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L’Arena
Venerdì 29 Giugno 2007
Clamoroso blitz della Digos. Trovati simboli neonazisti. Tra le accuse associazione per delinquere e violazione della Mancino
Pestaggi in centro, denunciati 17 ragazzi
I raid partivano da Piazza Erbe. Aggressioni con botte a chi «era
diverso» Si incontravano nei bar del centro e organizzavano le aggressioni
Tra le vittime, ragazzi del sud, giovani di colore e della Chimica
di Giampaolo Chavan
«Ci sono solo la violenza e le aggressioni nella loro testa». Gli
inquirenti fotografano così la nuova inchiesta su 17 giovani, accusati di aver compiuto almeno una dozzina di aggressioni in città a partire dal marzo 2006 fino ad oggi. Ma l’indagine assume un aspetto decisamente più inquietante se solo si pensa che, oltre alle accuse di associazione per delinquere finalizzato alle lesioni, c’è anche quello di violazione della legge Mancino, la normativa contro la discriminazione razziale.
I 17 indagati, insomma, avrebbero compiuto per più di un anno una sorta di «caccia al diverso», in centro città, partendo sempre dai loro luoghi di ritrovo, i bar tra piazza Erbe e corso Portoni Borsari tra uno spritz e l’altro.
Ieri il procuratore Guido Papalia ha ordinato agli uomini della Digos, coadiuvati dai colleghi della Mobile, di svolgere 17 perquisizioni. E ciò che è emerso dalla «visita» degli uomini della questura non fa altro che aumentare l’allarme sociale per l’attività di questi giovani, tutti compresi tra i 17 e i 25 anni. Ieri sul tavolo della Questura, era in esposizione il materiale sequestrato dagli agenti della Digos agli indagati, catapultati nell’inchiesta.
Spiccavano tra l’altro alcuni manganelli, di cui uno anche retrattile,
due pugnali, quattro coltelli, un paio di taglierini, un’accetta, alcune
armi da guerra fedelmente riprodotte tra le quali una pistola ed un mitra, alcune senza il tappo rosso così come richiesto dalla legge, libri che negano l’olocausto, bossoli senza ogiva, petardi per lanciarazzi oltre ad una bandiera con il simbolo nazista ed un gagliardetto sempre con effigie riconducibili ad ideali di estrema destra.
Non mancavano, infine, adesivi del Veneto fronte Skinheads. «Alcuni di loro», hanno spiegato ancora gli investigatori, «frequentano anche Forza Nuova, altri, invece, fanno parte dei sostenitori della curva sud dell’Hellas ma l’aspetto politico rappresenta solo un paravento per giustificare la loro voglia di violenza».
L’inchiesta è partita nel marzo del 2006 quando in Questura sono
iniziate ad arrivare alcune segnalazioni di risse che si verificavano in centro.
«Si era messa in moto una vera e propria recrudescenza di questi episodi di violenza» hanno spiegato ieri gli investigatori, coordinati dai dirigenti della Digos, Luciano Iaccarino e Luca Rainone.
Sono stati sufficienti pochi giorni agli agenti della Digos per capire
che quelle zuffe non erano affatto episodi isolati ma aggressioni
organizzate. E i partecipanti a questa banda, a parere dell’accusa, cercavano anche il più innocente dei pretesti pur di muovere le mani. Qualche esempio? «Hanno trovato un ragazzo con lo skate board che, a loro parere, non ci sapeva fare. Così prima l’hanno insultato e poi l’hanno picchiato» rivelano dalla Questura.
Per non parlare dei giorni prima di Verona-Napoli del maggio scorso. Ad un malcapitato con la maglietta del Lecce che camminava in piazza Erbe:
«Prima gli hanno chiesto se era un “terrone”» spiegano gli investigatori, «e poi l’hanno massacrato». Un altro episodio è avvenuto in corte Sgarzarie nel marzo scorso quando ad un giovane è stata spaccata una bottiglia in testa.
Subito dopo, si è scatenata una rissa tra opposte fazioni dei sostenitori dell’Hellas.
Un altro episodio risale al 27 novembre del 2006 quando due giovani della Chimica furono feriti a colpi di spranga a San Michele Extra. In quello stesso giorno, alcuni degli indagati avrebbero picchiato un giovane in piazza Erbe. La sua colpa? Era seduto e, a parere degli indagati, con quell’atteggiamento avrebbe danneggiato Verona che «è una città di classe».
Guai anche a mangiare i kebab: un paio di avventori dei locali di
questa specialità araba sono stati picchiati solo perché, evidentemente, i gusti del palato delle malcapitate vittime non coincidevano con quelli di alcuni dei 17 indagati.
E, una volta, ad una testimone che chiedeva perché stavano picchiando altre due vittime, la risposta è stata chiara: «Sono due punk, abbiamo il diritto di pestarli…».
di Giampaolo Chavan
Dicono gli investigatori: avevano l’obiettivo di controllare il loro territorio, il centro di Verona. È andata male, però, perchè i loro nomi e le loro «gesta» erano al vaglio degli investigatori già da tempo. Dal marzo del 2006, per la precisione. Quando con pedinamenti, riprese di telecamere in centro, appostamenti e raccolta certosina di testimonianze, hanno identificato i 17 giovani, tutti simpatizzanti di destra o aficionados della curva sud.
Fino a ieri mattina alle 6, quando a svegliarli è arrivata la scampanellata degli agenti della Digos. Erano una cinquantina i poliziotti, sparpagliati nelle 17 abitazioni degli indagati. «I giovani? Non diamo i loro nomi ma appartengono a famiglie di tutti i tipi» rivelano ancora gli investigatori. Tra loro, quindi, figli di noti professionisti ma anche di operai e impiegati.
Genitori, dicono ancora in Questura, senza tanti grilli per la testa. Al contrario dei figli. Alcuni degli indagati avevano in casa un po’ di tutto, dai simboli nazisti, ai coltelli, alle armi, ai pugnali, agli adesivi del Veneto fronte skinheads e della Fiamma tricolore. Si conoscevano tra loro, rivelano gli investigatori. Molti frequentano la curva sud, aggiungono.
Tutti uniti dalla stessa passione, è la tesi della procura: la violenza contro chi non è come loro o, apparentemente, non appartiene alla loro ideologia. Alcuni indagati avevano iniziato a collezionare anche video con filmati che riproducevano scontri tra tifoserie in Italia o all’estero. E poi cassette con tanti pestaggi. «C’è evidentemente un commercio clandestino di queste cassette» rivelano gli inquirenti. Ma alcuni degli indagati, sostengono ancora in Questura, per soddisfare la loro «passione», navigano anche ore e ore su internet pur di scaricare filmati con aggressioni, bastonate e quant’altro. Ieri gli agenti della Digos hanno mostrato alcuni «saggi» di queste immagini in Questura, a dir poco, inquietanti.
E così, nel mirino degli indagati sono finiti uno dopo l’altro chi si presentava, soprattutto in centro, con vestiti o modi di fare che non combaciavano con i loro gusti. Tanto da costringere il procuratore Guido Papalia a formulare anche l’accusa di violazione della legge Mancino, la normativa che punisce chi compie o promuove atti di discriminazione razziale. (gp.ch.)
«Un fenomeno preoccupante soprattutto perchè da quanto è emerso questo gruppo operava una sorta di controllo del territorio. Maldestro, forse, visto che siamo riusciti a individuarli, ma preoccupante perchè diretto a “punire” chi non era omologato con il loro modo di pensare. Per questo l’ho definito preoccupante». Il procuratore capo Guido Papalia per mesi ha seguito il lavoro della Digos, a partire dalla prima segnalazione di un’aggressione a giovani della sinistra radicale avvenuto in novembre. «Sì, è stato il primo e credevamo si trattasse di un caso isolato ma poi abbiamo visto che c’erano analogie con altri episodi più preoccupanti, come quello a volto san Luca per esempio. Le aggressioni sono poi continuate, a Bardolino, e pareva strano, ma anche in occasione dei festeggiamenti dei 100 anni del Maffei, sempre dirette a punire giovani “non omologati”». Mesi di osservazioni e indagini culminate con il provvedimento a firma del procuratore che autorizzava le perquisizioni. «Sono tutti giovani, speriamo questo sia sufficiente a far sì che il fenomeno si blocchi. Abbiamo ipotizzato anche che avessero dato vita ad un’associazione organizzata proprio per questo tipo di comportamenti. Vedremo». (f.m.)
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