Le talpe in divisa, i tecnici anti-cimici fino al vicequestore. Così l'ex Nar si affidava a una rete di poliziotti e carabinieri infedeli
L'arresto di Carminati del 4 dicembre 2014
Nell'esercito del nero Carminati c'è un mondo di mezzo fatto di divise. Uomini dello Stato, poliziotti e carabinieri, che hanno fatto quadrato attorno al Cecato. C'era chi lo informava di indagini su di lui e chi gli sbrigava la pratica per il passaporto. Chi lo accompagnava a visitare terreni da acquistare e chi si spendeva con importanti costruttori della città per fargli avere case in affitto. Chi gli offriva informazioni su certificati penali e chi gli procurava congegni elettronici per intralciare intercettazioni ambientali. Una rete di "buoni e insospettabili" che hanno garantito a uno dei Re di Roma di girare a testa alta per la città e a rafforzare il suo potere. Quel potere che 4 giorni fa ribadisce dal carcere, avvisando: "Ora sono il diavolo, ma con me prima parlava tutto il mondo".
Il Blog - La mossa del Cecato
GLI INFORMATORI L'ordinanza Mondo di Mezzo racconta di due poliziotti in borghese intercettati al distributore di corso Francia. Parlano con Carminati e gli svelano che la procura sta indagando su di lui. Lo mettono in guardia, informazioni che valgono oro e che consentono al Cecato di muoversi con più cautela. Chi sono? Si tratta di due agenti del commissariato Ponte Milvio, autisti e uomini ombra dell'allora dirigente del commissariato. Sarebbero loro le talpe. E, all'arrivo del questore D'Angelo sono stati spostati da lì, anche se per oltre un anno sono rimasti al loro posto.
L'AUTISTA TUTTOFARE "Tranquillo, ti faccio tutto io". Salvatore Nitti, ispettore ora in pensione, sempre del commissariato Ponte Milvio, ascoltato in udienza lo scorso lunedì come teste di Lacopo (gestore del distributore di corso Francia), ha ammesso, come fosse una cosa naturale, che lui faceva favori a Carminati. Il Cecato lo chiama e lui si mette a sua completa disposizione: lo accompagna quando non ha la macchina, gli dà appuntamento in ufficio e lo mette in contatto con il costruttore Pantanella per fargli affittare un appartamento per il figlio.
IL TECNICO ANTI-INTERCETTAZIONI Massimetto la Guardia, così Brugia e Carminati chiamavano Massimo Ursini, agente di polizia che ha procurato loro un congegno elettronico che contrastasse eventuali intercettazioni ambientali. Poi c'era Giampaolo De Pascali, in servizio alla presidenza della Repubblica per cui è stato predisposto un avviso di conclusione indagini per corruzione.
QUESTORI IN FINMECCANICA Tommaso Profeta, vicequestore della polizia di Stato, già capo della Protezione Civile romana in giunta Alemanno, è stato ascoltato come teste lo scorso 8 novembre. Il pm Luca Tescaroli ha chiesto la trascrizione delle intercettazioni lette in aula dopo la sua deposizione; evidentemente c'è qualcosa da chiarire. Nominato al vertice della sicurezza di Finmeccanica e alle dirette dipendenze del presidente Gianni De Gennaro (ex capo della polizia)non sembra essere legato a Carminati se non per la stessa passione per Finmeccanica. "Lo sai perché Massimo è intoccabile? - dice Buzzi in una telefonata - Perché era lui che portava i soldi per Finmeccanica! Bustoni di soldi! A tutti li ha portati Massimo! Non mi dice i nomi perché non me li dice...tutti! Finmeccanica! Capito?"
http://roma.repubblica.it/cronaca/2016/11/18/news/roma_dagli_informatori_segreti_agli_agenti_tuttofare_ecco_l_esercito_di_carminati-152264350/
La mossa del Cecato
Si affannano a negarne l'esistenza, si inerpicano per terreni impervi e concludono sempre che no, non può essere, la mafia a Roma non c'è.
Se avranno ragione, in punto di diritto, lo stabiliranno i giudici. Ma intanto la realtà si incarica di spuntare le frecce dei negazionisti ad ogni costo.
Così Massimo Carminati prende la parola per dire ciò che potrebbe dire se gli amici e gli amici degli amici lo lasceranno a marcire in galera. "Con me parlava il mondo". Di mezzo e non solo. E Carminati ci tiene a far sapere che quel mondo potrebbe passare per la stretta porta di un tribunale se solo lui decidesse di agevolarne l'ingresso. Se fosse mafia, sarebbe una minaccia preventiva.
Siccome, siamo sub iudice, chiamiamolo avvertimento. I boss, per quel che l'esperienza si è sforzata di dimostrare, parlano a mezze frasi, dicono e non dicono. E se decidono di aprire bocca è sempre per conseguire un obiettivo.
Quello di Carminati che forse non è un boss ma ha tutta l'aria di padroneggiare i fondamentali del ruolo, appare abbastanza esplicito. Per nulla innocente e molto preciso, diretto.
Anche per la circostanza in cui il Cecato ha inteso dichiarare quanto fosse estesa la sua rete di relazioni. Lo ha fatto in difesa di un poliziotto trovatosi nella posizione di cavalier servente e poi, scoperto, a farfugliare di quanto fosse all'oscuro della caratura criminale dell'imputato.
Il Cecato ha rischiato di ammettere implicitamente il proprio ruolo, pur di portare l'affondo. Ha dovuto sostenere di essere talmente in vista da avere una cerchia estesa quanto composita. In virtù di cosa? Perchè mai il mondo avrebbe dovuto parlare con lui?
Ecco perchè la sua uscita, dopo quella diretta ad additare l'Espresso e i suoi giornalisti come vera insidia nella sua fulgida carriera da Re di Roma, è un ulteriore salto di qualità. Negare di essere quello che si è non serve a nulla: ora si tratta di mettere all'incasso tutte quelle chiacchiere con il mondo e garantirsi un salvacondotto.
http://bellavia.blogautore.repubblica.it/2016/11/15/la-mossa-del-cecato/
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