pubblicato il 11.03.17
Verona Omicidio Tommasoli Annullate le condanne Processo da rifare ·
Aggressione mortale a Nicola Tommasoli, sentenza di condanna (*) annullata per Andrea Vesentini e Guglielmo Corsi e un nuovo processo.
Per la Cassazione «la motivazioni della Corte territoriale (che aveva attribuito a entrambi la responsabilità in ordine all’omicidio preterintenzionale del designer di Negrar con relative condanne) non convince. Il punto di partenza», motivano i magistrati, «è l’esclusione di un previo accordo tra i cinque giovani; ciò sembra comportare che Dalle Donne, Vesentini, Perini e Veneri non sapevano che Corsi avrebbe litigato con Csontala e poi gli avrebbe tirato un pugno, così come i giovani non si erano accordati per un pestaggio collettivo dei passanti».
È uno dei passaggi che precede la ricostruzione - e le censure - operata dalla Suprema Corte relativamente a quanto avvenne la notte del 1° maggio del 2008 in corticella Leoni.
http://www.larena.it/territori/citt%C3%A0/omicidio-tommasoli-processo-da-rifare-per-due-condannati-1.5552000
Omicidio Tommasoli, i cinque tutti colpevoli
VENEZIA. Tutti colpevoli. A sette anni dai fatti, dopo una sentenza di primo grado, due ricorsi in Appello e una pronuncia della Cassazione, la Corte d'Assise d'Appello di Venezia riunita nell'aula bunker del tribunale a Mestre ha stabilito che per la morte di Nicola Tommasoli siano responsabili, in concorso tra loro, tutte e cinque gli imputati.
Ci sono volute due ore e mezzo di camera di consiglio per raggiungere il verdetto che è stato letto alle 14.15 dal presidente Giacomo Sartea (giudice a latere Michele Medici), affiancato dai giudici popolari, alla presenza di tutti gli imputati.
LE CONDANNE. Nicolò Veneri (difesa Marina Ottaviani) e Federico Perini (difesa Roberto Bussinello e Giuseppe Trimeloni) sono stati condannati a undici anni e un mese; Raffaele Dalle Donne (difesa Umberto De Luca) a sette anni e cinque mesi; Guglielmo Corsi (difesa Stefano Grolla) a sette anni e dieci mesi; Andrea Vesentini (difesa Antonio Petroncini e Gabriele Magno) a sei anni e nove mesi. Complessivamente sono state erogate pene per 44 anni e due mesi, 16 in meno di quanto aveva chiesto il procoratore generale Paolo Luca al termine della sua requisitoria nell'udienza di sette giorni fa. I cinque imputati dovranno anche risarcire le parti civili: la famiglia Tommasoli con ventiseimila euro, il Comune con novemila. In aula era presente anche il papà di Nicola Tommasoli, che ha preferito non rilasciare commenti. Gli imputati hanno accolto la sentenza in silenzio. Veneri e Perini hanno poi fatto ritorno in carcere: i due beneficiano da alcuni mesi della semilibertà; escono dalla cella al mattino per fare volontariato e rientrano a Montorio alla sera.
LA VICENDA GIUDIZIARIA. Con la pronuncia di ieri si chiude, dunque, un altro capitolo della vicenda iniziata la tragica notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2008. Un capitolo che, almeno per due imputati, potrebbe essere l'ultimo. Perini e Veneri, infatti, hanno già una sentenza passata in giudicato, hanno scontato un'ampia fetta della loro pena e ottenuto il beneficio della semilibertà. Tra qualche tempo potrebbero ottenere ulteriori benefici, come la libertà condizionale. Diversa, invece, la posizione degli altri tre.
I difensori aspetteranno di leggere le motivazioni della sentenza dei giudici veneziani, ma non è escluso che scelgano di ricorrere in Cassazione. Corsi, Dalle Donne e Vesentini hanno già scontato dei periodi di detenzione, in carcere e ai domiciliari, che nel caso di condanna definitiva verranno sottratti dalla pena inflitta. Vesentini è l'unico a essere stato assolto nei due precedenti gradi di giudizio.
IL PROCURATORE. L'udienza si era aperta con la replica del procuratore generale Paolo Luca che ha ribattuto alla difesa di Perini il quale aveva sostenuto che i due erano già stati giudicati per il reato più grave, l'omicidio preterintenzionale, e quini non potevano essere giudicati nuovamente.
Il procuratore ha sottolineato come le conclusioni della sentenza della Corte di Cassazione, che aveva ordinato di rifare il processo di secondo grado, diano invece l'indicazione di rivalutare il trattamento sanzionatorio tenendo conto del quadro complessivo della vicenda. E ha aggiunto che il giudizio «è solo per le responsabilità, non per la determinazione delle pene».
La sentenza della Cassazione, ha concluso, ha mutato «la natura, la specie, le modalità e le circostanze dell'azione». Da qui la conferma dell'inasprimento delle pene.
LE PARTI CIVILI. L'avvocato Franco Rossi Galante, che con l'avvocato Giorgio Alvino tutela la famiglia Tommasoli, ha puntato il dito sul risarcimento dato dalla famiglia di Corsi avvenuto non spontaneamente, come aveva sostenuto il legale del giovane nella sua arringa, ma forzosamente con un provvedimento del Tribunale. La parte civile del Comune, rappresentata dall'avvocato Paolo Tebaldi, presente in aula c'era l'avvocato Giulia Tebaldi, ha evidenziato che all'epoca dei fatti e negli anni immediatamente precedenti e successici erano accaduti «numerosi fatti di violenza di natura ideologica e comunque con lo stesso modus operandi».
Le aggressioni avvenivano tutte «con modalità improvvise e repentine e scaturavano da futili diverbi». Ha ribadito che il Comune, da questa vicenda, ha subito un innegabile danno di immagine e che la costituzione di parte civile vuole essere anche «un monito perché questi fatti non abbiano a ripetersi».
LE DIFESE. L'avvocato Bussinello, difensore di Perini e, per l'udienza di ieri anche di Veneri, ha contestato la tesi dell'accusa spiegando che la Cassazione «chiama in causa i due ragazzi solo per il reato di lesioni». E ha aggiunto che la suprema corte non fa alcun riferimento a una possibile estensione della pena, per il reato più grave, per i suoi assistiti; pena che «non è mai stata messa in discussione».
L'avvocato Grolla, che difende Corsi, ha sostenuto che la somma risarcitoria era stata messa a disposizione nel 2009 e che «va intesa come atteggiamento positivo». Ha aggiunto che «nel Dna di questi giovani non c'è la violenza» e che la prova formata con le neuroscienze (che sostanzialmente voleva dimostrare come Corsi avesse risposto a una provocazione e non potesse prevedere l'esito di quei fatti, ndr) non sia mai stata confutata da nessuno in aula.
L'avvocato De Luca ha citato la tesi di uno studioso che si è occupato di distinguere tra suggestione e realtà e in particolare tra vero, finto è falso. Nelle sue conclusioni, lo studioso ha spiegato che un fatto può considerarsi reale quanto più risponde ai principi di «ragionevolezza, vividezza ed evidenza». «Cos'è accaduto quella notte prima della tragedia?», ha chiesto il difensore di Dalle Donne: «Nulla. I ragazzi hanno girato per ore senza che accadesse nulla. E lo dice la Cassazione». Il primo incontro di Corsi con un punk (fatto per cui il ragazzo è già stato processato, ndr) era una «bravata». Come una bravata era la richiesta della sigaretta all'amico di Tommasoli.
Infine, l'avvocato Baroncini, che assiste Vesentini, ha spiegato come non vi fosse «nessuna intesa tacita. Vesentini, quella sera, conosceva solo Corsi: gli altri non li aveva mai frequentati». E dunque «non poteva sapere cosa facevano gli altri, non poteva prevedere il loro comportamento».
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