pubblicato il 7.02.21
Dalla difesa della razza all’apologia del fascismo le Marche laboratorio della destra più nera ·
ANCONA — In un triste edificio anni Sessanta color nocciola al numero 19 di via XXV Aprile sorge la sede dell’Ufficio scolastico regionale delle Marche. Nel suo ufficio al quinto piano — la stanza è dominata da un quadro futurista opera di studenti di un liceo artistico; nella sala d’attesa, un manifesto del Comando supremo militare italiano con fascio littorio — il direttore generale Ugo Maria Filisetti spiega la sua idea di pedagogia. «Mi ispiro a Giovanni Gentile (ministro della Pubblica istruzione fascista, ndr). L’ardore battagliero, il valore. In quella mia lettera c’era il meglio di Gentile».
La vicenda, imbarazzante, è impressa nelle cronache (la ricorderemo tra poco). Non irrilevante nel racconto delle Marche anno 2021. Sotto la guida sovranista di Fratelli d’Italia la regione sembra essere diventata una specie di laboratorio oscurantista e reazionario; un terreno di scontro ideologico arato dalla destra che non rifiuta le angolazioni estremiste. Ancora prima di settembre — quando è stato eletto il governatore Francesco Acquaroli, pupillo della Meloni, già nella bufera per aver partecipato alla cena commemorativa della Marcia su Roma organizzata in provincia di Ascoli Piceno il 28 ottobre 2019 — ha preso a girare questo sapido calembour: le notizie che arrivano dalle Marche sembrano piovere da "Marte". Filisetti, dunque. Il 4 novembre, giorno dell’unità nazionale, il dirigente Miur invia ai 210 mila studenti marchigiani una missiva dai pomposi toni fascistoidi. Citazione di Mussolini compresa. La ministra Azzolina avvia un’istruttoria. «Ho fornito i chiarimenti richiesti — dice Filisetti — e non ho ricevuto nessun provvedimento disciplinare ». Avvocato. Esperto di bilanci.
Chiamato al ministero nel 2009 dalla Gelmini. Con Filisetti andiamo sulla notizia della settimana. L’ultima storia marziana. La proposta shock del consigliere regionale Carlo Ciccioli, capogruppo FdI. Negare il diritto all’aborto per evitare la «sostituzione etnica». In pratica: guai a interrompere la gravidanza; bisogna anzi riprodursi per fare in modo che gli immigrati stranieri non rimpiazzino la "razza Marche". Oplà: l’endorsement di Filisetti. «L’aborto non è una cosa positiva. Io ho otto figli». Sulla scrivania c’è una fotografia della prole. «Che nelle Marche abbiamo un calo demografico è oggettivo. Che questo calo si aggiunga a un aumento della popolazione straniera, pure. Che l’aumento porti a una rivoluzione antropologica è un altro fatto oggettivo. E una rivoluzione antropologica è lacrime e sangue».
Torniamo a Ciccioli. Chi è il fanatico della sostituzione etnica? Ex Msi, negli anni ‘70 era un picchiatore fascista. Nel ‘74 spara a uno studente. Ombre che non hanno rallentato la carriera politica. Oggi è l’ariete anti-abortista. «Combattere per la pillola del giorno dopo è retroguardia…», ha detto in aula a Palazzo delle Marche. Strano non abbia tirato fuori il fantomatico "piano Kalergi". «Mai avrei pensato di dover ascoltare, nel 2021, il pensiero di sostituzione dell’etnia, e di vedere negati i diritti costituzionali delle donne», at tacca Francesco Ameli, responsabile enti locali Pd piceno. Oggi a Ancona la sinistra manifesterà per l’eliminazione dell’obiezione di coscienza nelle strutture pubbliche e per un accesso libero alla pillola abortiva. Dice Agnese Santarelli di Sinistra italiana: «Fermiamo chi vuole farci tornare al medioevo».
Marche e Abruzzo. Sono le due regioni governate da Fratelli d’Italia. Qui, però, certe derive le cogli plasticamente. Ancona, Ascoli, Civitanova Marche, Macerata. Nei giorni del terzo anniversario dell’attentato fasciorazzista di Luca Traini, succedono cose. Esempi. Il Giorno della Memoria gli scranni di FdI in consiglio regionale sono rimasti vuoti. «Un’assenza che parla», commenta la dem Alessia Morani.
A Civitanova il vicesindaco Fausto Troiani, dopo gli insulti a Cecile Kyenge (assolto), va a processo per le offese a Papa Francesco e la «sua rete di pedofili».
Poi c’è Ascoli. Tra sventolii di bandiere della Rsi (ancora appese alle finestre della casa di Giulio Natali, ex vicesindaco, figlio di Luigi, senatore missino), il travertino rinascimentale di piazza del Popolo incornicia il nuovo corso del sindaco meloniano Marco Fioravanti. Uno che il 25 Aprile scorso si è presentato in mascherina nera al sacrario partigiano di Colle San Marco. Il suo slogan? «Rilanciamo la città». Nell’operazione rientra la biblioteca comunale Gabrielli. Nata nel 1856 in un ex convento. Il Comune vuole privatizzarla. «Giù le mani dal bene pubblico per eccellenza », protestano Walter Sfratato, Antonio Canzian e Mimmo Nardini di "Ascolto e partecipazione". Cosa ha in mente la giunta? Di «animare » la biblioteca. «Assurdo. Qui si viene per studiare, non è un villaggio turistico», dicono i ragazzi del comitato Caciara. I privati puntano, in realtà, al chiostro. Che diventerebbe spazio-eventi. Ad oggi i pochi artisti che si esibiscono, sempre gli stessi, sono consigliati da chi comanda. Tra chi ha potere ad Ascoli c’è Andrea Maria Antonini, ras della Lega. L’hanno fotografato allo stadio con una croce celtica sul petto. Il timore dell’Anpi è che FdI-Lega inizino con la privatizzazione per poi tentare l’assalto all’impostazione della biblioteca. «In un’ottica di limitazione dei testi sulla Resistenza», chiosa Pietro Perini. La città e la provincia di Ascoli sono medaglie d’oro al valore civile e militare. Ma questo, forse, per qualcuno è relativo.
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