estremismi», è l’analisi di Cesaro, «ma noi non ci stiamo. I centri sociali sono antagonisti politici, ma non sono i nostri nemici». Sorprendente. Ma la vera sorpresa arriva alla fine: «Condanniamo la violenza come espressione politica», scandisce Cesaro, «e condanniamo questo atto. E la nostra solidarietà va anche ai feriti».
In serata è arrivata una dichiarazione di un dirigente nazionale di Forza Nuova, Roberto Bussinello. «Sulla base di come sono andate le cose, vogliamo che l’onorevole Valpiana chieda scusa a Verona per tutti gli insulti contro la città, per avere difeso e protetto questi teppisti dei centri sociali che hanno dimostrato quello che realmente sono: delinquenti incapaci di gestire una situazione politica. Chiediamo anche che il Comune risarcisca i commercianti che hanno subito danni tangibili e d’immagine e che simili episodi di violenza non si ripetano mai più. Hanno sporcato il quartiere di San Zeno, hanno lanciato una bomba carta in via Roma. Direi che è sufficiente per non farli marciare mai più qui».
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