pubblicato il 31.12.22
Stragi del 1993: i pm indagano su pista nera e Delle Chiaie ·
Accertamenti in corso sugli spostamenti dell’estremista di destra. E Caltanissetta chiede alla Dia di verificare la sua presenza anche sui luoghi degli eccidi del 1992
La Direzione Investigativa Antimafia sta indagando sulla presenza di Stefano Delle Chiaie, estremista di destra e fondatore del movimento Avanguardia Nazionale, in Sicilia nel 1992. La Procura di Caltanissetta dopo la pubblicazione delle inchieste giornalistiche del Fatto e di Report nel giugno scorso ha delegato la Dia per capire cosa ci sia di vero nelle dichiarazioni che localizzavano a Capaci l’estremista nero nei mesi precedenti la strage del 23 maggio 1992 nella quale furono uccisi il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta. Si cercano riscontri alle affermazioni rilasciate in via confidenziale, quindi anonima e senza possibilità di utilizzo processuale, ai Carabinieri già nell’ottobre 1992 da Maria Romeo, compagna del collaboratore di giustizia (deceduto) Alberto Lo Cicero e sorella di quel Domenico Romeo che conosceva bene Delle Chiaie al punto da accompagnarlo in Sicilia nel dicembre 1991. Anche le dichiarazioni confidenziali del 2006 di Lo Cicero stesso (che per alcuni versi ampliavano quelle della compagna) sono oggetto di approfondimento.
La Dia però sta lavorando anche sulle stragi del 1993, delle quali ricorre tra poco il trentennale, per verificare la cosiddetta ‘pista nera’, stavolta su delega dei pm di Firenze. I procuratori aggiunti di Firenze, Luca Turco e Luca Tescaroli, da alcuni anni indagano sulle stragi del 1993 a Firenze e Milano (10 morti) e sul duplice attentato alle basiliche di San Giorgio e San Giovanni, nonché contro Maurizio Costanzo e i carabinieri allo stadio Olimpico, a Roma. Per questi fatti sono già stati condannati i boss della mafia, mandanti ed esecutori. Da decenni però si cercano altri responsabili nella veste di mandanti esterni a Cosa Nostra. Alla fine degli anni ’90, dopo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia messinese Luigi Sparacio, Delle Chiaie era stato indagato per le stragi del 1993 ma poi fu archiviato nel settembre del 2002 su richiesta della Procura. Alla luce delle nuove piste (tutte da riscontrare) sulla presenza di Delle Chiaie nel 1992 in Sicilia si stanno verificando meglio gli spostamenti dell’estremista nero a ridosso delle stragi del 1993.
Prima è bene fare un paio di premesse. Stefano Delle Chiaie, classe 1936, fondatore di Avanguardia Nazionale e cofondatore di Ordine Nuovo, entrambi sciolti per la legge che vieta la ricostituzione di partiti fascisti, è morto nel 2019. In vita però fu sempre prosciolto o assolto non solo per le stragi del 1993 ma anche per piazza Fontana del 1969, per il treno Italicus del 1974, per la stazione di Bologna del 1980 e anche per il golpe Borghese. Inoltre la questione della pista nera nelle stragi del biennio ’92-’93 va maneggiata con cura per le implicazioni politiche. Se ci fosse un filo nero a legare le stragi degli anni ’90 a quelle dei decenni precedenti, l’intera storia d’Italia andrebbe riscritta. Dall’altro lato, seppure con cautela e garantismo, è giusto svelare 30 anni dopo gli accertamenti che furono svolti (senza indagarlo se non dopo le dichiarazioni di Sparacio) sulla ‘pista Delle Chiaie’ e che sono a oggi totalmente inediti.
La prima strage del 1993 accade il 27 maggio. Un furgone Fiorino imbottito di esplosivo salta in aria facendo crollare la torre dei Pulci in via dei Georgofili, a ridosso degli Uffizi. Muoiono 5 persone. Il giorno dopo il signor Giovanni Bertini, classe 1935, si presenta dai pm Francesco Fleury e Gabriele Chelazzi per raccontare che il 26 maggio ha preso il treno Intercity da Roma alle 9 di mattina vedendo un tizio che identifica in Delle Chiaie vicino alla toilette del convoglio, “vestito grigio scuro con camicia bianca e con una cravatta”. Poi non lo vede più e quando l’intercity diretto a Milano ferma a Firenze intorno alle 11 Bertini scende dal treno e sale sul bus 19. Mentre sta aspettando che parta dà un’occhiata di sfuggita a un’automobile e il giorno dopo mette a verbale “mi colpì la persona di colui che si era messo accanto al guidatore; la persona era in camicia bianca ed io l’ho vista per un attimo nel momento in cui aveva il volto orientato seppur di poco verso la mia direzione come se guardasse verso la strada. Lì per lì anche se non avevo e non ho sicurezze, associai questo individuo a quello che avevo riconosciuto per Delle Chiaie, tanto che mi domandai tra me e me cosa ci fosse venuto a fare a Firenze. Per questo tipo di considerazione cercai di cogliere qualche dato dell’automobile”. Per Bertini era “piuttosto grossa” e color “canna di fucile”. I pm gli mostrano una foto e lui mette a verbale “la certezza che la persona vista in piedi sul treno sia Stefano Delle Chiaie mi si conferma”. Certezza che invece non ha sul tizio visto in auto a Firenze.
Bertini è persona seria. Il quotidiano La Repubblica in occasione della sua morte il 27 febbraio 2003 lo ricorda così: “Il medico che ha fatto nascere e diretto fino al gennaio 2001, il 118 fiorentino. (…)era un uomo corretto e rigoroso”.
Il teste sembra attendibile insomma ma la Digos di Firenze il 31 maggio 1993 scrive alla Procura per riportare “la segnalazione della Questura di Bolzano nella quale si informa che nella serata del 26 maggio decorso il Delle Chiaie Stefano unitamente al Nardulli Vito (un ex Avanguardia Nazionale molto vicino a Delle Chiaie, Ndr) ha preso alloggio presso la pensione Steidlerhof sita in (…) Bolzano(…) i predetti (…) nella mattinata del 27 maggio successivo (…)verso le ore 12 e 30 hanno presenziato ai lavori di allestimento della nuova sede del partito (il Movimento ANP, Alternativa Nazional Popolare, la lista creata da Delle Chiaie nel 1991, Ndr) e sono quindi ripartiti in direzione del casello autostradale Bolzano sud a bordo di autovettura Rover targata BZ…”.
A quel punto la pista viene abbandonata perché la bomba è esplosa all’una del 27 maggio a Firenze e a quell’ora, come scrive la Digos, Delle Chiaie stava a Bolzano.
Nella seconda metà degli anni novanta il collaboratore Luigi Sparacio riferisce confusamente ai pm di avere accompagnato il boss Mangano, non meglio precisato all’inizio e poi identificato in Nino Mangano, a un appuntamento a Roma con Stefano Delle Chiaie nel 1993. Le dichiarazioni furono considerate “intrinsecamente inattendibili oltre che prive di alcun elemento oggettivo di conforto” dal Gip Crivelli nel 2002. Però nel 1999 portarono a indagare Delle Chiaie. Così i pm il 18 maggio 1999 chiedono al loro consulente Maurizio Manetti se nell’archivio delle telefonate delle indagini sulle stragi ci fosse traccia di Delle Chiaie.
Il consulente riferì allora che il cellulare intestato a Delle Chiaie il 26 maggio del 1993 aveva avuto due contatti telefonici con il cellulare intestato a una società. Il Fatto ha scoperto che era controllata per il 50 per cento da un vecchio camerata di Stefano Delle Chiaie che qui indichiamo con le iniziali: A.T.. Nulla di strano che Delle Chiaie lo sentisse. A.T. in quel periodo era vicino a Delle Chiaie che lo ha pubblicamente ringraziato per ‘l’aiuto solidale’ che gli diede quando tentò di fare l’imprenditore. La questione interessante è che entrambe le chiamate del 26 maggio tra il cellulare della società di A.T e quello di Delle Chiaie agganciano la cella di Firenze.
La prima chiamata in uscita dal cellulare di Delle Chiaie avviene alle 11 e 17 di mattina. Delle Chiaie si trovava sul treno partito da Roma alle 9 e in quel momento, stando ancora nella zona di Firenze, chiama l’amico A.T., che lavora in Toscana, agganciando la cella di Firenze mentre è in transito?
Il Fatto ha cercato senza successo di contattare A.T. per chiedergli se fosse lui l’uomo che aveva in mano il cellulare e cosa ricordasse del 26 maggio 1993. La seconda telefonata avviene meno di tre ore prima dell’esplosione a Firenze. Ed è in entrata sul cellulare di Delle Chiaie. A.T. (o chi ha in mano il cellulare della sua società) chiama alle 22 e 09. Entrambe le chiamate durano 56 secondi.
Il consulente spiega che lui non ha in mano il tabulato telefonico di Delle Chiaie e quelle telefonate del 26 maggio le ha trovate perché “una parte dell’archivio è costituita dal traffico telefonico generato da utenze radiomobili svoltosi sotto il ponte radio 055 dalle ore 00.00 del 26 maggio 1993 alle ore 02.00 del 27 maggio 1993”. In pratica le due chiamate sono rimaste impigliate in una pesca a strascico fatta su tutti quelli che a Firenze hanno usato il cellulare il giorno prima della strage.
Le altre telefonate del cellulare che potrebbe essere stato usato da A.T. il 26 maggio agganciano la cella 055 di Firenze, dove quindi il suo utilizzatore rimane tutto il giorno.
Sentito dal Fatto Vito Vincenzo Nardulli dice: “Io sono sicuro di non essere mai stato a Firenze con Stefano Delle Chiaie. Non ricordo con precisione come siamo arrivati a Bolzano. Se però c’è un telex della Questura che dice che abbiamo dormito in una pensione a Bolzano la notte tra il 26 e il 27 maggio 1993 ritengo sia vero. Non so invece che valore possiamo dare a questa testimonianza che lei mi riferisce sulla presenza di Delle Chiaie sul treno. Ci sono tanti testimoni che dicono di averlo visto dappertutto. Io non ci credo. Non sono mai stato sentito sul punto da nessuno. Lei è la prima persona che mi chiede qualcosa. Il fatto che A.T., come lei mi dice, avrebbe chiamato Stefano agganciando una cella telefonica di Firenze mi sembra strano perché da quel che ricordo lui aveva un’attività a Figline Valdarno che è lontano da Firenze. Comunque io non so nulla di questa telefonata se ci sia stata o no né se io in quel momento stavo con Stefano”. Passano due mesi dopo la strage di Firenze e nella notte tra il 27 e il 28 luglio esplodono le basiliche di San Giorgio e San Giovanni a Roma, facendo solo danni senza morti, e il Padiglione di Arte Contemporanea a Via Palestro a Milano, 5 morti.
La mattina dopo squilla il telefono della segreteria di Francesco Saverio Borrelli. Risponde il carabiniere Ivo Campagnolo, appuntato in servizio nell’anticamera del procuratore di Milano. Una voce maschile gli dice di lasciare il messaggio che ieri in una pizzeria di via Padova 31 c’era Stefano Delle Chiaie con quattro persone. Partono le indagini e la Polizia sente a sommarie informazioni Delle Chiaie. Era andato davvero in quella pizzeria pochi giorni prima. Dormiva al primo piano dello stabile ospite del cuoco. Il 25 luglio però dopo la cena era ripartito a mezzanotte e il 26 mattina era arrivato in treno a Roma. Dunque per il 27 luglio Delle Chiaie ha un alibi di ferro con tanto di biglietto del treno. La Digos lo sente due volte. Sente anche il cuoco. Nessuno però fa notare che la pizzeria di via Padova ‘Le Passere’ allora era di Giancarlo Rognoni, poi imputato e assolto per la strage di Piazza Fontana, leader del gruppo La Fenice. (1.continua)
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