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da Reporter Associati
di Gianni Cipriani g.cipriani@reporterassociati.org [Per Avvenimenti e Reporter Associati]
Di loro mi ero occupato circa un paio di anni orsono, quando non si chiamavano ancora Dssa (Dipartimento studi strategici antiterrorismo) ma “Reparti di protezione nazionale”. Ma sempre della stessa minestra si trattava: l’aquila della Cia ricopiata con poca fantasia come logo, con l’aggiunta di uno scudetto tricolore (quando si dice l’amor patrio…) e della scritta “Destra Nazionale”; il sedicente sindacato di polizia chiamato “Unione nazionale forze di polizia”, là dove il plurale indicava la presenza di poliziotti, carabinieri, finanzieri e perfino guardie forestali; i proclami contro gli islamici e gli immigrati: feccia della società che insozzavano l’Italia per colpa dei comunisti, ovviamente. Tutto scritto, tutto ostentato non senza fanatismo, tutto proclamato. Ed è per questo che di tutta la storia della cosiddetta “polizia parallela” la cosa che meraviglia di più non è tanto l’esistenza di rigurgiti fascisti e xenofobi tra alcuni di coloro che si occupano di sicurezza, quanto che si è dovuta attendere l’inchiesta della procura di Genova perché alcuni di questi “sceriffi” in servizio presso le forze di polizia fossero sospesi.
Meraviglia la meraviglia del ministro, sicuramente uno dei migliori di questo governo, ma che questa volta è sembrato – appunto – Alice nel paese delle meraviglie, quasi ciò che è stato scoperto da Genova fosse una realtà inconfessabile ed inimmaginabile. E invece no. Al Viminale erano giunte segnalazioni su segnalazioni; allarmi su allarmi. Nel mio piccolo, anche gli articoli che avevo scritto erano finiti sulle rassegne stampa ed erano stato rilanciati su molti siti internet. Eppure si è giocato alle tre scimmiotte. Senza le ordinanze di custodia cautelare dei giorni scorsi, gli aderenti alla Dsst sarebbero rimasti al loro posto. Ed è questa la cosa che, obiettivamente, fa preoccupare di più: quali controlli ci sono perché una persona entri e faccia parte di una forza di polizia? Possibile che gente che pubblicamente proclama la sua personale “lotta allo zingaro” resti al suo posto o continui ad avere una pistola “regolarmente detenuta”?
Per cui, al di là degli scandalismi, delle rappresentazioni schematiche e fuorvianti (“polizia parallela”, ma quale?) e delle frottole da 007 da bar (da quando un vero agente segreto allude a mezzo mondo di essere un agente segreto?) la vera riflessione che deve scaturire da questa vicenda è la presenza di un filiera o di una nervatura razzista, xenofoba e profondamente fascista all’interno di limitati settori delle forze di polizia; di settori delle guardie giurate; di settori di aziende che si occupano di sicurezza. Una nervatura trasversale che deve essere guardata con attenzione, al di là degli eccessi folkloristici di alcuni protagonisti, e che deve essere assolutamente “bonificata”. Tra i millantatori e i fanatici di oggi potrebbero nascondersi gli eversori di domani; le teste calde disponibili a qualsiasi provocazione. Chi ha buona memoria ricordi la storia del bombarolo Gianfranco Bertoli: alcolizzato e considerato mezzo scemo dai suoi camerati. E per questo mandato a gettare la bomba alla questura di Milano. Quindi niente allarmismi inutili, perché non c’è nessuna Gladio parallela o quant’altro; nessuna sottovalutazione perché tra chi si occupa di sicurezza, tra chi ha il porto d’armi, tra chi fa l’investigatore o il “contractor” girano troppe teste calde. Urge, come detto, una bonifica.
Ma perché è così imbarazzante e avvilente che per prendere uno straccio di provvedimento sia stata necessaria l’inchiesta della procura di Genova? Si torni ad un paio di anni orsono, alla Dsst vecchio formato, con gli stessi uomini, la stessa ideologia. Ecco cosa scrivevano: “L’esistenza della Repubblica italiana, una ed indivisibile, sovrana ed indipendente, fondata sul principio dell’uguaglianza di tutti i cittadini, quale che sia la loro origine e fede religiosa (tranne quella islamica) in pari diritti e doveri, nella certezza del diritto alla salvaguardia della loro libertà economica e sociale”. E ancora per spiegare la discriminazione dei musulmani: “In quanto la religione islamica non ha rispetto per l’individuo, poiché l’Islam non prevede la persona, considerando che per l’islam religione e politica sono la stessa cosa”. Ovviamente nel progetto c’era quello di fermare l’immigrazione perché dannosa per l’ordine pubblico.
Ecco altri proclami: “Il modo di vivere dei Comunisti è cattivo e maligno, essi sono un’organizzazione internazionale criminale (…) Il loro obiettivo primario è l’invasione sistematica della nostra Nazione da parte di zingari, albanesi, marocchini ed islamici di vario colore, propendono affinché vengano riconosciute di fatto le famiglie omosessuali e vorrebbero affidare a questi pervertiti la custodia di bambini . Il loro sogno perverso è un’Italia piena di zingari, islamici, omosessuali e prostitute (…) questi senza Dio vogliono fare della nostra Nazione un gigantesco bordello a cielo aperto. Sono dei nemici e vanno combattuti con ogni mezzo, è razzismo è discriminazione è violenza il volerci imporre la convivenza forzata con la spazzatura dell’umanità”.
Ecco quindi la necessità di formare gruppi para-militari o giù di lì: “Nei prossimi mesi l’Italia potrebbe essere investita da attacchi di una violenza inaudita da parte dei paesi islamici del bacino Mediterraneo. La nostra Nazione potrebbe essere distrutta prima ancora che le forze alleate intervengano in ausilio delle forze armate presenti sul territorio. Quanti di loro ci attaccheranno? Basteranno le sole forze armate e di polizia a proteggerci? No. La nostra difesa parte da noi stessi con i Reparti di Protezione Nazionale che in caso di grave pericolo saranno un valido supporto alle forze armate nazionali”.
Per l’adesione all’organizzazione c’era, ovviamente, il giuramento: “Io liberamente e spontaneamente prometto e giuro di non tradire mai i principi dell’ideologia a cui oggi solennemente aderisco. Giuro di proteggere, difendere e servire la mia Patria, l’Italia e con essa tutti gli italiani a te Gaetano Saya nostro Capo e guida giuro fedeltà e valore. A te e a tutti coloro che indicherai come Capi giuro obbedienza fino alla morte e che ciò si avveri con l’aiuto di Dio”.
Roba da ridere? Certo. Peccato che questi mattacchioni fossero piuttosto motivati. E continuassero ad avere i loro contatti. Tanto da rendere legittima la domanda da porre al Viminale e a tutti gli altri organismi istituzionali interessati: di fronte a gente che fa dei proclami che da soli rappresentano un manifesto dell’incitamento all’odio razziale; che afferma di voler creare una sorta di milizia contro gli islamici, era necessario aspettare due anni e l’inchiesta della procura di Genova per fare qualcosa? Davvero non si poteva prendere una misura disciplinare? Davvero chi afferma questa e cose è meritevole di indossare una divisa?
E’ tollerabile, tra le forze dell’ordine, la presenza di chi vuole creare una milizia per: “Segnalare alle autorità di polizia qualsiasi reato relativo all’incolumità della persona e della proprietà sia pubblica che privata; collaborare se richiesto con le autorità dello Stato e con tutte le forze di polizia per concorrere agli atti richiesti alla tutela della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico in caso di gravi turbamenti, nonché della salvaguardia del patrimonio artistico, naturale, ambientale della Nazione”?
Ecco il vero risvolto inquietante di questa sorta di gruppo di controspionaggio, antiterrorismo e lotta all’immigrato fai-da te. Oltre gli aspetti truffaldini (siamo il paese che ha arricchito Wanda Marchi e il mago Do Nascimento) delle finte palette, dei finti tesserini, delle finte università, delle finte relazioni internazionali, delle finte cerimonie, dei finti autisti e delle finte guardie del corpo, c’è questa venatura profondamente reazionaria che aleggia sulla nostra convivenza democratica. Non chiediamoci poi, all’indomani di Bolzaneto o dei fatti di Napoli, da dove spuntino i saluti al Duce o le suonerie con “faccetta nera”.
E soprattutto, di fronte ai tentativi sempre più sfacciati e stringenti di privatizzare la sicurezza sfruttando l’effetto 11 settembre e le paure che ne sono conseguite, è il caso di dire che questo comparto deve essere tenuto davvero sotto controllo. Porti d’arma e licenze vanno revocate a chi pesca nel torbido; chi non è affidabile non deve rimanere nelle forze di polizia. E sarebbe meglio se l’essere esaltati o pataccari non sia considerato titolo di merito per accedere alle commissioni d’inchiesta o ai finanziamenti pubblici. Chissà se tornare ad essere seri e responsabili è una richiesta rivoluzionaria, riformista, democratica o semplicemente ovvia. Nel frattempo, questo paese si merita la Dsst, in tutte le sue vesti e con tutti i suoi confratelli.
«Io, la polizia parallela e Ignazio La Russa»
by grfa Saturday, Jul. 23, 2005 at 7:51 AM mail:«Io, la polizia parallela e Ignazio La Russa» da “Il Giornale” (Roma) Stefano Tacconi: <..Anch'io odio l'islam..>
Sulla sua pericolosa discesa in politica e sulla «polizia parallela» di Gaetano Saya e Riccardo Sindoca, Stefano Tacconi dice la sua. L’ex portiere della Juventus e della nazionale respinge l’etichetta di «fascistissimo» per la sua appartenenza al nuovo «movimento sociale-destra nazionale» del capo della Dssa e per la prima volta svela i retroscena delle sue frequentazioni con i politici-poliziotti nel mirino della procura di Genova.
Tacconi, si dichiara fascista oppure no?
«Assolutamente no, il fascismo è morto tanti anni fa. Sono un uomo di destra, questo sì. Stiamo vivendo un’epoca difficile, ma siamo in democrazia e le leggi bisogna rispettarle».
Si aspettava che Saya e Sindoca, suoi colleghi di partito nel nuovo Msi, sarebbero finiti agli arresti domiciliari?
«Sinceramente non avevo mai pensato a ciò che poi ho letto sui giornali».
Come si interruppe la vostra frequentazione?
«Era da un po’ di tempo che ci pensavo. La goccia che fece traboccare il vaso fu quando trovai sul sito internet del partito la mia foto in qualità di candidato vicina a simboli della massoneria, dell’islam. Anch’io odio l’islam, ma bisogna avere rispetto di tutti, non si possono dire e scrivere certe cose. L’esasperazione di questi signori mi preoccupava ogni giorno di più».
Oggi può dirsi pentito di quell’esperienza?
«Io sono un impulsivo, per questo ho fatto tanti passi falsi, ma ho sempre agito in buona fede. Boniperti, il grande presidente della Juve, mi ripeteva sempre: Stefano, conta fino a dieci prima di prendere una decisione. Aveva ragione lui. ..».
Ma come è finito a fare il candidato del nuovo Msi-Dn?
«Ho parlato con Sindoca e Saya solo perché loro mi hanno contattato. Mi hanno proposto di candidarmi alle Regionali. Ingenuamente ho accettato dopo essermi informato un po’ in giro. Quei due dicevano che puntavano a un nuovo partito di destra, vicino ad An, così non ci ho pensato sopra e ho accettato. Ma, ripeto, tempo qualche giorno e mi sono spaventato».
Perché?
«Perché questi personaggi erano a dir poco particolari.
Si davano un sacco di arie, e poi avevano un modo di fare inusuale, sospetto. Si presentarono all’inaugurazione della sede con la Digos alle spalle, e quando chiesi spiegazioni mi dissero di essere “troppo potenti”. Il rapporto con Saya e Sindoca si è interrotto di lì a poco, all’ennesima discussione e con una lettera in cui mi comunicavano che ero stato sospeso. Ho detto loro che non condividevo nulla, che non me la sentivo di continuare. Me ne sono andato di corsa e non ho partecipato alla competizione elettorale per le Regionali in Lombardia».
Torniamo alla sua «fede» politica. Tacconi come Paolo Di Canio?
«Rispetto il modo di vivere e di pensare di Di Canio, ma non è il mio. Io voglio la tranquillità, per me, per la mia famiglia, per i miei figli. Non sono un professionista della politica ma vorrei cimentarmi lo stesso con la formazione che ho nel cuore, An, certamente non con Alessandra Mussolini. Se sono uscito in tempo dalla trappola del nuovo Msi-Dn lo devo al mio amico Ignazio La Russa: mi disse di lasciar perdere e lo feci. Per fortuna lo feci…».
www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=15114
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