pubblicato il 11.04.23
Memoria stragista: depositate le motivazioni della Sentenza di ergastolo a Paolo Bellini per la strage di Bologna ·
Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini” - 8 Aprile 2023
L’espressione giornalistica “strategia della tensione” fu inventata dal giornalista inglese Leslie Finer che la coniò per un suo pezzo – pubblicato il 7 Dicembre del 1969 sul “The Observer”, Settimanale della Domenica del Quotidiano The Guardian (che la Domenica non esce) – nel quale spiegava ai lettori del Regno Unito il contesto politico in cui aveva avuto luogo la strage fascista del 12 Dicembre 1969 in cui una bomba – piazzata all’interno dell’Agenzia di Piazza Fontana, a Milano, della Banca Nazionale dell’Agricoltura – aveva causato 16 morti e 98 feriti. Quella strage segnerà – per molti commentatori – l’inizio di una stagione stragista, della destra fascista e terrorista (che sarà appunto definita come “strategia della tensione”, anche nel nostro Paese), che lascerà sul terreno una scia molto lunga di morti e feriti e che, convenzionalmente, si fa terminare nel 1974, con la strage, ancora fascista, di Piazza della Loggia, a Brescia (28 Maggio).
In realtà, la “strategia della tensione” ha inizio molto prima di quel 12 Dicembre 1969 ovvero, per alcuni Studiosi e non solo per loro, nasce nel 1964, anno del “Piano Solo” del Generale dei Carabinieri Giovanni De Lorenzo e viene pianificata, con precisione, (secondo le dichiarazioni dell’ergastolano, fascista, non pentito, Vincenzo Vinciguerra) nel 1965, con il Convegno sulla cosiddetta “Guerra non ortodossa”, organizzato, dal 3 al 5 Maggio di quell’anno all’Hotel Parco Dei Principi, di Roma, dal Centro di Studi Militari “Alberto Pollio” (creatura dell’allora Stato Maggiore della Difesa, con a Capo il Generale Giuseppe Aloia), (°)
Quella strategia ha la sua prima manifestazione concreta – sempre nel 1965 – con l’”Operazione Manifesti Cinesi”, ovvero l’infiltrazione neofascista nei Gruppi maoisti, attivi all’epoca in Italia, attraverso la Struttura fascista denominata “Organizzazione Lotta di Popolo” (acronimo OLP, simile a quello dell’allora attiva Organizzazione per la Liberazione della Palestina, di Yasser Arafat). L’operazione di infiltrazione a sinistra fu voluta dall’allora Capo dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato (ex fascista saloino e piduista) e vide all’opera, tra gli altri, Stefano Delle Chiaie e Delfo Zorzi, di Avanguardia Nazionale.
Come ho scritto, convenzionalmente, la “strategia della tensione” si fa terminare con la strage fascista di Piazza della Loggia, a Brescia. Ma per molti Studiosi e giornalisti d’inchiesta, quella “strategia”, purtroppo, non finisce con quella strage (che causò 8 morti e 102 feriti) e per la quale sono stati recentemente rinviati a giudizio i fascisti Marco Toffaloni e Roberto Zorzi (fratello di Delfo, latitante in Giappone) ed era stato, invece, condannato a trent’anni di reclusione Carlo Maria Maggi (deceduto), il responsabile di Ordine Nuovo per il Triveneto, ma arriva fino alla strage fascista-piduista alla Stazione ferroviaria di Bologna, del 2 Agosto 1980. Che causò ben 85 morti e oltre 200 feriti.
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Perché torno a scrivere di questa strage? Perché – ad un anno dalla Sentenza del Tribunale di Bologna, che aveva condannato all’ergastolo il fascista Paolo Bellini, come uno degli esecutori materiale della strage (“il quinto uomo” di quella mattanza) sono state depositate, di recente, le motivazioni di quella Sentenza che, in 1774 pagine (a cui vanno aggiunte le 1.154 pagine della Sentenza dell’anno scorso), appoggiano quella condanna su una ricostruzione – suffragata evidentemente da prove e riscontri ormai certi – che inquadra la strage all’interno appunto della “strategia della tensione” di cui sopra (allargando però la visuale anche ad altri soggetti, non propriamente fascisti, che la progettarono e/o ne agevolarono e coprirono l’esecuzione e gli esecutori materiali) e fa, nel contempo, i nomi ed i cognomi dei mandanti di quella strage. La Sentenza ha condannato anche altri due imputati minori, Piergiorgio Segatel, ex Carabiniere (sei anni per depistaggio) e Domenico Catracchia, immobiliarista (quattro anni per false informazioni ai PM). (**)
Così scrive, ad esempio, al riguardo il giornalista Giuseppe Salvaggiulo, sul Quotidiano La Stampa del 6 Aprile scorso: ”Il presidente del tribunale di Bologna, Francesco Caruso, ha depositato le monumentali motivazioni – 1714 pagine – della sentenza che un anno fa ha condannato Paolo Bellini all’ergastolo in primo grado per la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, che provocò 85 morti e 200 feriti. «Possiamo ritenere fondata l’idea, e la figura di Bellini ne è al contempo conferma ed elemento costitutivo, che all’attuazione della strage contribuirono in modi non definiti, ma di cui vi è precisa ed eclatante prova nel “documento Bologna Licio Gelli e il vertice di una sorta di servizio segreto occulto che vede in Federico Umberto D’Amato (potente capo dell’ufficio affari riservati del ministero dell’Interno, ndr) la figura di riferimento in ambito atlantico ed europeo.».
Nota: Il Documento “Bologna – Conto 525779XS”, venne sequestrato a Licio Gelli nel 1982, a Ginevra, al momento del suo arresto da parte della Polizia elvetica. In quel Documento contabile – fortuitamente ritrovato tra le carte di un altro Processo che vedeva imputato Licio Gelli – sono indicati, tra gli altri, i cinque milioni di dollari che Gelli fece pervenire – tramite Marco Ceruti, piduista e segretario del Magistrato Ugo Ziletti, anche lui iscritto alla P2 e all’epoca Vice Presidente del CSM – a Giuseppe Valerio Fioravanti e a Francesca Mambro (ex NAR), per eseguire la strage di Bologna. In quel Documento risultano annotati anche altri fondi. utilizzati per i depistaggi successivi alla strage del 2 Agosto 1980.
Dar Ciriola
Ma la “Sentenza Bellini”, sui mandanti e sugli esecutori di quella strage. è ancora più chiara. “Qui abbiamo accertato che Gelli, la P2, i servizi segreti e quel centro di potere occulto coagulatosi intorno all’ex capo dell’Ufficio Affari Riservati [Federico Umberto D’Amato, Ndr.] – scrivono i Giudici – “avevano gestito e destinato ingenti somme di denaro all’esecuzione di un fatto che gravi convergenti indizi indicano nella strage di Bologna”. (vedi Nota in riquadro).
E ancora la Sentenza “parla di una scrittrice e giornalista, esperta dell’eversione stragista percorso politico” – ha sottolineato Antonella Beccaria, scrittrice e giornalista, esperta dell’eversione stragista – “verso un assetto istituzionale autoritario-presidenziale con un uso misurato delle bombe. Un governo non dittatoriale e non militare che doveva operare attraverso un controllo di determinati apparati a iniziare dai servizi segreti, con un uso misurato delle bombe. Dopo il 1974, l’anno delle stragi di Brescia e dell’Italicus, abbiamo un periodo a minore intensità dal punto di vista delle bombe”. E conclude che, fino alla strage del 2 Agosto 1980, “La P2 e Gelli erano uno strumento del consolidamento di un governo forte di tipo autoritario e non dittatoriale”.
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Ho già scritto di quando – nella mia gioventù politica – la strage di Piazza Fontana la chiamavamo “STRAGE DI STATO” e di come, all’epoca, chi ci considerava nemici della democr4azia rigettava, con forza, quella definizione, accusandoci di ideologizzare una strage che al tempo si voleva attribuire alla sinistra non parlamentare, ovvero a noi che gridavamo, nelle Piazze, la verità.
“La verità è sempre rivoluzionaria: tenerla nascosta non è solo un inganno e una truffa ma un inquinamento che avvelena e tarpa la vita di tutti, anche chi la reprime e prima o dopo ne paga il fio.”, (Antonio Gramsci, su “L’Ordine Nuovo” del 21 Giugno 1919)..
I diversi Processi su quella strage milanese – nonostante numerosi tentativi di depistaggio – hanno poi provato – sebbene tutti i colpevoli siano stati assolti e dunque, giudiziariamente parlando, quella strage non ha avuto colpevoli – la sua matrice fascista. In modo chiaro. Come sono chiare e lampanti le coperture che funzionari infedeli dello Stato (i più svariati, poi tutti scoperti iscritti alla P2 di Licio Gelli) hanno diciamo così, “offerto” agli esecutori di quella mattanza, lavorando alacremente perché non fosse scoperta né la vera matrice politica di quella bomba, né chi l’aveva collocata e tantomeno chi aveva diretto quelle danze assassine, prima di quello scoppio, 16 volte mortale. E quella copertura era proseguita per molti anni ancora, anche dopo quei Processi.
Ora, la cosiddetta “Sentenza Bellini” aggiunge un altro tassello di verità, non solo sugli autori della strage, fascista-piduista dI Bologna, ma anche (e soprattutto) sui mandanti. E ancora, sempre la “Sentenza Bellini” ci autorizza a scrivere (e gridare ad alta voce) che anche quella perpetrata alla Stazione ferroviaria di Bologna, ormai 43 anni fa, è stata una “STRAGE DI STATO”.
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Nota finale: al termine di un interessante articolo sulle motivazioni della “Sentenza Bellini”, pubblicato ieri sul Quotidiano Domani (sorry, ma quel nome alla Testata non è farina del mio sacco), il giornalista e scrittore Paolo Morando invita a leggere le prime 460 pagine di quella Sentenza, come fossero quelle di un Testo di Storia su quella che ho indicato all’inizio come “strategia della tensione”. Se la “Sentenza Bellini” fosse stata postata in Rete nella sua interezza (non ho verificato) sarebbe un bell’esercizio di lettura, perché i fatti che quelle pagine raccontano (e la loro concatenazione logica e provata) non si trovano in nessun Testo scolastico di Storia. Quel periodo della nostra Storia non si studia a Scuola, forse perché la sua conoscenza potrebbe aiutare a capire molte cose del nostro passato e, forse, del nostro presente.
(*) Il Convegno di studi politici e militari sulla cosiddetta “guerra non ortodossa” fu organizzato dall’Istituto Alberto Pollio, per iniziativa di due giornalisti di estrema destra, Enrico De Boccard e Gianfranco Finaldi, subito affiancati da un terzo, Edgardo Beltrametti (stretto collaboratore dell’allora Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Giuseppe Aloia), che curerà la pubblicazione degli Atti del Convegno. In sede saggistica è stata avanzata l’ipotesi, mai smentita, che l’organizzazione del Convegno sia stata resa possibile da fondi forniti dal SIFAR e in particolare dall’Ufficio REI (Ricerche Economiche e Industriali) diretto dal Colonnello Renzo Rocca, trovato suicidato a Roma, nel suo Ufficio di Piazza Barberini, il 27 Giugno 1968, poco prima di essere interrogato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul “Piano Solo”.
Il Convegno fu presieduto da un magistrato e da due alti ufficiali dell’Esercito. Fra i relatori i nomi del giornalista parlamentare Guido Giannettini (poi scoperto come l’Agente Zeta del SID) e Pino Rauti; (noto esponente missino e della destra eversiva, al tempo anche giornalista). Al Convegno presero parte anche personalità del mondo imprenditoriale e, come risulta dalla Relazione introduttiva, “venti studenti universitari che l’istituto ha pregato – dopo una selezione di merito – di prendere parte ai lavori appunto come gruppo”.
Tra questi è stata accertata la presenza di Stefano Delle Chiaie e Mario Merlino, noto, quest’ultimo come militante di destra e per avere partecipato, nell’Aprile del 1968, ad un “viaggio premio” nella Grecia dei Colonnelli – sponsorizzato dall’ESESI, la Lega degli Studenti Greci fascisti in Italia e organizzato da Pino Rauti, allora giornalista del Quotidiano di destra Il Tempo, di Roma – e ancora, per essersi successivamente – e prima del 12 Dicembre 1969 – infiltrato in ambienti anarchici (Cfr. il Paragrafo “Mario Merlino Fascista”, in “Strage di Stato”, Samonà e Savelli, I^ Edizione 1970).
Al viaggio in Grecia – insieme a Merlino e ad una quarantina di fascisti, scelti tra i vari Movimenti di destra attivi in quel momento in Italia – partecipa anche Stefano Delle Chiaie, Ad Atene i “turisti” fascisti italiani prenderanno contatti con esponenti del Movimento nazista greco “4 Agosto”, diretto da Costantino Plevris.
(**) Occorre ricordare (e aggiungere al puzzle della strage di Bologna) ancora un paio di tasselli importanti. Il primo: Paolo Bellini è stato definito “il quinto uomo” della strage di Bologna, poiché per quella strage sono stati condannati, in via definitiva, in qualità di esecutori materiali, Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro nonché Gilberto Cavallini e Luigi Ciavardini (tutti ex NAR). Ma, in realtà, del nucleo eversivo degli esecutori di quella strage fascista-piduista faceva parte anche un altro terrorista nero, Sergio Picciafuoco (deceduto lo scorso anno) che – anche se ha sempre smentito di essere dei NAR – la Corte D’Assiste di Bologna aveva collocato alla Stazione di Bologna, quel 2 Agosto del 1980.
Il secondo tassello importante sta nel fatto che la Sentenza del Tribunale di Bologna dell’anno scorso, che condannava Bellini all’ergastolo per quella strage, indicava come mandanti Licio Gelli e Umberto Ortolani (P2); Federico Umberto D’Amato, ex saloino e anche lui piduista, all’epoca responsabile dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale e Mario Tedeschi, ex saloino, ex Senatore missino e Direttore del Settimanale di destra “Il Borghese”, tutti deceduti. Dunque, un intreccio tra l’eversione nera, la P2, la destra parlamentare e esponenti degli Apparati di Sicurezza dello Stato., teso ad attuare in Italia il “Piano di Rinascita Nazionale”, di Licio Gelli .Uno schema, quello sperimentato durante la “strategia della tensione”, che ritroveremo spesso in azione, diciamo così, “solidale”, anche dopo quella strage sanguinosa alla stazione ferroviaria di Bologna.
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