Mentre si sta preparando a Roma la due giorni organizzata da Avanguardia nazionale in occasione del suo cinquantaseiesimo anniversario (25 e 26 giugno presso la sala convegni del ristorante La Fraschetta nel Campo, via Tiburtina 949), in un’intervista di Giuseppe Parente, apparsa il 18 giugno scorso su FascinAzione (www.fascinazione.info/), a Vincenzo Nardulli, «storico leader degli avanguardisti pugliesi nella roccaforte nera di Mola di Bari e stretto collaboratore di Stefano Delle Chiaie», leggiamo con molta sorpresa che
Nardulli sosterrebbe che «Avanguardia nazionale, come ha detto, il Comandante, nel suo libro L’Aquila ed il Condor può vantare di non aver mai avuto, al suo interno, pentiti e confidenti». Incredibile!
Giusto per rinfrescare la memoria a Parente e Nardulli riportiamo due stralci dalla Sentenza-Ordinanza di rinvio a giudizio del giudice istruttore Guido Salvini del marzo 1995 (relativa alle indagini sull’eversione nera e sulla strage di Piazza Fontana) in cui
si riporta la testimonianza del “pentito” Paolo Pecoriello sulla vita interna di Avanguardia nazionale (tra le altre, le attività di provocazione concordate con il Ministero degli interni, i corsi di esplosivi con gli esperti dell’Oas, l’importazione di armi dalla Grecia, il ruolo avuto nel golpe Borghese), ma soprattutto
la ricostruzione della consegna nell’autunno del 1972 al Sid da parte di Guido Paglia, per anni al vertice di An in veste di presidente, nonché stabile informatore dei servizi segreti (nome in codice “fonte PARODI”), di un memoriale proprio sulla strutturazione interna di Avanguardia nazionale. È nostra intenzione pubblicare quanto prima la fotocopia di questo documento quanto mai istruttivo.
Buona lettura a Parente, Nardulli e Delle Chiaie.
20 Giugno 2016
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TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI MILANO
Ufficio Istruzione sez.20^
N.2643/84A R.G.P.M. N.721/88F R.G.G.I.
Procedimento penale nei confronti di AZZI Nico ed altri.-
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo italiano
Il Giudice Istruttore presso il Tribunale Civile e Penale di Milano, dr. Guido Salvini, ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A – O R D I N A N Z A
nel procedimento nei confronti di:
1) AZZI Nico, nato a Serravalle Po (MN) il 31.7.1951 e residente a Milano in Via Fratelli Ruffini n°1;
(difeso di fiducia dall’avv. Patrizia D’Elia del Foro di Milano).
2) ROGNONI Giancarlo, nato a Milano il 27.8.1945 ed ivi residente in Via Brusuglio n°47;
(difeso di fiducia dall’avv. Benedetto Tusa del Foro di Milano).
3) MARZORATI Mauro, nato a Milano il 17.4.1954 e residente ad Assago (MI) in Via Duccio da Boninsegna n°11/f;
(difeso di fiducia dall’avv. Luciano Merlini del Foro di Milano).
4) DE MIN Francesco, nato a Milano il 31.3.1951 ed ivi residente in Via San Dionigi n°30;
(difeso d’ufficio dall’avv. Roberto Peccianti del Foro di Milano).
5) BATTISTON Pietro, nato a Milano il 29.5.1958 e già ivi residente in Via San Vincenzo n°1,
allo stato – I R R E P E R I B I L E –
(difeso d’ufficio dall’avv. Ludovico Della Penna del Foro di Milano).
6) SIGNORELLI Paolo, nato a Roma il 14.3.1934 ed ivi residente in Via Moena n°3;
(difeso di fiducia dagli avv.ti Giovanni Aricò e Antonio Pellegrino del Foro di Roma).
7) CALORE Sergio, nato a Tivoli il 1°.10.1952 e domiciliato presso la Digos della Questura di Roma;
(difeso d’ufficio dall’avv. Roberto Peccianti del Foro di Milano).
8) SICILIANO Martino, nato a Padova il 31.8.1946, elettivamente domiciliato presso il difensore.
(difeso d’ufficio dall’avv. Fausto Maniaci del Foro di Milano).
9) CANNATA Giambattista, nato a Chiari (BS) il 30.10.1944 e residente a Milano in Via Tito Livio n°6, ma elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia, avv. Ignazio Larussa, Corso di Porta Vittoria n°18, Milano.
10) DE ECCHER Cristano, nato Bolzano il 16.8.1950 e residente a Calavino (TN) in Piazza Roma n°1;
(difeso di fiducia dall’avv. Diego Senter del Foro di Rovereto).
11) RICCI Mario, nato a San Sepolcro (AR) il 6.7.1949 e residente a Trento in Via Enrico Conci n°6;
(difeso di fiducia dall’avv. Diego Senter del Foro di Rovereto).
12) FACHINI Massimiliano, nato a Tirana (Albania) il 6.8.1942 e residente a Padova in Via Annibale da Bassano n°30;
(difeso di fiducia dagli avv.ti Marcantonio Bezicheri e Alessandro Pellegrini del Foro di Bologna, domiciliati presso l’avv. Luciano Merlini del Foro di Milano).
13) GIANNETTINI Guido, nato a Taranto il 22.8.1930 e residente a Roma in Via Fiastra n°100;
(difeso di fiducia dall’avv. Osvaldo Fassari del Foro di Roma).
14) DELLE CHIAIE Stefano, nato a Caserta il 13.9.1936 e residente a Roma in Via Marco Dino Rossi n°35, ma elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia, avv. Claudio Menicacci, Via Muzio Clementi n°18, Roma;
(difeso di fiducia dagli avv.ti Claudio Menicacci e Giuseppe Pisauro del Foro di Roma).
15) MALETTI Gianadelio, nato a Milano il 30.9.1921, residente a Johannesburg (Sud-Africa), 201 Gravenhage (Illovo), ma elettivamente domiciliato presso i difensori di fiducia, avv.ti Alberto Criscuolo e Giuseppe Salemi, Via Girolamo Segato n°3, Roma.
16) ROMAGNOLI Sandro, nato a Roma il 21.5.1932 ed ivi residente in Via Giuseppe Berto n°71, ma elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia, avv. Armando Cillario, Corso di Porta Vittoria n°31, Milano.
17) D’OVIDIO Giancarlo, nato a Torino il 22.11.1940 e residente a Roma in Via Primo Carnera n°1;
(difeso d’ufficio dall’avv. Marino Vignali del Foro di Milano).
18) OSMANI Guelfo, nato a San Severino Marche il 22.8.1935 residente a Tolentino via Osmani nr.3;
(difeso dall’avvocato Vittorio Casali del Foro di Bologna).
19) SANTORO Michele, nato a Roma il 23.4.1922 e residente a Martina Franca in Via Monte del Duca n°54/g, ma elettivamente domiciliato presso il difensore, avv. Italo Ferri, Via della Fiera n°107, Rimini.
20) GELLI Licio, nato a Pistoia il 21.4.1919, domiciliato ad Arezzo, Santa Maria delle Grazie, “Villa Wanda”;
(difeso di fiducia dall’avv. Raffaello Giorgetti del Foro di Arezzo).
21) PALOTTO Roberto, nato a Roma il 2.8.1944 e residente a Livo (TN), fraz. Preghena, in Via Preghena n°36;
(difeso di fiducia dall’avv. Giuseppe Pisauro del Foro di Roma).
22) IZZO Angelo, nato a Roma il 23.8.1955;
attualmente detenuto per altra causa;
(difeso di fiducia dall’avv. Mauro Bocassi del Foro di Alessandria e dall’avv. Floriana Maris del Foro di Milano).
23) DIGILIO Carlo, nato a Roma il 7.5.1937, attualmente detenuto per altra causa, ma elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia, dr. proc. Giovanni Battista Maggiolo, Sestiere San Marco n°3472.
24) DONATI Franco, nato a Padova il 27.7.1948 e residente a Tel Aviv (Israele) in Via Hatlamin n°6, ma elettivamente domiciliato presso il difensore, avv. Andrea Fares, Viale Majno n°9, Milano.
25) DI LORENZO Cinzia, nata a Milano il 20.8.1953 e residente in Canzo in Via Brusa n°22
(difesa di fiducia dall’avv. Francesco Locurcio del Foro di Milano.
26) MALCANGI Ettore, nato a Milano il 18.8.1949 e residente a Montemaggiore al Metauro (PS) in Via Cave n°2,
elettivamente domiciliato presso il difensore di fiducia, Avv. Patrizia D’Elia, Via Cesare Battisti n°1, Milano.
Parti civili: “Unione dei familiari delle vittime per stragi” nella persona del suo Presidente, Sig. Luigi Passera;
difeso dall’avv. Federico M. Sinicato del Foro di Milano e domiciliato presso lo Studio del legale in Via Fontana n°11, Milano.
Milano,18marzo 1995
Il Giudice Istruttore
Guido Salvini
LA TESTIMONIANZA DI PAOLO PECORIELLO
IL CORSO SULL’USO DEGLI ESPLOSIVI TENUTO A ROMA
DA UN ISTRUTTORE DELL’O.A.S.
L’IMPORTAZIONE DI ARMI DALLA GRECIA
LA POSIZIONE DI ROBERTO PALOTTO
Paolo PECORIELLO è forse l’unico dissociato “storico” di Avanguardia Nazionale, organizzazione che egli ha abbandonato dopo una lunga militanza a Roma, in Emilia e in Toscana in ragione di un ripudio personale dell’uso della violenza e un rifiuto della disponibilità a farsi strumentalizzare che A.N. aveva mostrato.
Sentito più volte nel corso dell’istruttoria, Paolo Pecoriello ha accettato di ripercorrere, aggiungendo numerosi dettagli, gli episodi cui egli aveva personalmente partecipato nella seconda metà degli anni ’60 o di cui aveva avuto precise notizie nell’ambiente di A.N.
Fra di essi ancora l’operazione “manifesti cinesi”, il corso sull’uso degli esplosivi tenuto a Roma in una sede di A.N. da un francese di nome JEAN e l’importazione, nel 1968, di due ingenti carichi di armi dalla Grecia all’Italia.
In merito all’operazione “manifesti cinesi” Paolo Pecoriello, avendovi partecipato personalmente, ha potuto riferire, nella deposizione in data 17.12.1991, ai GG.II. di Milano e di Bologna (f.2):
“”””E’ accaduto almeno quattro o cinque volte che io stesso, pur essendo un militante di destra ed anzi proprio per questo, abbia partecipato a manifestazioni, affisso manifesti o fatto scritte “di sinistra”.
La prima volta accadde a Roma nel 1964 allorquando affissi dei manifesti di ispirazione marxista-leninista, un’altra volta accadde in Toscana per l’Epifania del 1966.
Io ed altri fascisti affiggemmo manifesti di ispirazione marxista-leninista che propugnavano la fuoriuscita a sinistra dal Partito Comunista in occasione di un congresso di tale Partito.
Ricordo che alcuni fascisti furono fermati dalla Polizia (a Livorno) mentre affiggevano questi manifesti e vennero immediatamente rilasciati.
Un’altra volta, allorquando mi trovavo a Terni, feci delle scritte murali di ispirazione marxista e un’altra volta ancora, sempre nel periodo in cui mi trovavo a Terni, mi recai a Roma per partecipare ad una manifestazione dell’estrema sinistra di fronte all’Ambasciata americana.
Si trattava di una manifestazione di tipo pacifista ed io avrei dovuto gettare una bomba a mano contro l’Ambasciata con lo scopo, se possibile, di colpire qualche sentinella e provocare così una reazione contro la manifestazione. So che anche altri avevano ricevuto il mio stesso incarico.
A D.R.: A dare tale genere di incarichi era la dirigenza di Avanguardia Nazionale.
A D.R.: Circa il fatto che A.N. fosse in rapporto con il Ministero dell’Interno e che le azioni di A.N. fossero ispirate dallo stesso Ministero, posso dire quanto segue.
Non ho conoscenza diretta dei rapporti fra A.N. e il Ministero, tuttavia i dirigenti di Avanguardia ammettevano tali rapporti nonché i rapporti con altri ambienti particolarmente qualificati.
Solo più avanti con gli anni ho messo in relazione questi discorsi con un collegamento di A.N. con la P2.
Mi hanno fatto riflettere inoltre altre due circostanze e cioè che alcuni appartenenti di A.N. fossero figli di funzionari del Ministero dell’Interno e il fatto che dovunque in Italia noi di A.N. eravamo considerati delle spie da tutta la destra.
Non intendo fare il nome del dirigente di A.N. con cui ho avuto colloqui in merito a tale argomento.
Da tutto quanto sopra, comunque, ho tratto il convincimento che la strategia di mimesi in attuazione della quale ho operato anch’io sia stata ideata proprio dal Ministero dell’Interno.””””
In data 25.5.1992, Paolo Pecoriello ha precisato che i gruppi di fascisti che avevano operato a Livorno ed erano stati subito rilasciati dopo il fermo dalla Polizia “per ragioni facilmente intuibili” erano coordinati dal fedelissimo di Stefano Delle Chiaie, Flavio CAMPO, e stavano affiggendo i manifesti cinesi in concomitanza con un congresso del P.C.I. che si stava svolgendo in tale città (dep. al G.I. di Milano, f.1).
Il racconto di Paolo Pecoriello è quindi perfettamente sovrapponibile a quanto Vincenzo Vinciguerra aveva appreso da Stefano Delle Chiaie e, a Livorno come a Roma, un gruppo di fascisti fermati “per errore” mentre stava effettuando l’attacchinaggio era stato subito rilasciato grazie all’intervento di solerti funzionari.
La diffusione dei “manifesti cinesi” deve essere stata un’operazione di assai vasta portata e dispiegata su quasi tutto il territorio nazionale se Carmine DOMINICI, avanguardista di Reggio Calabria, ha ricordato che finti manifesti di un sedicente Partito Comunista Marxista-Leninista erano stati affissi anche nella sua città, fra il 1965 ed il 1966, da camerati di Avanguardia (cfr. dep. Dominici 30.11.1993 f. 4) con i medesimi intenti provocatori ed un’analoga azione di propaganda inquinante, sempre mediante l’affissione di manifesti, si era verificata, come ha ricordato Pierluigi Concutelli, anche a Bellolampo in Sicilia alla fine degli anni ’60.
In relazione al corso di addestramento sull’uso degli esplosivi, Paolo Pecoriello ha raccontato (cfr. dep. 17.2.1991, f.1):
“”””Ho effettivamente frequentato un corso di addestramento alla guerriglia nel cui contesto veniva anche insegnato l’uso di esplosivi, ma tale corso a mio giudizio non ha nulla a che vedere con strutture tipo GLADIO.
Seguii questo corso a Roma nel 1966. Nostro istruttore era un francese che mi venne presentato come ex ufficiale dell’O.A.S. Ci venne insegnato ad usare il plastico, ma in realtà non disponevamo di tale materiale, bensì di una sostanza simile non avente proprietà esplosive.
Al corso partecipammo in due o forse in tre. C’ero io, c’era Flavio Campo e mi pare un’altra persona che non ricordo.
Il corso si tenne in una ex sede di Avanguardia, in un sottoscala di Michele Amari.””””
Paolo Pecoriello ha poi precisato che alle diverse fasi del corso avevano partecipato complessivamente una ventina di militanti di A.N. e che il nome dell’istruttore francese era JEAN (cfr. dep. 25.5.1992, f.2).
Tale ultima indicazione consente un importante collegamento. Molto probabilmente, infatti, l’istruttore francese ex ufficiale dell’O.A.S. era uno dei vari JEAN, tutti esperti nella pratica degli esplosivi, che nella seconda metà degli anni ’60 Guerin SERAC aveva raccolto nella sua organizzazione, l’Aginter Press, quando ancora essa aveva sede a Lisbona ed organizzava, appunto, corsi sull’uso degli esplosivi e sulle altre tecniche della “guerra non ortodossa” (cfr. documentazione Aginter Press, vol.3o, fasc.8, ff.44 e ss.)
L’istruttore presente nella sede di Via Amari potrebbe identificarsi in Jean Denis RAINGEARD DE LA BLETIERE, ex ufficiale dell’Esercito francese presente a Madrid, ancora negli anni ’70, nel gruppo di Guerin Serac, esperto di esplosivi, personalmente conosciuto da Vincenzo Vinciguerra e più volte da lui indicato come uomo di fiducia di Serac anche in operazioni “coperte” di notevole livello, quali il progetto di colpo di Stato filo-americano “secessionista” dalla madrepatria portoghese ideato per le Azzorre grazie alla costituzione del fantomatico FRONTE DI LIBERAZIONE di tale arcipelago (cfr. int. Vinciguerra, 7.5.1992, f.2 e documentazione Aginter Press, vol.30, fasc.8, ff.54-56).
Stefano DELLE CHIAIE ha del resto ammesso di avere conosciuto Jean Denis, anche se ha prudentemente spostato la data di tale conoscenza all’inizio degli anni ’70 (cfr. int. Delle Chiaie, 18.9.1992, f.4).
L’istruttore presente ai corsi di Via Amari potrebbe anche identificarsi in Jean-Marie GUILLOU, fratello minore di Guerin Serac, anch’egli particolarmente esperto nel confezionamento di ordigni esplosivi e personaggio alquanto misterioso poiché, nonostante una richiesta da parte di questo Ufficio alle Autorità francesi, non è stato possibile acquisirne nemmeno una fotografia
L’indicazione fornita da un diretto testimone dei fatti quale Paolo Pecoriello è del tutto credibile in quanto concorda con l’analogo ricordo di un altro militante “storico” di Avanguardia Nazione, e cioè Carmine DOMINICI.
Questi, infatti, ha ricordato che un cittadino francese di nome JEAN era assai conosciuto nell’ambiente di A.N. di Roma ed era molto competente nel campo degli esplosivi. Aveva anche tenuto delle lezioni sull’argomento ad avanguardisti calabresi e per tale ragione Carmine Dominici, che pur non aveva bisogno di insegnamenti essendo già piuttosto esperto, lo aveva conosciuto personalmente (cfr. dep. Dominici, 29.9.1994, ff.1-2).
Carmine Dominici ha anche aggiunto che la figura di Guerin Serac e dei suoi più stretti collaboratori erano molto note in Avanguardia Nazionale e si sapeva che su tale organizzazione la struttura di A.N. poteva contare in caso di necessità (dep. citata, f.2).
E’ certo che la presenza di JEAN, ex militante dell’O.A.S. ed istruttore nel corso sull’uso degli esplosivi, quasi sicuramente inviato a Roma dall’Aginter Press, testimonia l’effettività dei collegamenti, in un periodo precedente la strage di Piazza Fontana, fra i “legionari” di Guerin Serac e gli uomini di Stefano Delle Chiaie e rende del tutto verosimile l’esistenza di quella linea di comando (Guerin Serac quale ideatore, Stefano Delle Chiaie quale organizzatore, Mario Merlino quale infiltrato e materiale esecutore dei due attentati all’Altare della Patria) delineata dal sottovalutato appunto del S.I.D. del 16.12.1969 quale “catena” responsabile degli attentati del 12 dicembre 1969.
Purtroppo, all’epoca in cui tale appunto fu messo a disposizione dei magistrati che indagavano sulla “pista nera” (novembre 1973), molti dati come quelli appena citati non erano ancora disponibile. Tale circostanza, unitamente agli ostacoli frapposti dal S.I.D. in merito all’esatta origine dell’appunto e all’individuazione del suo materiale estensore nonché alla frammentazione delle indagini in ben 4 istruttorie, prima a Milano e poi a Catanzaro, ha reso difficile in passato la percorribilità della pista, quasi certamente veritiera, che era indicata nell’appunto e reso scarsamente leggibile il quadro d’insieme che invece ne era la chiave di interpretazione.
Infine Paolo Pecoriello ha toccato un’altra vicenda di notevole importanza e cioè l’importazione da parte di elementi di Avanguardia di ingenti quantità di armi dalla Grecia nella seconda metà del 1968 (cfr. dep. 17.12.1991 f. 2):
“”””Si trattò di due carichi di armi provenienti dalla Grecia e sbarcati in Puglia. In merito a questi sò soltanto quello che mi è stato detto da quella persona. Non sò quindi di che armi si trattasse.
Certo è che parte di queste furono portate a Roma. Confermo che i carichi di armi giunsero in Italia nel 1968.
Me ne fu parlato proprio il giorno dopo del trasporto delle armi stesse””””.
“Quella persona” che aveva parlato dell’episodio a Paolo Pecoriello nell’immediatezza del fatto avendovi partecipato di persona, è stata inizialmente indicata dal testimone come un suo collega di lavoro a Roma presso il Ministero delle Poste e molto vicina a Stefano Delle Chiaie.
Una volta superate comprensibili titubanze (in quanto si trattava di una persona legata in passato a Paolo Pecoriello da un forte vincolo di amicizia) il testimone la ha indicata in Roberto Palotto, uno degli uomini di fiducia appunto di Stefano Delle Chiaie e che era stato fra l’altro, nei mesi precedenti all’importazione dei carichi di armi, uno dei partecipanti al famoso viaggio di Pino RAUTI e di molti avanguardisti fra cui Mario Merlino nella Grecia dei Colonnelli (cfr. dep. 25.5.1992 f. 2).
La disponibilità di armi anche pesanti da parte di A.N. a Roma non doveva essere un fatto inusuale se Paolo Pecoriello ha ricordato di aver visto a metà degli anni ’60 una mitragliatrice, appunto nella disponibilità di A.N., che veniva spostata da un posto all’altro della città senza troppe cautele (cfr. dep. 17.12.1991 f.3).
Roberto PALOTTO, così come Fausto Fabbruzzi e Giulio Crescenzi della cui posizione si tratterà nella seconda ordinanza, era certamente un elemento importante ed operativo della struttura occulta di Avanguardia Nazionale.
Egli infatti è nominato nel memoriale di Guido Paglia sulla struttura di A.N. ricevuto dal generale Maletti nel 1972, tramite il Cap. Labruna, appunto dall’ex presidente di A.N. e mai trasmesso nella sua completezza all’Autorità Giudiziaria.
Nel memoriale Guido Paglia indica Roberto Palotto come un elemento di sicuro affidamento per Stefano Delle Chiaie nell'”apparato” clandestino di A.N. (pag. 3 del memoriale), circostanza questa confermata da Vincenzo Vinciguerra (int. 25.7.1992, f.3).
Nella stessa relazione Guido PAGLIA riferisce anche che il gruppo di Flavio Campo, la notte del 7.12.1970 durante il tentativo del golpe Borghese, era già riuscito ad occupare, sfruttando alcune complicità interne, una parte del Ministero dll’Interno, fra cui l’archivio e l’armeria.
Al momento del “contrordine” Roberto Palotto e Saverio Ghiacci, che facevano parte di tale gruppo, si erano impadroniti di alcune pistole mitragliatrici per usarne eventualmente, in futuro ed in caso di difficoltà, il possesso quale prova delle coperture di cui avevano goduto (cfr. relazione Paglia, ff. 7 – 8, vol. 14. fasc. 1).
Anche Paolo Pecoriello, pur senza specificare i nomi dei componenti del gruppo, ha del resto ricordato che la squadra di Flavio Campo era riuscita a penetrare quella notte nel Palazzo del Viminale (cfr. dep. 17.12.1991, f. 3).
Non è quindi un caso che Roberto Palotto sia stato fra coloro cui era stato affidato un compito così delicato come arricchire in modo massiccio la dotazione logistica di A.N. in una fase di poco precedente la strage di Piazza Fontana e il golpe Borghese.
La presenza di Roberto Palotto nella struttura occulta di A.N. e l’emergere di un episodio specifico quale l’importazione di armi dalla Grecia ha imposto il suo interrogatorio in qualità di indiziato per i reati di partecipazione, con funzioni organizzative, a banda armata e di importazione, detenzione e porto illegale di armi.
Roberto Palotto, in data 30.11.1992 e in data 12.1.1993 ha prevedibilmente respinto l’addebito di avere fatto parte di una struttura armata, pur riconoscendo di avere partecipato, nella primavera del 1968, al viaggio nella Grecia dei Colonnelli, ospite in un Collegio Militare, insieme a Mario Merlino, Adriano Tilgher e Guido Paglia, nome quest’ultimo mai emerso fra i partecipanti all’iniziativa (cfr. 30.11.1992, f.2).
Ma soprattutto Roberto Palotto ha ammesso di avere partecipato a Roma, tra il 1966 e il 1967, all’affissione di manifesti di un sedicente Partito marxista-leninista pervenuti ad A.N., pur mantenendo un comprensibile riserbo sull’origine “ministeriale” di tali manifesti e limitandosi ad affermare che “non erano stati stampati nelle sedi di A.N.” (f.2).
Tali pur limitate ammissioni confermano comunque il racconto di Vincenzo Vinciguerra e di Paolo Pecoriello in merito all’esistenza e contestualmente allo stretto riserbo in cui era maturata tale azione di disinformazione, attuata secondo i metodi della “guerra psicologica”, volta a creare confusione e disorientamento nel campo avversario.
Sul piano della qualificazione giuridica dei fatti, non è tuttavia emersa con certezza la prova che Roberto Palotto fosse uno degli organizzatori della struttura armata di A.N. e del resto la relazione di Guido Paglia, che indica quali dirigenti dell’apparato clandestino Maurizio Giorgi, Flavio Campo, Giulio Crescenzi, Fausto Fabbruzzi e Cesare Perri (oltre, naturalmente, a Stefano Delle Chiaie), pone Roberto Palotto fra i semplici partecipanti alla stessa (relazione Paglia, f.3).
Ne consegue quindi, senza la necessità di una specifica trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Roma, che, derubricata l’ipotesi di reato di cui all’art.306, I comma, c.p. in quella di cui al II comma, i reati di partecipazione a banda armata e quelli connessi all’importazione di armi dalla Grecia ascritti all’indiziato devono essere dichiarati estinti per intervenuta prescrizione.
LE RELAZIONI
DI GUIDO GIANNETTINI SUL GOLPE BORGHESE
E
DI GUIDO PAGLIA SU AVANGUARDIA NAZIONALE
CONSEGNATE AL S.I.D. E MAI UTILIZZATE
LA PROVOCAZIONE PROGETTATA DAL S.I.D.
NEI CONFRONTI DELL’AVV.GIOVANBATTISTA LAZAGNA
Anche la relazione sul golpe Borghese consegnata nel 1973 da Guido Giannettini, collaboratore ed informatore del S.I.D., al capitano Labruna e trasmessa ai responsabili del reparto D, è stata epurata dal gen. Maletti con la distruzione della nota aggiunta che conteneva i riferimenti ad un alto Ufficiale quale l’Ammiraglio Giovanni TORRISI, divenuto in seguito, anche grazie a tale salvataggio, Capo di Stato Maggiore della Difesa.
Di tale relazione ha parlato per primo il capitano Antonio LABRUNA nella sua deposizione in data 24.1.1990 al G.I. di Venezia dr. Carlo Mastelloni:
“”””Nel corso dello svolgimento della fase dibattimentale (del processo per la strage di Piazza Fontana) Maletti, dopo aver attestato in udienza l’esistenza della relazione di Giannettini agli atti del reparto D, mi chiese di riferire il falso alla Corte d’Assise e cioè che io avrei dovuto dire che non ricordavo dove avevo riposto la relazione da lui riconsegnatami.
In tale relazione figurava che l’Amm. Torrisi, all’epoca candidato alla carica di Capo di Stato Maggiore della Difesa, aveva partecipato a riunioni segrete per la preparazione del golpe unitamente al dr. Drago, medico presso il Ministero dell’Interno, nonché con i vertici di Avanguardia Nazionale.
Aggiungo che queste circostanze erano contenute in un appunto allegato alla relazione e che io non rinvenni nell’originale della stessa relazione poi riconsegnatami da Maletti dopo l’interrogatorio da lui sostenuto e prima di quello sostenuto da me…. La circostanza delle pressioni da me subite dal gen. Maletti durante il processo di Catanzaro risulta da un appunto vergato a mano dal gen. Maletti e che io in originale consegnai nel 1981 al Pubblico Ministero….
a questo punto produco copia della relazione battuta a macchina da Giannetttini su carta gialla : l’originale l’ho prodotto al P.M. di Roma recentemente….
Nel luglio del 1977 o 1978 Maletti mi disse che Torrisi doveva diventare Capo di Stato Maggiore e che non avrei dovuto parlare dell’appunto riguardante Torrisi…ovviamente neanche Torrisi fu denunciato alla Procura di Roma nel rapporto sul golpe Borghese”””.
Il capitano Labruna, in data 7.2.1990, dinanzi allo stesso G.I. di Venezia, ha confermato la sparizione della nota aggiunta alla relazione di Giannettini che conteneva i riferimenti all’Ammiraglio Torrisi ed ha confermato altresì l’assoluto segreto richiesto dal gen. Maletti su tale circostanza:
“”””Io temevo la conseguenza del fatto che si era deciso, da parte di Maletti e Romagnoli, di dare una impostazione al rapporto finale diversa dal reale contenuto delle rivelazioni di Orlandini, di cui alle bobine nonché dalle risultanze della relazione, da me redatta in copia, di Giannettini, risalente al 1973, relazione che ricevetti io dalle mani dello stesso a Roma, corredata da un appunto sulle attivazioni del TORRISI circa il golpe, appunto che io rividi con la relazione nel 1977, esibitami dal Maletti, priva però dell’allegato appunto.
In tale circostanza MALETTI mi disse di non produrre la relazione Giannettini alla Corte d’Assise di Catanzaro e di non parlare del TORRISI “che dovrà diventare Capo di Stato maggiore della Difesa”. Tale incontro è inquadrabile temporalmente nell’intervallo tra l’interrogatorio di Maletti ed il mio, sostenuto dopo una settimana.”””” (cfr. dep. cit., 7.2.1990).
“””Maletti al processo riferì genericamente dell’esistenza di una relazione e disse che l’aveva affidata a me.
Io quindi dovetti rispondere alla Corte che pur ricordando la relazione, non ricordavo dove l’avevo riposta e mai perciò si parlò di un appunto ad hoc su TORRISI.””” (cfr. dep. cit. 24.1.1990).
Questa è la relazione di Guido Giannettini prodotta in copia dal capitano Labruna e priva, ovviamente, della nota aggiunta sull’ammiraglio Torrisi che è stata distrutta:
“””Nella seconda metà dell’anno 1970 si stabiliva un contatto fra ambienti del Ministero degli Interni controllati dall’Ufficio AR e i congiurati del Fronte Nazionale di Valerio BORGHESE. In breve, il capo dell’Ufficio AR, sembra tramite Drago e tramite elementi di Avanguardia Nazionale, prometteva di schierarsi a favore del progettato “golpe” e assumeva precisi impegni in tal senso.
Il suo intento era invece di far fallire il colpo di Stato e in seguito a ciò condizionare gli ambienti di destra e gli ambienti militari coinvolti nella congiura.
Alle riunioni segrete per la preparazione del “golpe”, tenute nel corso dell’autunno 1970, partecipavano:
– lo stesso BORGHESE, presidente del Fr. Naz.; egli controllava inoltre alcune organizzazioni di ex combattenti;
– il vertice di Avanguardia Nazionale, retto allora da Guido PAGLIA, in assenza di Stefano DELLE CHIAIE, latitante; AN era stata creata anni addietro dal Ministero degli Interni per indebolire il M.S.I., e aveva aderito al Fronte Nazionale di Borghese;
– DRAGO;
– l’ammiraglio “YW”, Capo dell’Ufficio “YYY” della Stato Maggiore della Marina (VEDI NOTA);
– due generali;
– un ufficiale dei CC, in rappresentanza del Comando Generale dell’Arma;
– un ufficiale della Scuola di Fanteria di Cesano (o più d’uno)?;
– un ufficiale della Guardia Forestale;
– esponenti di associazioni ex conbattenti;
– il costruttore edile ORLANDINI;
– gli armatori genovesi CAMELI.
A parte ORLANDINI e i CAMELI, non è escluso che BORGHESE abbia trovato a quel tempo anche finanziamenti presso CEFIS (Eni?) e MONTI.
La decisione di attuare il “golpe” nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 veniva presa nel corso di riunioni segrete tenute il 5 o il 6 dicembre.”””
La relazione prosegue con una descrizione dello svolgimento degli avvenimenti nella notte fra il 7 e l’8 dicembre, fra cui l’irruzione nel sotterraneo del Ministero dell’Interno, descrizione che non è necessario riportare in questa sede. La copia della relazione di Guido Giannettini si trova comunque nel vol.14, fasc.1.
Guido Giannettini, in data 19.2.1990 e 22.2.1990, dinanzi al G.I. di Venezia, ha infine riconosciuto di avere fornito al generale Maletti tramite il capitano Labruna la relazione completa della nota aggiunta sull’ammiraglio Torrisi che, secondo le stesse previsioni di Giannettini, era destinata ad essere censurata:
“”””Effettivamente ebbi a consegnare, mi pare a Parigi, a Labruna,una relazione su fatti retrostanti il golpe Borghese.
Mi viene mostrata la relazione dattiloscritta acquisita dalla S.V. di cui al verbale di Labruna. La riconosco come da me stilata e dattiloscritta.
Confermo che la “NOTA” allegata era costituita da un appunto ad hoc, pure da me dattiloscritto, riguardante l’ammiraglio “YW” e cioè il TORRISI (il cui nome e cognome nella nota erano in chiaro), che all’epoca del golpe mi pare fosse capitano di vascello, e comunque preciso che, in gergo, si adopera il termine “ammiraglio” anche per soggetti che rivestono un grado inferiore, da contrammiraglio in poi.
L’ufficio indicato come “YYY”, se ricordo bene, era l’Ufficio Operazioni.
Alla fase dibattimentale svoltasi presso la Corte d’Assise di Catanzaro, nel 1977/78, io addussi, a fronte di un accenno del LABRUNA o del MALETTI circa una relazione da me stilata e a lui consegnata, concernente il “golpe Borghese”, che non ricordavo la circostanza, anzi la esclusi.
A domanda sul motivo per il quale solo in ordine all'”Ammiraglio” apposi la dicitura “vedi nota”, rispondo che solo di questo ufficiale ero a conoscenza del nome.
Effettivamente, come la S.V. mi rappresenta, la “NOTA” stilata a parte era stata organizzata da me in funzione oggettiva di una eventuale censura da parte del Capo del Reparto D, MALETTI, vista la delicatezza dell’incarico già all’epoca rivestito dal TORRISI””””.
Sul piano probatorio il cerchio così si chiude. L’Ammiraglio Giovanni TORRISI – il cui nome compare nella lista degli iscritti alla P2 con la tessera n.1825 – salvato dall’espunzione della nota aggiunta contenente i riferimenti alla sua partecipazione al progetto di Junio Valerio Borghese, potrà proseguire negli anni successivi la sua inarrestabile carriera assumendo incarichi delicatissimi, prima quale Capo di Stato Maggiore della Marina e poi quale Capo di Stato Maggiore della Difesa, sino alla sua morte avvenuta nell’agosto del 1992.
Come la nota di Guido Giannettini sull’ammiraglio Torrisi, anche la relazione di Guido Paglia sulla struttura occulta di A.N. e sull’attiva presenza di tale organizzazione nel golpe Borghese ha avuto in sorte di non essere mai trasmessa all’A.G. che stava indagando su tali episodi, anche se ha avuto un utilizzo improprio e trasversale.
Il capitano Antonio Labruna ha dichiarato infatti di essere stato inviato dal generale Maletti da Guido PAGLIA nell’autunno del 1972 e di avere ricevuto da questi una dettagliata relazione sulla struttura di A.N., allora ancora operante. Labruna aveva poi passato la relazione al suo superiore (cfr. deposiz. Labruna, 7.7.1992).
Il testimone ha prodotto una copia di tale relazione, che aveva già consegnato una prima volta nel 1981 alla Procura della Repubblica di Roma nell’ambito del processo sulla P2, senza per la verità che tale importante documento fosse in quella sede oggetto di particolare approfondimento (documenti prodotti il 3.8.1991, vol.14, fasc.1).
L’originale, secondo Labruna, era rimasto nelle mani del generale Maletti e del colonnello Romagnoli (cfr. deposiz. Labruna, 16.7.1992).
All’interno del N.O.D., Guido Paglia era indicato come “fonte PARODI”, nome le cui due prime sillabe facevano riferimento al nome dell’interessato: PAGLIA di ROMA (cfr. deposiz. Labruna, 15.10.1993).
Subito dopo la consegna della relazione, Guido Paglia, tramite Maurizio Giorgi, aveva messo in contatto Labruna con Stefano DELLE CHIAIE e Labruna, su disposizione del generale Maletti, aveva potuto incontrare il capo di Avanguardia Nazionale, a Barcellona, il 30.11.1972 (cfr. deposiz. ai G.I. di Milano e Bologna, 9.10.1982, f.2), stabilendo con lui un contatto e un canale di disponibilità per conto del S.I.D.
E’ quindi assai chiaro che la relazione di Guido Paglia aveva avuto un utilizzo improprio e strumentale, nell’ambito di rapporti di reciproca compromissione fra il S.I.D. e Delle Chiaie. Grazie alla relazione, infatti, il S.I.D. poteva dimostrare a Delle Chiaie di essere in possesso di un gran numero di notizie sulla struttura di A.N. e, ciò nonostante, di non avere fatto nulla per farne incriminare i componenti.
In tal modo potevano essere aperti e mantenuti i contatti con Stefano Delle Chiaie, indicato da molte fonti – fra cui Remo Orlandini (vedi pag.213 della trascrizione del colloquio in data 19.6.1973) – e dalla stessa relazione di Guido Paglia, sino a quel momento vicino, e forse stipendiato, dall’Ufficio Affari Riservati.
Dal canto suo, Guido Paglia, dimessosi dalla carica di Presidente di A.N. e lasciato l’entourage di Stefano Delle Chiaie diventando uno dei non pochi giornalisti stabili informatori del S.I.D., si avviava in tal modo ad una carriera più tranquilla e tutelata. Non a caso proprio in quegli stessi giorni egli sarebbe stato l’autore dell’articolo preveggente, pubblicato sul Resto del Carlino, con cui si attribuiva, prima di qualsiasi accertamento, ai gruppi di estrema sinistra la responsabilità dell’arsenale “scoperto” a Camerino (cfr. f.26).
Ben diverso e più corretto utilizzo avrebbe avuto la relazione di Guido Paglia se fosse stata studiata e sviluppata per mettere a fuoco la struttura occulta di A.N. e consentire all’A.G. di intervenire su un’organizzazione che quantomeno fino alla fine degli anni ’70 è stata coinvolta in gravissimi fatti criminosi.
Infatti, la relazione prodotta dall’ex-esponente di A.N., che consta di 10 cartelle dattiloscritte, contiene uno spaccato dall’interno della struttura segreta ed armata di A.N. con nomi e informazioni di prima mano.
Nella relazione si riferisce dettagliatamente dell’esistenza all’interno di A.N. di due livelli: un livello “ufficiale”, destinato allo svolgimento delle attività pubbliche e legali, e una struttura “secondaria” che costituiva un vero e proprio apparato clandestino.
Di tale seconda struttura, secondo una metodologia assai raffinata, facevano parte i militanti dotati di capacità organizzative più adatte al lavoro clandestino, scelti fra coloro che non erano noti alla Polizia e ai Carabinieri per la loro attività politica pubblica e fra coloro che avevano finto di abbandonare l’attività politica.
Il lavoro di tale struttura, dedita ad attività terroristiche, era regolato da norme ben precise fra cui la conoscenza di solo un numero ristretto di altri membri dell’apparato e la non conoscenza di chi avesse compiuto una certa “azione” se appartenente ad un’altra “cellula”. Chi apparteneva alla struttura “secondaria” doveva godere della piena fiducia del vertice e collaborare al “filtraggio” dei militanti.
Nella relazione si indicano quali componenti del vertice – oltre naturalmente a Stefano DELLE CHIAIE e al Presidente di A.N., Adriamo Tilgher, succeduto allo stesso Paglia – Maurizio GIORGI, Flavio CAMPO, Cesare PERRI, Giulio CRESCENZI e Fausto FABBRUZZI, (gli ultimi due fedelissimi di Delle Chiaie anche sul piano personale ed eccellenti esecutori di ordini), tutti nomi che sovente ricorrono negli atti di questo procedimento.
Fra gli elementi della struttura “secondaria” di maggior affidamento, nella relazione si indicano Roberto PALOTTO, Bruno DI LUIA, Saverio GHIACCI, Tonino FIORE ed altri.
La struttura di A.N. era all’epoca assai forte in Calabria dove responsabile era il marchese ZERBI, un uomo che godeva di grande prestigio e di protezioni anche nella mafia locale, coadiuvato a Reggio Calabria da Pino BARLETTA e Carmine DOMINICI e a Catanzaro da tale TOTO’ (probabilmente Antonio BENEFICO).
Fra gli altri responsabili locali vi erano, a Massa-Carrara, Piero CARMASSI e, a Trento, Cristano DE ECCHER, nomi anche questi presenti in modo significativo negli atti di questa e di altre istruttorie.
La seconda parte della relazione è dedicata all’attiva partecipazione di tutta la struttura di A.N. nel tentativo di golpe di Junio Valerio Borghese grazie ad una stretta integrazione con il Fronte Nazionale e ai legami personali fra Stefano Delle Chiaie e il Principe.
Della possibilità di effettuare il golpe a brevissima scadenza e della necessità di mettere perfettamente a punto l’organizzazione si era parlato già alla fine del 1969 (non a caso in un momento di poco precedente gli attentati del 12 dicembre) e dopo lo slittamento della data prevista, nelle riunioni immediatamente precedenti la notte del 7.12.1970, ad A.N. era stato affidato il compito di occupare il Ministero degli Esteri e la sua importante centrale di comunicazioni radio e telefoniche.
Dopo la prima fase dell’azione, gli uomini di A.N. avrebbero dovuto “passare la mano” ai Carabinieri e dedicarsi, nelle prime ore della mattina. al rastrellamento degli avversari politici – soprattutto sindacalisti – che avrebbero dovuto essere internati nell’arcipelago delle Eolie mediante navi già predisposte (circostanza cui più volte ha accennato il capitano Labruna).
Solo il 6.12.1970 il piano iniziale era stato modificato, affidando ad A.N. l’incarico di occupare la centrale operativa del Ministero dell’Interno, grazie anche alla complicità interna del dr. DRAGO che aveva fornito una mappa e una precisa descrizione del Ministero.
Il Ministero dell’Interno era stato effettivamente in parte occupato e, al momento del contrordine, due militanti (Roberto Palotto e Saverio Ghiacci) si erano impadroniti di alcune pistole mitragliatrici per precostituirsi, in caso di difficoltà e di abbandono da parte dei complici inseriti nelle Istituzioni uno strumento di ricatto. Grazie anche a tale espediente, l’ambiente di Avanguardia non aveva praticamente subito alcun danno dall’azione della Polizia e della magistratura.
Nei giorni successivi al 7.12.1970, il Principe Borghese aveva spiegato anche ai militanti di A.N. che la sospensione dell’azione era stata decisa al momento dell’occupazione del Ministero della Difesa perché “qualcuno” – evidentemente a livello molto alto – “si era tirato indietro”.
E’ quindi evidente che la relazione di Guido Paglia conteneva notizie assai preziose che avrebbero dovuto essere utilizzate sia in funzione repressiva sia sul piano preventivo, per impedire altre azioni da parte di una struttura che nel 1972 era ancora operante, se la relazione stessa non fosse stata occultata e usata solo a fini anomali dai responsabili del Reparto D.
L’attendibilità delle notizie fornite da Guido Paglia emerge del resto sia da un gran numero di dati processuali raccolti in seguito nelle istruttorie sia dalle testimonianze, nel corso di questa istruttoria, di due soggetti profondamente inseriti in A.N. quali Carmine DOMINICI e Vincenzo VINCIGUERRA.
Carmine Dominici, nella sua deposizione in data 30.11.1993, ha infatti confermato integralmente e sviluppato i dati sulla situazione calabrese presenti nella relazione, mentre Vincenzo Vinciguerra, avuta lettura delle parti essenziali della relazione nel corso dell’interrogatorio in data 25.7.1992, ha precisato che “le persone e i ruoli citati” corrispondevano alle sue conoscenze della struttura di A.N. e che “in particolare Fabbruzzi e Crescenzi vi erano esattamente indicati come elementi con scarse capacità politiche, ma dotati di capacità spiccatamente operative” (f.3).
La divulgazione della relazione di Guido Paglia non deve essere stata gradita in certi ambienti.
Il capitano Labruna ha infatti riferito di avere ricevuto più volte sollecitazioni da parte di alcuni avvocati, difensori di persone imputate nel processo sul golpe Borghese, e dallo stesso Guido Paglia affinché non rendesse pubblica la relazione (cfr. deposiz. Labruna, 9.10.1992, f.1).
Guido Paglia ha negato di aver mai consegnato una relazione su A.N. al capitano Labruna (cfr. dep. al G.I. di Venezia, 12.3.1990, vol. 16, fasc. 7), ma un’autonoma ed attendibile conferma del racconto dell’ex Ufficiale del reparto D è giunta da una fonte attendibile come Vincenzo VINCIGUERRA.
Questi infatti ha rivelato di aver appreso dell’esistenza della relazione sin dal novembre del 1982, quando si trovava detenuto nel carcere di Rebibbia e che fonte di tale notizia era stato Adriano TILGHER, alter ego a Roma di Stefano Delle Chiaie e detenuto in quel periodo con Vinciguerra:
“””TILGHER mi disse che PAGLIA aveva consegnato al S.I.D. un rapporto completo su tutto ciò che AVANGUARDIA aveva fatto nella notte fra il 7 e l’8 dicembre 1970, entrando stabilmente a lavorare per i Servizi. Tilgher mi disse che questa notizia l’aveva saputa dal padre il quale era stato informato a sua volta da un alto Ufficiale del S.I.D. suo amico del quale non mi fece il nome. Tilgher era molto risentito nei confronti del Paglia per questa sua delazione. (cfr. int. Vinciguerra 25.7.1992, f. 2).”””
L’interpretazione del comportamento di Guido Paglia, fornita da un elemento interno alla vita di A.N. come Vincenzo Vinciguerra, è poi del tutto condivisibile.
Secondo Vinciguerra infatti, la relazione era stata usata dal S.I.D. per dimostrare che il Servizio disponeva di importanti elementi di conoscenza circa l’implicazione di A.N. nel golpe Borghese e, nonostante ciò, non aveva agito contro Avanguardia. In tal modo il Cap. Labruna, mandato a Barcellona per incontrare Delle Chiaie pochi giorni dopo la consegna della relazione, aveva potuto accreditarsi presso il capo di A.N. come interlocutore affidabile.
Si noti che l’esistenza della relazione di Guido Paglia conferma ancora una volta l’illegalità e la spregiudicatezza con cui si muovevano i vertici del S.I.D. all’inizio degli anni ’70 anche sotto il profilo dell’esistenza e della circolazione di atti, destinati a non essere mai protocollati, che venivano tenuti al di fuori dei canali ufficiali.
Infatti nel fascicolo intestato a Guido Paglia custodito attualmente nell’archivio del S.I.S.M.I. – erede del S.I.D. – non vi è traccia della relazione e tale fascicolo contiene solo tre atti del tutto insignificanti, il primo dei quali è del 1979 e quindi di molto successivo alla militanza di Paglia in A.N. che pertanto, stando agli atti del S.I.D., era del tutto ignota.
Il caso di Guido Paglia testimonia quindi nuovamente l’attenzione del Servizio, negli anni ’70, a non lasciare traccia del proprio operato soprattutto nei settori più delicati, in spregio alle norme che impongono, anche per il Servizio, la registrazione e la custodia di tutti gli atti.
In conclusione non può non essere sottolineato ancora una volta il ruolo equivoco svolto da Guido Paglia a Roma a cavallo degli anni ’70.
Si ricordi che il 10.1.1970 in una cassetta delle lettere di Roma era stato rinvenuto un portafoglio appartenente a Guido Paglia, evidentemente oggetto alcuni giorni prima di un borseggio e denunziato infatti come smarrito dal suo proprietario.
Tale portafoglio conteneva, oltre a documenti vari di Guido Paglia, un elenco manoscritto di nomi e numeri di telefono di anarchici romani del gruppo BAKUNIN di via Baccina nr.35, il gruppo da cui Mario Merlino aveva operato nell’autunno 1969, la scissione fondando il circolo 22 marzo per utilizzarlo per i suoi fini provocatori.
Inoltre il portafoglio conteneva un impressionante elenco, appuntato anch’esso su di un foglietto manoscritto, di saponette di esplosivo, rotoli di miccia, detonatori e capsule elettriche con apposta a fianco di ogni voce la quantità del materiale presente, quasi si trattasse di una sorta di ” nota della spesa” (cfr. vol. 22, fasc. 2, f. 16).
In merito all’elenco di militanti anarchici, Mario Merlino ha ammesso durante la prima istruttoria per la strage di Piazza Fontana che tali annotazioni erano di suo pugno e ciò testimonia l’internità di Guido Paglia all’azione di infiltrazione e di provocazione condotta in quei mesi dagli elementi romani di A.N. nell’ambiente anarchico con i fini che più volte sono stati accennati.
In merito al secondo foglietto, contenente l’elenco di esplosivi e di detonatori, Guido Paglia non ha mai offerto ai giudici alcuna spiegazione anche se è facilmente intuibile che l’elenco si riferisse a parte della dotazione della struttura occulta di A.N..
Quanto contenuto nel quasi dimenticato portafoglio di Guido Paglia era ed è certamente assai indicativo e non è mai stato sufficientemente approfondito, tenendo anche presente che il ritrovamento del portafoglio si colloca a poche settimane dagli attentati del 12.12.1969.
Infine il capitano Antonio Labruna ha rivelato un altro episodio di provocazione progettato dai responsabili del S.I.D.
Il col. Mannucci Benincasa e il capitano D’Ovidio, su richiesta del gen. Maletti, avevano proposto anche a Labruna di studiare con loro un piano che consisteva nel far bruciare nella zona di Bobbio l’autovettura Fiat 500 dell’avv. Giovanbattista LAZAGNA, all’epoca coinvolto nelle inchieste sui GAP e sulle Brigate Rosse.
All’interno dell’autovettura dovevano essere posti dei documenti compromettenti che avrebbero dovuto essere ritrovati dalle Forze dell’Ordine che sarebbero intervenute dopo l’attentato (cfr. dep. Labruna, 7.7.1992, f.2 e, ai G.I. di Milano e Bologna 9.10.1992 f.1).
L’avv. Lazagna, all’epoca, abitava effettivamente a Novi Ligure non lontano da Bobbio Piacentino e in tale zona è stato anche posto al soggiorno obbligato dopo la sua scarcerazione nell’ambito del processo relativo alla sua presunta appartenenza alle B.R. (cfr. nota DIGOS Milano in data 3.10.1994, vol.16, fasc.5, f.23).
Il capitano Labruna si era rifiutato di partecipare a questa operazione che poi non era stata effettuata (cfr. dep. 7.7.1992 cit.).
Il capitano Labruna ha collocato questo progetto nel 1972 o 1973, ma esso certamente si situa in epoca più prossima alla prima metà del 1974, e cioè nel periodo del sequestro del giudice Mario Sossi e delle serrate indagini nei confronti delle strutture eversive genovesi, di cui l’avv. Lazagna era sospettato di essere un fiancheggiatore.
Un episodio analogo e probabilmente collegato a quello ricordato da Labruna era già stato fuggevolmente menzionato in un articolo comparso il 20.6.1976 sul settimanale il Tempo che aveva riportato le affermazioni di un anonimo ufficiale del S.I.D. secondo cui, all’epoca del sequestro di Mario Sossi, e cioè nell’aprile-maggio del 1974, il direttore del Servizio, gen. Vito MICELI, nel corso di una riunione con i suoi più stretti collaboratori, aveva sostenuto la necessità di rapire l’avv. Lazagna per costringerlo a rivelare l’ubicazione del covo ove era tenuto prigioniero il giudice Sossi, ubicazione secondo il S.I.D. nota all’avv. Lazagna.
Di tale progetto vi è traccia anche nel memoriale consegnato all’A.G. di Roma, nel 1981, dall’ex segretario del reparto D col. Antonio VIEZZER.
In tale memoriale l’Ufficiale riferiva che il gen. Miceli aveva effettivamente convocato una riunione dei Capi Centro di Torino, Milano e Genova al fine di esaminare il progetto di rapimento dell’avv. Lazagna ed il gen. Maletti aveva comunicato al segretario del reparto D le disposizioni per la convocazione degli ufficiali interessati.
Il colonnello Viezzer si era rifiutato di convocare la riunione, trattandosi di un ordine palesemente illegittimo ed aveva minacciato i suoi colleghi di rivelare l’intera operazione se essi avessero accettato di partecipare al sequestro (cfr. ordinanza di rinvio a giudizio del G.I. di Bologna nell’istruttoria-bis sulla strage dell’ Italicus e alla stazione di Bologna, depositata in data 3.8.1994, ff. 96-97).
La riunione si era tenuta ugualmente ma si era conclusa con un nulla di fatto (f. 97).
Il racconto del capitano Labruna in merito al primo anche se più limitato progetto di provocazione nei confronti dell’avv. Lazagna è quindi del tutto verosimile e trova riscontro negli appunti manoscritti del gen. Maletti sequestrati nella sua abitazione e relativi alle periodiche riunioni che si tenevano con il Direttore del Servizio.
Infatti, dagli appunti del generale Maletti concernenti le riunioni dei vertici del S.I.D. svoltesi nel maggio del 1974 e cioè nel periodo corrispondente alla fase cruciale del sequestro del giudice Mario SOSSI (rapito dalle B.R. il 18.4.1974), emerge un crescendo di progetti illeciti in fase di avanzata preparazione da parte del Servizio nei confronti dell’avv. Lazagna ed anche del brigatista Alfredo BONAVITA.
Facendo riferimento alla versione dattiloscritta di tali appunti, disposta dal G.I. di Bologna (vol.23, fasc.13, cart.1), infatti, fra gli argomenti all’ordine del giorno si legge:
RIUNIONE DAL CAPO SERVIZIO
IL 04.V.1974
– Romagnoli
– Lazagna (fonti fiduciarie confermano che……. (DETTO)
(con probabile riferimento alla possibilità che Lazagna sapesse qualcosa in merito al sequestro Sossi, nota Ufficio).
COLLOQUIO CON IL SIG. CAPO SERVIZIO
IL 07.V.1974
– Nucleo rappresaglia: costituire e tenere alla mano
documentazione
r_nazionale