pubblicato il 17.05.23
Fu «legittima reazione antifascista» all’assalto squadrista di Casapound a Bari ·
Assolti i 5 manifestanti processati per aver forzato il cordone della polizia a seguito dell’aggressione subita
BARI - «La concentrazione di persone nei pressi della sede di CasaPound del tutto estemporanea e causata dalle aggressioni in danno di alcuni manifestanti, non sembra avesse arrecato un disturbo dell’ordine pubblico superiore al livello minimo che consegue dal normale esercizio del diritto di riunione pacifica e di esternazione delle proprie rivendicazioni». Lo scrive la giudice Rosa Calia di Pinto nelle motivazioni della sentenza con la quale nei mesi scorsi ha assolto «perché il fatto non costituisce reato» i cinque manifestanti antifascisti processati per resistenza a pubblico ufficiale per i fatti del 21 settembre 2018, quando un gruppo di militanti di Casapound avrebbe aggredito gli avversari politici in corteo. Alcuni di questi ultimi avrebbero poi reagito forzando i cordoni della polizia (di qui l’accusa di resistenza).
La giudice ha condiviso la tesi dei difensori, gli avvocati Marco Milillo e Guglielmo Starace, chiudendo così il processo stralcio sulla aggressione squadrista (sulla quale è in corso un parallelo processo nel quale si contestano lesioni e anche la ricostituzione del disciolto partito fascista) che si sarebbe verificata quasi cinque anni fa e che portò al sequestro e alla chiusura del circolo Kraken, nel quartiere Libertà, dove aveva la sede CasaPound.
L’AGGRESSIONE Quella sera era stato organizzato un corteo pacifico a pochi giorni dalla visita a Bari dell’allora ministro dell’Interno leghista Matteo Salvini. Sulla strada del ritorno, alcuni degli antifascisti che avevano partecipato al corteo sarebbero stati aggrediti dai militanti di Casapound. Quando poi le forze dell’ordine intervennero per evitare un ulteriore contatto tra le fazioni rivali, alcuni dei manifestanti antifascisti erano accusati di aver tentato di sfondare il cordone antisommossa. A risponderne erano Marco Tarantino, Roberto Caputo, Gabriele Antonio Maria Regina, Antonio Esposito, Fabio Gemelli, tutti assolti.
«È emerso in maniera incontestabile - scrive la giudice nelle motivazioni - che dopo una manifestazione pacifica regolarmente autorizzata, che aveva visto la partecipazione ci centinaia di persone della più varia estrazione sociale, che comprendeva anche famiglie con bambini e adolescenti, oltre ad anziani, manifestazione che si era conclusa con un concerto e una cena collettiva nella piazza del Redentore, durante il tragitto che implicava il passaggio nei pressi della sede di CasaPound si erano verificate tre aggressioni da parte di militanti di destra», i quali avevano «aggredito a più riprese i passanti con mazze e altri corpi contundenti provocando lesioni ad almeno quattro persone. La notizia di tali agguati si era subito diffusa anche tra altri manifestanti che erano ancora in piazza del Redentore, i quali alla spicciolata si erano recati sul posto, dove si trovavano i feriti non ancora soccorsi, in quanto le ambulanze non riuscivano ad avvicinarsi a causa della presenza di camionette della polizia e di un cordone di agenti in assetto antisommossa, che erano schierati formando una barriera umana, onde evitare che si verificassero rappresaglie nei confronti degli autori delle aggressioni».
LA REAZIONE «A seguito dell’imboscata perpetrata ai danni di alcuni manifestanti, un nutrito gruppo di antagonisti si avvicinava alla sede di CasaPound con l’intento di vendicare l’affronto subito». È proprio a questo punto che sarebbe avvenuto il contestato scontro con i poliziotti. Ma la giudice evidenzia che «gli antifascisti erano giunti sul posto e alla vista dei loro amici feriti avevano incitato con veemenza le forze dell’ordine ad intervenire nei confronti degli aggressori, identificandoli, arrestandoli e perquisendo la sede di CasaPound, senza tuttavia nell’immediatezza essere accontentati, in quanto in quel momento la preoccupazione maggiore era evidentemente quella di evitare ulteriori scontri e di preservare l’ordine pubblico piuttosto che identificare e catturare i responsabili. Tale atteggiamento, ritenuto dai manifestanti ingiustificatamente passivo e di favore nei confronti del gruppo opposto, aveva provocato l’irritazione dei presenti, i quali avevano iniziato a intonare cori antifascisti, ripetendo più volte la frase “fuori i fascisti dal quartiere”».
La confusione che ne era derivata aveva «comprensibilmente preoccupato e allertato gli agenti» che, mentre il dirigente cercava di calmare gli animi, «avevano iniziato ad avanzare contro la folla spingendola con gli scudi e usando i manganelli, provocando ulteriore disappunto e la irritata reazione dei presenti più vicini agli scudi, che avevano cercato di schivare i colpi». Per la giudice «emerge con solare evidenza l’enorme caos che regnava con diverse decine di persone, per lo più giovani, molti dei quali con le braccia alzate in alto per mostrare le loro intenzioni pacifiche, che si accalcavano spintonandosi a vicenda mentre arretravano di fronte all’avanzata degli scudi. Non va trascurato che le condotte contestate agli imputati sarebbero tutte avvenute nel giro di meno di un minuto e in concomitanza e a seguito della carica della polizia, né sarebbero state provocate lesioni di alcun genere agli agenti».
Secondo il Tribunale, cioè, «non vi era stato alcun atteggiamento aggressivo nei confronti del cordone di polizia», infatti «la loro politica era quella di denuncia degli attacchi subiti dal movimento di CasaPound e non di intralcio nei confronti delle forze dell’ordine» ed «era stato solo manifestato il veemente disappunto per i mancati tempestivi soccorsi e per il comportamento a loro dire inspiegabile della polizia che anziché fermare i responsabili aveva bloccato e se l’era presa con i manifestanti».
https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/bari/1399109/fu-legittima-reazione-antifascista-allassalto-squadrista-di-casapound-a-bari.html
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