La denuncia. Messaggi anonimi sotto la saracinesca dei minimarket gestiti dai commercianti asiatici
Andate via dal nostro paese. Raid notturno contro i Pakistani
Un titolare impaurito: «Che male facciamo? quattro anni di lavoro, mai un incidente»
Diego Costa Il Bologna
«Perchè un messaggio così proprio a noi? Che male abbiamo fatto?» Si esprime in un italiano un po' maccheronico, ma non fa notizia, il giovane pakistano che con la sua famiglia gestisce in pieno centro un minimarket di alimentari. Visibilmente preoccupato e impaurito ci porge un volantino: « Vai via dal nostro paese» vi è scritto in caratteri maiuscoli e stampatello.
E poi una seconda frase offensiva, accompagnata da una lunga esclamazione. «Perchè?» chiede ancora il giovane pakistano, che a noi si rivolge perchè siamo giornalisti.
Gestisce il piccolo negozio di generi alimentari, ma non solo, da almeno 4 anni. Ed è uno dei tanti della zona del centro. Ha trovato l'insolito messaggio minatorio ieri mattina, quando poco prima delle dieci si apprestava ad aprire bottega? È successo solo a voi? chiediamo. La risposta è immediata: « No, tutta Bologna, tutta Bologna» dice, come se avesse appena saputo da altri connazionali del medesimo inconveniente. Vicino al mini-market, che si trova in via Testoni, traversa che unisce le centralissime via Ugo Bassi e via Portanova e poi prosegue in via de'Gombruti (dove fra l'altro una pattuglia di Cc staziona ogni giorno davanti alla sinagoga), c'è un call center internazionale, sede abituale di incontro di altri e tracomunitari di origine asiatica. Anche al call center confermano: sotto la saracinesca c'era l'odioso messaggio.
Un caso sporadico? O la conferma di una frangia di intolleranza razzista anche nella nostra città? Certamente lo sapremo più avanti. Non erano comunque passate inosservate, solo prima dell'estate, alcune scritte che erano apparse sui muri di via Barberia, distante solo pochi metri dai negozi pakistani che ci allungano il volantino. Scritte apparse sotto al portico che sfocia in piazza Malpighi e che invitavano persone di razza diversa dalla nostra ad allontanarsi. Scritte evidentemente di chi sa che in piccoli appartamenti di quella strada vivono in alcuni miniappartamenti - stanze date in affitto alcuni studenti e lavoratori africani. Pochi giorni dopo la loro apparizione, però, quelle scritte erano state pulite. E non avevano prodotto ulteriori strascichi tanto che un giovane studente di ingegneria camerunense che abita non lontano era stato proprio da noi informato di questi messaggi e aveva risposto di non aver fatto caso a nulla e di non essere mai stato oggetto di minacce razziste.
E' l'effetto di un clima che si sta diffondendo - commenta Roberto Morgantini (Cgil) - e che evidentemente ammorba anche la nostra città, anche se finora non mi era mai capitato di registrare minacce o gesti di intolleranza nei confronti di migranti. Qui ancora non si ammazza un ragazzo per qualche biscotto: in giro però noto l' incomprensibile desiderio di liberare i peggiori istinti. Ora anche nelle scuole: parlando con alcune liceali, ho notato la tendenza a ricalcare parola per parola quello che sentono dai genitori senza sviluppare la voglia di verificare di persona e di farsi un'opinione personale.
Il razzismo che avanza
Prima le minacce scritte poi gli attentati ai negozi dei pakistani
Nel giro di due giorni, diversi negozi gestiti da cittadini del Pakistan, del Bangladesh, dello Sry Lanka, in diverse parti di Bologna (nelle vie Altabella, Testoni, Porotti, della Zecca, Torleone, Barbieri), sono stati visitati da “attacchinatori razzisti”. Poi due di questi esercizi commerciali (in via Porotti e in via Barbieri) hanno subito anche attentati incendiari.
22 ottobre 2008 - Valerio Monteventi
volantino razzista contro i negozi pakistani
Quello che pubblichiamo è il volantino di minacce razziste che, nella notte, del 19 ottobre, è stato infilato sotto le serrande di diversi negozi gestiti da cittadini del Pakistan, del Bangladesh, dello Sry Lanka, in diverse parti di Bologna (nelle vie Altabella, Testoni, Porotti, della Zecca, Torleone, Barbieri).
Oltre a questi gravissimi episodi, lo scorso venerdì (il giorno della preghiera per i musulmani), davanti all’abitazione di un cittadino pakistano, in via Martelli, ha trovato un sacco di spazzatura ai piedi della porta e un cartello “Stranieri, musulmani, rumeni BASTARDI, andate via!”.
Ma questo è nulla: nella notte tra lunedì 20 e martedì 21 ci sono due attentati incendiari in due dei negozi che, il giorno precedente, avevano ricevuto il foglio di insulti intimidatori.
Alle 3 di notte, in via Porotti 13 (angolo via Mazzini), Mohammad, il gestore del call center – internet point aperto in quella strada, viene svegliato dai carabinieri che lo avvisano che nel suo negozio si è sviluppato un incendio. Il materiale incendiario era stato gettato all’interno da una finestrella sopra la vetrina di ingresso, dopo che era stato rotto il vetro. L’esercizio commerciale ha subito diversi danni.
Alle 8.30 di martedì 20 ottobre, in via Barbieri 66/b, all’atto dell’apertura del suo phone center, Naveed, un ragazzo pakistano da diversi anni in Italia, si accorge che la vetrina è stata rotta, che il vetro è stato annerito e che un piccolo incendio è ancora in corso. Il negozio non ha subito danni rilevanti perché il secondo vetro all’entrata ha tenuto pur se si è liquefatto dal calore.
Questa mattina diversi rappresentanti della Comunità pakistana e del Coordinamento “Siamo Tutti Cittadini” hanno denunciato, in una conferenza stampa, la gravità di questi episodi, il clima di paura che si vive nelle comunità migranti, e hanno chiesto una risposta di massa contro il razzismo da parte delle forze politiche, dei sindacati, delle istituzioni, dei cittadini tutti.
Alla domanda di un giornalista “Come ha reagito la città a questi episodi di intolleranza?”
La risposta è stata laconica, ma in qualche modo era rivolta anche al lavoro degli operatori della comunicazione: “Non solo la città non ha reagito… la città non si è nemmeno accorta di questi episodi”.
Del resto, se il primo cittadino, Sergio Gaetano Cofferati, contattato dai rappresentati delle associazioni dei pakistani affinché prendesse posizione, ha risposto che lo avrebbe fatto solo dopo 48 ore (cioè il tempo necessario per i riscontri delle indagini di polizia), come ci si può stupire che sia altrimenti.
vandalismi_minacce
r_emiliaromagna