pubblicato il 12.03.18
Brescia Il Tar rigetta il ricorso di CasaPound: il fascismo e il nazismo non sono "libertà di opinione" ·
13 febbraio 2018
Il Tar ha dato ragione al Comune di Brescia, denunciato dall'ultra-destra di CasaPound per aver inserito in una delibera dello scorso dicembre una modifica alla disciplina delle concessioni pubbliche di spazi che prevede l'obbligo di sottoscrivere una dichiarazione in cui si ripudia il nazismo e il fascismo, si dichiara di non professarne o propagandarne le ideologie e ci si impegna a non mettere in atto manifestazioni fasciste o di usare la violenza quale strumento di lotta politica.
I camerata di CasaPound si sono presentati dinnanzi ai giudici, sostenendo che la richiesta di ripudiare il fascismo avrebbe leso la loro "libertà di opinione" e di "manifestazione del proprio pensiero", ma il Tar non è stato di quel parere, dando ragione al Comune e sentenziando che la richiesta dell'Amministrazione è in linea con i principi democratici costituzionali.
https://gayburg.blogspot.it/2018/02/il-tar-rigetta-il-ricorso-di-casapound.html
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No pasaràn. Viene in mente l'antico slogan antifascista, al quale Mussolini, il 29 gennaio ' 39 a Roma, rispose beffardo: «Siamo passati... e vi dico che passeremo». A Brescia no: ottant'anni dopo, non passano. Nella provincia che vanta il primo e unico sindaco di Casa-Pound - Andrea Bianchi, primo cittadino di Trenzano, denunciato l'estate scorsa per il post su Fb « il fascismo tornerà, mi sento fascista, Stato di merda» -, il Comune del capoluogo sbarra la strada a "tartarughe frecciate" e altri partiti neri. Così ha deciso il consiglio comunale di Brescia, e così ha confermato il Tar, a cui Cpi aveva fatto ricorso ritenendo che la delibera di giunta fosse lesiva della "libertà di opinione" e "espressione del pensiero".
Il provvedimento adottato da palazzo Loggia è identico a quello che decine di amministrazioni locali, non solo di centrosinistra, hanno già approvato per fermare l'avanzata dell'ultradestra: una modifica al regolamento per l'assegnazione di spazi pubblici. Chi ne fa domanda - partiti, associazioni politiche, onlus - deve dichiarare la propria estraneità a «fascismo, razzismo, xenofobia, antisemitismo e omofobia» e sottoscrivere un documento con il quale « si riconosce nei principi antifascisti della Costituzione ». È il "modello" Pontedera: uno dei primi Comuni italiani, con Pavia, ad avere introdotto la norma.
A Brescia la delibera è arrivata in consiglio a fine dicembre, dopo il caso di una sala concessa alla rivista Ordine Futuro, legata a Forza Nuova, nel quartiere Mompiano. L'ha presentata la consigliera comunale Francesca Parmigiani, candidata con Leu alla Camera. Caldeggiato da Anpi, Cgil e partigiani di Fiamme verdi, il certificato antifascista è stato poi approvato con delibera di giunta. I camerati di Cpi, che nel collegio di Brescia hanno presentato una lista per le politiche, si sono rivolti al Tar sostenendo che la richiesta di ripudiare il fascismo lede la loro « libertà di opinione » e « manifestazione del proprio pensiero » . Un ricorso motivato anche da esigenze di campagna elettorale. Due giorni fa il tribunale ha respinto, per ora in fase cautelare, dando ragione al Comune: la richiesta dell'amministrazione è «legittima» e «in linea con i principi democratici costituzionali». Nella città della strage nera di piazza della Loggia - 28 maggio 1974, 8 morti, 102 feriti - le associazioni che vorranno avere uno spazio pubblico dovranno dichiarare di « ripudiare il nazismo e il fascismo e di non professarne o propagandarne le ideologie». Si dice che nei giorni scorsi Cpi questa dichiarazione l'avrebbe sottoscritta. Curioso per un partito che si definisce «fascisti del terzo millennio».
Ma torniamo ai dispositivi per togliere spazi all'estrema destra. Sono già stati approvati a Pavia, Cesena, Siena, Torino, Milano, Genova, Bologna, Prato, Pisa, Siena, Pistoia, Massa Carrara, Marzabotto e in altre decine di Comuni. A Genova centrosinistra e centrodestra hanno raggiunto l'accordo grazie a un'integrazione: ai movimenti neofascisti sono state aggiunte le associazioni « con finalità di terrorismo, sovversive, violente e integraliste ».
Altro tema dibattuto è la revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini. Molte amministrazioni lo hanno fatto. Ieri, alla luce dei rigurgiti neofascisti, si è aggiunta Mantova. Il consiglio comunale a maggioranza Pd ha votato la mozione che cancella l'onorificenza concessa nel 1924: contrari Fi, Fdi, Lega e M5S. «Dittatore» e «liberticida »: per questo Mussolini non sarà più cittadino onorario mantovano. Per tenere la maggioranza unita è intervenuto anche il sindaco dem, Mattia Palazzi: «Siamo qui per decidere se la cittadinanza a Mussolini oggi rientri o meno nei valori che questo consiglio e questa città intendono celebrare » . A Bergamo, un suo amico e collega ( anche di partito), Giorgio Gori, è di orientamento opposto. « La cittadinanza lasciamola come monito», ha ribadito in questi anni il candidato governatore del centrosinistra. A ottobre Lele Fiano, promotore della legge contro la propaganda fascista, aveva detto: « Trovo singolare che si mantenga la cittadinanza onoraria per un assassino».
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