pubblicato il 16.06.22
Occupazione CasaPound, persi 2,7 milioni: a processo 8 dirigenti di Miur e Demanio ·
La Corte dei Conti riapre il caso: “I manager pubblici non fecero nulla per avviare l’iter dello sgombero”. Nello stabile vivono dipendenti di Comune, Cotral e dello stesso Mef che ne è proprietario
15 Giugno 2022
Non hanno alzato un dito, non hanno fatto nulla per avviare l’iter necessario ad arrivare allo sfratto dei militanti di CasaPound. Ne è convinta la procura regionale della Corte dei Conti del Lazio, che ha chiesto di riavviare il processo contro otto dirigenti del Miur e del Demanio per l’occupazione dell’immobile in via Napoleone III messa a segno dal movimento neofascista ormai il 26 dicembre 2003.
A quasi 19 anni di distanza, le tartarughe frecciate sono ancora di stanza all’Esquilino. Ma finalmente nella lista degli sgomberi stilata dalla prefettura: il quartier generale di CasaPound è al decimo posto della graduatoria, ma non è escluso un blitz anticipato per liberare il palazzone diventato simbolo del lassismo della pubblica amministrazione.
Tornando al processo contabile, l’appuntamento per l’udienza in appello è fissato per il 15 luglio. La sentenza dovrebbe quindi arrivare dopo l’estate. Solo allora si saprà se qualcuno dovrà pagare per l’inerzia con cui lo Stato ha subito l’abuso dei “fascisti del terzo millennio”. Il conto prospettato dal viceprocuratore generale Massimiliano Minerva è particolarmente salato: 2.783.765,98 euro. Fino all’ultimo centesimo. A tanto ammonta il risarcimento che la Corte dei Conti chiede ai manager Bruno Fimmanò, Marco Morelli, Renzo Pini, Pier Giorgio Allegroni, Antonio Ottavio Ficchì, Bruno Pagnani, Antonio Coccimiglio e Jacopo Greco. Otto dirigenti pubblici assolti in primo grado per cui si riapre il rischio di finire condannati.
In ballo, come detto, c’è l’occupazione ultradecennale di via Napoleone III e i danni che avrebbe causato alle casse dello Stato "consistente nella prolugata indisponibilità dell’immobile, cioè nel suo valore immobiliare perduto" nel lungo lasso di tempo trascorso senza che nessuno intentasse causa in sede civile o penale.
Secondo la procura, tanto i vertici amministrativi del Miur che della direzione Roma dell’Agenzia del Demanio "hanno trascurato compiti fondamentali". Avrebbero dovuto rivolgersi alla giustizia. O almeno mettere in mora gli occupanti. Non essendo accaduto nulla di tutto ciò, nel 2019 era partito il primo atto di citazione della Corte dei Conti nei confronti degli otto manager. Adesso, dopo la prima assoluzione, l’appello con un atto che smonta passo per passo la decisione in primo grado. E definisce "lettere di stile" le note inviate da Miur e Agenzia del Demanio a prefettura e carabinieri all’indomani dell’occupazione.
La procura mette nel mirino il lungo silenzio post-abuso. Nessuna scusa secondo il viceprocuratore Massimiliano Minerva, tanto più che "le identità degli occupanti erano perfettamente note (il blitz è stato rivendicato con tanto di volantini, ndr) o conoscibili ( chi abita lo stabile ha preso anche la residenza, ndr) dai dirigenti convenuti e, dunque, si poteva e si doveva agire contro di essi". Il "ravvedimento operoso" di alcuni dei potenziali colpevoli accusati di danno erariale è partito solo dopo le notizie sull’inchiesta della Corte dei Conti.
Un’indagine che, grazie alla Guardia di Finanza, ha fatto luce anche sul vero status degli occupanti. Nello stabile vivono una maestra d’asilo stipendiata dal Comune, due impiegati di Zètema, marito e moglie sotto contratto con Cotral, un dipendente del policlinico Gemelli e due funzionarie del Mef, il ministero proprietario del palazzo attraverso il Demanio. Una risulta nell’organico della direzione centrale Sistemi informativi e innovazione, l’altra in quello della Ragioneria territoriale dello Stato. Avrebbero uno stipendio sufficiente a permettersi un affitto a prezzi di mercato.
https://roma.repubblica.it/cronaca/2022/06/15/news/casapound_esquilino_napoleone_iii_occupazione_sede_corte_dei_conti-354045792/
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