pubblicato il 6.12.20
Reggio Calabria: il leader di Fratelli d'Italia e quei "pesanti condizionamenti" per nascondere l'orrore degli abusi dello zio su una bimba di 8 anni ·
Il ruolo di Massimo Ripepi, capogruppo in consiglio comunale e pastore di un movimento cristiano, emerge dal decreto di collocamento in comunità protetta di una minore vittima di violenza sessuale: avrebbe convinto madre e padre, suoi adepti, a mandare la piccola a vivere in casa con l'uomo (già condannato) e poi a tacere
06 Dicembre 2020
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Tanto nei suoi infuocati sermoni, come nei suoi pirotecnici interventi da capogruppo di Fratelli d'Italia in consiglio comunale a Reggio Calabria, i minori sono sempre "figli di dio, creature del signore" da tutelare a tutti i costi. Ma quando una coppia si è rivolta a lui per trovare conforto e sostegno per denunciare le violenze sessuali che la figlia di appena 8 anni aveva subito da uno zio, ha trovato un muro. Anzi, è stato lui a far credere alla madre della piccola che se avesse portato la vicenda a conoscenza delle autorità avrebbe provocato "il suicidio dell'uomo, del cui sangue sarebbe stata responsabile davanti a dio".
Che si sappia non ci sono allo stato accuse per Massimo Ripepi, ma è inquietante il ruolo del numero uno di Fdi a Reggio Calabria che emerge dal decreto di collocamento in comunità protetta di una minore vittima di violenza sessuale. Un provvedimento immediatamente esecutivo, che in attesa degli approfondimenti necessari dispone l'allontanamento della bambina dai genitori e "in via d'urgenza e inaudita altera parte, la sospensione della responsabilità genitoriale sia patema che materna".
Fra le motivazioni c'è anche che i due genitori si sono fatti "pesantemente condizionare dal pastore a capo della comunità religiosa da essi frequentata, cedendo alle sue assurde pressioni senza rendersi minimamente conto dell'abnormità della situazione". E quel pastore è Massimo Ripepi, uomo di punta di Fratelli d'Italia a Reggio Calabria e pastore di Pace, un movimento cristiano fondato dall'autoproclamato apostolo Gilberto Perri, e da lui ereditato per un pezzo.
Oggi quella chiesa "fatta in casa" è una comunità chiusa e compatta di adepti, che venerano Ripepi come un semidio e lo chiamano "papà". Spesso in cambio di un tetto e di un pasto, chi entra nella comunità recide ogni contatto con "gli esterni". Allontanarsi da lì è difficilissimo. Lo sa bene una donna costretta a denunciare Ripepi, dopo essere divenuta per mesi oggetto degli strali pubblici e privati del pastore, che nei suoi sermoni la bollava come "figlia di Satana" e alle calcagna le ha messo alcuni dei suoi fedelissimi.
È in quest'ambiente claustrofobico che matura l'incubo della bambina, spedita con la benedizione del pastore nelle mani dell'uomo che ha abusato di lei. Inizia tutto un anno fa, con una coppia rotta, una bimba rimasta sola dopo il ricovero della madre in Pneumologia e il padre incapace di gestirla da solo. Entrambi adepti del movimento Pace, i genitori - si legge nel decreto di allontanamento della minore - si rivolgono al pastore. Chiedono che una delle famiglie della comunità accolga temporaneamente la bimba in casa, ma è lui a invitarli "a rivolgersi alla nonna malgrado tutti fossero a conoscenza del fatto che quest'ultima vivesse con il figlio, in passato (circa venti anni addietro) condannato con sentenza definitiva alla pena di otto anni di reclusione per violenza sessuale su minori".
Una proposta che ha lasciato di stucco i genitori. Ma per gli adepti di Pace, la parola del pastore è legge. La sua autorità è massima. Nessuno si azzarda a trasgredire. Nonostante i timori, hanno affidato la bambina alla nonna "di non lasciarla mai sola, né di giorno, né di notte, con lo zio". Ma non è bastato. Lo ha scoperto pochi mesi dopo la madre, tentando inutilmente di convincere la bambina, visibilmente terrorizzata, a spogliarsi per fare il bagno. In lacrime, si legge nelle carte, la piccola ha iniziato a raccontare in dettaglio gli abusi dello zio. Sconvolti, i genitori si sono rivolti al pastore, "venendo però dissuasi - scrivono i giudici - dal denunciare e invitati a curare l'anima della persona che aveva abusato della bambina per salvarla e conoscere la gloria di Dio".
Per Ripepi - ha raccontato la coppia, quando alla fine è riuscita ad allontanarsi dalla comunità - il problema era solo di possessione demoniaca. A suo parere, quell'uomo aveva messo le mani addosso ad una bambina all'epoca di soli 8 anni perché "posseduto dal demone" e ci avrebbe pensato lui personalmente a "curare la sua anima". E no, avrebbe detto alla madre, non andava denunciato perché lo avrebbe spinto al suicidio e lei "di quel sangue sarebbe stata responsabile davanti a Dio".
Vittime del carisma dell'uomo, i due hanno piegato la testa. In silenzio hanno accettato anche i rimproveri e le scenate del religioso, quando la storia è divenuta di pubblico dominio in comunità perché la bambina ha iniziato a confidarsi con i coetanei. Ci sono voluti mesi perché decidessero di uscire da quell'ambiente, altri ancora perché iniziassero un percorso psicologico presso un centro antiviolenza. Di fronte alle operatrici e alle psicologhe, la storia alla fine è venuta fuori. I genitori si sono decisi a sporgere denuncia e immediatamente è intervenuto il tribunale dei minori, che ha deciso di tutelare in primo luogo la bambina.
È vero, sono stati loro alla fine a rivolgersi alle autorità. Ma non troppo tempo fa hanno lasciato la piccola in un contesto totalmente inappropriato, l'hanno obbligata a vivere con un uomo già condannato per violenza sessuale su minori "lasciato agire indisturbato". E sono passati troppi mesi dagli abusi subiti dalla bambina alla denuncia, che sono bastate "le assurde pressioni" di Ripepi per rinviare. Per questo, i giudici hanno deciso di allontanare la piccola dal contesto familiare, in attesa di capire se e in che misura i genitori siano in grado di occuparsi di lei. Ma l'intera vicenda è stata segnalata alla procura, per le determinazioni del caso. E per tutti i soggetti coinvolti.
https://www.repubblica.it/politica/2020/12/06/news/massimo_ripepi_fratelli_d_italia_reggio_calabria_violenza_sessuale_su_minore-277191414/?ref=RHTP-BH-I274300569-P5-S8-T1
"Sei figlia di Satana". Condannato per diffamazione l'"apostolo" candidato per Fdi
L'aspirante senatore per Fratelli d'Italia a Reggio Calabria Massimo Ripepi è stato raggiunto da un decreto penale per aver insultato nelle sue omelie una donna che si era allontanata dalla comunità
20 Febbraio 2018
"Satana", "figlia di Satana", "Jezabel", "Killer di anime". Queste non sono che alcune delle definizioni che sono costate un decreto penale di condanna per diffamazione e danno d'immagine, aggravato dalla pubblicità dei mezzi di diffusione, al candidato reggino al Senato di Fratelli d’Italia Massimo Ripepi.
Consigliere comunale di Reggio Calabria dove guida l’opposizione al sindaco Giuseppe Falcomatà, Ripepi è anche pastore di Pace, un movimento cristiano fondato da un altro reggino, Gilberto Perri (autoproclamatosi “apostolo”) e da lui ereditato. In tale veste, il politico che oggi è uno dei candidati di punta del partito di Giorgia Meloni in città, guida una folta comunità religiosa che lo venera come un semidio e lo chiama “papà”. E da cui è estremamente complicato allontanarsi.
Una donna in passato ci ha provato e per questo è stata per mesi bersagliata di insulti via mail, lettera e facebook e oggetto di mirate "omelie" durante le quali veniva paragonata al diavolo tentatore. Nel corso di infuocati sermoni, pronunciati dal pulpito della sua chiesa e poi rilanciati su youtube e sulla tv on line da lui fondata e regolarmente usata per evangelizzare i suoi, per lungo tempo Ripepi si è scagliato contro la donna, medico abbastanza conosciuto in città e madre di un adolescente, additandola come “strumento del demonio” da temere ed evitare.
Una vera e propria persecuzione che le avrebbe "cagionato un disagio psico-fisico, ed un forte timore per la sua incolumità", a detta della professionista. Ma così sembrano pensarla anche le istituzioni cui la donna si è rivolta.
La crociata contro di lei è infatti costata a Ripepi prima un ammonimento per stalking, emesso dal Questore Raffaele Grassi che in calce al provvedimento ricordava al politico-pastore "che a Reggio è disponibile il dipartimento di Salute mentale a cui potrà rivolgersi". Oggi, un decreto penale di condanna. Per il gip Davide Lauro, le feroci omelie di Ripepi “esorbitano del tutto ogni possibile riferimento alla libera espressione del pensiero e al libero esercizio del culto”, per questo per lui ha stabilito una pena pecuniaria di 500 euro (ma con pena sospesa).
Una decisione contro cui – si vocifera nella comunità, dove dell’argomento si può parlare solo a mezza bocca - Ripepi ha già fatto opposizione, sulla quale toccherà al giudice pronunciarsi. In realtà, anche nel caso dell’ammonimento ricevuto dalla polizia il pastore politico aveva proposto ricorso, ma la sua istanza è stata rapidamente rigettata.
https://www.repubblica.it/speciali/politica/elezioni2018/2018/02/20/news/_sei_figlia_di_satana_condannato_per_diffamazione_l_apostolo_candidato_per_fdi-189308450/
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