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Nick Greger era uno dei più duri militanti fra i neonazisti in Germania. Nel suo libro dal titolo “Verschenkte Jahre” (vale a dire “anni buttati via”) descrive la sua trasformazione da protagonista dell’estremismo di destra a convinto antifascista. Il libro offre una preziosa descrizione di prima mano del capitolo più crudele della Germania del dopoguerra.
La “carriera” di Greger, che attualmente ha 28 anni, è iniziata nel 1989 in una cittadina della Baviera quando aveva 12 anni. Entrò in un gruppo di skinheads. La causa: ribellione giovanile. Greger ricorda che si riusciva ad essere provocatori già quando ci si infilava un giubbotto con la scritta “Sono fiero di essere tedesco” e ci si tagliava i capelli a zero. Era uno scandalo, ci si voleva ribellare contro tutte le autorità, contro il mondo piccolo borghese.
Nel 2002 il suo gruppo neonazista si sciolse, ma Greger era già un pregiudicato, condannato dal Tribunale dei minorenni per ubriachezza molesta e per aver marinato la scuola. Per non avere il cruccio di frequentare la scuola e non dover sopportare i rimproveri dei genitori Greger decise di andarsene nelle regioni dell’ex Germania dell’Est. Aveva letto che c’erano molti gruppi di neonazisti organizzati.
Arrivò alla stazione di Lipsia e gli bastarono 10 minuti per trovare camerati neonazisti. In un anno e mezzo diventa il leader di un gruppo di camerati che a colpi di manganello vogliono “liberare” una zona della città.
In tre mesi hanno avuto in pugno un quartiere: hanno pestato diverse persone, altre le hanno buttate fuori dal tram, hanno terrorizzato la gente, hanno fatto “visita” a turchi, arabi o antifascisti, li hanno insomma picchiati a casa loro. Molti hanno abbandonato il quartiere. Estremismo politico e criminalità organizzata vanno a braccetto: a volte i neonazisti si finanziano con sigarette rubate a commercianti vietnamiti a volte con furti di auto. Ci si mette d’accordo per non pestarsi i piedi a vicenda. Mettono in conto le denunce ma chi viene arrestato viene considerato un martire, approfitta del tempo passato in prigione per l’approfondimento ideologico e per trovare contatti con chi è della stessa ideologia.
Greger finisce in prigione nel 1997: tre anni e sei mesi per ferimenti aggravati plurimi, uso di simboli di organizzazioni anticostituzionali, molestie e danneggiamenti. La prigione per Greger si è rivelata essere la migliore possibilità per reclutare giovani che hanno sufficiente potenziale violento per fare i “soldati sulla strada”. Bastava indottrinarli.
Dopo sei anni di prigione in diverse carceri Greger tira le somme: con gli estremisti di destra ci si comporta da dilettanti. Sono rinchiusi per anni in spazi ristretti, gente con la stessa ideologia che da mattina a sera si sostiene a vicenda e monta un odio generato dal reciproco lavaggio del cervello. In carcere Greger mette in piedi un’associazione neonazista che si propone di fungere da nastro di collegamento fra le varie organizzazioni neonaziste.
Quando Greger nel 1999 esce dal carcere ha ottimi contatti con organizzazioni neonaziste nazionali ed internazionali. Un poliziotto infiltrato nell’organizzazione di Greger lo fa cogliere in fallo e Greger finisce nuovamente in prigione. Inizia a credere sempre meno all’efficienza del suo impegno di stampo neonazista in Germania.
Quindi si è cercato uno Stato dove fosse possibile scatenare conflitti di stampo razzista ed è andato in Sudafrica. Greger si mette in contatto con i paramilitari razzisti, pianifica un putsch.
Ma ecco la svolta: un autostoppista nero, che Greger voleva sfruttare per procurarsi delle armi, cambia la sua vita, gli apre la sua casa e sua sorella diventa la sua fidanzata.
Quel giovane nero era contento di avere la possibilità di parlare con un uomo bianco, gli ha parlato della sua famiglia, della sua cultura e delle sue tradizioni. Greger è rimasto interdetto davanti ad un uomo così aperto e gentile.
Dopo una prima cena Nelly, il giovane africano, ha invitato Greger a visitare il povero quartiere dei neri e lì sono caduti tutti i pregiudizi di cui era prigioniero.
Greger: “Incredibile come questa gente mi sia venuta incontro, non faceva parte della mia visione delle cose, quella dell’odioso negro, sottospecie umana … il problema era che mi ero innamorato della sorella di Nelly. Non volevo, volevo allontanare da me questa eventualità, ma ad un certo punto ho ceduto: quella donna mi aveva conquistato. Era una lotta interiore, ho constatato che la teoria della razza e la vita reale sono due cose completamente differenti …”.
Greger va a vivere in quel quartiere di neri. L’ombra del passato però ritorna quando Greger si reca in Germania dove deve scontare ancora una vecchia pena. Ma i suoi progetti per il futuro sono già definiti: al massimo fra un anno tornerà in Africa dalla sua ragazza.
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