pubblicato il 17.10.19
Verona, Tommasoli: la Cassazione chiude il caso. Condannati anche Corsi e Vesentini ·
Ricorsi respinti, sei anni e otto mesi. Ora rischiano il carcere
VERONA Condannati anche loro per l’omicidio preterintenzionale di Nicola Tommasoli. Ritenuti dai giudici responsabili delle accuse, senza altre possibilità di appello. Sei anni e otto mesi di reclusione a testa per Guglielmo Corsi e Andrea Vesentini, entrambi - secondo i giudici - colpevoli in via definitiva, esattamente com’erano già stati decretati in precedenza gli altri tre imputati Raffaele Dalle Donne (l’unico al momento detenuto a Montorio), Nicolò Veneri e Federico Perini. Così, poco dopo le 21 di martedì, la Suprema Corte si è pronunciata per la terza - e a questo punto ultima - volta su una vicenda che, a conti fatti, si è trascinata per le aule dei tribunali per quasi 12 anni.Un’infinità di tempo, un’attesa interminabile scandita da lunghe attese ma anche da numerosi colpi di scena.
La vicenda
Ma partiamo dalla fine. All’uscita da una camera di consiglio che si è protratta per l’intera giornata, martedì sera gli Ermellini hanno accolto la richiesta avanzata in mattinata dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione: quella cioè di confermare in toto la sentenza in base a cui nel 2017 anche gli ultimi due imputati - Corsi e Vesentini - vennero ritenuti responsabili dell’aggressione mortale in Corticella Leoni costata la vita il primo maggio del 2008, dopo cinque giorni di agonia su un letto di Terapia intensiva, all’incolpevole designer 29enne di Negrar per una maledetta sigaretta negata. In ballo davanti alla Suprema Corte (che - va ricordato - non entra nel merito delle accuse contestate, ma si pronuncia esclusivamente riguardo alla legittimità dei verdetti impugnati, vale a dire su eventuali vizi di forma) , c’era l’esito con cui si concluse il 6 ottobre 2017 il terzo processo di fronte alla Corte d’assise d’appello di Venezia. In quella sede, a Corsi e Vesentini i magistrati lagunari di secondo grado inflissero «la pena di anni sei e mesi otto di reclusione nonché il pagamento delle spese processuali».
Le attenuanti
A entrambi vennero riconosciute le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, mentre i giudici dell’Assise avevano condannato il solo Vesentini (che nei precedenti giudizi era sempre stato assolto)alla refusione del danno alle parti civili, ovvero famiglia della vittima (assistita dagli avvocati Giorgio Alvino e Franco Rossi Galante) e Comune di Verona. Un verdetto, quello pronunciato nel 2017 nell’aula bunker di Mestre, che rappresentò l’ennesimo colpo di scena nell’ambito di una trafila giudiziaria che pareva davvero non terminare mai: da lì, infatti, scattò su iniziativa delle difese un ulteriore passaggio in Cassazione, quello appunto andato in scena ieri a Roma, a distanza di 24 mesi dalla lettura della sentenza impugnata. Da quest’ultimo verdetto, di fatto, dipendeva il destino di Corsi e Vesentini, gli ultimi due imputati che adesso rischiano di dover entrare in carcere: di certo, quella del 2017 era stata una sentenza che aveva spiazzato molti, ponendosi in antitesi rispetto a quelle che erano state alla precedente udienza le richieste giunte dall’accusa, vale a dire «assoluzione per Corsi (avvocato Stefano Grolla, ndr) e Vesentini (legali Cristiana Ciurli ed Emanuele Fragasso, ndr)». In quella sede, invece, trovò conferma la condanna a 7 anni e 5 mesi per Raffaele Dalle Donne (difeso dal legale Umberto de Luca): quest’ultimo, al momento, è l’unico ancora in carcere. Definitive e già scontate invece le condanne a 11 anni e un mese comminate a Federico Perini (assistito dall’avvocato Giuseppe Trimeloni con il collega Roberto Bussinello)e Nicolò Veneri (difensore Michele Fiocco). Ad attendere la sospirata ultima parola dei giudici di legittimità, ieri, erano rimasti a Verona i signori Luca e Maria Tommasoli: sempre presenti alle innumerevoli udienze celebrate dal primo grado per stabilire verità e responsabilità sulla tragica perdita dell’incolpevole figlio 29enne, non c’erano a Roma ad attendere le numerose ore in camera di consiglio necessarie agli Ermellini per pronunciarsi per la terza volta dopo tre processi consecutivi in Appello. Tempi lunghissimi, per ottenere una Giustizia che stavolta dovrebbe almeno aver pronunciato la sua ultima parola anche per gli imputati, all’epoca della tragedia tutti ventenni e adesso, ormai, uomini maturi con 12 anni di più.
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