pubblicato il 28.10.17
Quegli ultras fascisti che fanno tanto comodo ·
Che le curve di quasi tutti gli stadi italiani, con rare eccezioni (Genova, Perugia, Terni, Livorno e pochissime altri), siano ormai da decenni egemonizzate da gruppi dichiaratamente neo nazifascisti è ormai risaputo. Solo chi non vuole vedere, non vede.
E siccome la ragion d’essere di un giornale come il nostro è proprio quello di indagare quello che i media non vogliono vedere né approfondire, eccoci qui a rischiare l’ennesima censura su Facebook “perché i nostri articoli non rispettano gli standard”, come recitano i lapidari comunicati di FB quando mettono in punizione qualcuno impedendogli di commentare e pubblicare oppure buttandolo fuori senza tanti complimenti. Ma essere censurati su FB è il minimo che possa capitarci. Del resto la censura sul web è ormai un fatto acclarato (invito a leggere questo articolo nel merito http://www.linterferenza.info/attpol/adesso-censura-del-web/ ) ma questo è un altro discorso di cui tratteremo in altra sede.
Come sappiamo, alcuni giorni fa durante una partita di campionato, una dozzina di ultras fascisti tifosi della Lazio hanno appiccicato degli adesivi indegni, antisemiti e razzisti sulla vetrata della curva sud, quella tradizionalmente occupata dai tifosi della Roma, fra cui anche uno, decisamente il più squallido e ripugnante, con l’immagine di Anna Frank che indossa la maglietta della Roma (gli ultrà romanisti fascisti fanno la stessa identica cosa a parti invertite). Secondo la loro distorta visione questi comportamenti sarebbero una forma di “scherno”, atti goliardici per prendere in giro gli avversari. Il fatto sorprendente è che chi frequenta gli stadi come il sottoscritto perché appassionato di calcio, sa che in effetti la loro intenzione è quella (il che, ovviamente, non li giustifica…).
Il punto è che pressochè quasi tutte le domeniche in quasi tutti gli stadi italiani vanno in scena gli ultras con il loro ormai tradizionale e scontato repertorio di cori e striscioni razzisti, sventolio di bandiere con svastiche e croci celtiche, ululati razzisti ai giocatori di colore, slogan antisemiti, cori contro neri, ebrei e napoletani. Tutte le sante domeniche che Dio le manda, come si suol dire.
Ora, sarà perché come al solito c’è di mezzo la Lazio, “eletta” dai media a squadra fascista per definizione, sarà perché è ancora vivo il dibattito provocato dall’approvazione da parte della Camera della legge Fiano, sarà perché è stata coinvolta la comunità ebraica romana e nazionale (e quindi non “pizza e fichi”, come si suol dire…), fatto sta che è esploso il finimondo. Sono intervenuti per condannare l’episodio – di per sé insignificante rispetto a quanto avviene normalmente ogni domenica, oltre a fatti di sangue ben più gravi che hanno visto protagoniste le tifoserie di tante squadre italiane – il Presidente Mattarella, il premier Gentiloni, il leader del PD Matteo Renzi, il sindaco di Roma, Raggi, il ministro degli esteri Alfano e quello dello sport Lotti, il ministro dello sport israeliano, il direttore del centro Wiesenthal di Gerusalemme, la presidente della comunità ebraica di Roma, il presidente della CEI, e chi più ne ha più ne metta. Mancano solo i comunicati stampa di Trump e Putin e un tweet di Kim Yong Unn e siamo al completo…
Scherzi a parte, questa levata di scudi a livello istituzionale non ci fu nemmeno quando un giovane tifoso napoletano, pochi anni fa, fu ucciso a revolverate da un ultrà fascista tifoso della Roma poche ore prima della finale di Coppa Italia fra Napoli e Fiorentina, o quando un commando di ultrà fascisti, sempre romanisti, aggredì selvaggiamente in un pub nel pieno centro di Roma, mandandoli all’ospedale, un gruppo di tifosi del Tottenham (anche ‘essi “colpevoli” di tifare per una “squadra di ebrei”) venuti a Roma per assistere ad una partita di Europe League contro la Lazio. In quella occasione i giornali attribuirono immediatamente la responsabilità di quanto accaduto ai tifosi della Lazio, salvo smentire tutto il giorno dopo quando furono arrestati gli ultrà romanisti e fascisti (che ammisero peraltro di aver commesso il fatto). I tifosi della Lazio, in ambito calcistico, servono ormai come capro espiatorio il quale, una volta individuato, a torto o a ragione, diventa il parafulmine di tutte le schifezze che avvengono nel mondo. Di tutti gli esami universitari che ho fatto quello in sociologia politica, con uno studio monografico proprio sul “capro espiatorio”, è stato senza dubbio uno dei più interessanti. La storia è piena di capri espiatori. Tra i più celebri, restando fra i recenti e senza andare troppo indietro nel tempo (ci vorrebbe un libro intero per elencarli tutti) ricordo i tifosi inglesi criminalizzati subito dopo la tragedia dell’Heisel (i cui i veri responsabili erano in realtà i vertici della FIFA che organizzarono una finale di Coppa dei Campioni in un piccolo stadio fatiscente …) e, cambiando completamente genere, leader politici come Craxi o il rumeno Ceaucescu. Non si potevano infatti condannare per corruzione migliaia di uomini politici della cosiddetta Prima Repubblica così come, mutatis mutandis, non si potevano fucilare migliaia di funzionari compromessi con il regime, compresi quelli che avevano organizzato il colpo di stato contro Ceaucescu e che avevano fatto parte fino a poche settimane prima dell’apparato statale e governativo e addirittura del suo entourage.
In tutto ciò, qualche adesivo appiccicato su un vetro ha scatenato il putiferio.
Sia chiaro, nessuno, tanto meno il sottoscritto, vuole minimizzare quanto successo, però è quanto meno singolare che in occasioni ben più gravi si resti in silenzio e venga invece sollevato un polverone per un episodio, quello degli adesivi, che poteva anche passare inosservato se i media romani e poi quelli nazionali non lo avessero enfatizzato. Mi viene, a questo punto, spontaneo invitare tutti gli “addetti alle istituzioni” di cui sopra e soprattutto quelli alla “comunicazione” che evidentemente fingono di non vedere e di non udire quello che si vede e si ascolta ogni santa domenica negli stadi, a recarsi all’Olimpico o in qualsiasi altro stadio (una capatina anche a Torino, Milano, Verona e altri, solo per citarne alcuni, non sarebbe male…) ed assistere alle partite. Ma in realtà sarebbe sufficiente farsi una passeggiata per le vie della capitale per accorgersi che i muri sono imbrattati di scritte naziste, razziste e antisemite, con tanto di firma (con svastica) di questo o quel gruppo ultras.
Fin qui i fatti di questi giorni. Vediamo adesso di analizzare in modo un pochino più approfondito la questione nel suo complesso.
Ci si scandalizza ipocritamente di questi fenomeni ma non si fa nulla per combatterli veramente. Eppure non ci vorrebbe molto. Lo stato ha combattuto con efficacia il terrorismo, ha represso i movimenti degli anni ’70 senza andare certo per il sottile e, tutto sommato – quando ha voluto e quando non era colluso – ha inferto colpi molto duri anche alla mafia, tutti fenomeni (senza volerli minimamente paragonare) infinitamente più incisivi e massicci di quello degli ultras. Pensiamo veramente che lo stato non sia in grado, qualora lo volesse, di mettere fuori gioco i gruppi ultras che infestano gli stadi? Ovviamente sì, ma sceglie consapevolmente di non farlo. Vediamo perché.
Gli stadi sono delle valvole di sfogo per tanta gente e in specie per queste bande più o meno organizzate, molto spesso colluse con la criminalità organizzata e con i vari ambienti neofascisti. Finchè sono negli stadi sono controllabili, identificabili, gestibili e soprattutto innocui. Del resto, a chi può mettere paura una massa di coglioni abbrutiti che va allo stadio a fare il saluto romano, a grugnire slogan razzisti, a imprecare contro i carabinieri, a tirare petardi e a scontrarsi con altri imbecilli come loro che tifano per altre squadre? Certamente non allo stato e non ai “padroni del vapore” ai quali fa anzi comodo che frange di popolazione marginale siano ridotte in quel modo e soprattutto ideologicamente “pilotate”, anche perché, al bisogno, possono sempre tornare utili come manovalanza. Non è un mistero, ad esempio, che una gran parte dei militanti della formazione neonazista di Pravy Sector, protagonista del colpo di stato che ha portato al potere un governo filo NATO e filo occidentale in Ucraina, sia stata pescata tra le file dei gruppi ultrà della locale squadra di Kiev. Del resto i fascisti, in tutte le differenti forme in cui si sono storicamente e concretamente manifestati, al di là dei loro proclami ideologici, hanno sempre funzionato come mastini, come cani da guardia del sistema capitalista, pronto a sguinzagliarli, estrema ratio, qualora se ne presentasse la necessità.
Se invece gli si chiudesse quella valvola il bubbone scoppierebbe fuori degli stadi e “quei bravi ragazzi” sarebbero meno controllabili, meno gestibili e meno innocui. Perché allora chiuderla? Non avrebbe senso, dal punto di vista di chi gestisce e controlla la ”giostra”. Meglio tenerli dentro i loro spazi che sono come riserve, dove possono “giocare” senza fare eccessivi danni.
E’ bene sottolineare che queste bande vivono di logiche tribali. A loro dell’andamento della squadra non gliene importa assolutamente nulla. Se la loro squadra vince la Champion’s League o finisce in serie C gli è quasi del tutto indifferente. Le dinamiche che li muovono sono di tutt’altro genere e sono dinamiche di gruppo, direi appunto tribali, naturalmente ideologicamente connotate nel modo che sappiamo. Chi è più tosto, chi è più forte, chi incita di più, chi fa le coreografie più belle e, ovviamente, chi mena di più, chi è più spavaldamente fascista. Non ci si deve purtroppo stupire se nel deserto esistenziale in cui vive una gran parte di giovani sia nelle periferie delle metropoli che nei suburbi di provincia, l’appartenenza ad un gruppo ultras, con tutte le liturgie del caso, può rappresentare un punto di riferimento, una forma di aggregazione. E lo stato gliela lascia, salvo bacchettarli ogni tanto quando fanno la pipì fuori del vaso. Un po’ di anni di “daspo” a qualcuno, qualche mese di galera ai più facinorosi e nulla più. Si finge di scandalizzarsi di fronte ad episodi, comunque inqualificabili, di razzismo, ma in realtà si chiude più di un occhio.
La pace sociale è la stella polare per chi ci governa e anche queste tribaglie di giovinastri culturalmente sprovvedute, sprovviste di un barlume di vera coscienza politica, imbevute di una simbologia e di una ideologia fascista che serve a dargli un’identità e a sostenerli dal punto di vista psicologico ed esistenziale più che politico, danno il loro inconsapevole contributo. La domenica se la prendono con i “negri” e con gli immigrati, fanno il “buuu” ai giocatori di colore e il lunedì tornano nella bottega dove vengono sfruttati dal padroncino “bianco” che li assume in nero come meccanici o garzoni di bottega o a fare i pony express oppure da qualche capoclan che li manda in giro a spacciare droga.
Questi soggetti tornano utili perché con i loro comportamenti idioti servono a mescolare le carte, a dar modo a chi comanda di gettare nero seppia in faccia alla gente, di coprire le loro malefatte, la loro gestione cinica e spregiudicata del potere, quello vero, quello che getta sul lastrico le persone, precarizza il lavoro, specula su tutto ciò che è possibile speculare, e si arricchisce su ogni cosa su cui è possibile arricchirsi. In altre parole, contribuiscono ad ingenerare nelle persone quella falsa coscienza senza la quale chi comanda non potrebbe comandare.
Utili idioti funzionali al Potere che finge di combatterli perchè ha bisogno anche di loro.
http://www.linterferenza.info/editoriali/quegli-ultras-fascisti-fanno-tanto-comodo/
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