pubblicato il 1.08.18
Combattono per la Russia, sotto inchiesta 10 estremisti di destra, 6 arresti, con simpatie per la Lega ·
Genova - Questa mattina all’alba i carabinieri del Ros hanno eseguito sei arresti e perquisizioni a carico di altri sette indagati nell’ambito dell’indagini su un gruppo di estremisti italiani che andava che a combattere nella regione del Donbass.
L’operazione è coordinata dal procuratore capo Francesco Cozzi e Federico Manotti dalla direzione distrettuale antimafia della Procura di Genova. Gli arresti sono stati effettuati a Milano e nelle province di Avellino e Parma per i reati di reclutamento di mercenari e di combattimento in un conflitto armato estero.
Chi sono le persone coinvolte, gli arrestati
Gli arrestati sono Antonio Cataldo, Olsi Krutani e Vladmir Verbitchii. Ricercati Andrea Palmieri, Gabriele Carugati e Massimiliano Cavalleri.
Ai tre arrestati sono contestati a vario titolo i reati di associazione per delinquere finalizzata al reclutamento e al finanziamento di mercenari combattenti al fianco di milizie filorusse, reclutamento e istruzione dei mercenari e attività di partecipazione al conflitto, fatti aggravati dalla transnazionalità dei reati.
Antonio Cataldo, operaio, era stato già arrestato in Libia nell’estate 2011 dalle forze di sicurezza dell’allora regime con due connazionali che lavoravano come contractors. Cataldo è accusato di aver preso parte ai combattimenti nel Donbass dietro corrispettivo di denaro e di aver reclutato mercenari.
Olsi Krutani è un cittadino albanese, sedicente ex ufficiale delle aviotruppe russe, istruttore di arti marziali, operatore informatico. E’ accusato di aver reclutato mercenari da inviane in teatro di conflitto in Ucraina.
Vladimir Vrbitchii, detto “Parma”, è un operaio di origine moldava, aspirante legionario, accusato di aver preso parte ai combattimenti lungo il confine russo-ucraino dietro corrispettivo di denaro.
Tra gli indagati figurano esponenti di gruppi ultrà, un ex militare dell’Esercito ma anche soggetti di opposta estrazione ideologica accomunati da una posizione eurasiatica che si oppone all’atlantismo e ai valori liberali propugnati dall’imperialismo americano.
Chi sono le persone coinvolte, i ricercati
Gli altri tre dei sei destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere sono al momento risultati irreperibili. Secondo gli investigatori i tre potrebbero trovarsi ancora nelle zone teatro del conflitto. Nel corso dell’operazione di questa mattina sono state effettuate sette perquisizioni nei confronti di altri soggetti coinvolti nell’indagine, i cui esiti sono stati anticipati da alcuni quotidiani. I reati contestati sono, a vario titolo, associazione per delinquere finalizzata al reclutamento e al finanziamento di mercenari combattenti al fianco di milizie filorusse, reclutamento e istruzione dei mercenari, attività di partecipazione al conflitto, fatti aggravati dalla transnazionalità dei reati.
I l 26 luglio Andrea Palmeri, trentottenne, storico capo ultrà della Lucchese e dichiaratamente neofascista, scrive sul suo profilo Facebook con ogni probabilità dalla Russia: «Alcuni giorni fa, amici mentre scavavano una trincea hanno trovato una gavetta di un nostro ragazzo dell’Armir, Domicolo Nicola, 90º reggimento fanteria Salerno, numero matricola 12097». Secondo i magistrati, oltre che l’orgoglio per i soldati presenti sul fronte orientale nella Seconda guerra mondiale, quel messaggio certifica l’attività tuttora in corso d’un gruppo di mercenari italiani impegnati nell’ultimo triennio in Ucraina al fianco delle milizie filorusse, dei quali Palmeri è il vertice o comunque uno dei reclutatori sebbene si stia adesso dedicando in prevalenza a iniziative para-diplomatiche.
Dieci di loro, originari di varie regioni e perlopiù simpatizzanti dell’estrema destra o della Lega, sono sotto inchiesta per “arruolamento o armamenti non autorizzati al servizio d’uno stato estero”, reato punito con pene tra i 4 e i 15 anni. L’indagine nelle ultime settimane ha subito un’improvvisa accelerazione, mentre per mesi era parsa arenata. E l’addebito è lo stesso che fu mosso ai contractor appena rientrati dall’Iraq nel 2004, dopo il rapimento e la morte di Fabrizio Quattrocchi.
Il nodo cruciale è la differenza tra il ruolo del mercenario - fuorilegge in Italia, che ha ratificato nel 1995 una convenzione Onu del 1989 - e appunto quello del contractor, sulla carta un professionista privato della sicurezza, pagato per i suoi servizi senza tuttavia la partecipazione attiva ai conflitti. Ad attualizzare i sospetti degli investigatori contribuiscono una serie di foto pubblicate in periodi più o meno recenti dai diversi combattenti, che li mostrano armi in pugno insieme ai militari foraggiati da Vladimir Putin, e i numerosi viaggi compiuti negli ultimi anni.
Il teatro d’azione, dal 2014 in avanti, è stato il Donbass, regione orientale dell’Ucraina (le città principali sono Donetsk e Lugansk) contesa fra l’esercito regolare e le formazioni che vorrebbero tornare sotto il controllo di Mosca, seguendo la sorte della Crimea. È insomma in un contesto di guerra civile che sono, o sono stati impegnati, i miliziani partiti dal nostro Paese, e a metà aprile l’ambasciata ucraina ha denunciato la presenza d’una trentina d’italiani divenuti soldati contro Kiev: l’intervento diplomatico ha così rinvigorito il fascicolo aperto a Genova dal procuratore capo Francesco Cozzi e dal pm antiterrorismo Federico Manotti.
Perché la Liguria? Gli accertamenti delegati ai carabinieri del Ros erano partiti dalle perquisizioni di due giovani dai variegati percorsi tra Forza Nuova, CasaPound e gruppi skinhead, autori di scritte inneggianti al nazismo nello Spezzino. Mappando i loro contatti e le progressive ramificazioni, l’Arma si è poi imbattuta da Nord a Sud in una serie di movimenti neofascisti, circoscrivendo infine i presunti mercenari.
Oltre a Palmeri, che nel Donbass ha pure creato una onlus insieme a un’italo-russa vicina al Carroccio e in seguito candidata per Fratelli d’Italia a un’elezione municipale, tra i principali personaggi coinvolti ne figurano tre presenti almeno dal 2015 sui campi di battaglia. Il primo è l’ex soldato Antonio Cataldo, 34 anni, originario di Nola in Campania. Ha avuto esperienze in Libia, dove fu sequestrato e liberato nel 2008, si è addestrato in Russia e ha tenuto corsi a Panama. Nell’elenco dei pubblici ministeri compare quindi Gabriele Carugati, detto “Arcangelo”, ex addetto alla sicurezza d’un centro commerciale lombardo, figlio di Silvana Marin, per lungo tempo dirigente della Lega a Cairate (Varese): su Facebook conferma di vivere a Donetsk e alterna fotografie in mimetica a immagini di raduni a Pontida. Tra i sospetti reclutatori sono inoltre inclusi il moldavo Vladimir Verbitchii, che ha vissuto in Emilia e usava il nome di battaglia “Parma”, e una donna d’origine russa, oltre a 4-5 figure minori. Tutti, nell’opinione di chi indaga, hanno ricevuto un compenso per stare al fronte e sono ritenuti “pericolosi” per la dimestichezza con le armi mixata alla solidità dei rapporti internazionali. Perciò i pm hanno deciso di accelerare
http://www.ilsecoloxix.it/p/genova/2018/08/01/ADk0KGu-combattono_inchiesta_estremisti.shtml
Chi è l'ultra fascista che combatte in Ucraina
Il capo della curva della Lucchese finisce nei guai con la giustizia, allora scappa a Donetsk e imbraccia il mitra. Spacciandosi per emissario di imprese italiane
11 ottobre 2017
Per il latitante Andrea Palmeri, 38 anni, di Lucca, orgogliosamente neofascista e notissimo capo ultrà della Lucchese, la strada da percorrere non è stata breve né semplice dalla curva dello stadio toscano a quello dello Shakhtar Donetsk. Ma a Palmeri è sembrata l’unica percorribile, per una ragione, a suo dire, dirimente: portare l’Italia fuori dall’Europa, dichiarandolo nelle interviste così come sul suo profilo aperto di Facebook. Dove si mostra a torso nudo tatuato con croci celtiche o mentre imbraccia un mitragliatore spiegando quanto sia necessario combattere non solo contro gli Stati Uniti, ma anche contro «la deriva dei costumi» (si è convertito al cristianesimo ortodosso russo) che ha reso possibile ad esempio i matrimoni gay e il recupero in mare dei migranti.
L’unico leader politico italiano a cui riserva parole di encomio è Matteo Salvini. Ma a queste motivazioni andrebbe aggiunta un’altra che Palmeri raramente menziona dal suo arrivo nel 2014 a Luhansk, capitale dell’autoproclamata e omonima repubblica che, assieme a quella di Donetsk, costituirebbe la cosiddetta Novo Rossia, entrambe non riconosciute dalla comunità internazionale, ma sostenute militarmente dal Cremlino.
I fascisti italiani fanno i mercenari per Putin
Partono per combattere in Ucraina al soldo dello "zar" russo. Neonazisti e armati, vengono arruolati nelle nostre città per essere spediti al fronte. Ecco chi sono
Ciò che Palmeri non ama sottolineare è che ha deciso di andare in una delle zone più contese e violente della storia recente per sfuggire alla giustizia italiana che allora lo aveva condannato in primo grado per associazione a delinquere, con l’obbligo di dimora fino al processo d’appello. Nel 2016 la Corte d’Appello di Firenze lo ha condannato - in contumacia - a due anni e otto mesi di carcere dopo aver usufruito in primo grado del rito abbreviato e quindi di uno sconto di un terzo della pena. Il “Generalissimo”, come viene chiamato dai suoi sodali ultras della Lucchese, era già finito in cella in passato sempre a causa della sua condotta violenta nei confronti di simpatizzanti di sinistra e tifosi di altre squadre. I giudici di Firenze, pur riducendogli di un anno la pena richiesta, lo hanno condannato per “associazione a delinquere, lesioni aggravate, porto abusivo di coltello e minaccia aggravata”.
Dopo aver lasciato indisturbato la propria città, contravvenendo all’obbligo di firma, e aver raggiunto il Donbass, via Russia, per prendere le armi, Palmeri ha fondato una onlus che dichiara di avere la missione di raccogliere fondi a favore della popolazione impoverita dal conflitto. Ad “aiutarlo ad aiutare” può contare sull’energia di Irina Osipova, pasionaria dei giovani italo-russi che lo scorso anno fu candidata alle comunali di Roma nella lista di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Sui social gira una foto della giovane studentessa moscovita con indosso una maglietta nera, con la scritta “Defend Italia” e l’immagine di un kalashnikov, mentre abbraccia un allegro Palmeri. Osipova però è stata a lungo anche vicina alla Lega Nord di Salvini, che accompagnò nel suo primo viaggio in Russia e collabora con l’associazione Lombardia-Russia diretta dal giornalista Gian Luca Savoini, responsabile per il Carroccio dei rapporti con Mosca già dai tempi di Umberto Bossi. Il “Generalissimo” che si definisce un vero “fascista” ha rapporti molto amichevoli anche con Maurizio Marroni, consigliere regionale piemontese di Fratelli d’Italia, anche a giudicare da una festosa cena avvenuta a Luhansk.
Marroni è colui che non solo si è recato nel Donbass facendosi intervistare dalle tv separatiste sulle iniziative per avvicinare il mondo euroscettico italiano alla Russia, ma è anche il presidente del Centro di Rappresentanza della Repubblica Popolare di Donetsk, una sorta di “consolato” aperto lo scorso 14 dicembre presso i locali del Comitato “Fondazione Magellano” a Torino. Fino allo scorso anno ve ne era un altro nella Repubblica Ceca, fatto chiudere dalla magistratura. Ora ci siamo solo noi.
Tra gli italiani di estrema destra che combattono (forse stipendiati) nel Donbass c’è anche il ventiquattrenne Alessandro Bartolini, che alle telecamere della Rai ha detto di essere stato finora un disoccupato e di aver sempre sognato di combattere. Il suo tentativo di entrare nell’esercito italiano è fallito ma il ragazzo non ne ha rivelato la ragione in modo comprensibile. Alla domanda sulle sue simpatie in ambito politico, ha risposto senza esitazioni: «Forza Nuova».
Un altro foreign fighter che si troverebbe ancora a Luhansk, come riporta il suo profilo Facebook, è Gabriele Carugati. Ex addetto alla sicurezza di un centro commerciale lombardo, è figlio della segretaria della Lega di Cairate. Tre anni fa, a una nostra richiesta di intervista, Carugati rispose via social con una foto di un proiettile di mitragliatore abbellito con le iniziali R.Z, scritte a pennarello, e un post : «Prima o poi ti darò l’intervista». Il coordinamento Ucraina Antifascista l’anno scorso ha diffuso numerosi comunicati in cui denuncia l’uso strumentale dei propri materiali informativi da parte di gruppi che flirtano con i fascisti e di individui come Irina Vikhoreva che si è presentata alle comunali di Roma nella lista di Forza Nuova “Iorio sindaco”.
Per tornare al latitante lucchese, dalle fotografie e dagli articoli pubblicati nel Donbass dai media filo russi, risulta che Palmeri si sta spacciando per intermediario tra alcune municipalità locali e l’imprenditoria italiana. Lo scorso marzo Nasha Gazeta, un giornale di Luhansk, ha pubblicato un articolo sull’incontro tra «un rappresentante italiano e il sindaco del comune di Alchevsk, Natalia Pyatkova, per discutere di prospettive imprenditoriali». Come si vede dalla foto a corredo dell’articolo, il rappresentante è proprio il “Generalissimo”.
Nell’articolo si legge anche che, secondo l’italiano, ci sarebbe interesse da parte dell’imprenditoria di casa nostra a investire nel Donbass. Insomma, un pregiudicato latitante sarebbe il nostro uomo a Luhansk, dove gli è stata conferita peraltro la cittadinanza onoraria. Palmeri è di casa anche a Mosca dove si trovava sicuramente nel giugno scorso assieme a un geometra venticinquenne di Lecco, Vittorio Nicola Rangeloni che ha trovato lavoro a LNR Today (l’agenzia stampa della Repubblica Popolare di Luhansk). I due, solidali anche per la comune adesione alle idee dell’estrema destra, si sono immortalati in una foto davanti al Cremlino a cui hanno aggiunto in un post su Instagram un commento volutamente di scherno: «Oggi siamo andati a ritirare gli stipendi!».
http://espresso.repubblica.it/attualita/2017/10/11/news/chi-e-l-ultra-fascista-che-combatte-in-ucraina-1.311739
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