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2.11.21 Ferrara, aggressione omofoba contro un gruppo di giovani Lgbt. "Mussolini vi brucerebbe tutti"
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13.03.23 «Saluti romani, odio e camerati: i miei sei mesi da infiltrato nelle cellule neofasciste del Nord»
3.03.23 Gruppo armato anti-Putin penetrato nel confine russo con l'Ucraina - Tra loro il neonazista Denis "White Rex" Nikitin
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25.01.23 L’ex camerata in affari con Fratelli d’Italia e le bastonate ai carabinieri
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18.11.22 Quel filo che dall’Ordine di Hagal arriva a CasaPound
19.10.22 Giorgia Meloni firma la Carta di Madrid di Vox
7.10.22 GRUPPI NEONAZISTI USA
16.09.22 L’Europa nuovamente alle prese con l’avanzata dell’estrema destra
15.09.22 Ultradestra, la galassia nera torinese messa in crisi dall’ascesa di Meloni
10.09.22 Sette decenni di collaborazione nazista: Il piccolo sporco segreto dell'America in Ucraina
28.08.22 Inchiesta su M. 2/3
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Informazione Antifascista 1923
Gennaio-Febbraio - a cura di Giacomo Matteotti ·


pubblicato il 26.07.17
I delitti del mostro di Firenze e la strategia della tensione "erano collegati": indagato un ex legionario
·
Il caso si riapre con una nuova pista seguita da procura e Ros e nata dall'intuizione di un avvocato

I brutali delitti del mostro di Firenze furono uno dei fronti della strategia della tensione che ha sconvolto l’Italia dalla fine degli anni Sessanta fino alla metà degli anni Ottanta: una variante di quella che Sandra Bonsanti, parafrasando Giovanni Falcone, ha chiamato “Il gioco grande del potere”. E’ una tesi che sembra aver acquistato forza durante le più recenti indagini della procura di Firenze e del Ros Carabinieri sulle uccisioni delle otto coppie di fidanzati nelle campagne intorno a Firenze fra il 1968 e il 1985. Delitti firmati dalla stessa arma, una Beretta calibro 22, dagli stessi proiettili Winchester serie H e, a partire da quello del 1974, dallo strazio dei corpi delle vittime femminili, con asportazioni di lembi di seno e di pube. Delitti che sembrano appartenere a un mondo totalmente estraneo alle trame nere, alle bombe sui treni, alle stragi che hanno segnato quegli stessi anni. In realtà conseguirono lo stesso obiettivo, quello di spargere terrore indiscriminato: perché chiunque poteva essere colpito, i giovani in particolare. Il protagonista della nuova inchiesta è un ex legionario, appartenente alla destra più estrema.

Cinque anni fa l’avvocato Vieri Adriani, che rappresenta i familiari di Nadine Mauriot, la giovane donna francese uccisa a Scopeti l’8 settembre 1985 con il fidanzato Jean Michel Kraveichvili, ha presentato un esposto, seguito da diverse integrazioni, in cui suggeriva di approfondire una pista già sfiorata oltre 30 anni fa e poi abbandonata. La procura di Firenze, che non si è mai fermata dopo le condanne definitive di Mario Vanni e Giancarlo Lotti, i “compagni di merende” di Pietro Pacciani morto prima che la giustizia si pronunciasse definitivamente sulle sue responsabilità, ha continuato a indagare, sempre sotto la guida Paolo Canessa, lo storico pm delle indagini sul mostro, che oggi è procuratore di Pistoia ma è stato delegato dal procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo. La pista di indagine indicata dall’avvocato Adriani conduce all’ex legionario, 87 anni, reduce da molte guerre, originario di Vicchio come Pietro Pacciani.

Il 16 settembre 1985, pochi giorni dopo il delitto di Scopeti, i carabinieri lo perquisirono “in quanto il predetto, da accertamenti svolti, poteva identificarsi nel noto mostro di Firenze” (si legge nel verbale). Gli trovarono soltanto molti articoli sulle uccisioni dei fidanzati e sulle prostitute uccise in quegli stessi anni. Poteva essere solo il segno di un interesse morboso e niente più. Nel novembre del ’94, in seguito a gravi dissidi con un vicino, l’ex legionario fu nuovamente perquisito e in quella circostanza i carabinieri gli trovarono 176 proiettili Winchester serie H non più in produzione dal 1981. Le più recenti indagini sono riservatissime, ma è certo che l’ex legionario è sotto inchiesta in relazione ai delitti e che sono state passate al setaccio le sue relazioni non soltanto con Pacciani, di cui era conterraneo e quasi coetaneo, non soltanto con un defunto imprenditore di origini tedesche a suo tempo investito dalle indagini e con Salvatore Vinci, già indagato nell’ambito della pista sarda, che abitava nella sua stessa strada, ma anche con altri elementi della destra più estrema, uno dei quali risulterebbe indagato nella nuova inchiesta.
Grazie anche alle più recenti tecniche di estrazione del Dna, sembra che gli inquirenti abbiano compiuto alcuni concreti passi in avanti nei misteri della vicenda del mostro.

Al tempo stesso, la pista “nera” è cresciuta anche sulla base delle analisi degli innumerevoli depistaggi che hanno costellato l’inchiesta sulle uccisioni dei fidanzati e sulle coincidenze fra i delitti e le vicende, gli attentati, gli omicidi e le stragi che hanno segnato gli anni della strategia della tensione. Colpisce in primo luogo l’efferatezza del delitto del 14 settembre 1974. Stefania Pettini, figlia di un partigiano e attivista comunista, fu sorpresa in auto con il fidanzato Pasquale Gentilcore. Ucciso lui, l’assassino estrasse ancora viva dalla macchina la giovane donna e infierì su di lei con 96 coltellate e infine, in segno di estremo oltraggio, la penetrò in vagina con un tralcio di vite. Il suo corpo straziato ricordava quelli delle donne massacrate dalle SS di Walter Reder nel corso dell’eccidio di Vinca (24 agosto 1944). Alcune di loro erano state impalate e a una era stato strappato il bambino il feto che portava in grembo. Poche ore prima dell’uccisione dei due fidanzati mugellani, a Vicchio era stato celebrato il trentesimo anniversario della liberazione del territorio e reparti di partigiani e dell’esercito aveva sfilato insieme per ricordare la vittoria sul nazifascismo. In quello stesso 1974, pochi mesi prima del delitto di Borgo, l’Italia era stata sconvolta dalla strage fascista di Brescia (28 maggio) e dall’attentato sul treno Italicus (4 agosto). Nel 1981, anno in cui il mostro uccise due volte, scoppiò lo scandalo della P2. Il 21 maggio furono rese pubbliche le liste degli iscritti alla loggia segreta di Licio Gelli, due settimane più tardi – il 6 giugno - il mostro uccise Carmela Di Nuccio e Giovanni Foggi a Scandicci. Il delitto ebbe una risonanza enorme.

Negli anni successivi, fra mille depistaggi, le indagini sul mostro impegnarono enormemente la procura di Firenze, guidata da Piero Vigna, a rischio di distogliere uomini e forze dalle inchieste sul terrorismo nero e sugli attentati ai treni. Nel 1991 – a conclusione di una indagine “sui grandi numeri”, e cioè su numerosissimi possibili sospetti per varie devianze di natura sessuale – entra nell’inchiesta Pietro Pacciani, perquisito nel ’92 e arrestato il 16 gennaio ’93. In quegli stessi anni si moltiplicano gli interventi di investigatori, psichiatri e criminologi, molti dei quali poi si muoveranno in difesa di Pacciani. Nell’aprile ’92 l’investigatore Carmelo Lavorino enuncia la sua ”teoria finale”: l’assassino dei fidanzati sarebbe il figlio della donna massacrata nel 1968. Nel 1993 il criminologo Aurelio Mattei pubblica uno strano libro, “Coniglio il martedì”, in cui racconta una vicenda identica a quella del mostro e scrive che i delitti sarebbero stati commessi “al solo scopo di terrorizzare l’opinione pubblica e di far apparire le istituzioni incapaci di affrontare il fenomeno”.

Il 15 luglio 1994 in aula bunker depone come consulente della difesa di Pacciani il criminologo Francesco Bruno, che fra lo stupore generale si presenta come collaboratore, fino al 1987, del “Servizio informazioni per la sicurezza democratica”, ossia il Sisde. Che cosa c’entrassero i servizi segreti con delitti a sfondo sessuale non si è mai capito.
E soprattutto nessuno ha capito se il loro intervento intendesse essere di sostegno alla ricerca della verità sui delitti o non piuttosto diretto a depistare le indagini. Ipotesi sempre privilegiata dalla procura di Firenze. Anche per questo l’ipotesi che la tragica sequenza delle uccisioni dei fidanzati possa essere inquadrata nella strategia della tensione è al centro del più recente filone di indagini.

http://firenze.repubblica.it/cronaca/2017/07/25/news/delitti_del_mostro_di_firenze_e_strategia_della_tensione_erano_collegati_-171635945/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P1-S1.6-T1





Mostro di Firenze, c’è un nuovo indagato: un ex legionario che conosceva Pacciani


Secondo le agenzie di stampa si tratta di Giampiero Vigilanti. Un nome che torna ancora una volta al centro dell'inchiesta. Una volta picchiò Piero Pacciani, prima condannato, poi assolto e morto prima del nuovo processo ordinato dalla Cassazione per fare chiarezza sui delitti delle coppie. L'uomo fu già perquisito in diverse occasioni ma gli accertamenti non portarono a nulla

L’inchiesta sul Mostro di Firenze è ancora aperta. Sotto l’attenzione degli investigatori c’è, infatti, un nuovo indagato: Giampiero Vigilanti. La notizia è riportata dall’agenzie di stampa, che hanno ripreso i giornali locali. Si tratta di un ex legionario, classe 1930, residente a Prato ed originario di Vicchio del Mugello (Firenze), che conosceva Pietro Pacciani, condannato in primo grado a più ergastoli, assolto in Appello e morto prima del nuovo processo di secondo grado ordinato dalla Cassazione. L’accusa, per lui, era quella di essere l’esecutore materiale dei delitti delle otto coppie di fidanzati commessi intorno Firenze fra il 1968 e il 1985, per i quali sono stati condannati in via definitiva Giancarlo Lotti e Mario Vanni, i cosiddetti compagni di merende, entrambi morti al pari del loro amico Fernando Pucci. Vigilanti non è un nome nuovo nelle carte dell’indagine. Già fu perquisito nel settembre del 1985, tre giorni prima della prima perquisizione a Pacciani.

La segnalazione di Vigilanti, all’epoca della perquisizione del 1985, arrivò da alcuni vicini che lo indicarono come possibile ‘mostro‘. Nella sua abitazione furono trovati alcuni ritagli di giornali sui delitti delle coppiette. Nove anni più tardi, nel 1994 , dopo una lite con un vicino di casa che minacciò, l’ex legionario fu perquisito una seconda volta e in casa i carabinieri gli trovarono 176 proiettili calibro 22 di marca Winchester serie H, gli stessi usati dal mostro di Firenze. Gli accertamenti non portarono a niente e Vigilanti venne scagionato. Due anni fa le indagini si sarebbero nuovamente concentrate su di lui e su alcuni suoi racconti.

L’ex legionario è residente a Prato ma è originario di Vicchio come Pietro Pacciani. In queste ore ha parlato davanti casa sua con la stampa e ha ammesso di conoscere il contadino. “Rubò il posto a mio padre – ha raccontato – Andai io a discutere con lui e gli diedi una bastonata sulla testa, ma Pacciani non mi ha mai denunciato”. L’ex legionario ha confermato gli interrogatori a cui è stato sottoposto: “Ma da questi non ci hanno ricavato niente, io sono innocente. Non ho paura di niente, non ho fatto nulla”. L’ex legionario è tornato anche sulle perquisizioni: “Ho sempre avuto quattro pistole: sono venuti da me – ha detto riferendosi agli inquirenti – e poi se ne sono andati, quindi vuol dire che sono in regola”.

Per gli 8 duplici omicidi, può aprirsi una nuova pista d’indagine, quella che porta alla “strategia della tensione“, ancora una volta. Secondo questa tesi, i delitti sarebbero stati commessi per distrarre i magistrati dall’attività eversiva dell’epoca. Stando a quanto trapelato, il pm che ha sempre indagato sui delitti del mostro, Paolo Canessa, ora procuratore capo a Pistoia, ha indagato l’ex legionario di 86 anni. L’inchiesta è condotta in collaborazione con il procuratore aggiunto di Firenze Luca Turco. Vigilanti è stato sentito da Canessa più volte negli ultimi mesi. E, come lui stesso conferma nelle interviste video rilasciata nelle ultime ore, è stato condotto nei luoghi dove vennero uccise le coppiette.

La pista nera era già emersa 30 anni fa e poi ripresa dopo un esposto dell’avvocato Vieri Adirani, legale dei familiari di Nadine Mauriot, una delle vittime del mostro. Come riportano le ricostruzioni comparse oggi sulla stampa, proprio l’avvocato sostiene che i delitti cessarono nel 1985, proprio perché alcune perquisizioni “andarono nella giusta direzione”. Come quella nei confronti dell’ex legionario e del contadino di Mercatale. Una svolta silenziosa quella sull’inchiesta del mostro di Firenze, a distanza di quasi 50 anni dai primi omicidi. Il capo della Procura di Firenze Giuseppe Creazzo però smentisce “categoricamente che dalle indagini in corso siano emersi elementi di prova che colleghino i delitti del cosiddetto mostro di Firenze con possibili ambienti eversivi. I polveroni non fanno parte dello stile di questo ufficio, qualcuno evidentemente ha interesse a sollevarli, ma non è la Procura”. E ha aggiunto che si “indaga senza trascurare nessuna pista, ma procede su elementi che abbiano una loro concretezza e non su supposizioni più o meno suggestive”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/26/mostro-di-firenze-ce-un-nuovo-indagato-un-ex-legionario-che-conosceva-pacciani/3756236/


Il Mostro di Firenze e la Strategia della tensione

Tratto dall'intervista di Stefania Nicoletti (Border Nights) pubblicata il 22 apr 2016, prima dei recenti articoli giornalistici de La Nazione (26 luglio 2017) che affrontano il rapporto tra Mostro di Firenze, Legione Straniera, Servizi segreti etc.




Mostro di Firenze, spunta la pista nera: un indagato

Sotto torchio un 86enne del Mugello legato ad ambienti dell’estrema destra e dei Servizi. Le accuse della Procura: ebbe un ruolo negli omicidi

Firenze, 26 luglio 2017 - Un ex legionario, originario del Mugello come Pietro Pacciani. Abile a sparare, appassionato di armi e frequentatore di poligoni. Legato agli ambienti dell’estrema destra e anche a quelli dei servizi segreti. Si racconta che organizzasse campi di addestramento sulla Calvana, negli anni della P2 e di Gladio. Adesso è ufficialmente sospettato di aver avuto un ruolo negli omicidi del mostro di Firenze. Trentadue anni dopo il delitto degli Scopeti, l’ultima delle otto coppiette trucidate con la solita, introvabile, Beretta calibro 22, c’è almeno un altro indagato per la storia che ha fatto conoscere al mondo il lato più oscuro del capoluogo toscano. I più attenti, si ricorderanno di Giampiero Vigilanti, classe 1930, perché lambito dalle indagini che poi virarono su Pacciani e i compagni di merende. Da diversi mesi, Vigilanti, ora residente a Prato, è sotto torchio. L’ex legionario, alto e forte anche oggi che ha 86 anni, è stato accompagnato nei luoghi dei delitti. Dice e non dice. Sembra però sapere. Molto, tanto che dalle sue parole, i carabinieri sono arrivati a perquisire anche un medico che vive in Mugello il cui grado di coinvolgimento è ancora da chiarire.

Ma questa silenziosa svolta nell’indagine tenuta ostinatamente aperta dal procuratore Paolo Canessa, con l’aiuto del collega Luca Turco, apre anche una inedita e clamorosa pista ‘nera’: delitti studiati a tavolino o cavalcati in ambienti eversivi per distrarre magistrati e opinione pubblica da ciò che accadeva nell’Italia della strategia della tensione. Il primo a indicare questa strada, a suon di esposti, è stato il legale della coppia di francesi uccisa nel 1985 agli Scopeti, l’avvocato Vieri Adriani. Ci sono sinistre vicinanze tra stragi e misteri di quel difficile periodo storico e i delitti del mostro. Il 4 agosto ’74 esplode la bomba sull’Italicus, il 14 settembre il mostro uccide a Sagginale Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore. Prima che il 6 giugno ’81 a Mosciano venissero massacrati Carmela Di Nuccio e Giovanni Foggi, imperversava la storia della loggia di Licio Gelli e c’era stato l’attentato al Papa, senza dimenticare la bomba a Bologna dell’80.

Il 23 ottobre ’81, il giorno dopo l’uccisione a Calenzano di Susanna Cambi e Stefano Baldi, c’era uno sciopero generale. Il giorno prima che Antonella Migliorini e Paolo Mainardi morissero sotto i colpi della calibro 22, era stato ritrovato impiccato sotto il ponte dei frati neri a Londra il banchiere Roberto Calvi. Il 9 settembre ’83 vengono ritrovati i cadaveri dei tedeschi Uwe Rusch e Horst Meyer: il 10 agosto precedente era evaso Licio Gelli dal carcere svizzero.

E, secondo la nuova chiave di lettura, non sarebbero casuali le vittime. La Pettini, era la figlia di un partigiano di Vicchio. Il giorno del delitto, ricorreva il trentennale della liberazione del Paese e alcuni dettagli fanno pensare a una esecuzione in stile nazifascista: i vestiti dei due fidanzati vennero ritrovati piegati fuori dalla macchina, come se fosse stato dato loro un ordine sotto il tiro dell’arma. L’ex legionario conosceva Pacciani, di cinque anni più anziano di lui, e come lui viveva a Vicchio nel 1951, quando il contadino uccise il rivale sorpreso ad amoreggiare con la fidanzata.

Dopo un primo tentativo alla fine degli anni ’40, Vigilanti si arruolò nella Legione subito dopo la condanna di Pacciani, nel 1952. Un’altra coincidenza? L’ex legionario, che rientrò in Italia nel 1960, ha conosciuto anche i ‘sardi’, perché ha abitato nella stessa strada di Salvatore Vinci, a Vaiano. A Vigilanti, gli investigatori si erano avvicinati già nel 1985: gli trovarono articoli della Nazione sul delitto di Sagginale del ’74, una pagina sulla strage dell’Italicus, i ritagli dell’elezione del presidente Cossiga. La polizia tornò a casa dell’ex legionario per caso, nel ’94, a causa di una denuncia di un vicino, con cui aveva avuto una lite. Quella volta, spuntarono 180 proiettili Winchester serie H: gli stessi del mostro, fuori produzione, all’epoca, da almeno una dozzina d’anni.

http://www.lanazione.it/firenze/cronaca/mostro-firenze-indagato-1.3293255

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