pubblicato il 20.09.09
Verona: Dodici anni di carcere per le botte in piazza Viviani ·
il processo
Dodici anni di carcere per le botte in piazza Viviani
Dieci ore di udienza-fiume, ma dopo il verdetto è polemica. Quattro i patteggiamenti, due le condanne. Assolto solo Cugola
Imputati presenti ad assistere all'udienza (Fotoland)
Imputati presenti ad assistere all'udienza (Fotoland)
VERONA - Quella perpetrata in piazza Viviani la sera del 3 gennaio scorso fu un’aggressione di stampo «razzista», finalizzata a far prevalere «idee fondate sulla superiorità razziale e sull’odio etnico» secondo il Tribunale collegiale presieduto dal giudice Marzio Bruno Guidorizzi che poco prima delle 19, a conclusione di quasi tre ore in camera di consiglio e dopo sette ore di animata discussione tra le parti per un’udienza-fiume scattata alle 9 del mattino, ha inflitto due condanne (per l’imputazione di lesioni aggravate dall’istigazione all’odio razziale in violazione della legge Mancino) e sovrinteso a quattro patteggiamenti irrorando complessivamente pene pari a 11 anni e dieci mesi di cella. Soltanto per uno dei sette imputati, Luca Cugola, nei confronti del quale il pubblico ministero Marco Zenatelli aveva sollecitato la condanna a due anni di reclusione, è stata decretata dalla corte l’assoluzione «per non commesso il fatto». Un verdetto immediatamente bollato in aula come «politico» e «ultimo atto di un processo di Stato» culminato in una «sentenza vergognosa e già concordata con il procuratore Schinaia» da un contestatore di cui il giudice Guidorizzi ha ordinato «l’immediata identificazione da parte dei carabinieri». Ma il verdetto, fuori dal tribunale, è stato giudicato «scandaloso» anche da Jari Chiavenato di Forza Nuova, che non ha esitato a puntare il dito contro «quei piani alti che vogliono creare un caso Verona ».
Mai come stavolta sono quanto mai attesissime, dunque, quelle motivazioni del verdetto di cui il Tribunale ha annunciato il deposito entro sessanta giorni. Un dispositivo, quello messo nero su bianco dal collegio, che nel dettaglio ha inferto tre anni, otto mesi e dieci giorni a Claudio Pellegrini, pena superiore di due mesi a quella chiesta per lui da pm; due anni e due mesi, invece, ad Andrea Iacona; per entrambi, inoltre, interdizione di cinque anni dai pubblici uffici. Quanto ai risarcimenti in via provvisionale, a Francesca Ambrosi andranno 30mila euro, a ciascuno dei suoi tre amici settemila. Respinte, invece, le domande di risarcimento avanzate dal Comune di Verona (istanza da ventimila euro) e da Ivo Spada per il Bar Posta (trentamila euro).
Scelta procedurale e pene finali del tutto diverse per Gabriele Girardi, Federico Bonomi, Andrea Sanson e Giovanni Nale, che hanno scelto tutti e quattro di patteggiare concordando una pena pari a un anno e sei mesi a testa con la sospensione (garantita dal riconoscimento delle attenuanti prevalenti). I quattro, unitamente al contributo economico di Cugola, hanno versato in solido 28mila euro di risarcimento alla Ambrosi, altri 2mila ripartiti tra i suoi tre amici e 1.700 al bar Posta; mentre Nale, l’unico che ha preferito di non svolgere un mese di lavori socialmente utili, ne ha aggiunti 1.800 a favore di palazzo Barbieri. Inizialmente, a dire il vero, i termini del patteggiamento su cui le difese avevano raggiunto l’accordo con l’accusa prevedevano le stesse cifre ma la pena di un anno a ciascuno dei quattro imputati: proposta che la corte, dopo essersi ritirata in camera di consiglio per decidere sul punto in tarda mattinata, aveva ritenuto «non adeguata ». Di qui, l’aumento finale a un anno e sei mesi.
Tra le fasi-clou della discussione tra le parti per i tre riti abbreviati, doveroso partire con l’accorata requisitoria del pm, che ha subito richiamato il delitto Tommasoli: «La gravità del caso di piazza Viviani - secondo Zenatelli - non sta tanto nelle conseguenze fisiche in sé, bensì nell’inquietante vicinanza spaziale e temporale con l’episodio di corticella Leoni». La morte di Nicola «avrebbe dovuto portare la città a una riflessione approfondita sulla violenza, e invece in piazza Viviani oltre alle botte sono volati saluti romani, canzoni sguaiate e di stampo nazista, parole di disprezzo per le donne». Elementi che, contrariamente a quanto sostenuto dal Riesame, configurano per la procura «l’aggravante razziale prevista dalla legge Mancino». Quanto alle singole responsabilità, «la posizione più grave è quella di Pellegrini, già indagato per fatti analoghi e che, giunto all’età ormai di 45 anni, dovrebbe tenere ben atri comportamenti »; a seguire Iacona («che in quanto militare non dovrebbe certo fare queste cose») e Cugola (dal «ruolo più sfumato»). Dopo l’intervento delle parti civili (articolo a destra, ndr), si sono succedute le arringhe dei difensori, sulla stessa linea nel tentativo di togliere credibilità ai riconoscimenti dei responsabili da parti delle vittime. I legali D’Acquarone e De Luca (a tutela di Cugola), in particolare, hanno affermato che «le parti offese potrebbero essere state influenzate», riferendosi soprattutto alle «foto su facebook». «Guarda caso, poi - hanno aggiunto - i dubbi della Ambrosi sono insorti proprio su chi aveva un alibi di ferro, come Stizzoli o il ragazzo che si trovava in Irlanda». L’avvocato Bussinello, invece, ha sottolineato come il proprio assistito, «Iacona, appena sono arrivati i militari si è immediatamente fermato lì e messo a disposizione delle forze dell’ordine»; inoltre, sarebbe «stato riconosciuto dalla sola Ambrosi». Quanto a Pellegrini, i difensori Fiocco-Bardini hanno puntato sul fatto che «all’inizio l’aveva riconosciuto la sola Ambrosi: da lì si era messo in atto una sorta di passaparola». Identica la conclusione delle tre difese: assoluzione piena, «per non aver commesso il fatto». Ma il Tribunale ha detto sì solo a Cugola.
La. Ted.
19 settembre 2009
http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2009/19-settembre-2009/dodici-anni-carcere-le-botte-piazza-viviani-1601785781684.shtml
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