pubblicato il 20.08.22
Ferocia, odio e nazismo: la lunga scia di sangue dei due serial killer che si firmavano Ludwig ·
Ragazzi della Verona bene, massacrarono 28 persone tra il ‘77 e l’84. Nel mirino poveri, preti e “depravati”. Con l’idea di ripulire il mondo
20 Agosto 2022
Il primo a cadere è un nomade che dorme in una 127 e muore in maniera agghiacciante: gli viene dato fuoco. È il 25 agosto 1977 e quando la polizia viene chiamata dai pompieri non sa di essere di fronte ad uno dei casi giudiziari più inquietanti della nostra storia. Guerrino Spinelli è solo la prima di quelle che, alla fine, saranno ventotto vittime. Una strage. Quel giorno, però, la pista è quella di una bravata.
Il sommelier massacrato
Nel dicembre dell’anno successivo, a Padova, c’è un secondo delitto. Luciano Stefanato, 22 anni, sommelier. Massacrato a coltellate. Luciano Stefanato, come Guerrino Spinelli, non aveva collegamenti con la criminalità, era un bravo ragazzo a cui tutti volevano bene. Non c’è spiegazione nella sua morte, così si pensa a uno scambio di persona. Claudio Costa, invece, ucciso il 12 dicembre 1979 a Venezia, era un tossicodipendente e quindi il movente è ovvio. Faccende di droga. Lo stesso vale per Alice Maria Baretta, cinquantaduenne uccisa a Venezia il 20 dicembre del 1980: era una prostituta. Il fatto che fosse stata uccisa a colpi di ascia e coltello è terribile, ma le prostitute, si sa, sono “persone a rischio”.
Delitti rivendicati da un volantino
Due giorni dopo, invece, gli omicidi di Guerrino, Luciano, Claudio e Alice vengono rivendicati da un volantino: Guerrino, Luciano, Claudio e Alice, sono Untermenschen e meritavano di morire. Sul foglio ciclostile è stampata l’aquila con la svastica e la firma, Ludwig, è preceduta da un testo a dir poco delirante. “La nostra fede è nazismo. La nostra giustizia è morte. La nostra democrazia è sterminio”. Infine quel motto che fa ripiombare il mondo ad uno dei suoi periodi più raccapriccianti: “Gott mit uns”. Dio è con noi, come stava scritto sulla fibbia delle SS. Non è uno scherzo: nella dichiarazione è indicata la marca del martello usato su Alice. Le vittime, quindi, non sono casuali. Sono state scelte. Per pulire il mondo e dare una lezione. A chi? A tutti noi. Proprio come fanno i terroristi.
Le indagini sui neofascisti
Le indagini sugli ambienti neofascisti, però, non portano a nulla e nel 1982, il 20 luglio, Ludwig aggredisce due frati, a Vicenza, mentre passeggiano vicino al Santuario della Madonna di Monte Berico. Gabriele Pigato e Giuseppe Lovato vengono assaliti a colpi di martello e muoiono di lì a poco. Il 26 febbraio 1983, a Trento, Armando Bison, sacerdote cattolico viene trovato con un punteruolo conficcato nel cranio. È un oggetto strano, a forma di crocifisso e a qualcuno, fra gli investigatori trentini, ricorda certi souvenir venduti ai rocciatori. Infatti è così. Quel bizzarro oggetto è stato comprato a Bressanone, Alto Adige, in un negozietto il cui proprietario ricorda un uomo con la barba. Forse, dice, non ne è certo. È passato troppo tempo e i turisti, dopo un po’, son tutti uguali.
I frati e il prete: puniti perchè hanno tradito Dio
Due frati e un prete. Perché? È Ludwig stesso a spiegarlo, nel volantino di rivendicazione. Scrive: “È stato punito chi tradisce il vero Dio”. Ma qual è questo vero Dio? Ludwig non lo scrive. Però gli inquirenti hanno una pista. Arrestano un assistente della facoltà di Fisica di Povo, poco distante Trento. Dicono sia lui il fantomatico Ludwig. L’uomo, che conservava ritagli della vicenda, aveva avvertito il rabbino del capoluogo trentino: secondo i suoi calcoli sarebbe stato la prossima vittima. Difficile non pensarlo visto che l’antisemitismo è la base dell’ideologia nazista. Il ricercatore però non è Ludwig. È solo l’incarnazione dello spaesamento della polizia, una falsa pista. Grossolana per di più.
Il rogo al cinema a luci rosse
Il 14 maggio dell’anno successivo, il 1983, Ludwig torna alla sua prima arma del delitto: il fuoco. Appicca un incendio a un cinema a luci rosse, a Milano. Muoiono sei persone, compreso uno dei soccorritori accorsi per aiutare le vittime. Poi, il 17 dicembre, ad Amsterdam, uccide 13 persone. Va a fuoco un sex club. Meno di un mese dopo, l’8 gennaio 1984, a Monaco di Baviera, un incendio miete una vittima e ferisce gravemente sette persone. L’obbiettivo è una discoteca, il “Liverpool”. Il volantino con la svastica, scritto come sempre scimmiottando l’alfabeto runico (usando la “V” al posto della “U”, con un effetto che se non fosse tragico sarebbe ridicolo) è beffardo: “Al Liverpool non si scopa più!”.
Il delirio di onnipotenza del killer e il passo falso
Ludwig è in pieno delirio di onnipotenza. Ed è questo che gli fa commettere l’errore fatale. Il 4 marzo 1984, la polizia viene chiamata dai buttafuori della discoteca “Melamara” di Castiglione delle Stiviere. Due ragazzi travestiti da Pierrot hanno cercato di dare fuoco alla struttura, non ci sono riusciti perché la moquette era ignifuga (ironia della sorte: la legge che obbligava i luoghi pubblici a dotarsi di materiale antincendio era stata approvato proprio in seguito all’attacco di Ludwig al cinema a luci rosse di Milano), sono stati scoperti e adesso rischiano il linciaggio. Così la polizia deve intervenire non per catturarli, ma per salvarli: fine ingloriosa per quella coppia di Übermensch.
L'identità dei killer
Coppia, sì, perché Ludwig in realtà sono due persone: Marco Furlan e Wolfgang Abel. Sono figli della Verona bene, vestono alla moda, sono intelligenti, laureati e convinti della loro ideologia. Al punto che Furlan rifiuta le perizie psichiatriche che potrebbero alleggerirgli la pena. In effetti la bestia nera di ogni terrorista è proprio l’infermità mentale: se ho un vizio di mente, la mia ideologia diventa soltanto una fantasia disturbata e tutto ciò in cui ho creduto cade in pezzi. Abel, invece, accetta e viene dichiarato seminfermo. La condanna per entrambi è: trent’anni. Abel tenta la fuga, invano. Furlan invece ce la fa. Scappa in Grecia, ma viene arrestato e tenta il suicidio. Infine, nel 2009, i due vengono scarcerati. Hanno pagato il debito con la giustizia.
Un terzo complice?
Nel 2018 Abel, al termine di un percorso spirituale, ha un incontro con papa Francesco. Lo abbraccia e piange. Nel 2021, scivola dalle scale e finisce in coma irreversibile. Lo è tuttora. Furlan, dal canto suo, non vuole più sentir parlare di Ludwig. Anche se avrebbe molto da chiarire. Ad esempio: l’ipotesi di un terzo complice. L’uomo con la barba visto a Bressanone e indicato agli inquirenti olandesi come colui che ha acquistato i biglietti per entrare nel sex club: tre biglietti, non due. Esiste un terzo Ludwig? Impossibile saperlo.
Ispirati da Odino
Se invece ci chiediamo di quale dio i due serial killer cianciassero la risposta forse c’è. Basta tornare ai miti norreni come da sempre fa l’estrema destra, allora come oggi, mescolando filologia germanica (poca) a fantasie superomistiche spacciate per “tradizione”. Così Odino, probabilmente, è la risposta giusta. Ma forse no. Perché uno come Furlan, così intelligente e colto, non può aver ignorato che Odino è soprattutto un dio ingannatore. Odino non è il dio della vittoria, ma della guerra. E per scatenare una guerra servono gli utili idioti. Quelli che non sono degni del Walhalla. Quelli così stupidi da farsi imbrogliare anche se hanno le risposte sotto il naso. Sarebbe bastato leggere l’Edda anziché il Mein Kampf. Chissà se Furlan l’ha mai capito.
https://www.repubblica.it/cronaca/2022/08/20/news/ferocia_odio_e_nazismo_i_due_serial_killer_che_uccidevano_nel_nome_di_ludwig-362300157/?ref=RHTP-BH-I362194636-P4-S2-T1
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