(ANSA) - BOLOGNA, 5 MAR - L'ex Nar Gilberto Cavallini, 64 anni, ergastolano a Terni, è indagato per concorso nella strage alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980, 85 morti e 200 feriti per la bomba nella sala d'aspetto di seconda classe, per la quale sono stati condannati gli altri ex Nar Francesca Mambro, Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini. La Procura di Bologna ha riaperto l'indagine su di lui, dopo un'archiviazione del 2013, sulla base del dossier presentato nel luglio 2015 dall'Associazione familiari vittime e ora, rivela il Corriere di Bologna, ha notificato in carcere a Cavallini la chiusura indagini. Nell'ipotesi che abbia fornito quantomeno i covi in Veneto alla latitanza dei Nar condannati per la strage e dunque partecipato alla sua preparazione. Il dossier, fatto di atti di vari processi, fa nomi e cognomi di presunti mandanti, complici e strutture di una 'insurrezione armata' contro lo Stato. Un filone, che riguarda militari, con l'aggravante dell'Alto tradimento, è stato da tempo trasferito a Roma.
http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2017/03/05/strage-bologna-indagato-nar-cavallini_297e7cf8-b0b7-4c33-908d-88553bd461e1.html
Gilberto Cavallini, ex NAR, indagato per la strage del 2 agosto 1980: Nei suoi trasferimenti a Roma, che si protrassero fino al mese di febbraio del 1980, Cavallini ha modo di stringere rapporti con il gruppo dei NAR di Valerio Fioravanti. Il primo incontro tra i due avviene l'11 dicembre del 1979, in occasione della sua prima rapina, consumata a Tivoli ai danni dell'Oreficeria D'Amore, e a cui partecipano anche Sergio Calore e Bruno Mariani.
Una settimana dopo quel colpo, la sera dell'omicidio del giovane Antonio Leandri, ucciso da Fioravanti e da un gruppo di altri neofascisti per uno scambio di persona, Cavallini incontra di nuovo Valerio e lo porta con sé in Veneto per sfuggire alle forze dell'ordine, ospitandolo nella casa dove vive con Flavia Sbroiavacca, allora incinta al terzo mese. I due hanno sei anni di differenza e due caratteri agli antipodi ma si integrano alla perfezione: entrambi delusi dall'ambiente dei vecchi fascisti, affascinati dalla figura di Che Guevara, entrambi hanno dentro il fuoco sacro dell'azione sul campo che si tradurrà "proprio nell'arco di tempo che copre la fase più tumultuosa della vita della banda armata (e anche successivamente), in un regime di vera e propria comunione di vita e nel concorso, nella progettazione ed esecuzione di molteplici e gravissime attività delittuose."
Durante il soggiorno veneto, il gruppo approfitta per compiere un'azione per impadronirsi di armi. A Padova, il 30 marzo 1980, Cavallini, Fioravanti e la Mambro assaltano i locali del distretto militare di via Cesarotti, e si portano via 4 mitragliatrici, 5 fucili automatici, pistole e proiettili. Prima di darsi alla fuga, sul muro della caserma la Mambro firma la rapina con la sigla BR per depistare le indagini.
La prima azione omicida con il gruppo di Fioravanti, i Nuclei Armati Rivoluzionari, avviene il 28 maggio 1980. Quel giorno l'obiettivo è quello di disarmare alcuni agenti davanti al Liceo ginnasio statale Giulio Cesare e di schiaffeggiarli, in modo da ridicolizzare la crescente militarizzazione del territorio da parte delle forze dell'ordine. Valerio, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e Giorgio Vale partecipano all'azione mentre Cavallini, Mario Rossi e Gabriele De Francisci hanno solo compiti di copertura. La reazione dei poliziotti, in servizio di vigilanza davanti al liceo, scatenò un conflitto a fuoco con la conseguente morte dell'appuntato Franco Evangelista (detto Serpico) e il ferimento di altri due agenti.
La volta dopo sarà lui a sparare. Il 23 giugno 1980, infatti, uccide a Roma il sostituto procuratore Mario Amato che, mentre aspetta l'autobus 391 per recarsi al lavoro, alla fermata di Viale Jonio, Cavallini raggiunge alle spalle e colpisce sparandogli alla nuca, per poi fuggire in sella alla moto Honda 400 guidata da Luigi Ciavardini. Da circa due anni Amato conduceva le principali inchiesta sui movimenti eversivi di destra in assoluto isolamento e aveva da poco annunciato sviluppi clamorosi nella sua indagine, prossime «alla visione di una verità d'assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi». La sua euforia è una reazione nervosa. Racconta dell'emozione quasi mistica che ha avuto quando ha sparato, rievoca la vampata della pistola, i capelli della vittima che si sono aperti volando via. "Ho visto il soffio della morte" dice. Il giorno seguente, i NAR fecero ritrovare un volantino di rivendicazione dell'omicidio: «Oggi 23 giugno 1980 alle ore 8:05, abbiamo eseguito la sentenza di morte emanata contro il sostituto procuratore Mario Amato, per le cui mani passavano tutti i processi a carico dei camerati. Oggi egli ha chiuso la sua squallida esistenza imbottito di piombo. Altri, ancora, pagheranno».
Nei mesi successivi la banda fa la spola tra Milano e il Veneto e, il 31 ottobre 1980, Fioravanti e Cavallini rapinano una gioielleria a Trieste. Il 26 novembre, Gigi è a Milano assieme a Stefano Soderini nella carrozzeria di Cosimo Simone, storica base della mala milanese. Quella mattina ha bisogno di un'auto pulita ma, all'arrivo di una pattuglia per un controllo via radio dei documenti personali dei presenti, apre il fuoco uccidendo il brigadiere Lucarelli e, nella fuga, dimentica i documenti in mano ai carabinieri ed è quindi costretto a lasciare in tutta fretta la casa di Treviso.
Qualche giorno dopo, il 19 dicembre 1980, Cavallini, Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Giorgio Vale, Pasquale Belsito, Stefano Soderini e Andrea Vian svaligiano la gioielleria Giraldo a Treviso portandosi via un bottino di tre miliardi. Alla rapina partecipa anche il veneto Fiorenzo Trincanato, un malavitoso comune conosciuto da Cavallini e a cui Gigi affida qualche giorno dopo un borsone di armi. Trincanato però, dopo l'arresto della moglie, trovata in possesso di una pistola, per paura di essere anch'egli catturato nasconde il borsone nello Scaricatore, un canale alla periferia di Padova.
Quando la sera del 5 febbraio 1981, Valerio Fioravanti, il fratello Cristiano, Francesca Mambro, Cavallini, Giorgio Vale e Gabriele De Francisci vanno a cercare di ripescare le armi, vengono colti sul fatto da due carabinieri: Enea Codotto di 25 anni e Luigi Maronese di 23 anni. Nel conflitto a fuoco che segue, Valerio spara uccidendo i due agenti che, prima di morire riescono a colpire lo stesso Fioravanti, il quale, gravemente ferito ad entrambe le gambe, verrà riportato dal resto del gruppo nell'appartamento usato come base e, poco dopo, arrestato.
Il 30 settembre 1981 partecipa all'uccisione di Marco Pizzari, estremista di destra che, secondo molti neofascisti, aveva collaborato con la polizia e che era ritenuto responsabile dell'arresto di Ciavardini e di Nanni De Angelis (e quindi anche della morte di quest'ultimo). Viene freddato da Cavallini e Alibrandi che lo colpiscono tre volte, due alla testa e uno al torace, nei pressi di piazza Medaglie d'Oro, a Roma.
Il 21 ottobre 1981, assieme ad Alessandro Alibrandi, Francesca Mambro, Giorgio Vale, Stefano Soderini e Walter Sordi, Cavallini uccide in un agguato nei pressi di Acilia il capitano della Digos Francesco Straullu, di 26 anni, che aveva lavorato per smascherare i membri dell'eversione nera. Nell'azione rimane ucciso anche l'agente Ciriaco Di Roma.
Il 24 giugno del 1982 partecipa, con Walter Sordi e due giovanissimi militanti (Vittorio Spadavecchia e Pierfrancesco Vito) ad un disarmo di una pattuglia di polizia in servizio di vigilanza nella sede dell'Olp di Roma. Gli agenti Antonio Galluzzo e Giuseppe Pillon sono raggiunti da numerosi colpi d'arma da fuoco che uccidono il primo e feriscono il secondo.
Cavallini sarà l'ultimo dei NAR ad essere catturato: il suo arresto avviene il 12 settembre del 1983, in un bar di corso Genova a Milano, dove era rientrato per soccorrere Soderini rimasto senza soldi e senza appoggi. Viene individuato pedinando un fiancheggiatore, Andrea Calvi, responsabile della rivista Movimento.
Trasferito nel carcere di Ascoli Piceno, inizia il suo percorso processuale in cui dovrà rispondere di vari omicidi, banda armata, furto e rapina, violazione di domicilio, detenzione illegale di armi, ricettazione e altri ancora. Il suo primo ergastolo risale al 12 gennaio 1984, quando venne condannato al carcere a vita assieme a Stefano Soderini per l'assassinio del brigadiere Ezio Lucarelli. Al processo Nar2, poi, cumulerà sei ergastoli, che si andranno ad aggiungere a quelli per gli omicidi Evangelista e Amato.
È attualmente detenuto nel carcere di Terni dopo che, il 19 dicembre del 2002, ha subito la revoca dei benefici di semilibertà concessagli l'anno prima, per essere stato trovato in possesso di una pistola Beretta con la matrice cancellata, di 50 proiettili e per avere utilizzato un appartamento, un'auto e uno scooter invece di recarsi a lavoro presso una palestra di Novate Milanese, tutte azioni incompatibili con le sue restrizioni di semilibero. Agli agenti che gli stringevano le manette ai polsi, dopo averlo pedinato disse: “Ringraziate Dio che la pistola l'avevo nello zaino, perché non vi avrei mai permesso di rimettermi in galera per altri 10 anni”
repressione_F
r_emiliaromagna