pubblicato il 13.01.19
Calcio, la piaga nera del tifo fascista ·
Si annidano tra gli spalti e portano avanti indisturbati retaggi del ventennio: cori, striscioni con insulti razzisti e alleanze con le tifoserie neonazi. Mappa dei gruppi di estrema destra della penisola, per capire dove si alimenta l’odio xenofobo costato la vita a Emmanuel Chidi Namdi
11 luglio 2016
Alcuni riecheggiano il fascismo con i modi di dire dell’epoca. Quell’espressione romana "me ne frego", che durante il ventennio ebbe tanto successo, è un motto della Nord laziale: "Me ne frego, di morire, me ne frego di Togliatti e del sol dell'avvenire. [...] Ce ne freghiamo della galera, camicia nera trionferà". Altri portano la bandiera dei "fratelli" di Budapest, quelli che si rivoltarono contro il regime comunista nell’ottobre del 1956: "I ragazzi di Buda". E poi gli striscioni, le croci celtiche e le svastiche, i cori razzisti, lo schieramento a falange quando si scende dal pullman.
E’ la tifoseria nera italiana, quella da cui proviene anche Amedeo Mancini accusato dell'omicidio di Emmanuel Chidi Namdi, il nigeriano massacrato di botte per aver difeso la moglie dagli insulti razzisti. Amedeo, travestito da ultras, è cresciuto a ideologia fascista, violento e per questo allontanato dagli stadi.
Nell’ambiente, molti tifosi hanno invitato a distinguere tra un "fascista" e un "ultras". "Emmanuel è morto per un odio xenofobo, il calcio non c’entra". Vero, ed è certo che molti non vogliono essere associati a episodi di questo tipo. Ma non è sempre così.
Esistono delle frange neofasciste e neonaziste tra gli spalti. Alimentate dalla cosiddetta "differenza fra "noi" e "loro", fra ciò che è umano, e umano non è, fra il bene e il male", come ha scritto Ivan Colovic nel 1999 in "Campo di calcio. Campo di battaglia", per spiegare le dispute tra tifoserie jugoslave. I capi ultras spesso hanno bisogno di questi estremismi per tenere la curva unita e giustificano loro stessi grazie al colore di una maglia.
Le multe della Commissione Disciplinare della Figc alle società per i cori razzisti, i Daspo e i divieti di esporre striscioni, non sono bastati a fermare il fenomeno. Sono molte le tifoserie che si dichiarano apertamente fasciste, non solo nella prima serie, ma anche e soprattutto in quelle minori, serie B e lega Pro: ambienti piccoli, ma proprio per questo i valori si insinuano meglio. Come per la tifoseria di Mancini, sostenitrice della Fermana che milita in serie D. Generalmente di destra, la "Curva Duomo" dopo quando accaduto ha definito Mancini "uno di loro" e si è detta addolorata, ma apolitica, rigettando ogni tipo di accusa.
Dall’ultimo censimento delle tifoserie delle serie professionistiche, presente nel rapporto dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive del ministero dell’Interno, emerge che per la stagione 2014-2015 sono attivi 382 gruppi, composti da circa 39.600 supporter.
Circa 151 hanno manifestato un orientamento politico: 45 hanno una connotazione generica di destra, mentre 40 di estrema destra: si parla di circa 8.000 tifosi. I restanti viaggiano tra idee di sinistra (33) o sinistra più radicale (21). Persino la Nazionale è stata sostenuta per qualche anno dagli "Ultras Italia", nati nei primi duemila volevano essere l’unione dei gruppi locali di estrema destra detti "Viking".
Il fascismo nelle curve si infiltra durante il Ventennio: lo sport fa presa sulla gente e l’interesse popolare verso il calcio aumenta alimentato dai successi della nazionale con le due vittorie ai mondiali nel ‘34 e ‘38, e la medaglia d’oro alle Olimpiadi nel ‘36. Tutto ad aumentare il senso d’identità nazionale.
"Ogni domenica gli stadi sono pieni di potenziali fascisti, tanto lo spettacolo si basa sull’odio verso l’altro. Assistere a una grande partita significa offrirsi due ore di fascismo ordinario e legale", ha scritto ancora Colovic. Fascismo inteso come spazio libero in cui manifestare contro l’autorità, "per i piccoli nazisti che sognano spazi più ampi".
Quelli di destra sono gruppi attivi, almeno politicamente, più delle tifoserie di sinistra: fanno comunicazione online, puntano sull’immagine, gli slogan, organizzano incontri su temi di attualità e si considerano impegnati. Per politicizzati però s’intende non solo l’esposizione di uno striscione o il canto di qualche coro. In alcune terre calcio e politica si intrecciano, capi curva e membri importanti della tifoseria hanno stretti legami o fanno parte delle file di partiti e movimenti. A destra i gruppi sono noti: Forza Nuova, Casa Pound, Skinheads, ma anche la Lega Nord.
Posizioni che oggi sembrano trovare nuova linfa nella crisi, mai risolta, dei migranti: la difesa del territorio anche e soprattutto nei piccoli centri dove la presenza dello straniero fa più rumore.
Il punto caldo del tifo nero è il nord-est italiano trainato dai supporter dell'Hellas Verona, storica tifoseria di destra che si è fatta conoscere negli anni per episodi fascisti e apertamente xenofobi. Fa parte delle cosiddette tifoserie del Triveneto, da sempre tenute d’occhio dalla Digos: Treviso, Padova, Triestina e Vicenza.
Quella del Verona è una delle tifoserie anticamente organizzate grazie alle "Brigate Gialloblu", fondate nel 1971 e che fanno il verso a quelle nere di Benito Mussolini. O la "Banda Loma" di Alberto Lomastro, indagato, e poi assolto, insieme a Yari Chiavenato (prima Forza Nuova, poi nelle liste di Lega Nord) per una storia datata 1996 quando dalla curva fu fatto pendere a mo’ di impiccagione un manichino nero come protesta nei confronti della società che voleva acquistare un giocatore africano.
Nel 2015 i veronesi sono protagonisti di una sentenza che fa discutere. Quattro anni prima contro il Livorno i tifosi animano lo stadio con uno show tutto fascista: cori, striscioni, saluti romani e insulti di ogni tipo partono dal settore ospiti. L’accusa è di aver violato la legge Mancino sulla discriminazione e violenza razziale. Tutti assolti, il fatto non è reato. La motivazione fu che lo stadio non è luogo dove viene fatta propaganda politica.
Eppure a seguire i veronesi non si direbbe. Lo stesso Flavio Tosi fu accusato dai collettivi antifascisti di cercare voti con la sua presenza in curva durante la campagna elettorale nel 2012 per la fascia di primo cittadino della città veneta. Non era andata invece meglio a due tifosi della Juventus condannati a due mesi di reclusione sempre nel 2015 per un saluto romano in occasione di una partita con il Bari giocata il 25 aprile, giornata della Liberazione dal nazifascismo.
Ma non tutto è così netto come sembra. L’Hellas è legato alla tifoseria della Fiorentina, storicamente di sinistra anche se oggi meno politicizzata, e con quella sampdoriana dal 1973, dichiaratamente antifascista. Da tempo alcuni gruppi chiedono l’allontanamento dalla squadra veronese per le sue ideologie. I "Rude Boys" blucerchiati sono infatti vicini alla tifoseria tedesca del St. Pauli, attiva sul fronte antinazista.
Per questo anche all’interno dei gruppi esistono posizioni che sconfinano. Nell’elenco stilato dal ministero dell’Interno si legge anche che 12 sodalizi hanno manifestato un’ideologia "mista" caratterizzata dalla presenza di esponenti sia di destra che di sinistra. Come per Cesena, Bologna, Milan tra gli altri.
Accanto al Verona c’è la tifoseria della Lazio. Storicamente curva nera. Arrivata a farsi conoscere anche a livello europeo con un turno a porte chiuse nel 2013 per insulti razzisti contro il Tottenham. Nello specifico "cori scimmieschi" contro tre giocatori della squadra londinese. Pena poi sospesa. Ma la curva laziale è da sempre sotto la lente della Commissione Disciplinare. Fecero parlare gli striscioni contro il Livorno nel 2005, una tifoseria storicamente di sinistra: "Pentito e partigiano con i laziali sei sempre scappato". Ma anche "Foibe: Togliatti criminale di guerra". Dall’altra parte con falce e martello si cantava "Bandiera rossa".
La Lazio è anche un delle tifoserie che mantiene legami oltre confine proprio per le sue idee politiche. Il filo nero lega da est ad ovest l’Europa, spalleggiano i laziali gli Ultras Sur un gruppo di tifosi del Real Madrid, i polacchi del Wisla Cracovia e gli ungheresi del Levski Sofia, con cui i romani sono gemellati. Il sostegno reciproco viaggia su internet, basta un invito e i tifosi vengono a tenere alto l’onore della squadra in partite delicate come il derby della Capitale. Storica alleanza in Italia invece con Inter e sintonia con i tifosi dell’Hellas, Ascoli e Chieti.
E non è raro che anche i calciatori si rendano protagonisti di saluti romani, il più noto è certamente Paolo di Canio, ex bandiera della Lazio e orgoglio della curva. "Sono un fascista, non un razzista" si era giustificato dopo la squalifica e la multa di 10.000 euro per il gesto durante Lazio-Juventus nel 2005. e accusato di aver violato la legge Scelba sull’apologia al fascismo. Parole poi smentite dal suo avvocato: "E’ un saluto alla curva, non ha valenza politica, ma sportiva". Insomma per condividere i valori dell’Urbe. Difficile però per Di Canio giustificare quel "DVX" tatuato sul braccio destro.
Anche la tifoseria della Juventus ha alcuni scheletri nell’armadio. Come i gemelleggi con il Legia Varsavia, e il Den Haag, quest’ultima dichiaratamente antisemita: i suoi tifosi si contrappongono a quelli dell’Ajax, le cui file sono composte da un folto gruppo ebraico.
Spesso l’ideologia supera anche le lontananze politiche come nel caso della Roma. Dove l’estrema destra legata a Casa Pound punta a conquistare la Sud, in testa ci sono i "Padroni di casa" di Gianluca Iannone spuntato nelle intercettazioni di Mafia Capitale. Alla corte di Massimo Carminati ci sarebbe anche il gruppo nazi "Opposta Fazione". E’ infatti di recente che alcuni gruppi si sono avvicinati a quelli laziali partendo dalle ideologie per creare sodalizi. Altri come il "Fedayn" hanno cercato di contrastare la deriva fascista.
Queste alleanze possono anche sfociare nella politica: nel 2003 con l’uscita di Alessandra Mussolini da Alleanza Nazionale, Paolo Zappavigna, il capo dei "Boys" di Roma, le aveva annunciato sostegno promettendole 1.000 voti della curva se avesse fondato un nuovo partito.
Da lì iniziarono gli attacchi contro Gianfranco Fini che aveva usato dure parole contro la Mussolini. Durante una partita contro il Lecce all’Olimpico era spuntato lo striscione: "Fini come Badoglio" per la sua visita in Israele da ministro degli Affari Esteri. A Torino dagli spalti bianconeri uscì un "Fini traditore d’Italia".
E dalla lupa era nato anche Daniele De Santis, l’ultras che uccise a colpi di pistola Ciro Esposito tifoso del Napoli, poi condannato a 26 anni di carcere. I giornali pubblicarono una serie di foto del suo covo tappezzato di bandiere fasciste e murales a tema.
"Lo sport è compenetrato di fascismo" ha scritto Michel Caillat, esperto di sociologia dello sport, in "L’ideologia dello sport in Francia". Un mix di eroismo, glorificazione, assetti simili a quelli militari e come apice la competizione fra uomini. Come se non ci fosse una via di scampo.
http://m.espresso.repubblica.it/inchieste/2016/07/11/news/calcio-la-piaga-nera-del-tifo-fascista-1.276905?fbclid=IwAR000Jn-tOfDhYEO7oW1Z_Y8qwQFeDIMHRkWIJP9d43ynMnu95gHaKoZH8U
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