pubblicato il 4.06.09
Manifesto dell’antisessismo nei luoghi misti antifascisti ·
Manifesto dell’antisessismo nei luoghi misti antifascisti
da http://assembleantifascistabologna.noblogs.org/
Ripubblichiamo da “Umanità Nova” n. 19 del 17 maggio 2009 la traduzione abbreviata di un “Manifesto dell’antisessismo nei luoghi misti antifascisti” scritto in Germania negli anni Novanta. Poiché il testo stesso ci invita a farlo, abbiamo cambiato e aggiunto qualcosa e invitiamo chi legge a riprendere e trasformare il testo o a usare i commenti per proporre correzioni e/o ampliamenti.
Manifesto dell’antisessismo nei luoghi misti antifascisti
Essere antifascisti vuol dire contrastare organizzazioni e ideologie
autoritarie ben differenti e individuate: qualcosa di esterno, di
estraneo, di ostile, con pratiche squadriste di aggressione violenta e una cultura della gerarchia, della norma e dell’intolleranza.
Nel caso dell’antisessismo in luoghi misti, invece, l’azione di contrasto non può che rivolgersi sia all’esterno che all’interno. Ognuno di noi cresce e si forma in una società che ha modellato per secoli l’identità sessuale in senso autoritario attraverso pratiche molteplici di subordinazione della donna all’uomo. È uno degli strati più arcaici dello sfruttamento e della disparità tra esseri umani e proprio per questo mette in gioco radicalmente la persona, i suoi comportamenti, la sua quotidianità, il suo linguaggio. Ognuno di noi cresce e si forma in una società che diffonde a piene mani discriminazione di genere, nelle parole,
nelle immagini, nei gesti, nelle allusioni, a scuola, sul lavoro. Nessuno se ne libera se non attraverso un percorso critico e una continua esperienza di sé.
Proprio per questo la soggettività antifascista, abituata a contrastare la violenza sociale come elemento esterno e separato da sé, deve guardarsi dal non mettersi in discussione e problematizzare costantemente le proprie pratiche di ogni giorno. Anche sul versante della vita quotidiana e dei rapporti fra i generi.
Non tocca a noi dare una definizione astratta del sessismo. Ci compete invece coltivare una consapevolezza di fondo: ogni uomo eterosessuale è potenzialmente uno stupratore. Per secoli la sessualità europea è stata disciplinata mettendo al centro l’uomo, i suoi bisogni, le sue pretese, il suo senso autoritario di possesso. Non ci si libera da processi secolari – che hanno modellato profondamente persino il linguaggio – in cinque minuti
dichiarandosi sbrigativamente «antisessisti».
Nei luoghi misti il discorso antisessista – se vissuto superficialmente – non solo non scalfisce il problema, ma lo nasconde attraverso l’autoassoluzione maschile e il meccanismo psicologico dell’esorcizzazione: il maschio che condanna il «sessista» rischia di proiettare al di fuori e rimuovere qualcosa che forse lo riguarda da vicino. In tal modo si resta disarmati e acritici di fronte a se stessi.
Occorre allora ragionare collettivamente e scomporre la fenomenologia culturale del sessismo cercando di attivare pratiche di contrasto diversificate:
1. Stereotipi sessisti. L’uso di stereotipi sessisti può essere il residuo più o meno consapevole di un’educazione o il riflesso dell’immaginario sociale sessista. Lasciar correre significa avvallare espressioni discriminatorie. Isolare, escludere o denigrare alle spalle la persona che ne fa uso vuol dire impedirle di prendere piena coscienza del suo chiuso orizzonte mentale. Tra la complicità e il pettegolezzo occorre invece perseguire la strada della critica ragionata. Oggi le aree antagoniste danno spesso per scontato le proprie idee e non c’è più abitudine ad argomentare le proprie ragioni e a tradurle in un discorso che non sia rituale. Ogni discorso autentico include dei rischi. Si espone alla
critica altrui. A questo livello, la parola è l’unico strumento che
abbiamo.
2. Pregiudizi sessisti. Vi sono stereotipi che derivano da pregiudizi
sessisti. Proprio la capacità di criticare in modo argomentato gli
stereotipi è un modo per far emergere i pregiudizi sessisti. È un avvio per fare inchiesta e autoinchiesta sul pregiudizio, sull’ovvietà, sul non detto: ciò che V. Woolf chiama «the hypnotic power of dominance» [«il potere ipnotico del dominio»].
3. Violenza sessista a qualsiasi livello. Come in ogni ambito di lotta, si tratta di non sostituire un soggetto astratto ai corpi e ai generi che subiscono violenza. I luoghi misti non possono che essere aperti e ricettivi rispetto alle istanze che vengono da persone violate o da gruppi specifici. E ricettivi vuol dire avere la prontezza di agire in modo adeguato ed esercitare l’intelligenza collettiva ad essere sensibili al problema nelle sue più diverse forme.
Questo testo vuol essere un atto di solidarietà, magari incompleto e impreciso, verso tutt* coloro che hanno subito e subiscono violenza sessista.
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