pubblicato il 25.07.18
L’autrice del post sullo smalto di Josepha: “Twittare è il mio lavoro. Mi finanzia CasaPound” ·
25 luglio 2018
Parla l'autrice del post: "Non sono una politica ma una patriota"
"Twittare è il mio lavoro Mi finanzia CasaPound"
INTERVISTA
ROMA Francesca Totolo, 41 anni. Si definisce «ricercatrice indipendente», mai stata giornalista. Studi di economia e un passato nel modo della moda. La storia delle unghie laccate di Josepha, lanciata su Twitter lo scorso fine settimana l'ha raccontata lei, con tweet divenuti rapidamente virali.
«Il mio primo post è della sera di sabato 21 luglio. Però mi lasci chiarire, per me i migranti sono le vittime, ma sono anche strumenti di propaganda. Sia da una parte che dall'altra, questo non lo nego, ma sono stati strumenti di propaganda per i no border, per chi è a favore della migrazione». —
Come è nata questa storia delle unghie laccate?
«Io ho visto il servizio al TG5, da cui ho preso lo screenshot delle unghie di Josepha con lo smalto. Ma nel mio primo tweet non ho mai detto quello che poi mi hanno contestato, parlavo di due ipotesi: o lo smalto lo aveva già o le è stato messo a bordo. Un fatto curioso, no?».
Da più di un anno lei scrive di migrazione e contro le Ong su twitter. Che esperienza ha in questo settore?
«Autodidatta. Per la conoscenza delle terminologie marittime ho fatto vela e windsurf. Ho studiato economia, poi ho iniziato a fare l'ufficio stampa nel settore moda. A quarant'anni ho deciso di reinventarmi, di fare qualcosa per il mio Paese». Esperienza politica? «Nessuna, assolutamente nessuna. Mi definisco una patriota». Su Twitter ha stretti legami con alcuni account anonimi, specializzati su questi temi.
Come li ha conosciuti?
«Ci siamo conosciuti in rete, ho trovato interessanti i loro tweet». Chi sono? «Uno di loro so chi è, ma non posso dirlo, per mantenere riservata la mia fonte. Io ci metto nome e cognome, perché oggi questa è la mia attività lavorativa. Mi creda, lavoro 18 ore al giorno sulla rete...». Un vero e proprio lavoro.
Chi la paga?
«Collaboro principalmente con il Primato Nazionale, anche se ho altri progetti che a settembre diventeranno pubblici, con un editore italiano».
Quindi il finanziamento della sua attività viene dal giornale di CasaPound?
«Sì». Mai attivato raccolte fondi online, come fanno molti blogger? «Mi basta quello che guadagno, per ora...».
E' stata intervistata per cinque volte dall'edizione internazionale in inglese di Sputniknews, l'agenzia di stampa russa sospettata di fare propaganda putiniana in Occidente, sul tema Soros, Orban e Ungheria. Come è entrata in contatto con loro?
«Mi hanno contattata loro quando pubblicai riguardo Soros, poi tradotto in sette lingue e diffuso dal sito ZeroHedge. Presumo che mi abbiano conosciuta lì. Sono stata contattata sia dalla redazione di Mosca che da Sputnik Gran Bretagna».
Lei è autrice di veri e propri dossier sulla Open Society Foundation di Soros. Quando ha iniziato?
«Quando Soros, lo scorso anno, è arrivato in Italia a far visita a Gentiloni. Io sono molto brava a consultare bilanci, così ho approfondito questo filone. Poi le informazioni si trovano, è tutto pubblicato, la Open Society Foundation è la più trasparente, non c'è nulla di occulto».
http://www.lastampa.it/2018/07/25/italia/lautrice-del-post-sullo-smalto-di-josepha-twittare-il-mio-lavoro-mi-finanzia-casapound-rYh77yM7gjhFRFI5yGmN1M/premium.html#acquistaregistraaccedi
Roma - Parte dalle Alpi che si affacciano sul Lago Maggiore la storia dello smalto sulle unghie di Josepha, la giovane del Camerun salvata da Open Arms. L’autrice è Francesca Totolo, nata e cresciuta in Val d’Ossola, specialista in dossier contro le Ong su Twitter e chiamata come opinionista dalla rete d’informazione del governo russo Sputnik News per parlare di George Soros, dell’Ungheria di Orbán e delle organizzazioni che si occupano di diritti umani.
Fino a maggio 2017 una sconosciuta, oggi un’influencer da 5 milioni di visualizzazioni al mese finanziata - attraverso la testata “Il primato nazionale” - anche da CasaPound.
Caso Josefa, l’autrice del post: «È il mio lavoro, ecco chi mi finanzia»
Dietro di lei c’è una rete di utenti Twitter specializzati nella propaganda contro migrazioni e salvataggi umanitari. C’è l’account anonimo «I’m James the Bond». C’è un lituano, esperto in materie navali, che si nasconde dietro un alias, JB. Loro preparano i dossier - rintracciabili in rete, sui drive di Google o su siti specializzati nell’archiviazione di documenti - mentre l’attivista Totolo formatta, divulga, lancia vere e proprie campagne che diventano virali.
Come nel caso della storia delle unghie laccate di Josepha. Solo l’ultimo tra i casi. La modalità comunicativa è ben strutturata, ma diversa dal dispositivo delle «fake-news». Alcuni elementi sono veri e danno l’impressione di una notizia verificata, anzi addirittura frutto di un «coraggioso» lavoro di contro-informazione. L’accostamento poi, spesso forzato se non suggestivo, produce l’effetto finale.
Svarioni e ricerche a volte complesse, veri e propri dossier pensati per uscire in pillole sulla rete Twitter. Schermate di rotte navali, video ripresi dagli account social libici, una comunicazione, almeno all’apparenza, redatta da veri esperti di cui Totolo sembra il terminale per la loro diffusione massima.
L’intensa attività sulla rete, interamente direzionata contro migranti, Ong e associazioni in qualche maniera finanziate dalla Open Society Foundation, è partita un anno e mezzo fa.
documentazione
r_nazionale
articolo precedente
articolo successivo