|
|
Di Bergamo Antifa
Chi controlla il passato controlla il futuro.
“Bruni attacca i fascisti: è un falso”. Il titolo dell’articolo comparso sabato 11 febbraio a tutta pagina su “Il Nuovo Giornale di Bergamo” commenta da solo le dichiarazioni rilasciate dal sindaco Roberto Bruni sui falsi manifesti comunali del giorno del Ricordo. Nonostante quello che ingenuamente qualcuno potrebbe aspettarsi da una Amministrazione di “centro-sinistra”, il primo cittadino di Bergamo ha di fatto dimostrato la propria adesione a quel revisionismo storico che tutta la destra italiana agita e incoraggia da tempo e che, mai come oggi, gode di ampie legittimazioni istituzionali. Una strumentalizzazione volta a rivalutare storicamente l’esperienza della dittatura fascista, screditando la Resistenza partigiana, sollevando impropri paragoni tra chi si batté per la Libertà e i “ragazzi di Salò” (in nome di un’ambigua “riconciliazione nazionale”) e sfruttando drammatici episodi passati per manipolare la storia a proprio uso e consumo. Isolato dal suo contesto storico qualunque episodio perde di significato, ed è gioco facile plasmarlo e significarlo a piacimento. Esattamente quello che sta accadendo, laddove si pretende di ricordare gli italiani uccisi dai partigiani di Tito, senza fare i conti con la propria storia e con i suoi scheletri nell’armadio, omettendo intenzionalmente il contesto e le motivazioni che condussero a quelle esecuzioni.
E’ veramente curioso che il sindaco Bruni definisca “un oltraggio alle vittime delle Foibe” il fatto che qualcuno ponga l’accento su quel contesto taciuto in cui le esecuzioni delle Foibe devono essere collocate storicamente: l’occupazione italiana della Jugoslavia durante la dittatura fascista, con la persecuzione razziale nei confronti dei Popoli di quelle terre e l’italianizzazione forzata, che si tradusse per le popolazioni locali non solo nel divieto di parlare la propria lingua e di conservare le proprie tradizioni, ma anche nella sistematica soppressione di tutte le scuole croate e slovene, nel rimpiazzo del personale slavo con personale italiano nel pubblico impiego e nel sequestro (spesso reso superfluo dalla devastazione dei locali) di circa 4000 sedi di associazioni culturali slave e di strutture analoghe, nel tentativo di annientare quella cultura che Benito Mussolini considerava espressione di una razza inferiore. Già nel 1920 il duce affermava: «Di fronte ad una razza inferiore e barbara come la slava, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. I confini dell’Italia devono essere il Brennero, il Nevoso e le Dinariche: io credo che si possano sacrificare 500000 slavi barbari a 500 italiani». Tra il 1941 e il 1945 l’occupazione nazifascista produsse la distruzione di decine di migliaia di abitazioni, la morte di circa 45000 persone, tra sloveni, croati e antifascisti italiani, e l’arresto e l’internamento di altre 95000.
Il regime fascista dispose in Jugoslavia di 15 campi di concentramento e si calcola che quasi 14000 prigionieri persero la vita nei lager italiani in Slovenia. Di questi luoghi di sterminio, come dei 113 costruiti in Italia e di quelli attivati nelle diverse regioni occupate, non rimane alcuna traccia, sapientemente occultati nel dopoguerra per minimizzare le atrocità perpetrate dal regime fascista. Sempre a questo fine, fin da quel periodo, alle esecuzioni delle Foibe fu assegnata una dimensione tanto esagerata quanto priva di riscontri documentali, al fine di contrapporre alla feroce “pulizia etnica” nazifascista un genocidio attuato dai partigiani comunisti jugoslavi. Questa ricostruzione venne proposta per la prima volta con finalità propagandistiche durante l’occupazione della Jugoslava dall’esercito nazista tedesco coadiuvato nella raccolta di materiali ad essa inerenti dai servizi segreti della famigerata X flottiglia Mas (tristemente nota per l’efferatezza delle pratiche, tra rastrellamenti, sevizie terribili, uccisioni sommarie e deportazioni di partigiani e antifascisti), per essere poi, in una fase successiva, rispolverata anche dai servizi di sicurezza delle forze alleate in funzione anticomunista (era l’inizio della guerra fredda..) come contrappeso alle accuse mosse dalla Jugoslavia comunista di Tito all’Italia durante le trattative per i risarcimenti di guerra.
Parlare di persecuzione etnica da parte dei partigiani jugoslavi riabilita un clamoroso falso storico, visto che il contesto in cui i fatti ebbero luogo era quello dell’occupazione militare nazifascista nei Balcani e che, perciò, le motivazioni razziali di tedeschi e italiani furono decisamente diverse da quelle della lotta di Liberazione jugoslava. Quando il sindaco Bruni descrive la tragica epopea di italiani costretti ad abbandonare le loro terre, omettendo che molte proprietà agricole erano state affidate a italiani dopo essere state espropriate ai contadini locali, si fa interprete di una ricostruzione parziale di quegli avvenimenti, alimentando una mistificazione storica destinata a legittimarne altre e ben più gravi, esattamente come quando ricorda le vittime italiane delle Foibe, trascurando i motivi sottesi alla maggior parte di quelle comunque spietate esecuzioni e tacendo l’altro volto di questa tragedia, quella di tutti coloro che, in quanto oppositori politici o semplicemente persone di razza slava, furono essi stessi gettati nelle Foibe dagli invasori nazifascisti.
Riportare alla luce questa cornice storica non significa offendere gli italiani che perirono nelle Foibe e oltraggiare il dolore dei loro familiari e dei superstiti, ma rendere giustizia alla storia, in quanto eredità collettiva e direttrice imprescindibile del progresso umano. Se i morti sono tutti uguali, differenti sono le circostanze e le motivazioni che condussero al loro, seppur tragico, epilogo. Non possiamo tacere di fronte a una ricostruzione parziale e interessata di questo capitolo terribile della storia italiana, che così presentato rischia di ricavare una breccia pericolosa a quella revisione della storia dell’Italia del XX secolo tanto agognata, guarda caso, dalla stessa parte politica che strumentalmente della questione Foibe ha fatto una propria bandiera. Tanto più considerato il clima di delegittimazione che attanaglia, mai come ora, la nostra eredità resistenziale, tra la difesa timida e piena di distinguo di chi ancora pretende di incarnare gli ideali di giustizia e libertà di cui l’Antifascismo fu ed è tuttora garante, e gli attacchi di una destra italiana geneticamente sprovvista di una “dimensione democratica”. Tutt’altro che idiozie, perciò, piuttosto questioni di vitale importanza. Ne và del nostro futuro.
Bergamo Antifa
“Chi controlla il passato, controlla il futuro; chi controlla il presente, controlla il passato [...].
Credi davvero che il passato abbia un’esistenza reale? [...].
Il passato esiste forse concretamente nello spazio? C’è da qualche parte un luogo, un mondo di oggetti solidi, dove il passato sta ancora avvenendo? [...] dove esiste il passato, seppure esiste?”.
“Nei documenti. Vi è registrato?. Nei documenti. E’ nella mente. Nella memoria degli uomini?”
(1984, George Orwell)
Di seguito la rassegna stampa relativa al caso dei manifesti comunali contraffatti.
Il comunicato di smentita del Comune di Bergamo (10/02/2006)
Manifesti falsi sul Giorno del Ricordo
Questa mattina, 10 febbraio, in città sono stati trovati, sia in luoghi riservati alla pubblica affissione sia in spazi vietati alla affissione, alcuni manifesti falsi in merito al Giorno del Ricordo, di colore rosso, che utilizzano impropriamente la firma del Sindaco Bruni. Questi manifesti sono stati realizzati sulla falsariga del manifesto ufficiale realizzato dall’Amministrazione comunale per il Giorno del Ricordo, di colore marrone, a firma del Sindaco Roberto Bruni, che nei giorno scorsi era stato affisso in città. Nei manifesti falsi è stata sostituita la prima parte del testo del manifesto ufficiale che ricordava le motivazioni dell’istituzione del Giorno del Ricordo riportando il testo della legge, con altro testo evidenziato da un riquadro. Il Sindaco esprime il suo stupore e il suo sdegno per un atto, oltre che illegale, offensivo nei confronti dell’Amministrazione comunale e dei cittadini, che vengono ingannati, e che oltraggia la memoria delle vittime delle Foibe e dei sopravvissuti.
Da www.ecodibergamo.it (10/02/2006)
Giorno del ricordo, manifesti falsi in città. Lo stupore e lo sdegno del sindaco Bruni
In città sono stati trovati, sia in luoghi riservati alla pubblica affissione sia in spazi vietati alla affissione, alcuni manifesti falsi in merito al Giorno del Ricordo, di colore rosso, che utilizzano impropriamente la firma del Sindaco Bruni. Lo rileva un comunicato di Palafrizzoni: «Questi manifesti – recita la nota – sono stati realizzati sulla falsariga del manifesto ufficiale realizzato dall’Amministrazione comunale per il Giorno del Ricordo, di colore marrone, a firma del Sindaco Roberto Bruni, che nei giorno scorsi era stato affisso in città. Nei manifesti falsi è stata sostituita la prima parte del testo del manifesto ufficiale che ricordava le motivazioni dell’istituzione del Giorno del Ricordo riportando il testo della legge, con altro testo evidenziato da un riquadro». «Il Sindaco – conclude il comunicato – esprime il suo stupore e il suo sdegno per un atto, oltre che illegale, offensivo nei confronti dell’Amministrazione comunale e dei cittadini, che vengono ingannati, e che oltraggia la memoria delle vittime delle Foibe e dei sopravvissuti».
Da “Il Nuovo Giornale di Bergamo” (11/2/2006)
La prima pagina
BERGAMO – Affissi ieri in città manifesti che ricordano le popolazioni slave vittime dei fascisti italiani, firmati dal sindaco Roberto Bruni: il Comune smentisce, sono stati contraffatti.
Servizi a pagina 6 e 7
Manifesti contraffatti. L’intervento. Il portavoce: «Ma non bisogna dimenticare i crimini nazifascisti» «IL PACI’ NON CENTRA. ANCHE SE…» «Non è opera nostra»
BERGAMO -Si dice che a pensar male si fa peccato,ma spesso si indovina. Non è questo il caso, però. Appaiono manifesti che contestano la giornata del Ricordo, preferendo invece la memoria delle vittime dei nazifascisti: che il centro sociale Pacì Paciana centri qualcosa? «No, non abbiamo partecipato all’ideazione di questa iniziativa, né abbiamo contribuito a metterla in pratica – dice il portavoce del centro sociale – anzi, non ne sapevamo proprio niente: me lo state dicendo voi adesso». Come giudicate questa scelta, duramente criticata dall’amministrazione, e dal sindaco Bruni in prima persona? «Le cifre sono esatte, su questo non c’è molto da dire. Nessuno vuole togliere nulla alle vittime delle foibe e alle persone che sono state costrette ad abbandonare le loro case e la loro terra, ma il rischio è che si dimentichi chi ha scatenato la violenza. Gli invasori sono stati i nazisti tedeschi e i fascisti italiani, che hanno massacrato migliaia di persone, e non soltanto soldati e partigiani. la popolazione slava ha subito centinaia di migliaia di perdite, per non parlare degli uomini e delle donne rinchiuse nei lager tedeschi in Croazia, ma anche in quelli Italiani in Slovenia. non è una gara a chi ha avuto più morti, comunque. Dal punto di vista morale e umano la questione degli esuli e delle vittime è giusta: il problema è che troppo spesso la destra strumentalizza la questione per farne una bandiera. In questo modo non si fa un favore a nessuno: non alla storia, ma nemmeno agli esuli o ai aprenti degli infoibati».
Il caso. I cartelloni, identici all’originale, stravolgono completamente il messaggio del sindaco bergamasco BRUNI ATTACCA I FASCISTI: E’ UN FALSO. Manifesti contraffatti per il giorno del Ricordo
BERGAMO -Manifesti che ricordano le popolazioni slave vittime dei fascisti italiani, firmati dal sindaco Roberto Bruni: il Comune smentisce, sono stati contraffatti. Questa mattina sui muri della città,ma anche in alcuni spazi riservati all’affissione, sono spuntati strani manifesti, identici nella grafica a quelli che l’amministrazione ha ufficialmente emesso nei giorni scorsi. Leggendo le primerighe righe, il contenuto appare però molto diverso, se non opposto, a quello del cartellone ufficiale: «Ricordiamo in questo giorno le atrocità perpetrate dall’Italia fascista contro i Popoli slavi durante l’occupazione della Jugoslavia, in nome della presunta superiorità razziale – recita il volantino – tra il ‘41 e il ‘45 l’occupazione italiana produsse circa 45.000 morti tra sloveni, croati e antifascisti italiani, oltre a più di 95.000 arrestati e imprigionati in campi di sterminio». Il manifesto continua riportando esattamente le parole che concludono anche l’originale del Comune, che in questo contesto acquistano però un senso completamente diverso: «Le istituzioni sono chiamate, in un momento di preoccupante diffusione di nuove forme di intolleranza, a riannodare i fili della memoria per condividere e costruire tra nuove e vecchie generazioni un senso profondo della storia, che non va né archiviata né strumentalizzata. Su nessuna di queste vicende deve cadere il silenzio. Il dolore delle vittime è dolore di tutti noi». In calce, anche al falso, la firma del primo cittadino: «Il Sindaco Roberto Bruni». Il Comune smentisce decisamente la paternità dell’affissione: «Il sindaco esprime il suo stupore e il suo sdegno per un atto, oltre che illegale, offensivo nei confronti dell’Amministrazione comunale e dei cittadini, che vengono ingannati, e che oltraggi la memoria delle vittime delle Foibe e dei sopravvissuti», recita il comunicato emesso dagli addetti stampa. Dal cartellone ufficiale gli ignoti autori dello “scherzo” hanno cancellato la prima parte, che riporta il testo dell’articolo di legge che istituisce la giornata del Ricordo: «”La Repubblica italiana riconosce il 10 febbraio quale GIORNO DEL RICORDO al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”. Così recita il primo articolo della legge 92 del 30 marzo 2004, che istituisce la giornata di commemorazione, importante elemento per ricostruire quella “memoria unica” dell’Italia che è stata richiamata dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione della prima celebrazione». Non ci sono indizi sugli autori del falso, visto che il manifesto non è firmato (se escludiamo il nome del sindaco), e visto che nessuno ha ancora rivendicato il gesto. E’ chiaro comunque che il problema delle Foibe e dell’esodo degli italiani d’Istria e Dalmazia, e quindi anche la giornata del Ricordo, non ha cessato di essere oggetto di strumentalizzazione politica.
Il caso/2. IL PRIMO CITTADINO: «NON VALE NEPPURE LA PENA DI PARLARNE» «Ma sono solo idiozie»
BERGAMO – L’amministrazione non ha gradito lo scherzo, ad opera di ignoti, che ha voluto fare della controinformazione sulla giornata del Ricordo falsificando il manifesto ufficiale del Comune, emantenendo pure la firma del Sindaco in fondo al cartellone. Quando chiediamo a Roberto Bruni, al termine della cerimonia inmemoriadegli infoibati e degli esuli di Istria e Dalmazia, un ulteriore giudizio sulla vicenda, la reazione del primo cittadino è decisamente lapidaria: «Sono idiozie che si commentano da sole. Non vale neppure la pena di parlarne». La giornata del Ricordo, istuita dalla legge 92 del 30 marzo 2004, è spesso stata fonte di polemiche. Appoggiata dalla destra, che spesso ha voluto opporla al 25 aprile, viene contestata da una parte della sinistra che vede in essa il tentativo di infangare il ricordo della lotta di Liberazione della Resistenza.
Ilcaso/3. Il più famoso tra i combattenti di questa nuova guerra è Luther Blisset: «Cerco l’illuminazione attraverso la confusione» UN ALTRO ESEMPIO DI GUERRIGLIA D’INFORMAZIONE
Il falso manifesto apparso ieri sui muri della città è un perfetto esempio di “guerriglia dell’informazione”, una strategia di lotta anche politica che prova a battere il sistema con le sue stesse armi. Il più famoso tra i combattenti di questa nuova guerra è Luther Blisset, un nome che comprende tutti e nessuno. Dietro questo nome, che è quello di un calciatore del Milan della metà degli anni ‘80 famoso per i suoi lisci, si nasconde un’entità composta da centinaia di persone che lo usano per particolari perormance artistiche e, soprattutto, per memorabili beffe a discapito dell’informazione ufficiale. «Io sono Luther Blisset – recita il manifesto programmatico – Io mi rifiuto di essere limitato da qualunque nome. io ho tutti i nomi e sono tutte le cose. incoraggio i gruppi pop ad usare questo nome. Io cerco l’illuminazione attraverso la confusione. Io prospero sul caos. Io respingo il concetto di Copyrght. prendi quello che puoi usare.Demolisci la cultura seria». Con la sua firma sono stati pubblicati perfino dei bestseller come il romanzo di ambientazione medioevale “Q”, pubblicato da Einaudi. Il nome collettivo Luther Blisset diventa famoso a livello nazionale confezionando un falso video su presunte messe sataniche in provincia di Viterbo. Lo scherzo, che è durato alcuni mesi, ha coinvolto perfino Tv7, il rotocalco del Tg1, che ha trasmesso un filmato in cui si vedrebbe una messa nera con sacrificio umano incluso. E’ Blisset stesso che rivela la sceneggiata, mostrando la conclusione del video in cui la vittima si esibisce in una tarantella finale. Sempre su segnalazione del misterioso Luther Blisset la trasmissione “Chi l’ha visto?” si è attivamente impeganta nella ricerca di un inesistente artista-illusionista inglese, mentre alla biennale di Venezia del 1995 giornali e tg hanno fatto a gara per trovare Lootha (e il nome non è un caso), la scimmia pittrice che qualcuno aveva dato come evento imperdibile della mostra. Il Resto del Carlino, il più autorevole quotidiano bolognese, è caduto nella trappola pubblicando la storia di una prostituta sieropositiva che bucava i preservativi dei clienti per vendicarsi trasmettendo il virus. Le sue iniziali? L.B. Numerosi critici sono stati ingannati da un falso testo del filosofo cyberpunk Hakim Bey: qui Blisseth citava un certo professor Mortais Lee (letto al contrario diventa “li mortè”, simpatica esclamazione romanesca). La Repubblica aveva addirittura pubblicato la notizia del suicidio della scrittrice Susanna Tamaro, autrice di libri vendutissimi come “Va dove ti porta il cuore. Dopo aver letto il proprio necrologio, la Tamaro aveva commentato «Spero di campare fino a cent’anni». Luther Blisset ha successo soprattutto su Internet: la rete è infatti il luogo ideale per un inidividuo che non ha corpo ma possiede invece mille anime. Facendosi beffe delle paure della gente (l’Aids, la violenza, perfino la magia nera) crea leggende metropolitane a cui i media sono facilmente disposti a credere: il gioco è fatto. Non indifferenti anche le “performance artistiche”: nel ‘95 organizza una festa su un autobus di linea a Bologna. Appuntamento al capolinea del numero 30, e poi party itinerante con tanto di coriandoli. Il risultato è stato l’intervento della polizia, con un agente che innervosito spara un colpo in aria.Cinquanta denunce per una sola persona. Nome? Luther Blisset.
Da L’Eco di Bergamo (11/2/2006)
FALSI MANIFESTI IRRIDONO LE FOIBE Il sindaco: «Nel girno del Ricordo un gesto offensivo e oltraggioso» Contraffatti il logo del comune e la firma di Bruni. Un cippo per gli esuli
«I falsi manifesti sul giorno del Ricordo? Un episodio che si commenta da solo». Queste le parole del sindaco Roberto Bruni sulla diffusione un po’ in tutta la città di manifesti molto simili a quelli fatti stampare dal Comune in occasione del giorno in memoria delle vittime delle foibe, ma con un contenuto decisamente diverso: i falsi manifesti di colore rosso, incollati in più punti della città, da via XX Settembre a via San Bernardino, a piazza Pontida, invece di dare risalto alla tragedia degli esuli istriani, fiumani e dalmati, ricordavano «le atrocità perpetrate dall’Italia fascista contro i popoli slavi durante l’occupazione della Jugoslavia, in nome della presunta superiorità razziale». Il tutto a firma del sindaco Roberto Bruni, naturalmente inconsapevole del tutto. «Il primo cittadino si leggeva nel comunicato stampa diffuso subito dal Comune che ha anche provveduto a staccare i falsi manifesti esprime il suo stupore e il suo sdegno per un atto, oltre che illegale, offensivo nei confronti dell’Amministrazione comunale e dei cittadini, che vengono ingannati, e che oltraggia la memoria delle vittime delle Foibe e dei sopravvissuti». «Questa giornata ha commentato il presidente del Consiglio comunale Marco Brembilla è fatta per ricordare e invece c’è chi fa della sterile ideologia che non serve a nessuno. E’ doveroso costruire una memoria comune perchè queste tragedie del passato non si ripropongano mai più». Ieri, dunque, le massime autorità comunali hanno incontrato Vincenzo Barca, presidente nazionale dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra responsabile dell’Associazione esuli Istria e Dalmazia di Bergamo. «Il mio pensiero ha dichiarato il sindaco Bruni è rivolto con commozione a coloro che perirono in condizioni atroci nelle Foibe, nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945, e alle sofferenze di quanti si videro costretti a abbandonare per sempre le loro case in Istria e Dalmazia. Questi drammatici avvenimenti formano parte integrante della nostra vicenda nazionale, devono essere radicati nella nostra memoria, ricordati e spiegati alle nuove generazioni». Per contribuire a questa conoscenza e per accogliere la richiesta degl’esuli istriani, il sindacoBruni ha proposto un cippo commemorativo di più immediata realizzazione rispetto all’intitolazione di una via richiesta degl’esuli. «Dopo mezzo secolo di vergognoso silenzio e di disinformazione a sottolineato Barca finalmente una legge della Stato ha fatto cadere la cortina calata sui 350000 esuli giuliano-istriani che hanno pagato di tasca propria la sconfitta dell’Italia». Barca ha poi ribadito il desiderio di vedere una via intitolata alla tragedia delle foibe e degli esuli. Sempre nella giornata di ieri Azione Giovani, il movimento giovanile di Alleanza Nazionale, ha distribuito davanti all’istituto Vittorio Emanuele una coccarda tricolore e un libretto commemorativo del giorno del Ricordo.